«Io credo nella Basilicata, una regione che non ha niente da invidiare a Campania, Sicilia, Calabria e Puglia. Solo che non c’è la mafia. E dateci la nostra fetta di mafia!» (Rocco Papaleo nel film Basilicata Coast to Coast)
Con il termine Basilischi, si intende un’organizzazione criminale italiana, nata in Basilicata nell’anno 1994 nella città di Potenza, che nel tempo si è estesa in tutta la regione assumendo un importante ruolo di controllo delle attività illecite su tutto il territorio. Attualmente, dopo il maxi arresto del 22 aprile 1999 di tutti i capi, all’interno dell’organizzazione si è avuto un ridimensionamento notevole e secondo la procura nazionale antimafia, ad oggi il controllo del territorio delle zone del Materano, del Melfese e del Potentino, è nelle mani della ‘Ndrangheta di Rosarno (Reggio Calabria). La storia dei Basilischi ha inizio nel 1994, quando il noto pregiudicato Giovanni Luigi Cosentino, detto “faccia d’angelo”, comincia ad avvicinare alcuni detenuti all’interno delle carceri di Potenza e Matera, con lo scopo di creare una nuova organizzazione, con l’appoggio di alcune famiglie malavitose calabresi. Una volta ottenuto il via libera dalle ‘ndrine dei Pesce di Rosarno, dei Morabito di Africo Nuovo e dei Serraino di Reggio Calabria, si crea un gruppo di malavitosi attivo in tutta la Regione Basilicata con a capo Giovanni Cosentino. L’intento dell’ organizzazione è quello di diventare la quinta mafia nel sud Italia, anche se già nel 1991 in Basilicata si inizia a respirare aria di indipendenza criminale con un primo tentativo di far nascere la “Nuova Famiglia Lucana”, esperimento poi fallito a causa della repressione politica e giudiziaria e soprattutto per la ritardata autorizzazione della ‘ndrangheta, più interessata ad utilizzare la regione come nascondiglio per gli ostaggi e per i latitanti, oltre alle svariate attività criminali. Il gruppo dei Basilischi fin dagli albori, sviluppa il proprio business con il traffico di sostanze stupefacenti, con grandi quantitativi di droga acquistati direttamente dai Morabito di Africo e dai De Luca di Crotone. Per farsi strada nel mondo criminale, i Basilischi cominciano ad applicare l’uso della violenza, con l’obbiettivo di monopolizzare il mercato delle estorsioni, degli appalti pubblici, del gioco d’azzardo, del commercio di esplosivi, del narcotraffico, dello smaltimento dei rifiuti tossici e del traffico d’armi, con un occhio sempre rivolto al mondo della politica locale per il controllo del voto. Il gruppo ovviamente, durante la sua avanzata, incontra la resistenza di altre famiglie malavitose da anni attive nella regione, come ad esempio i Martorano di Potenza, gli Zito di Montescaglioso (Mt) e gli Scarcia di Policoro sempre in provincia di Matera. In particolare da parte degli Scarcia, per anni il Clan per eccellenza della costa ionica, che dopo pestaggi e aggressioni si accordano con Cosentino ed entrano nei Basilischi. Nel Nord della Basilicata, nel Vulture, i Basilischi riescono a stringere un forte patto di sangue con due potenti famiglie criminali della zona, ovvero i Martucci e i Cassotta. Nel capoluogo Potenza, invece, il clan del capo Renato Martorano, riesce ad ostacolare con ogni mezzo le attività dei Basilischi. Durante gli anni di dominio dei Basilischi e nonostante alcuni omicidi efferati, primo fra tutti quello dei coniugi Gianfredi, fino all’anno 1998 la nuova organizzazione criminale riesce a mantenere intatto quel velo di invisibilità che gli consente di svolgere indisturbata ogni tipo di attività illecita. Questo fino al giorno in cui Giovanna Danese, la donna di Cosentino e sorella di Michele Danese l’allora capo-società sgarrista dell’organizzazione, instaura una relazione sentimentale con un altro uomo. Per questioni di onore, il boss che in quel momento si trovava in carcere, ordina al fratello della donna di uccidere la propria sorella, ma quest’ultimo rifiuta, firmando di conseguenza la sua condanna a morte. Dopo essere scampato ad un agguato nella “Contrada Dragonara” di Potenza, Michele Danese decide di collaborare con la giustizia, mettendo la parola fine al già citato velo dell’invisibilità di cui godeva da tempo l’organizzazione. Dopo Danese anche altri membri decidono di diventare collaboratori di giustizia, permettendo alla Procura di Potenza di lanciare la c.d. “Operazione Basilischi”, il 22 aprile 1999, facendo finire dietro le sbarre tutti i vertici dell’organizzazione. E così, il giorno 21 dicembre 2007, dopo ben 35 giorni di camera di consiglio, la Corte condanna 37 degli 80 imputati a circa 150 anni di carcere, per un totale di 242 contando le condanne degli imputati minori. A 26 di questi imputati viene anche riconosciuta l’associazione mafiosa. Durante il processo, degne di nota sono le aggressioni al pm dell’accusa Vincenzo Montemurro da parte di uno degli imputati usciti dalla gabbia, ed anche il tentativo, fortunatamente sventato, di un attentato ai danni dell’altro pm dell’accusa, Genovese. In seguito al pentimento del cognato, Cosentino perde credibilità e viene estromesso dai Basilischi con un accordo tra gli altri membri dell’organizzazione, la ‘Ndrangheta e la Sacra Corona Unita. Una volta uscito dal carcere, il comando del gruppo passa nelle mani del boss Antonio Cossidente. Nel 2004 una parte dei Basilischi storici si stacca, dando vita ad un nuovo gruppo autonomo, capeggiata dai Riviezzi di Pignola, un piccolo comune del potentino di circa 7000 abitanti. La sentenza del 2007, confermata poi nel 2012, danneggia ulteriormente le famiglie malavitose e questo porta gli stessi Cossidente e Cosentino a diventare collaboratori di Giustizia. Durante uno dei suoi interrogatori, Cossidente ha descritto la struttura dei Basilischi, che in origine, ha avuto come capo dell’organizzazione Cosentino, da cui dipendevano come referenti delle varie zone della regione Basilicata le famiglie Martucci nel territorio del Vulture, D’Elia nel territorio Materano, i Lopatriello nel Metapontino, i Cossidente nel Potentino, ed infine i Riviezzi nel Pignolese. Secondo quanto emerso dalla DDA di Potenza, ad oggi esistono circa cinque famiglie del ceppo originario dei Basilischi, ognuna di loro sullo stesso piano ma con differenti aree operative, identificate in Vulture, Pignola, Potenza, Melfi, Fascia Jonica Metapontina e Venosa. In conclusione, anche la Basilicata ha avuto e continua ad avere la sua fetta di Mafia, e il nome dei Basilischi, scelto per incutere timore come l’omonimo e mitologico serpente, spaventa ancora gli abitanti del luogo, ma lascia indifferenti i media nazionali, dando ancora una volta l’impressione dell’inesistenza della Mafia in quella bellissima terra un tempo chiamata Lucania.
Di Nicola Comparato