di Alessandro Perelli
Che il Dalai Lama privilegi il bacio alla francese (da noi più anticamente detto alla fiorentina) sono sicuramente affari suoi. La notorietà del personaggio non giustifica un interesse e una preferenza che è giusto mantenere a livello riservato o al massimo di pertinenza, per la divulgazione dì qualche testata scandalistica. Neppure la sua scelta di coinvolgere in questa “attività” una persona dello stesso sesso può provocare una grande meraviglia in quanto ormai quasi dappertutto, giustamente con buona pace degli eterosessuali, la cosa viene riconosciuta come un diritto. Ma il fatto che Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama, durante un incontro pubblico a Dharamsala, anziché abbracciare o accarezzare affettuosamente un ragazzino abbia voluto baciarlo chiedendogli di succhiargli la lingua, il tutto riportato da un video che ha fatto il giro del mondo, induce inevitabilmente ad alcune considerazioni che non possono essere che di netta condanna, trattandosi di un minorenne. Deve esserne accorto anche lui che, subito dopo, per giustificarsi ha fatto diffondere via Twitter dal suo ufficio stampa una nota nella quale si scusa con il ragazzino e la sua famiglia così come con i suoi seguaci e amici in tutto il mondo per il dolore che le sue parole possono aver causato,. Abbastanza risibile la definizione della ragione di questo suo comportamento riconducibile, secondo lui, al fatto che ami scherzare con le persone in modo innocente e gioioso ( aggettivi testuali). Il tutto è accaduto, davanti alle telecamere, nella città collinare di Dharamsala, in India, nota per essere la sede del governo tibetano in esilio nonché residenza del capo spirituale. Il Gruppo per la difesa dei diritti dei bambini con sede a Nuova Delhi ha espresso una netta condanna nei confronti di qualsiasi abuso nei confronti dei minori e ha spiegato che sebbene si citi la cultura tibetana sul mostrare la lingua il video girato non riguardi alcuna espressione culturale e in ogni caso anche se la riguardasse non sarebbe accettabile. Espressioni di riprovazione e di condanna sono giunte praticamente da ogni parte. Non si tratta di accusare il Dalai Lama di pedofilia che andrebbe provata, come ha commentato Giuliano Ferrara, in sua difesa sul Foglio, ma vedendo il video, facilmente rintracciabile su internet, non si può non cogliere una sorta di coercizione nei confronti del minore. In ogni caso, nonostante la vicenda possa prestarsi a ulteriori approfondimenti, questo episodio documentato ha rappresentato un vero e proprio choc per i milioni di persone che seguono la fede del buddismo tibetano. Intendiamoci non è la prima volta che nel mondo religioso accadono fatti similari: da noi ne fanno specie le denunce che hanno coinvolto sacerdoti, prelati, addirittura cardinali cattolici venuti alla luce in tempi recenti e tutt’ora oggetto di indagini da parte del Vaticano e inevitabilmente della magistratura ordinaria. Lo stesso Dalai Lama, nel 2008, aveva ammesso di aver nascosto degli abusi sessuali avvenuti nel monasteri buddisti di cui era venuto a conoscenza. Quello che francamente non si capisce e neppure si può tollerare è che, per il solo fatto che possano riguardare persone che praticano attività religiose, ci siano due pesi e due misure per perseguirli o siano sufficienti scuse come quelle fatte da Tenzin Gyatso. L’ unico aspetto non condannabile dell’episodio di Dharamsala è che ha contribuito a ricordare a tutti la situazione in cui si trova attualmente il popolo tibetano con i propri rappresentanti istituzionali e religiosi costretti all’esilio in India dopo che la Cina, in un contesto simile a quello di Taiwan, non riconosce l’ indipendenza dello provincia tibetana, a cui , gli indipendentisti tibetani ne avrebbero fatto volentieri a meno.