Il viaggio della Meloni in Oriente è stato un successo. Tra le giungle di Tremal Naik e il deserto di Ali Babà c’è da dire che la prode Presidente del Consiglio ha schivato qualunque forma di insidia: dagli agguati dei Thug alle razzie dei predoni sui cammelli.
Ma è soprattutto tra gli emiri che bisogna registrare i risultati più significativi in quanto, nella terra della sacralità della mucca, il viaggio ha avuto più il sapore della “gita scolastica per diplomatici” che una vera avventura “alla ricerca dell’affare perduto”.
Nello strano paese che si divide tra le dune e i grattacieli, invece, è soprattutto l’amministratore delegato dell’Eni, convocato al seguito, che ha riportato i bottini più rilevanti.
Claudio Descalzi, infatti, ha firmato un accordo di cooperazione fra Eni e Adnoc, la compagnia energetica degli Emirati, di cui è amministratore delegato Sultan Ahmed Al Jaber (che è anche ministro dell’Industria e delle tecnologie avanzate e presidente designato della Cop28), che avrà una importanza cruciale specie nel campo della transizione energetica.
Nel fare la sintesi del viaggio la Meloni ha ostentato tutta la sua soddisfazione annunciando anche dei possibili scenari futuri che si potrebbero aprire nel solco dell’accordo di “partenariato strategico” raggiunto con il Presidente degli Emirati arabi Mohamed Bin Zayed al Nahyan.
“Ma ci sono decine e decine di ambiti nel quale la cooperazione si rafforzerà (…) Noi vogliamo recuperare centralità nel Mediterraneo”, ha spiegato la Presidente ai giornalisti presenti alla conferenza stampa.
E così ci ritroviamo a prendere atto di avere una premier statista e la cosa non può che far piacere, se si ha cuore il bene del paese indipendentemente da chi sieda sulla poltrona del comando.
Quelle che invece inducono a qualche riflessione sono ben altre cose.
Dov’è finita per esempio la Giorgia barricadera, leader e agit-prop di Azione Giovani, la cui occupazione preferita era organizzare e guidare cortei di protesta, armata del rituale megafono con gli adesivi tricolori il cui mantra era contestare a prescindere qualunque cosa provenisse dal potere specie se in mano al nemico?
Oppure dove è finita la Meloni, leader “della opposizione” che non faceva altro che girare video per contestare le accise sulla benzina, per combattere il reddito di cittadinanza, per protestare contro le leggi sulle unioni civili, appellandosi alla sacralità della famiglia o per unirsi, infine, alle urla disperate di Salvini contro lo sbarco degli immigrati in nome della sicurezza della patria?
Se la Meloni di oggi è la “naturale evoluzione della specie politica” che, quando assume le responsabilità di governo, dimentica tutte le demagogie urlate all’elettorato, i populismi destinati a fare contenta la gente, i facili slogan per raccogliere il dissenso, pur non condividendo nulla della linea politica della leader di Fratelli d’Italia, non possiamo che prendere atto del suo farsi carico delle responsabilità derivanti dalla guida del paese.
Se invece è mero trasformismo per lavarsi la faccia ora che occupa palazzo Chigi e per tornare poi a fare quello che faceva prima quando girava i video-slogan da “piove governo ladro” allora la cosa non ci interessa.
La storia non vicina, ma lontana, del nostro paese ci insegna che gli statisti non sono mai double face, non c’è il ruolo da oppositore e quello da leader di governo, hanno sempre a cuore il bene del paese e l’onere di dover, alla gente, dire quello che è giusto dire e non quello che le masse vogliono ascoltare non lo dismettono mai. Ma gli statisti, si sa, si sono estinti nel 1994, all’alba della Seconda Repubblica.
“Dobbiamo recuperare centralità nel Mediterraneo”, ha detto i am Giorgia. Non sappiamo cosa volesse dire ma una cosa è certa una politica del Mediterraneo non può dimenticare che sul Mare Nostrum si affacciano anche i paesi del nord Africa, e poi quelli del medio oriente, quasi tutte comunità di religione Islamica e, a meno che non si ragioni come Catone il Censore che guardava a Cartagine come un nemico da odiare, bisogna ragionare sul fatto che, al di là del mare, quei paesi sono una opportunità con cui cooperare e non terre nemiche da cui partono invasori.
Una Meloni diversa da quella che abbiamo conosciuto fino a luglio e che schifava il mondo musulmano, che è scesa nella penisola arabica con lo stesso approccio con il quale ci scese Renzi, (e dire che all’epoca gliene disse di tutti i colori), quasi le stesse movenze, look sportswear simile, tennis shoes candidamente bianche, un linguaggio pacato e promesse di collaborazione, lasciando nel cassetto quel suo modo di parlare affrettato e incalzante (per dare la sensazione che pensa più rapidamente di quanto parla) avuto fino a qualche mese fa.
Una cosa ci ha però incuriosito.
Ma quando è scesa dall’aereo la racchetta da tennis dove l’ha lasciata?