Di Lucia Abbatantuono.
Non è un paese per giovani, il nostro. E non lo è neanche per le donne.
E neppure l’Europa lo è: troppo ampi, infatti, sono i divari tra Paese e Paese se guardiamo alla tanto ventilata parità di diritti tra giovani e anziani, così come tra donne e uomini. Bruxelles predica bene e razzola male. E lo dimostrano i più recenti dati Eurostat, quelli pubblicati mentre eravamo tutti in vacanza. Alla faccia della capillare divulgazione blustellata!
Che a luglio nei paesi dell’Eurozona l’inflazione sia cresciuta del 5,3 per cento rispetto all’estate scorsa… qualcuno l’ha detto. Della conseguente e progressiva riduzione del potere d’acquisto dei cittadini europei, invece, in pochi l’hanno denunciato. Oggi, a parità di reddito, chiunque deve vedersela con un costo della vita che aumenta in modo ben superiore all’aumentare standard del costo di beni e servizi.
Però i Paesi UE garantiscono differenti redditi ai propri differenti cittadini: e come possiamo capire quali sono gli Stati più ricchi e quelli più poveri?
Grazie a Eurostat, che ha usato un espediente tecnico tanto semplice quanto efficace: ha confrontato i livelli di “reddito disponibile equivalente medio” europei.
Il “reddito disponibile equivalente medio” è il reddito totale di una famiglia, al netto di imposte e di altre detrazioni; in pratica è quello che resta in casa per le spese o i risparmi, diviso il numero dei membri della famiglia. I singoli dati nazionali vengono poi parificati utilizzando una valuta “fittizia” che amalgama i diversi costi della vita nei singoli Stati membri e riesce così a comparare (idealmente) la stessa quantità di beni e servizi in ogni Stato.
Eurostat chiama questa valuta PPS (Purchasing Power Standard) e il suo valore è simile a quello dell’Euro ma solo su scala macroeconomica e teorica. Nella realtà non esiste, ma serve a condurre studi statistici mirati.
Quindi, fatto ciò risulta che nel 2022 il reddito medio disponibile per ogni abitante dell’Unione Europea è stato di 21.200 Pps, ma con ampie differenze tra i vari Stati: il Lussemburgo ha il maggior reddito medio disponibile con oltre 36.600 Pps, mentre la Slovacchia ha il minore, con circa 10.200 Pps. L’Italia ha un reddito medio disponibile di circa 21.200 Pps, in linea con la media europea, ed è al tredicesimo posto tra i 27 Paesi UE.
Tra gli Stati più poveri ci sono Romania e Ungheria (tra gli 11 e i 12 mila Pps).
La Francia fa meglio dell’Italia, con circa 23.600 Pps; la Spagna fa peggio, con 19.700 Pps.
Questa media fittizia nazionale rivela poi altre marcate differenze per fasce d’età. E qui viene il bello. Perché così scopriamo che in Italia il reddito medio disponibile di chi ha oltre 65 anni (e quindi tendenzialmente già in pensione) è pari a circa 21.800 Pps, contro una media europea di circa 19.500.
Così l’Italia passa dal tredicesimo al settimo posto in classifica generale.
Discorso diverso per la fascia d’età tra i 25 e i 49 anni, quella che di fatto comprende la popolazione più attiva a lavoro: in questo caso l’Italia registra un reddito medio disponibile pari a circa 21.100 Pps, e risulta sotto la media europea (di 21.800 Pps).
Con Lussemburgo e Portogallo, dunque, l’Italia è uno dei tre Paesi UE dove gli anziani hanno un reddito ben superiore a quello dei giovani. Più esattamente qui da noi il reddito medio disponibile degli Over 65 è del 3,5% maggiore rispetto a quello delle persone tra i 25 e i 49 anni, che a livello europeo è del 10,7% inferiore alla media.
Né consola sapere che solo in Lituania e in Estonia il reddito medio degli Over 65 sia del 40% inferiore a quello dei più giovani.
Oltre all’età, i dati Eurostat evidenziano anche le differenze di reddito per genere: infatti risulta che le donne hanno un reddito medio disponibile del 4,2% inferiore a quello degli uomini. Il Paese con la minor differenza di reddito è Malta, e la maggiore si registra in Lituania (-9,4%).
In Italia le donne hanno un reddito inferiore agli uomini del 5,5 per cento, in Francia del 4,7%, in Germania del 3,3%, in Spagna del 2,8%. Viva l’Italia.
Mal comune, mezzo gaudio?
No: mal comune e basta. Perché non sarà bello invecchiare più ricchi dei nostri figli. Neanche se saranno figli maschi.
Che a luglio nei paesi dell’Eurozona l’inflazione sia cresciuta del 5,3 per cento rispetto all’estate scorsa… qualcuno l’ha detto. Della conseguente e progressiva riduzione del potere d’acquisto dei cittadini europei, invece, in pochi l’hanno denunciato. Oggi, a parità di reddito, chiunque deve vedersela con un costo della vita che aumenta in modo ben superiore all’aumentare standard del costo di beni e servizi.
Però i Paesi UE garantiscono differenti redditi ai propri differenti cittadini: e come possiamo capire quali sono gli Stati più ricchi e quelli più poveri?
Grazie a Eurostat, che ha usato un espediente tecnico tanto semplice quanto efficace: ha confrontato i livelli di “reddito disponibile equivalente medio” europei.
Il “reddito disponibile equivalente medio” è il reddito totale di una famiglia, al netto di imposte e di altre detrazioni; in pratica è quello che resta in casa per le spese o i risparmi, diviso il numero dei membri della famiglia. I singoli dati nazionali vengono poi parificati utilizzando una valuta “fittizia” che amalgama i diversi costi della vita nei singoli Stati membri e riesce così a comparare (idealmente) la stessa quantità di beni e servizi in ogni Stato.
Eurostat chiama questa valuta PPS (Purchasing Power Standard) e il suo valore è simile a quello dell’Euro ma solo su scala macroeconomica e teorica. Nella realtà non esiste, ma serve a condurre studi statistici mirati.
Quindi, fatto ciò risulta che nel 2022 il reddito medio disponibile per ogni abitante dell’Unione Europea è stato di 21.200 Pps, ma con ampie differenze tra i vari Stati: il Lussemburgo ha il maggior reddito medio disponibile con oltre 36.600 Pps, mentre la Slovacchia ha il minore, con circa 10.200 Pps. L’Italia ha un reddito medio disponibile di circa 21.200 Pps, in linea con la media europea, ed è al tredicesimo posto tra i 27 Paesi UE.
Tra gli Stati più poveri ci sono Romania e Ungheria (tra gli 11 e i 12 mila Pps).
La Francia fa meglio dell’Italia, con circa 23.600 Pps; la Spagna fa peggio, con 19.700 Pps.
Questa media fittizia nazionale rivela poi altre marcate differenze per fasce d’età. E qui viene il bello. Perché così scopriamo che in Italia il reddito medio disponibile di chi ha oltre 65 anni (e quindi tendenzialmente già in pensione) è pari a circa 21.800 Pps, contro una media europea di circa 19.500.
Così l’Italia passa dal tredicesimo al settimo posto in classifica generale.
Discorso diverso per la fascia d’età tra i 25 e i 49 anni, quella che di fatto comprende la popolazione più attiva a lavoro: in questo caso l’Italia registra un reddito medio disponibile pari a circa 21.100 Pps, e risulta sotto la media europea (di 21.800 Pps).
Con Lussemburgo e Portogallo, dunque, l’Italia è uno dei tre Paesi UE dove gli anziani hanno un reddito ben superiore a quello dei giovani. Più esattamente qui da noi il reddito medio disponibile degli Over 65 è del 3,5% maggiore rispetto a quello delle persone tra i 25 e i 49 anni, che a livello europeo è del 10,7% inferiore alla media.
Né consola sapere che solo in Lituania e in Estonia il reddito medio degli Over 65 sia del 40% inferiore a quello dei più giovani.
Oltre all’età, i dati Eurostat evidenziano anche le differenze di reddito per genere: infatti risulta che le donne hanno un reddito medio disponibile del 4,2% inferiore a quello degli uomini. Il Paese con la minor differenza di reddito è Malta, e la maggiore si registra in Lituania (-9,4%).
In Italia le donne hanno un reddito inferiore agli uomini del 5,5 per cento, in Francia del 4,7%, in Germania del 3,3%, in Spagna del 2,8%. Viva l’Italia.
Mal comune, mezzo gaudio?
No: mal comune e basta. Perché non sarà bello invecchiare più ricchi dei nostri figli. Neanche se saranno figli maschi.