Il ministro Fitto ha precisato e approfondito i temi. E ha anche assicurato, a proposito del Pnrr, gli interlocutori e gli spettatori convenuti al Capranichetta di Roma all’iniziativa promossa congiuntamente dall’Associazione socialista liberale e dalla rivista Civiltà socialista. Restano fondati dubbi sulla capacità dell’Italia di rispettare le scadenze previste dal piano che assicura al nostro Paese 191 miliardi (70 a fondo perduto e 120 a prestito) che vanno sommati agli altri 30 del piano di coesione e ad altre decine dai vari fondi per superare così quota 300 miliardi da spendere almeno entro il 2029. Le prime due tranche sono arrivate e la terza é tuttora sub judice. Ercole Incalza, il vero storico dominus del ministero delle Infrastrutture, ha elencato i gravi errori dei due governi Conte, i loro ritardi e le dispersioni di progetti (oltre 160mila) senza assicurare la commissione dell’unitarietà raccomandata. Il governo Draghi si é fatto carico della coerenza progettuale e il governo Meloni ha almeno approfittato dei piani più o meno paralleli per spostare alcune opere in previsioni temporali più a lungo respiro. Il problema italiano é la sussistenza di lacci burocratici e di controlli che non permettono, come avvenuto coi Fondi europei, di spendere risorse esistenti e già stanziate. Occorre sburocratizzare e velocizzare. Dunque anche la vicenda di porre un freno alla Corte dei conti per controlli paralleli e di impedire che appena scatta una iniziativa giudiziaria si debba bloccare un’opera vanno in questa direzione. Così come i commissariamenti che, come ha precisato Raffaella Paita, di Italia viva, sono l’unica forma per assicurare che i cantieri inizino e finiscano. Grande assente del dibattito è stata la questione Mes, il vero tallone d’Achille di questo governo e in particolare del presidente Meloni. Individuato, chissà perché, come una pretesa europea di mettere il naso sugli affari nazionali, si é persa di vista la sua utilità per paesi coma la Grecia, la Spagna, il Portogallo, Cipro e l’Irlanda che ne hanno fatto ricorso senza che venissero alzate barriere di resistenza patriottiche. Anzi, grazie ai fondi del Mes, questi paesi hanno ripreso a camminare e alcuni di loro, vedi la Spagna, anche a correre. Il governo italiano é l’unico europeo a non avere ancora approvato la sua riforma del 2021, che introduce tra le altre questioni appunto il cosiddetto Mes sanitario, una nuova linea di credito di 240 miliardi complessivi, e a non avere stanziato la sua quota. Questo non aiuta a rendere più credibile in dimensione europea l’esecutivo Meloni. Ma di più. Il governo ha scelto di non utilizzare i fondi del Mes sanitario, circa 36-37 miliardi a tasso d’interesse vicino allo zero, praticamente senza condizionamenti (al contrario del Recovery che é pieno zeppo di condizioni, di verifiche e di controlli). E questo in una fase, quella della post pandemia, caratterizzata in Italia da profonde carenze di reti ospedaliere territoriali (come é ben noto i piccoli ospedali, che sarebbero stati molto utili nella fase pandemica e che si rivelerebbero assai utili in previsione di possibili nuove epidemie, sono stati chiusi e accorpati per esigenze di risparmio) e dalla mancanza di 30mila medici e forse di altrettanti se non di più infermieri, come si evince dai dati Ispes. L’Italia ha dunque due questioni tuttora aperte. Sottoscrivere la sua quota, che é la terza dopo Germania e Francia, del Fondo salva stati approvando la sua riforma e decidere se attingere ai miliardi previsti dal Mes sanitario. In caso contrario chiarire il motivo, che non può essere una sorta di prevenzione ideologica e dunque non dimostrabile, che la spinge a non farne uso. Rinunciarvi sarebbe un grave danno prodotto nel tessuto più delicato della vita di un Paese. Rinunciarvi per pretesti politici un danno doppio.
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Direttore. Nasce a Reggio Emilia nel 1951, laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Bologna nel 1980, dal 1975 al 1993 é consigliere comunale di Reggio, nel 1977 é segretario provinciale del Psi, nel febbraio del 1987 è vice sindaco con le deleghe alla cultura e allo sport, e nel giugno dello stesso anno viene eletto deputato. Confermato con le elezioni del 1992, dal 1994 si dedica ad un’intensa attività editoriale (alla fine saranno una ventina i libri scritti). Nel 2005 viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Psi nel governo Berlusconi. Nel 2006 viene rieletto deputato nel Nuovo PSI. Nel 2007 aderisce alla Costituente socialista nel centro-sinistra. Nel 2009 é assessore allo sport e poi all’ambiente nel comune di Reggio. Dal 2013 al 2022 dirige l’Avanti online.
1 commento
È un governo di occupazione…
Senza il minimo senso dello Stato…
In temine di interesse collettivo…
Difende solo le caste di riferimento che lo hanno fatto eleggere…
Nel caso della sanità…
Della sanità privata e tutto il business che rappresenta…
Anche qui però la cosiddetta sinistra non ne è immune…
Ed anche il sindacato rosso…
Con un Landini che tempo fa ed oggi urla nella difesa della sanità pubblica…
Peccato che nell’ultimo contratto dei metalmeccanici…
Vi è più welfare privato…
Gestito da Banca Intesa…
Dove nel consiglio di amministrazione c’è anche la CGIL..
Il rifiuto del MES ha poi un obiettivo politico ben preciso…
Coalizione di destra europea a sovvertire la maggioranza attuale…
Lanciando segnali di distinzione…
Al suo elettorato…