di Alessandro Palumbo.
Nella attuale situazione con una classe dirigente che rinunciando al proprio ruolo si limita a solleticare la pancia della gente, che in una situazione generale di crisi e di tutti contro tutti, esprime solo rabbia, non è facile la vita di un garantista.
Essere garantisti vuol dire difendere i diritti delle persone, la presunzione di innocenza, il diritto alla privacy, le garanzie costituzionali contro gli abusi, usare la ragione e definire con chiarezza i limiti della magistratura inquirente, ma vuol dire anche difendere la dignità della persona anche se definita dopo un rapido e giusto processo colpevole di reati, difendere il diritto ad una pena che sia umanamente accettabile e soprattutto che tenda al recupero e non sia meramente afflittiva.
Questo non solo perché è giusto, ma anche perché è utile per la società.
Come i numeri dimostrano una pena che abbia questo scopo evita la recidiva, mentre una pena inumana (come le nostre carceri) e meramente afflittiva provoca recidiva e quindi un danno per la società.
Ci sono momenti e situazioni in cui ci vengono però posti quesiti e situazioni che ci potrebbero far vacillare.
Due situazioni in questo momento in particolare ci spingono ad approfondire la nostra posizione e riaffermare principi che devono valere anche in situazioni difficili, umanamente pesanti e sicuramente impopolari.
Qualche giorno fa il quotidiano L’Unità ha ospitato un articolo di Giusva Fioravanti, terrorista nero condannato a otto ergastoli, 134 anni e 9 mesi di reclusione e liberato definitivamente dopo 26 anni di carcere nel 2009.
Fioravanti è stato condannato per 10 omicidi (reo confesso) e per la strage di Bologna che ha provocato 85 morti.
È giusto che un personaggio così possa avere una tribuna per esporre le proprie idee? Ed è giusto che terroristi rossi e neri che hanno insanguinato il nostro Paese provocando centinaia di morti siano ora liberi e possano godere di tribune? una domanda alla quale al contempo è facile e difficile rispondere. Facile perché un detenuto che ha pagato, come si dice in termini un po’ retorici, il suo debito con la società ed è stato giudicato recuperato è giusto che possa rifarsi una vita e avere tutte le stesse opportunità che hanno tutti.
Difficile perché la difficoltà che causa tormenti al garantista, al riformista che più ha pagato il prezzo di quegli anni, con la morte delle persone migliori della cultura garantista e riformista (Guido Galli, Emilio Alessandrini, Walter Tobagi, Vittorio Bachelet, Guido Rossa etc.) è legata non alla singola persona, sul cui percorso interiore è difficile entrare, ma alla constatazione che quella generazione di terroristi non ha mai fatto i conti con se stessa, non ha mai elaborato la propria sconfitta.
È veramente difficile pensare con serenità a quelle persone che mai hanno espresso, se non per rare eccezioni, un vero e proprio giudizio politico e morale negativo sui propri gesti e che ora ci impartiscono lezioni.
In questo si c’è tormento, nessuna censura a Fioravanti, che scriva dove e quando vuole, può anche essersi veramente pentito, ma come i suoi omicidi sono stati un gesto pubblico, cosi sarebbe utile per tutti un gesto pubblico suo e dei suoi sodali di riflessione su quello che è successo, questo vale per tutti i terroristi, vivano la loro vita in pace, ma non si stenda un velo di silenzio su quello atroce periodo e non si faccia finta di niente.
Ma c’è anche la cronaca, quella nera, di buio profondo, che può provocarci tormento.
I femminicidi e in particolare il recente femminicidio di una giovane donna incinta al settimo mese commesso con ferocia dal proprio compagno che aveva una doppia vita ha suscitato non solo profonda commozione, ma anche una indignazione, peraltro già vista in casi di analoga ferocia, che sfocia nella richiesta di pene estreme.
Casi come questi non possono non suscitare anche nell’animo di un garantista un profondo tormento.
Eppure sappiamo che l’umanità e il singolo uomo sono capaci di cose orribili, dobbiamo guardare in faccia la realtà, non ci sono pazzi, ma solo persone capaci di commettere nefandezze. Persone “normali”, la tentazione di cancellarli con la pena di morte o con l’oblio di una pena afflittiva senza fine è la tentazione di cancellare il male, di non affrontare la terribile verità : sono le persone “normali” che commettono questi atti, siamo capaci di tutto, proprio per questo dobbiamo credere di essere capaci anche di affrontare il male, di riconoscerlo e di affrontare la salita dagli inferi.
Anche l’autore di questo atroce delitto dovrà affrontare questo percorso e nell’affrontarlo avrà la sua pena afflittiva.
Le vittime chiedono verità e giustizia, diamogliela, senza che questa diventi vendetta.
Il tormento del garantista è un tormento che non ci fa deflettere dall’uso della ragione. Una società in guerra con se stessa non è una società migliore.