Di Leonardo Raito
Nelle ultime settimane si stanno ripetendo, come in un drammatico bollettino di guerra, diverse tragedie di morti sul lavoro. La più spaventosa è, senza dubbio, quella di Brandizzo, dove cinque operai sono stati travolti su un binario ferroviario da un treno in corsa. Da quanto emerge, pare ormai acclarato l’errore umano compiuto dal responsabile dell’azienda che, pur non avendo avuto il via libera dai tecnici, ha mandato i suoi operai, non si capisce per quale motivo se non per una presumibilmente dolosa prassi ricorrente, a rischiare la vita sui binari. Cinque giovani vite sono un tributo che è inimmaginabile possa essere ripagato da una sentenza o da un qualsivoglia risarcimento.
E di fronte alla scelta cosciente di far correre il rischio della vita, anche qualsiasi riflessione sulla cultura della sicurezza passa in secondo piano. Si poteva fare qualcosa di più per salvare la vita di questi cinque operai? C’era un modo in base al quale un treno si sarebbe potuto fermare in tempo con una segnalazione di presenza di operai al lavoro? Oppure quegli operai proprio non dovevano stare lì e quindi di fronte a una deliberata scelta incosciente anche gli enti preposti alla sicurezza poco o nulla potevano fare? Ci arrovelleremo a lungo su queste domande, necessarie ma complesse, ma dobbiamo partire dalla consapevolezza che un paese civile non può più accettare questo stillicidio di morte.
Però in tutta la vicenda di Brandizzo, ci sono altre immagini che devono farci riflettere. In particolare, non posso cancellare il video che uno degli operai morti faceva con il telefonino mentre si avviava il cantiere. Il senso di quel video, che è diventato poi un documento prezioso per le indagini, secondo me cozza in modo profondo con l’attività e il momento in cui veniva girato. Come se l’avvio del lavoro valesse come una gita in cui ogni azione poteva essere presa alla leggera. Per carità, quel povero ragazzo di lì a qualche minuto avrebbe perso la vita e quindi nella tragedia tutto il resto passa in secondo piano.
Ma non posso non chiedermi se l’approccio a un cantiere, più o meno complesso, in un settore come quello edilizio che ha i più alti tassi di infortuni e morti sul lavoro, sia compatibile con l’esigenza di girare un reel o di fare una diretta facebook. Forse una cultura della sicurezza potrebbe partire anche da azioni educative che aiutino a mettere ordine nello stabilire priorità comportamentali sui luoghi di lavoro. Specie i più pericolosi.