di Alessandro Perelli
Vi ricordate l’isolamento internazionale in cui era piombato Bashar al Assad con una Siria in piena bagarre per la rivolta armata dei suoi oppositori e il risveglio dell’ Isis? Non più di un anno fa’ gli Stai Uniti lo volevano detronizzare appoggiati da Unione Europea e alleati arabi (soprattutto Arabia Saudita e Qatar) e persino da una Turchia che non perdeva occasione di manifestare il suo protagonismo anche in quell’area mediorientale. Poi la guerra in Ucraina è venuta inaspettatamente in aiuto al dittatore di Damasco e ha spostato il centro dell’attenzione sull’aggressione di Putin permettendo ad Assad di muoversi più agevolmente sul piano militare e interno. Negli ultimi mesi il disastroso terremoto che ha colpito la parte del Paese confinante con la Turchia ha contribuito a riattivare, per i soccorsi, alcune relazioni con l’Occidente. Ma la vera svolta è avvenuta pochi giorni fa’ quando la Lega Araba, dopo 12 anni, ha raccolto nuovamente al suo interno la Siria. L’ organizzazione politica che riunisce Paesi del Nord Africa e della Penisola Araba aveva sospeso Damasco nel novembre 2011 in seguito alle proteste contro il Presidente Assad che erano state represse con violenza e avevano portato allo scoppio della guerra civile. Guerra civile ancora in parte in corso che allora aveva causato la morte di quasi mezzo milione di persone e determinato venti milioni di profughi. La decisione di riammettere la Siria è stata preceduta da mesi di trattative durante i quali i Paesi della Lega Araba hanno riallacciato le relazioni diplomatiche con il Governo siriano. In questo periodo si sono progressivamente esauriti gli aiuti militari ed economici ai ribelli e agli oppositori di Assad, che può ormai dire di aver vinto la guerra civile pur lasciandosi dietro vittime e macerie. Rimangono nel nord-est alcuni territori controllati dalle forze curde e a nord ovest due regioni in parte ancora in mano i ribelli islamisti. I confini di queste aree sono ormai ben delimitati e i combattimenti sono di bassa intensità. Oggi il Presidente Siriano può definirsi il vero vincitore e con lui anche Russia e iran che lo hanno concretamente e militarmente appoggiato. La sua riabilitazione lascia l’amaro in bocca ai suoi oppositori interni che hanno combattuto per il valori democratici e che ancora lottano in alcune sacche di resistenza nel Paese e può essere vista come un’ ulteriore dimostrazione di quella realpolitik che spesso si applica a livello internazionale per le situazioni irrisolvibili. Non vi sono ragioni univoche per spiegare il mutamento dell’atteggiamento dei Paesi arabi e nordafricani verso il regime di Assad. Quasi tutti questi Paesi hanno questioni aperte con Damasco che intendono discutere e negoziare. La stessa Turchia ha nel suo territorio oltre tre milioni di rifugiati siriani. La Giordana oltre mezzo milione, il Libano più di ottocentomila. Altri Paesi come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi cercano di ridurre o impedire il traffico di una droga, chiamata captagon, prodotta in Siria che ha invaso i loro confini. Lo smercio di questa droga a base di anfetamine e caffeina e’ gestito da civili e militari molto vicini a Assad. Si parla di un giro di affari di vari miliardi di euro all’anno. Inoltre un’altra questione che ha avvantaggiato Assad e’ la presenza all’interno del Paese di alcuni capisaldi dello Stato islamico dell’Isis che suscitano generale preoccupazione e solidarietà al regime siriano che li combatte anche se sono state le SDF, le Forze Democratiche Siriane che raggruppano miliziani dell’opposizione a infliggere agli jihadisti, ai primi di maggio, un duro colpo con la cattura di un loro capo nel campo di Hasaka. Oggi, con la quasi scomparsa degli Stati Uniti e dei loro alleati, sì può ben dire che l’ex isolato Bashar al Assad ha ricevuto, di fatto, una nuova legittimazione che gli consente sonni tranquilli all’interno e all’esterno della Siria.