Come al solito tutto nasce nel 1994, dall’avvento di quella che ormai passerà alla storia con il nome di “Deuxième République” (per noantri II Repubblica) che sarà ricordata come una delle più grandi sciagure che si sono abbattute sul nostro paese.
Figlia dell’azione sovversiva di una parte della magistratura (Colombo dixit) e della smania popolare di “liberarsi dei partiti” quella vicenda ha dato la stura a una stagione in cui la identificazione di un partito o movimento politico non è stata più legata ai suoi ideali, alla sua storia o al suo programma politico, ma alla figura del leader .
E così la gente non è stata più democristiana, socialista,comunista, liberale o missina ma è diventata Berlusconiana, Casiniana, Finiana, D’Alemiana, Di Pietrista o Bertinottista.
In epoca un po’ più recente, ma non troppo, Di Maio, in una trasmissione televisiva, ebbe a esultare per la fine degli ideologismi: finalmente una parte del paese era diventata anche Dimaiana.
Che culo, roba da stappare un Magnum Ferrari.
È durata poco ma di danni ne ha fatti assai.
E così in questa forma di neocesarismo di maniera, a metà tra il culto della personalità di Gaio Giulio e l’assolutismo di Louis Quatorze, nelle scelte politiche ed elettorali del bel paese sono via via sbiadite ideologie, le concezioni della società e dello stato, i programmi e compagnia cantante per lasciare lo spazio all’istrionismo, alla simpatia, alla capacità di essere showman, insomma alle fregnacce.
Ecchissenefrega se il leader dice puttanate o non sa fare niente o non capisce un tubo, basta che sia simpatico e in che tv mi faccia ridere.
Che poi vallo a raccontare che si è trattato di successi effimeri e volatili come il fumo di una sigaretta.
Quello che è accaduto in positivo è successo anche al contrario, in negativo .
Per esempio, recentemente, al duo Calenda-Renzi.
Sui social, in ordine alla recentissima lite tra i due, i commenti si sono sprecati: tutti sui due personaggi che sono stati definiti con una fantasia di termini da accademia della crusca.
Supponenti, presuntuosi, vanitosi, antipatici e chi più ne ha più ne metta.
Peccato, peccato che questo esercito di malpancisti, queste legioni di italioti cui facebook ha messo in mano il potere di fare opinione (Umberto Eco santo subito), si cristallizzi sulla simpatia dei personaggi ma perda di vista i contenuti.
E già perché, al di là del fascino o meno dei due personaggi che in effetti non sono proprio i campioni mondiali della comunicazione e della conquista del consenso delle platee e non li manderanno mai a presentare la serata degli Oscar, quello che avevano in mente e che avevano iniziato a fare non era affatto sbagliato e non era affatto una sciocchezza.
Perché, tornando all’incipit e all’avvento della II Repubblica, una delle altre pesanti eredità che mani pulite ha inferto al paese è il bipolarismo; questa formula del cacchio, inventata da megalomani e scimmiottatori del made in USA a prescindere, che ha distrutto la politica italiana.
In nome di autentiche sciocchezze, come la governabilità o la semplificazione politica, il bipolarismo è nel paese esattamente come un coperchio tondo su una teglia quadrata.
Mi astengo dalle osservazioni sull’incattivimento dello scontro tra i due poli e sulla totale mancanza di contenuti nelle liti bipartisan perché l’avete sotto gli occhi
Ma volando sul piano etico la democrazia è concedere al cittadino-elettore una scelta tra più opzioni e non tra una zuppa e un pan bagnato.
La democrazia è pluralismo, dei protagonisti, delle proposte, dei programmi, dei progetti, delle idee: più ne sono e meglio è, più ne sono e più la democrazia è compiuta.
Caspita ma non è difficile capirlo.
Capire che il bipolarismo, che propone al paese o Meloni-Savini o Schlein-Conte, è una tomba politica perché tra questi due estremi vi sono diversità, identità, peculiarità, che poi sono la vera ricchezza politica, che sono costantemente ignorate, sono affossate, sono sepolte da una congiura del silenzio che i media per primi pongono in essere, non è una facoltà, è un dovere.
Ma cosa ne pensereste, cari italiani miei, se andaste al mercato e trovaste solo due bancarelle una che vende solo le mutande nere e una che vende solo le mutande bianche?
E dai su, è un concetto così elementare che non vi può sfuggire.
Il valore del pluralismo come elemento fondante della democrazia non lo predico solo io. Prima di me lo dissero Aristotele, Pericle, Lucio Giuno Bruto, Cicerone, e poi ce lo raccontarono le vicende della Magna Charta e successivamente del Bill of rights, e poi Hobbes, Heghel, Proudhon, Saint Simon, e poi Turati e poi il riformismo e la socialdemocrazia europea.
Insomma un pantheon infinito di saggi e intellettuali.
In questo senso Renzi e Calenda ci hanno provato. E ci avevano anche creduto: a mettere in piedi una formula politica che scardinasse il bipolarismo.
E già perché questo è il nodo politico che determinerà la svolta o meno del paese e forse richiamerà alle urne quella metà di italiani che tra zuppa e pan bagnato scelgono di stare a casa.
Chiunque si ponga distante tra i due poli sia benedetto e fa niente se è arrogante o antipatico, ma dice e fa cose giuste.
E in questo paese, chi si fa governare dal cervello e non dall’intestino, non può non capirlo.
Del resto De Gaulle era simpatico? Mitterand era simpatico? La Thacher era simpatica? la Merkel era simpatica? Craxi, Berlinguer, Moro erano simpatici?
No, ma erano intelligenti e avevano idee e da mettere al servizio dei loro paesi o delle loro genti.
Italiani, sveglia!
Riponete nel cassetto gli show televisivi e ritornate a badare ai contenuti e fate attenzione che non tutto quello che vi piacerebbe sentire è effettivamente utile a voi e al paese.
1 commento
C’è chi pensa che il supposto “divorzio” tra i due leader sia dovuto ad una reciproca antipatia, ed è in effetti verosimile che non sia facile la coabitazione tra le due personalità “spiccate”, ma io credo piuttosto che, in ambedue, strada facendo, abbia preso sempre più piede la consapevolezza che pure il Centro deve ormai schierarsi, vista la crescente polarizzazione delle rispettive posizioni, anche nel sentire comune della nostra società.
E a tal riguardo circola insistentemente la voce secondo cui l’uno guarderebbe soprattutto a sinistra, mentre l’altro verso l’opposto versante politico, segnatamente Forza Italia, a riprova che non si tratterebbe di rivalità-incompatibilità sul piano personale, bensì di linea politica, vale a dire un problema che coinvolge inevitabilmente quelle formazioni orientate ad unirsi al progetto del Terzo Polo, visto quale entità di segno ed impronta liberal-riformista.
Se fosse effettivamente la linea politica, intesa nei suddetti termini, a provocare la eventuale “rottura” tra i due leader, anche i socialisti che pensano di aderire al cosiddetto Polo liberal-riformista dovranno decidere in quale direzione andare, ma in entrambi i casi, qualunque scelta dovessero fare, darebbero probabilmente l’idea di fare il percorso a “rimorchio” di decisioni altrui, quando a mio avviso avrebbero potuto essersi già espressi “per proprio conto”.
Paolo Bolognesi 15.04.2023