Matteo Renzi é il nuovo direttore de Il Riformista. Bene. Speriamo che adesso nasca anche il Partito riformista del quale l’Italia ha bisogno. E del quale hanno bisogno i socialisti. Perché l’Italia ne ha bisogno? Perché questa destra necessita di un’alternativa credibile che l’asse Schlein-Conte non é in grado di garantire sul piano della credibilità e della competenza, perché occorre un punto di approdo diverso che si opponga sia al sovranismo e sia populismo, perché é necessaria la giustizia sociale, e anche il salario minimo, quanto la giustizia civile, perché occorre un’Italia europeista e occidentalista, schierata a sostegno di tutti i popoli oppressi e aggrediti, a cominciare da quello ucraino, senza ripensamenti e tentennamenti. Per questi ed altri motivi é necessario, opportuno, utile, che nasca un partito riformista (da chiamare proprio così). Di questo partito hanno bisogno i socialisti, quelli che da trent’ann, soffrendo e contestando il Dio della politica, sono come viandanti alla ricerca di un graal. Non accorgendosi che gli sforzi non dovevano essere orientati alla impossibile rinascita di un Psi defunto trent’anni fa. Non accorgendosi che il sistema nato nel 1994, dopo il crollo del muro, del comunismo e del Pci, e poi a seguito della falsa rivoluzione giudiziaria e mediante i referendum di Segni per il maggioritario, non consentiva a nessun partito identitario e storico di rinascere. Il punto era che tutti i partiti della cosiddetta prima Repubblica (sarebbe meglio dire del vecchio sistema politico) sono stati spazzati via da un vento forte e risolutivo, con folate di ipocrisia e di opportunismo italico, e che non poteva proprio, unico tra i vecchi partiti, riaffacciarsi in superficie solo il Psi, peraltro il più bistrattato e denso di lividi per le strabiche azioni giudiziarie. La differenza, lo ripeto, sta in questo. Mentre tutti gli altri partiti hanno generato eredi, il Psi non ha generato nulla o quasi nulla, rimanendo solo se stesso. E rifugiandosi in un autodistruttivo e narcisistico culto di partito. Proprio mentre i socialisti, quelli che trent’anni fa votavano Psi, si sono orientati ovunque e principalmente non in direzione delle micro strutture socialiste rinfrescate. Abbiamo avuto due possibilità di concorrere a costruire il nostro erede. La prima volta con la Rosa nel pugno, la lista d’intesa tra socialisti e radicali, che non é riuscita a diventare partito forse per responsabilità di entrambi. La seconda volta con l’alleanza che darà poi vita al cosiddetto Terzo polo, nelle due varianti di Più Europa e di Italia viva-Azione. Abbiamo preferito guardare solo al Pd, con o senza Cinque stelle, con o senza Bonaccini, senza condizioni programmatiche, politiche, simboliche. Abbiamo visto com’e andata a finire. Adesso si avvia il percorso per la costruzione del nuovo partito riformista. E Renzi e Calenda stanno chiamando tutti i riformisti all’appello. Naturalmente noi, che sappiamo bene che il riformismo è una componente storica del socialismo, dobbiamo rispondere. E dire con chiarezza, mettiamola così, se può nascere un partito riformista senza i socialisti. Sono trent’anni che cerchiamo col lanternino di Diogene un luogo in cui si esalti la nostra storia e la nostra identità. Un luogo in cui rinvenire i ritratti di Turati, il primo riformista italiano, e non di Gramsci e Berlinguer che riformisti non sono stati mai. Un luogo in cui si possa finalmente sciogliere il nodo gordiano che tiene tuttora avvinta la sinistra italiana al culto acritico delle toghe, e che magari abbia anche la decenza, dopo quelle per l’Orlandi e la Gregori, di avanzare la richiesta di una commissione d’indagine su Tangentopoli, l’evento più burrascoso della storia d’Italia. Il nuovo partito riformista nascerà con Matteo Renzi alla direzione de Il Riformista? E noi non potremo voltare la testa altrove.
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Direttore. Nasce a Reggio Emilia nel 1951, laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Bologna nel 1980, dal 1975 al 1993 é consigliere comunale di Reggio, nel 1977 é segretario provinciale del Psi, nel febbraio del 1987 è vice sindaco con le deleghe alla cultura e allo sport, e nel giugno dello stesso anno viene eletto deputato. Confermato con le elezioni del 1992, dal 1994 si dedica ad un’intensa attività editoriale (alla fine saranno una ventina i libri scritti). Nel 2005 viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Psi nel governo Berlusconi. Nel 2006 viene rieletto deputato nel Nuovo PSI. Nel 2007 aderisce alla Costituente socialista nel centro-sinistra. Nel 2009 é assessore allo sport e poi all’ambiente nel comune di Reggio. Dal 2013 al 2022 dirige l’Avanti online.
7 commenti
Così come nell’Editoriale del 31 marzo il Direttore sconsigliava la “retorica dell’antifascismo”, io farei altrettanto per quella dell’antisovranismo (e dell’antipopulismo), ritenendo che più di un Paese democratico, come hanno dimostrato gli eventi, possa diventare a tratti sovranista, onde tutelare i propri interessi, costumi, o la propria identità contro una indistinta omologazione (vedi ad esempio la questione alimentare).
E credo del resto, per rimanere in casa socialista, che anche “Sigonella” abbia rappresentato un atto di orgoglioso sovranismo, di cui oggi sono in molti a riconoscere la valenza e dignità, anche tra gli acerrimi detrattori del PSI di allora. Può essere che l’orgoglio sconfini talora nel narcisismo, ma dopo Tangentopoli ha comunque motivato molti, tra quanti “trent’anni fa votavano PSI”, a non demordere “gettando la spugna”.
Io mi augurerei che quei socialisti che oggi guardano al Partito riformista, dopo tanti anni di stretta alleanza col PD, anziché pensare di opporsi a sovranismo e populismo, puntassero invece ad una opposizione che non sappia solo contrapporsi “a prescindere” – secondo una linea di opposizione “feroce” – ma in grado anche di poter semmai condividere decisioni della maggioranza, o proporre alternative concrete e realistiche.
Paolo Bolognesi 06.04.2023
Egr. dott. Del Bue, ho avuto il piacere di partecipare al Forum Socialista romano del 18 aprile scorso, richiamata dalla necessità di capire se residuasse, fra i Socialisti, l’ orgoglio e la volontà di rimarcare la rilevanza storica del pensiero e dell’azione socialista nel contesto politico attuale.
Ho rilevato che la coscienza dell’importanza del portato del pensiero socialista, espressa dagli illustri relatori presenti all’evento (Martelli, Nencini, Pizzolante, Signorile, Mainini…per citarne alcuni) e dalla voce dei giovani socialisti, anima la necessità di essere attori nella riedificazione di un’identità politica riformista che, personalmente, ritengo sia legittimo rivendicare, al di là delle disavventure e delle diaspore che hanno caratterizzato le vicende proprie del Partito.
Per questo, auspico che concorrere ad edificare un soggetto politico significativo in senso riformista ossia un ambito valoriale in cui il liberalismo viene inteso quale strumento per garantire a tutto il popolo e non solo alle lobbies quelle libertà e quella pienezza di diritti necessari a consentire la crescita dell’individuo e dello Stato nell’esaltazione delle sue potenzialità, nell’alveo della legittimità. Ritengo che per vigilare sulla finalizzazione dei progetti politici al vantaggio della società nel suo complesso, sia utile che i socialisti non rinuncino alla loro identità, nell’alveo della necessaria collaborazione con altre formazioni politiche liberali, a presidio della democrazia partecipativa e laica.
Ad maiora.
Avv. Caterina Cazzato
Il forum Socialista del 18 aprile al quale non sono riuscito a partecipare.
Speravo ci portasse in un bel luogo.
Aimé così non è stato.
Ci porta da Renzi e Calenda……..
Io non c’è la farò mai a stare dove stanno loro.
Mi spiace…… abbiamo perso l’ennesima occasione.
Come per ogni recita…
Ci vogliono dei bravi attori…
Per ogni movimento politico…
Servono dei leader leggittimati e carismatici…
Mi dispiace ma Renzi in primis…
E poi Calenda non penso proprio siano degni di recitare nessun ruolo in una forza socialista democratica di caratura europea…
Alla Sanchez per intendersi…
Riformista…
Mi sembra ormai un
termine desueto…
Potrebbe in effetti essere che “riformista” sia un termine ormai desueto, come conclude l’ultimo commento, e se così realmente fosse vedrei la cosa come verosimile effetto del fatto che in questi anni il Riformismo è stato poco o nulla esercitato, causa una pluralità di ragioni, iniziando da quella che con la fine del PSI è stato messo via via in “soffitta”.
Se vale l’interpretazione secondo cui il Riformismo è la capacità di affrontare e risolvere i problemi con gradualità e pragmatismo, onde “portare a casa il risultato”, con le dovute mediazioni ove si rendessero necessarie, salvo i momenti in cui occorre risoluzione, il PSI di allora ha saputo dar volto e corpo a tale idea di “Riformismo” (almeno io lo penso).
La geografia politica del dopo Tangentopoli ha poi portato alla contrapposizione, come era prevedibile, e non a caso nacque in quegli anni il bipolarismo, pur se imperfetto a detta di qualcuno, ma in ogni caso le rispettive posizioni politiche si sono andate radicalizzando, nei vari campi, ivi compreso il terreno dei valori dove le differenze si vanno acuendo.
A fronte di ciò, a me pare che un Polo centrista abbia poco spazio, almeno in questa fase in cui viene richiesto di “schierarsi”, e guarderei piuttosto al Presidenzialismo, dove il candidato venga sostenuto da liste singole o in coalizione presentate ciascuna col proprio simbolo, e dunque con la propria identità, con bassa soglia di sbarramento.
Ci può stare la bassa soglia perché col Presidenzialismo la governabilità è comunque assicurata – aspetto oggi molto “apprezzato” – il che può consentire di presentarsi anche ai partiti “minori”, specie se i loro voti venissero conteggiati nella coalizione ove non raggiungessero la soglia (anche i socialisti potrebbero così conservare la propria identità).
Paolo Bolognesi 08.04.2023
Con Renzi, senza spreco di pensiero
Il lavoro di Renzi è fare Renzi