di Niccoló Musmeci
“Di che si cava una regola generale, la quale mai o raro falla: che chi è cagione che uno diventi potente ruina...”
Nonostante Machiavelli non sia l’unico, nel corso della storia, a parlare dei mercenari, sicuramente rimane il più celebre. Ebbene ieri è stata la giornata che, all’incirca cinque secoli dopo la scrittura del suo capolavoro, gli ha dato nuovamente ragione. Il capitolo XII de “Il Principe”, infatti, mostra in maniera diretta al lettore dei pericoli che corre colui che si affida a questo tipo di soldati, e ai loro comandanti.
Certo che non tutte le patologie descritte dal segretario della Repubblica Fiorentina si sono avverati nei confronti del gruppo di contractors più citato delle ultime ore. I miliziani del gruppo Wagner sono dei mercenari del mondo contemporaneo, non solo legati da relazioni economiche, e non solo presenti negli scenari delle guerre simmetriche.
La lunga mano del “cuoco di Putin” si è fatta più volte sentire dietro le recenti destabilizzazioni africane, oltre che nei campi di battaglia ucraini. Infine, un’ulteriore tra le principali differenze tra questi moderni mercenari e quelli che ha analizzato il Machiavelli: l’appartenenza ideologica.
I simboli che questa compagnia si porta dietro, dai tatuaggi alle mostrine, richiamano concetti non ancora nati, o comunque presenti in uno stato embrionale, per una mente del XVI° secolo.
Nonostante le differenze si è comunque avverata la profezia del Machiavelli; poche (e care) vittorie per mano dei “musicisti” a fronte di un fulminio danno per l’immagine del regime putiniano.
Machiavelli pone l’accento anche sui “capitani” dei reparti mercenari: poco fedeli allo stato che gli assolda, ambiziosi e pericolosi se capaci, al contrario inutili e dannosi.
Prigozhin, a quanto pare sulla via dell’esilio, si è dimostrato degno di questa descrizione, anche se, per prudenza, il giudizio complessivo va sospeso. Del perché un colpo di stato è fallito, a causa della revoca dell’autore, non è una domanda rara nei manuali di storia, anche di quella italiana, e, nonostante il passare del tempo, molte di queste scelte rimangono un mistero.
Però il punto rimane: è utile per uno stato usare i mercenari?
Parrebbe una domanda ingenua, fuori dalla storia, avulsa dalla realtà, eppure anche in Italia vi sono proposte che vanno verso questo percorso. Un esempio lo troviamo nelle parole del generale Leonardo Leso, che, qualche anno addietro, in un articolo pubblicato su Analisi Difesa, ha sottolineato le opportunità di regolare il fenomeno delle c.d. PMSC – Private Military & Security Companies –.
Però a questa proposta non è seguito un cambiamento: c’è ancora una normativa penalistica molto stringente, che punisce sia il mercenario che il reclutatore, insieme ai c.d. foreign fighter. Inoltre, ad oggi, non si è formata una volontà politica che vada in questa direzione.
Dopo i recenti fatti russi, non penso che si parlerà nuovamente di creare un gruppo di contractors con sede in Italia.
Detto questo il fenomeno non si estinguerà di certo, e anzi si è accresciuto negli ultimi decenni, ma con esso si mostreranno, nuovamente, tutte le sue patologie.