di Lucia Abbatantuono.
Il naufragio del peschereccio Adriana avvenuto nel sud del Peloponneso, a Pylos, entrerà nella storia come una delle peggiori (ennesime) tragedie di migranti registrate nel Mediterraneo, con un macabro bilancio di oltre 600 morti, molti dei quali non saranno mai ritrovati. Infatti, nonostante trascorrano le ore, il mare non restituisce gli altri corpi dopo i primi 78 riportati sul molo di Kalamata mercoledì. L’elemento più straziante sta nella segnalazione recepita dai medici e dai volontari dei primi soccorsi: “c’erano almeno 100 bambini chiusi nella stiva“, hanno raccontato i 104 superstiti finora tratti in salvo (tutti uomini tra i 16 e i 40 anni). Moltissime anche le donne, stipate nella nave insieme ai bimbi: e nessuno di loro indossava il giubbotto di salvataggio.
Una strage che poteva evitarsi, considerando che l’attivista italo-marocchina Nawal Soufi è stata per ore in contatto telefonico con i migranti a bordo dell’Adriana, e ha potuto trasmettere almeno la comunicazione dell’ultima posizione. Alarm Phone, il centro che si occupa di ricevere le telefonate di soccorso dai natanti, sostiene che la Guardia costiera ellenica, le autorità greche e quelle europee erano già state allertate dalle 16.53 del giorno prima del naufragio, ma non è stata avviata nessuna operazione di salvataggio. La Guardia Costiera ellenica ha giustificato il mancato soccorso sostenendo che le persone in difficoltà non volevano essere soccorse in Grecia. Così sono andate perse state così perse ore cruciali fino al naufragio: i 104 salvati sono stati portati a Kalamata grazie allo yacht Mayan Queen IV, battente bandiera delle Isole Cayman. Intanto i soccorritori continuano a operare al largo di Pylos con l’assistenza del C-130 dell’Aeronautica Militare, ma le speranze di trovare superstiti si affievoliscono ogni ora che passa.
I migranti provenivano da Siria, Pakistan ed Egitto. Lo stesso peschereccio Adriana era partito vuoto dall’Egitto per poi fermarsi in Libia, a Tobruk, per caricare i migranti e proseguire verso l’Italia.
Manolis Makaris, il medico responsabile dell’ospedale di Kalamata che ha fornito i primi soccorsi, rivela l’alta possibilità che ci siano fino a 600 morti, perchè gli è stato raccontato dai superstiti che a bordo c’erano 750 persone.
Una fregata e un elicottero della Marina ellenica, insieme a tre navi vicine, stanno attualmente operando nell’area di ricerca. Nawal Soufi racconta che già dalla prima richiesta di aiuto, pervenuta all’alba del 13 giugno, si sapeva che sull’Adriana i migranti viaggiavano già da cinque giorni senza acqua e con a bordo sei cadaveri. La situazione si sarebbe complicata quando una nave si è avvicinata all’imbarcazione, legandola con delle corde su due punti della barca e iniziando a gettare bottiglie d’acqua, mettendo così in pericolo i migranti perchè le risse a bordo per accaparrarsi l’acqua avrebbero potuto causare il naufragio. I superstiti anche anche riportato che la Guardia Costiera greca ha agganciato il peschereccio con una corda, provando a trainarlo. E proprio in quel momento il peschereccio si è ribaltato. Le autorità marittime di Atene, però, spiegano che il motore dell’imbarcazione ha ceduto intorno alle ore 23 di martedì e solo dopo la barca si è rovesciata, affondando in meno di 15 minuti.
Invece per l’ammiraglio Nikos Spanos sarebbero stati i trafficanti a provocare deliberatamente l’inclinazione che ha causato direttamente l’affondamento della nave. Anche il Centro di coordinamento del soccorso marittimo italiano martedì aveva ricevuto un’e-mail che indicava un barcone in difficoltà con a bordo circa 750 migranti e, accertato che si trovava nell’area di responsabilità greca, aveva contattato subito la Guardia costiera ellenica, fornendole tutte le informazioni utili per le operazioni di soccorso.
Hans Leijtens, capo dell’agenzia europea Frontex, si trova adesso in Grecia non solo per seguire sul posto le indagini e capire le dinamiche della tragedia, ma anche per individuare gli scafisti tra quanti sono stati portati in salvo.
Intanto le autorità di Atene hanno già arrestato circa 12 egiziani accusati di essere i trafficanti, che avrebbero intascato tra i 4 mila e i 6 mila dollari a migrante per questo ennesimo viaggio della morte.
Fino a domani ci sarà lutto nazionale in Grecia, ma neanche questo basterà a cessare un business fondato su migliaia di decessi, come quelli calcolati nel giugno 2016 quando almeno 320 persone vennero dichiarate morte o disperse in un naufragio vicino a Creta. O come il peggior disastro del Mediterraneo avvenuto nell’aprile del 2015, quando quasi un migliaio di migranti andarono a picco sul loro peschereccio e non furono mai più trovati nel Canale di Sicilia. Dopo anni, purtroppo, le cose non sono cambiate.
Frontex ha dichiarato che tra gennaio e maggio di quest’anno gli arrivi sulle coste europee sono stati oltre 50.300, il 158% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Complessivamente, considerando tutte le rotte praticate (via mare e via terra) gli arrivi di migranti in Europa sono cresciuti del 12%, proprio in ragione dell’aumento del flusso registrato sulla rotta del Mediterraneo centrale che porta soprattutto in Italia.
Al solito, i vertici dell’UE esprimono il loro cordoglio per la notizia; la presidente della Commissione europea Von der Leyen si è detta profondamente addolorata e molto preoccupata per il numero di persone scomparse, sottolineando al contempo la necessità di “continuare a lavorare insieme, con gli Stati membri e i Paesi terzi, per prevenire queste tragedie“.
Il presidente del Consiglio UE Charles Michel parla di “un promemoria straziante che dobbiamo porre fine al business senza scrupoli dei trafficanti“ e annuncia che “i leader dell’UE affronteranno la questione al vertice di giugno“.
Più duro, invece, il commento di Ylva Johansson, Commissaria Ue agli Affari Interni, che considera il naufragio “il segno del fatto che la nostra politica migratoria non funziona bene al momento“, augurandosi che verrà cambiata con il nuovo Patto di migrazione e asilo. Le fa eco Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU, che ricorda come “chi migra è in cerca di una vita migliore merita sicurezza e dignità“.
I viaggi della speranza, però, continuano. Altri 130 migranti sono stati appena accolti a Creta, Augusta e Lampedusa, provenienti partiti dalla Tunisia ma provenienti da Guinea, Burkina Faso, Senegal e Mali.