“I politici sono tutti uguali“. Questa è la sentenza più proferita dagli imbecilli. Spesso mi è capitato di chiedermi come deve essere la vita di chi non ha mai un mal di testa. Finalmente ho trovato a chi devo domandarlo.
Con questo non intendo attribuirmi qualità di genio, piuttosto tentare di scuotere qualche testolina atrofizzata. Forse, superata l’iniziale irritazione che quanto scrivo può suscitare, qualcuno proverà un approccio alla politica meno inutile agli altri e, soprattutto, a se stesso.
In Italia i partiti politici e chi fa politica sono il bersaglio preferito da una molteplicità di individui, tendenzialmente appartenenti a specifiche categorie sociali, agilmente raggruppabili:
Ignavi, frustrati, inglobati nel mobilio dei bar e mentecatti: in questo blocco, ognuno con le sue peculiarità, colloco coloro che ritengono che tutto quel che vorrebbero sia dovuto, e che debba cadere come manna dal cielo. Non si sono mai applicati nello studio così come nel lavoro; inclini all’autoassoluzione sono solitamente invidiosi e ipocriti.
Il discredito sistematico è rivolto a ogni cosa differisca dalla loro indole, risultando perciò incomprensibile. Non a caso è il diverso, in tutte le sue manifestazioni, il nemico numero uno. I colpi non sono mai inferti frontalmente: si celano ora dietro una tastiera, ora mimetizzati all’interno di gruppi di loro simili.
La decadenza della politica
Che la politica italiana stia attraversando una lunga fase di decadenza, guidata da una classe dirigente in larga misura inetta e mossa da interessi prevalentemente personali, è un’evidenza macroscopica. Non è mio interesse erigermi a difensore di ciò che nel complesso è indifendibile; mi preme invece dimostrare quanto la situazione attuale, con tutte le sue storture e penosità, sia anche il prodotto di una cittadinanza altrettanto tronfia e lassista. Indifferenza, egoismo, ignoranza e una buona dose di “poraccitudine moralista” sono stati gli ingredienti della miscela esplosiva.
La chiacchiera da bar, oggi amplificata dall’elevata fruizione dei social networks, è stata accompagnata da un qualunquismo che affonda le sue radici nell’omologazione al sentire comune, con le sue condanne e le facili soluzioni a complesse problematiche.
Il populismo sventolato da buona parte dei politici della Seconda repubblica, si è congiunto con quello della popolazione, fagocitando ogni residuo di razionalità, isolata insieme ai promotori di un fraseggio politico basato su analisi ragionate e confronto propositivo.
Nasce così il paradosso che ha condotto le due opposte facce del populismo a una simbiosi parassitaria: l’esistenza dell’una non può prescindere dall’esistenza dell’altra.
Il trionfo del populismo
E’ proprio la diffusione dell’idea che “i politici sono tutti uguali” ad aver sdoganato il populismo come presupposto cardine in seno alla popolazione. Il nemico giurato è rappresentato dalle vecchie elites e dai partiti politici che devono essere rasi al suolo a favore di una classe più vicina, nei modi e nelle espressioni, al popolo.
Ne deriva che non è la “buona politica” a imporsi, bensì singole personalità, impreparate ma pronte ad assecondare e a cavalcare qualsiasi richiesta emerga dalla cittadinanza. Obiettivo unico e ultimo: arricchimento e affermazione personale.
Il successo del pancismo
Le rivendicazioni della massa indignata hanno quasi sempre obiettivi precisi, indicati da quelle personalità sopracitate, che tendono a distrarre il potenziale elettorato. Privi di formazione politica, quindi di capacità di analisi e di quella progettualità idonea alla soluzione delle criticità, il leader del momento sfodera lo specchietto per le allodole: si diffondono così soluzioni immediate per problemi inesistenti.
Quando le criticità non possono essere celate, vengono indicati rimedi semplici, immediati quindi inadeguati. L’impressione che ne deriva è quella di aver finalmente individuato una guida abile, incorruttibile e vicina alle reali esigenze della massa calpestata.
Fedele alleato dei nuovi politici è il sondaggio di opinione, attraverso il quale alla popolazione viene detto quello che si vuol sentir dire. Noto come fenomeno del pancismo, gli umori e le passioni momentanee sono appagate dalla “parola magica“; poco importa se il giorno successivo si sosterrà l’esatto contrario: nessuno ne avrà memoria.
Ne sono esempio gli slogan che, meno di dieci anni fa, erano diffusi sui social dai pentastellati “Mai col PD“, “PDL-L“, “PDioti” “PD=Kasta“. Ad oggi hanno collaborato in tre esecutivi e stringono alleanze tanto a livello municipale, quanto a livello nazionale.
I pancisti e la crociata al finanziamento pubblico
Sono partiti al grido di “Tutti i politici sono uguali”, per approdare a richieste che, una volta approvate, al Paese sono costate più caro di quanto questi soliti idioti possano realizzare. Tra i più deleteri malumori di pancia, si registra l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, promosso con entusiasmo da M5S e PD: Red &Toby – Nemiciamici.
Questa scelta ha determinato l’ingresso, in ambiente politico, degli interessi particolari di privati e di multinazionali disposti a finanziare l’attività politica -o meglio le campagne elettorali- in cambio di politiche favorevoli. E’ il modello statunitense che ha permesso lo sviluppo del sistema lobbistico, duramente inviso agli stessi promotori del provvedimento.
Dall’altra parte ha escluso progressivamente dalle candidature, tutte le persone che non hanno la possibilità finanziaria di sobbarcarsi le spese di una campagna elettorale, permettendo solo al ceto abbiente, o a chi trova uno sponsor, tipo la ndrangheta, di partecipare come parte attiva alla vita politica del Paese.
La causa del finanziamento pubblico, sortendo questo effetto, mostra un volto assurdamente classista e ben lontano dalla tanto sbandierata meritocrazia. Poco contano conoscenza, studio, esperienza e dedizione: chi ha potrà, chi non ha starà.
Nel prossimo futuro, quest’ultima differenziazione andrà scemando: il mancato finanziamento non interviene sul solo momento elettorale, ma abbraccia l’intera opportunità di compiere attività politica, dalla stampa di manifesti e notizie, alle scuole di politica, all’organizzazione di conferenze e momenti di dibattito e approfondimento.
Il demagogico taglio degli stipendi
Lo stipendio di un parlamentare italiano è di 5000 euro a cui si aggiungono le indennità che possono innalzarlo fino a 15.000euro. Su quest’argomento si è compiuto un capolavoro di demagogia.
Giuseppe Grillo e Marco Travaglio, sono stati i principali promotori della proposta che avrebbe dovuto dimezzare gli stipendi ai parlamentari rei, a loro dire, di essere una casta privilegiata e di chiedere sacrifici alla popolazione, senza farne a loro volta.
Nonostante abbia sempre ritenuto pessimo costume fare i conti in tasca alle persone, non mi posso redimere dal dire a lor signori “ma da che pulpito“. Dovrebbero tagliarsi lo stipendio persone che si assumono la responsabilità, l’onere di legiferare? Che spesso lasciano la propria professione senza avere la certezza di ritrovarla? Politici che, nel raro caso in cui mostrino una spiccata personalità e si guadagnino una certa notorietà, si vedranno invasi in ogni ambito della propria esistenza, soprattutto privata? Che spesso si guardano dal palesarsi tali, per evitare il pubblico linciaggio dal momento che “i politici sono tutti uguali”?.
Perché la categoria dei politici, ovvero quella più ricca di criticità e responsabilità dovrebbe optare per una scelta di questo tipo? Esistono categorie professionali assai meno esposte alla pubblica gogna, a cui vengono corrisposti compensi anche più sostanziosi di quelli del parlamentare. Gli stessi sopracitati “paladini del taglio stipendi”, vantano un reddito annuo ben superiore a quello del deputato e del senatore. Se realmente credono a quanto affermano, diano loro il buon esempio.
Fate pace con il cervello
Il numero dei parlamentari, la loro retribuzione e l’eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti, sono solo due esempi di quei leitmotiv, ripetuti in maniera randomatica da cittadini pronti a cavalcare e a diffondere qualsiasi stortura, purché imputabile ad altri, meglio se alla classe politica perché si sa.. “i politici sono tutti uguali!”.
Il punto sta proprio qui: parte dall’imbecillità ed approda al disastro. Da che mondo è mondo parlare è più semplice che pensare. L’intelletto, il ragionamento, sono i grandi assenti. Viviamo una realtà dove le persone comuni non realizzano che i politici stessi sono persone comuni.
Presumo che siamo tutti d’accordo nel constatare che l’attuale classe dirigente, cos’ come quella che si alternata nell’ultimo trentennio, sia in buona sostanza incapace ed inadeguata. Ma questo dipende prevalentemente da due circostanze su cui non si può più soprassedere se si vuole, per una volta, fare esercizio di onestà intellettuale.
Le due circostanze sono l’eliminazione dei partiti politici, che andavano formando la classe dirigente, e il sistema elettorale che, escludendo le elezioni amministrative, non consente più l’indicazione della preferenza. Questo ha determinato che nelle liste gli eletti fossero decisi in maniera preventiva da leader del momento e signori delle tessere. Questo soprattutto quanto riguarda gli uomini; per le donne la selezione ha risposto agli stessi principi con l’aggiunta di una peculiarità: la mansuetudine.
Responsabili di quanto esposto siete voi cittadini: voi che avete affossato e perseguite nel farlo, i partiti politici; voi che inneggiate il taglio stipendi piuttosto che protestare per esigere un sistema elettorale che vi permetta di scegliere il candidato; voi che con la vostra puttanata del “i politici sono tutti uguali”, per gettarvi tra le braccia del leaderismo d’occasione, avete spalancato i portoni a eserciti di incompetenti, collusi, corrotti e demagoghi.
Fatevi qualche domanda
Mentre contribuite ad alimentare le macchine del fango, azzardate un’autocritica?
Mi chiedo spesso se sapreste indicare, anche superficialmente la differenza tra destra e sinistra, piuttosto che tra liberismo, socialismo e comunismo. Riflettete mai rivolti all’atteggiamento che assumete nell”unica occasione elettorale che vi permette di esprimere la preferenza, ovvero alle elezioni comunali?
Vi ho visto disertare le urne, per poi inveire contro l’amministrazione comunale, in ogni occasione di vita reale e di vita social. Vi ho visto votare chi vi veniva indicato dal mafioso di turno. Ho visto votare l’amico, il parente e quello che vi stava simpatico. Raramente vi ho trovato ad informarvi sulle capacità del candidato, raramente vi ho trovato a leggere un programma politico. “Ma noi lavoriamo, abbiamo guai, abbiamo figli, dobbiamo pensare a sbarcare il lunario e si fa tanta fatica”.
Benissimo, avete ragione, sapete quindi che vi dico? A ognuno il suo. Allora, se non avete tempo da dedicare alla lettura di programmi e alla selezione di candidati idonei, se non avete le conoscenze per stabilire se quella proposta politica può essere efficace o meno, evitate allora di scatenarvi nei VaffaDay, di pretendere di dover aver diritto di parola per mezzo di un anelato referendum diretto propositivo rispetto a qualsiasi tematica che non conoscete o, ben che vada, ne avete sentito un po’ parlare.
Tu, giardiniere, cosa pensi quando un avvocato coi tre vasi di gerbere sul terrazzo viene a spiegarti il tuo mestiere? E tu, insegnante, quando ad ottobre sei obbligata a comunicare le uscite didattiche perché vengano vagliate dal consiglio dei genitori che, pur occupandosi d’altro, stabiliranno la loro idoneità?
A fare a gara a fare i puri, si trova sempre uno più puro che ti epura
Smettetela di preoccuparvi maggiormente della rettitudine nello stile di vita di un politico piuttosto che delle soluzioni che questi vi propone .E voi? Siete davvero così puri? Davvero nella vostra vita non avete mai commesso errori, o cambiato idea, o creduto di optare per una soluzione che alla fine non si è rivelata così efficace?
Aver tradito vostra moglie vi rende un meccanico meno bravo, che dovrebbe chiudere l’officina? Aver preso una sbronza eclatante ed essere cadute a gambe all’aria dovrebbe determinare la diserzione del vostro salone di bellezza?
Se davvero volete che le cose cambino, allora dovete cambiare voi. Dovete partecipare direttamente o indirettamente alla vita pubblica, a partire dal vostro comune; se sono solo parole dunque tacete, perché di rumore ne è stato fatto fin troppo.
Ricordatevi che è sacrosanto rivendicare i propri diritti, purché vi ricordiate di avere altrettanti doveri.
E ricordatevi : “i politici non sono tutti uguali”
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2 commenti
Ottimo. Complimenti.
Mi piace…andrebbe sintetizzato per meglio divulgarlo.