Come per il Covid vale per i conflitti bellici. La globalizzazione, frutto di interessi economici comuni, espandendosi anche in ansie di dominio di stampo religioso o imperialistico, si attaglia anche alle guerre. Non esistono più guerre locali, ma solo guerre che interessano il mondo. La prima recente guerra che ha coinvolto il globo è stata quella derivata dall’aggressione della Russia all’Ucraina. E’ stata determinata dalla volontà del nuovo zar, che considera la fine dell’Urss “la più grande tragedia del Novecento”, di allargare i confini della Federazione russa e nel contempo di annettersi tutta l’Ucraina o almeno il Donbass, la sua zona più ricca, di diamanti, di minerali, di gas, di petrolio. Naturale che non l’Onu, come avrebbe dovuto fare per violazione del diritto internazionale, condizionata dalla presenza nei suoi organi esecutivi della Russia, ma la Nato si schierasse apertamente a sostegno politico e militare del paese aggredito. Dunque sia pure senza forze in campo, la guerra si é subito trasformata in mondiale, almeno per quanto riguarda gli ingenti sforzi bellici messi in campo dal fronte occidentale. Dall’esito di questa guerra dipenderanno gli equilibri successivi, sia quelli europei e sia quelli americani. Immaginiamo cosa ne potrebbe essere della resistenza ucraina a seguito di una vittoria alle elezioni presidenziali di Trump, favorevole al disimpegno. Di più. Il massacro attuato da Hamas in Israele e la conseguente reazione di Israele a Gaza, parallela a una ripresa del terrorismo islamico in Europa, ha riscontrato ancora la solidarietà europea e una fattiva solidarietà americana. Biden ha assicurato 100 miliardi a sostegno di Kiev e Tel Aviv, avvertendo Netanyahu a non compiere gli errori degli Usa dopo l’11 settembre (intervento in Afghanistan e in Iraq). Israele pare al momento tuttora propensa a un’azione di terra su Gaza, dopo aver spostato gran parte della sua popolazione a Sud. Resta il fatto che questo potrebbe indurre il Libano degli hezbollah e l’Iran sciita a scendere in campo. E il fronte arabo? Adesso Egitto e Giordania sono vincolate dal trattato di riconoscimento di Israele in cambio dei territori conquistati da Tel Aviv nella guerra dei 6 giorni. Emirati arabi avevano firmato gli Accordi di Abramo e la stessa Arabia saudita si accingeva a farlo (il massacro di Hamas sarebbe stato concepito proprio per bloccare la firma) mentre il Marocco, ma non l’Algeria, si mantiene su una posizione moderata. Il primo obiettivo di Biden é certo quello di allargare e non alleggerire il consenso dei paesi arabi. E le mosse di Israele sono da calibrare seguendo questo obiettivo. Ma c’é una seconda e più grande preoccupazione: quella di non legare insieme le due guerre, quella che si combatte in Ucraina e quella in corso tra Israele e Hamas. L’unification é esattamente l’obiettivo di Putin. Non a caso il ras del Cremlino si é gettato a capofitto nella difesa dei palestinesi, problema che non gli é mai interessato particolarmente, e nella rampogna agli americani sottolineando, con malcelato piacere, il loro fallimento in medio oriente. La Russia si porta dietro l’alleata Siria, parte della Libia e ormai anche altri pezzi d’Africa recentemente conquistati. Perfino la Cina si é accodata con una posizione un po’ troppo unilaterale a favore dei palestinesi. Ora, occorre smontare l’escalation e l’unification dei conflitti. E farlo ribadendo che un conto é stroncare il barbaro terrorismo di Hamas e della nuova e per ora isolata Isis che ha ripreso a insanguinare l’Europa e un altro sono i diritti del popolo palestinese a una patria, magari progettando una liberazione, come fece Sharon a Gaza, degli insediamenti israeliani in Cisgiordania. E legittimando, come non ha fatto per anni Netanyahu, l’Olp di Abu Mazen. E’ una soluzione difficile, ma é anche in questa direzione che bisogna andare per isolare e stroncare il terrorismo. Per non dare pretesti ai paesi che tuttora non riconoscono a Israele neppure il diritto di esistere (l’assunto dei due popoli e due stati, accolto almeno a parole da Israele, viene combattuto da Hamas e da gran parte dei paesi arabi) e per non darne a chi, strumentalmente, si mostra piegato sui diritti dei palestinesi approfittando della tensione in medio oriente per crearsi nuovi alleati che gli permettano di negare quelli del popolo ucraino.
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Direttore. Nasce a Reggio Emilia nel 1951, laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Bologna nel 1980, dal 1975 al 1993 é consigliere comunale di Reggio, nel 1977 é segretario provinciale del Psi, nel febbraio del 1987 è vice sindaco con le deleghe alla cultura e allo sport, e nel giugno dello stesso anno viene eletto deputato. Confermato con le elezioni del 1992, dal 1994 si dedica ad un’intensa attività editoriale (alla fine saranno una ventina i libri scritti). Nel 2005 viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Psi nel governo Berlusconi. Nel 2006 viene rieletto deputato nel Nuovo PSI. Nel 2007 aderisce alla Costituente socialista nel centro-sinistra. Nel 2009 é assessore allo sport e poi all’ambiente nel comune di Reggio. Dal 2013 al 2022 dirige l’Avanti online.