di Alessandro Perelli.
Siamo certi che anche molti lettori della Giustizia non siano insensibili al fascino della costa orientale del mar Adriatico, la cui gran parte appartiene alla Croazia, dopo la dissoluzione dell’ ex Jugoslavia. Chi scrive, abitando a Trieste ormai , dopo l’entrata in Schengen il primo gennaio di quest’anno, e quindi con la cancellazione dei controlli confinari, a non più di un ora di macchina dai primi paesi istriani croati lambiti dal mare, ha avuto più volte l’ occasione (non solo per motivi turistici, visti i rapporti anche economici e culturali esistenti) di percorrere la comoda autostrada che da Fiume (Rijeka), per quasi 500 chilometri, si snoda fino a Porto Tolero (Ploce). Si rimane in attesa degli ultimi 70 chilometri che la completeranno fino a Ragusa (Dubrovnik), alla quale si giunge ancora per la vecchia strada costiera dove, però, l’apertura del recente ponte di Sabbioncello consente di evitare il passaggio di una quindicina di chilometri in territorio bosniaco. Basta abbandonare l’autostrada in una delle sue tante uscite e recarsi nelle località e nelle spiagge costiere, raggiungibili ovviamente anche via mare per chi ha la fortuna di possedere un’imbarcazione, per assistere e godere di uno spettacolo unico, non per niente denominato Caraibi europei, che attira centinaia di migliaia di turisti colpiti dalla bellezza e dalla trasparenza del mare (anche favorita dalle coste in prevalenza sassose e da una cementificazione ancora limitata).
E’ infatti il turismo la ricchezza principale della Croazia, e da solo vale circa il 20% del suo Prodotto interno lordo. Le casse dello Stato in difficoltà per la preoccupante contingenza economica (crisi produttiva e fuga all’ estero delle giovani generazioni), hanno trova respiro, in questi anni, solo per l’apporto fondamentale di questo settore. La pandemia nel 2019 ha dato un colpo molto duro e i primi due anni hanno fatto registrare, per forza di cose, una notevole flessione degli introiti ma, il 2022, è stato l’anno della ripresa salvando nuovamente il bilancio statale: soprattutto tedeschi, austriaci e italiani (ma anche turisti provenienti da altri Paesi europei) hanno portato valuta pregiata (euro), che ha permesso alla moneta locale, la Kuna, di arricchire le tasche dei cittadini e, in generale, di raddrizzare la situazione finanziaria del Paese.
Ma ecco che quello che il primo gennaio del 2023 è stato giustamente presentato come un successo del Governo di Andrej Plenkovic, e cioè l’ entrata in Schengen e l’adozione dell’euro, che rischia di trasformarsi in una vera Caporetto dalle conseguenze imprevedibili dal punto di vista politico internò. Sì, perché nella vicina Repubblica, indipendente dal 1991, si sta verificando, in proporzioni ancora maggiori, quello che accadde in Italia nel 2002, anno in cui venne sostituita la lira: un aumento sconsiderato e incontrollato dei prezzi. Bruxelles ha sì fissato il cambio di 7,5 della vecchia moneta Kuna in un euro, ma il costo della vita e delle materie prime è schizzato in avanti del 30,40% e, nonostante il tentativo dell’ Esecutivo di bloccare il prezzo di alcuni prodotti (pane pasta, carne ,olio ecc.), i cittadini croati si sono ritrovati con un potere di acquisto notevolmente ridotto. I cittadini croati, appunto.
La reazione di protesta che ormai regna fra di loro (e che viene spiegata anche come una specie di tassa per entrare in Europa con riflessi negativi sulla sua credibilità), rischia di colpire pesantemente anche il settore turistico che, fra poche settimane, dovrebbe ricominciare ad attivarsi. La notizia del notevole aumento dei prezzi si è ormai sparsa negli altri Paesi europei suscitando naturali riserve e dubbi su quella che sembrava la destinazione di una vacanza o di un viaggio di piacere. Un segnale è già venuto dai ristoranti dell’Istria croata, meta della clientela soprattutto triestina degli amanti del buon pesce e crostacei, che hanno visto, per i conti lievitati, una riduzione degli affari.
Cosa accadrà in estate? Alberghi, case in affitto, negozi e tutti quelli che ruotano intorno al settore turistico, riusciranno a mantenere l’afflusso sperato di ospiti? La Banca Centrale di Zagabria ha cercato di buttare acqua sul fuoco ricordando che fosse prevedibile l’attuale picco di aumenti, per la crisi energetica e che non sia corretto parlare di speculazione ai danni dei consumatori. Tuttavia l’Ispettorato del Governo ha registrato su un campione di 1000 negozi, più del 25% di aumenti ingiustificati. Le conseguenze sulla prossima stagione turistica sembrano inevitabili. A ciò si aggiunge l’annosa questione della carenza di lavoratori del settore, in quanto i croati cercano all’estero impieghi più remunerativi e serbi, bosniaci e macedoni, impiegati da hotel, ristoranti ed altri servizi, non sono più sufficienti a colmare la richiesta di manodopera.
A smentire parzialmente questi dati sono venute le rilevazioni del mese di gennaio 2023 sul turismo croato nella regione Istria, che parlano di una situazione addirittura più favorevole del 2019, ultimo anno prima dello scoppio della pandemia. Ma si tratta di una ricognizione di un solo mese nel quale, probabilmente, il turismo non ha ancora subito i contraccolpi dell’ aumento dei prezzi. Il Premier Andrej Plenkovic, nell’ ultimo vertice mondiale di Davos, ha tenuto a sottolineare che l’adozione dell’ euro è stato il raggiungimento di un traguardo indiscutibile per la Croazia. Intanto cresce il malcontento tra i cittadini, sono ripresi i viaggi nei vicini supermercati sloveni e del Friuli Venezia Giulia dove si spende molto di meno per fare la spesa.