di Fabrizio Montanari
Il socialismo padano e specialmente quello reggiano, si dedicò molto al miglioramento delle basi culturali dei lavoratori, promuovendo molte iniziative nel campo dell’educazione scolastica. Grazie alla Camera del lavoro di Reggio Emilia, retta da Antonio Vergnanini, e con il concorso delle Amministrazioni locali, nel 1902, sorse l’Università Popolare con presidente il liberale illuminato Naborre Campanini.
I cittadini furono invitati a iscriversi grazie ad un manifesto, affisso nelle strade cittadine il 1 novembre 1902, che recitava: “L’istituzione che sta per sorgere nella nostra città deve servire a diffondere- specialmente in mezzo alle classi lavoratrici- le nozioni generali intorno a tutti i fenomeni del mondo fisico e morale. Più che un vero e proprio insegnamento, l’istituzione largirà ai frequentatori notizie, constatazioni di fatto, illustrazioni di leggi naturali, in una forma piana suggestiva, materiata di esempi, spoglia di qualsiasi carattere di pedanteria scolastica, e intellegibile anche a chi non dispone del sussidiario di studi preparatori…Si provvederà perché i grandi avvenimenti di attualità, le grandi scoperte, i fenomeni della natura vengano illustrati e spiegati con conferenze d’occasione”.
L’esperimento reggiano durò fino al 1908, quando sorse la Biblioteca Popolare, a cui era annessa una Scuola Popolare. Su La Giustizia del 1908 Zibordi scrisse: “Noi intendiamo il socialismo come un crescere di civiltà e di umanità e di ragione”. Come Presidente della Biblioteca fu scelto Camillo Prampolini. Si è calcolato che nel corso del 1912 furono presi a prestito oltre 40.000 libri, riviste, documenti vari. Se si considera il diffusissimo analfabetismo della popolazione, si comprende appieno la dimensione del successo ottenuto da tale iniziativa.
L’11 dicembre 1904 si inaugurò il Circolo giovanile di studi sociali che, dal 1906 al 1907, fece uscire il settimanale Le Giovani Guardie. I giovani socialisti si diedero molto daffare in quella direzione, organizzando a Coviolo le scuole serali e a Cavazzoli la biblioteca circolante.
Il gruppo femminile del partito, grazie alle professoresse Clelia Fano e Adalgisa Fochi, madre del futuro intellettuale anarchico Camillo Berneri, svolsero incontri e conferenze, affrontando diversi delicati temi femminili: voto, divorzio, controllo delle nascite, diritto allo studio, la collocazione e il ruolo della donna nella società.
Nella perenne lotta anticlericale dei socialisti, si distinse Giuseppe Soglia, che, nel 1913, sulla Giustizia domenicale scrisse: “Il solo mezzo efficace per vincere la scuola confessionale e strapparle i figli del popolo è questo: rendere la scuola pubblica gratuita e statale, più bella, più sana, più completa, più efficace, più attraente: vincere, cioè, la concorrenza che i preti ci hanno saputo fare”.
Alla fine del 1912 a Guastalla Nico Gasparini, segretario della locale Camera del lavoro, fondò una scuola di cultura e di educazione civica, il cui indirizzo venne così sintetizzato: “ci distribuiamo dei temi, li svolgiamo nelle nostre case, e poi nelle riunioni generali, presenti tutti gli alunni, ne diamo lettura e li classifichiamo”. Lo scopo dichiarato di Gasparini era quello di fare dei socialisti e non dei burocrati.
A San Martino in Rio fu aperta nel 1914 una Biblioteca Popolare per iniziativa del Circolo socialista comunale, attirando il disappunto dell’arciprete, che la considerò l’ennesimo inganno dei socialisti per attirare alla loro causa i giovani e i ingenui. In risposta a tale critica pronunciata in chiesa, Amilcare Storchi con un articolo sulla Giustizia affermò: “Il libro precede il partito. È il libro che semina l’idea, la coltiva, l’affina, la rinvigorisce, la preserva e la difende dalle nebbie e dalle deviazioni…Chi legge pensa, critica, indaga, discute…Se le biblioteche popolari dovessero servire solo alla propaganda socialista sarebbero molto povere di libri, e coltiverebbero un solo ordine di idee, mentre invece esse devono aprirsi a tutte le correnti del pensiero umano”.
Nel 1915 venne inoltre fondata la Società Cooperativa “Pro Scuola”, che esercitò il commercio librario e di cancellerie a prezzi calmierati. Gli utili furono distribuiti tra le istituzioni sussidiarie della scuola: al patronato scolastico, della mutualità e delle colonie alpine. I soci raggiunsero il numero di 300 e tre furono i negozi aperti in città. Tutti, anche i più poveri dovevano essere in grado di mandare a scuola i loro figli. La cooperativa organizzò infine anche corsi di dattilografia e di lingue.
Oltre a quanto ricordato non possiamo dimenticare che l’Amministrazione socialista, retta da Roversi, fece aumentare a Reggio le scuole elementari da 91 a 113, istituì una scuola per ragazzi ritardati e una scuola serale per adulti. Da ultimo non deve essere dimenticata la quotidiana lotta all’analfabetismo condotta da La Giustizia, che nelle sue edizioni, quotidiana e settimanale, pubblicò romanzi a puntate, poesie, pubblicizzò ogni evento culturale della città o della provincia, fece conoscere le opere e il pensiero di artisti, pittori, scienziati, politici e filosofi. Perché, come era solito dire Prampolini, “il socialismo non è nulla, se non è soprattutto conoscenza, cultura e libertà”.