di Lucia Abbatantuono.
Il Teatro Regio di Torino ha compiuto 50 anni il 10 aprile. Dall’esterno l’edificio sembra quasi non esserci, ma accedendo all’atrio dal porticato di via Po, la grandiosità dell’opera si svela poco a poco, in modo squisitamente torinese, e davvero il Regio incarna l’anima della città: discreto ma ricercato negli arredi, lussuoso ma composto nel proporsi a tutti i veri appassionati di musica. Celebre per i suoi 3662 steli di luce del gigantesco lampadario che sembra cadere dal soffitto sulla platea, con steli luminosi che danzano coi velluti cremisi nella grande sala definita dall’architetto Carlo Mollino “uno spazio a metà fra un uovo e un’ostrica aperta”, il Regio è originale anche per i suoi insoliti colori: il rosso e il viola, accostamento audace ma idoneo a rievocare concentrazione e ritualità. Un teatro di prestigio, con 2500 complessivi posti tra platea e cinque ordini di palchetti, che lo collocano ai primi posti d’Europa per ampiezza.
Ma il teatro torinese nasconde anche segreti affascinanti, come la vista godibile dai suoi tetti, che punta dritta su quel Palazzo Alfieri che bruciò nel 1936 e che fu, dal 1740, la prima vera sede del Regio voluto dal Re Vittorio Amedeo Secondo, che ne incaricò l’edificazione a Filippo Juvarra, poi reimpostata da Re Carlo Emanuele Terzo che ne assegnò il completamento a Benedetto Alfieri (zio di Vittorio). E dal tetto si può ammirare anche il paraboloide iperbolico, che è la cupola della sala, ma anche le soffitte di Torino, la Mole e la collina; altezze diverse, terrazzini fioriti, abbaini: un mondo irregolare ma organico che sembra fare da contrappunto alla regolarità delle strade cittadine, di regolare impianto romano. In quel che resta di Palazzo Alfieri oggi ci sono gli uffici, il foyer e la sala caminetto.
Per celebrare il compleanno del Regio la Mole Antonelliana si illumina di rosso intenso, e ai torinesi saranno garantite due giornate di teatro a porte aperte, con concerti gratuiti a cura dell’orchestra e del coro.
Anche l’indimenticabile Raina Kabaivanska, già protagonista dell’inaugurazione del 1973, partecipa ai festeggiamenti, e si racconterà in una conversazione col giornalista e musicologo Giorgio Rampone. Il sindaco Stefano Lo Russo, che è anche presidente della Fondazione Teatro Regio, sottolinea che “In questi cinquant’anni il Regio ha raggiunto una notorietà nazionale e internazionale, ed è molto amato dai torinesi, come polo di attrazione per artisti, appassionati, simpatizzanti e anche per esperti di architettura, affascinati dallo splendido progetto dell’architetto Mollino, conquistando così un ruolo di primo piano nella promozione della città”.
I primi disegni del Teatro risalgono a inizio ‘700, quando Filippo Juvarra fu chiamato a collocarlo nel più generale riassetto urbano di Piazza Castello. Fu poi Benedetto Alfieri, altro celebre architetto dell’epoca, a prendere le redini del progetto e a comporne la struttura in soli due anni, un tempo record allora. L’inaugurazione fu stabilita per il 26 dicembre 1740 e la prima recita in assoluto fu l’Arsace di Francesco Feo. Il Teatro Regio divenne subito punto di riferimento internazionale non solo per la sua capienza ma anche per le magnifiche decorazioni della sala, fra le quali spiccava la volta dipinta da Sebastiano Galeotti, gli imponenti scenari e le attrezzature tecniche, considerate all’avanguardia per quel periodo storico.
Per volere dei regnanti Savoia, ogni stagione teatrale iniziava il 26 dicembre e si concludeva alla fine del Carnevale; inoltre, ogni cartellone doveva sempre contenere due nuove opere serie composte appositamente per il Teatro. Così, nel corso del ‘700 scrissero per il Regio celebri compositori italiani come Galuppi, Jommelli, Cimarosa, Paisiello e anche autori stranieri come Gluck, Bach e Hasse; vi cantarono, inoltre, i più celebri castrati e molte notevoli prime donne dell’epoca. Dopo una chiusura quinquennale dal 1792 al 1814, il Regio cambiò nome più volte in base agli eventi storici che si susseguirono: nel 1798 divenne Teatro Nazionale, nel 1801 Grand Théâtre des Arts e nel 1804 Théâtre Impérial.
Durante l’austerity imposta negli anni repubblicani francesi fu abolito il gioco d’azzardo nelle sue sale, e fu proibito l’ingaggio dei castrati. Napoleone stesso presenzio’ agli spettacoli in tre diverse occasioni, e cantarono a Torino interpreti eccelsi come il soprano Isabella Colbran e il tenore Nicola Tacchinardi. Fu solo con la Restaurazione che il teatro tornò ad essere Casa Savoia. Grazie a Carlo Felice, grande melomane, si esibirono al Regio virtuosi come Giuditta Pasta e Domenico Donzelli, nonostante durante l’800 Torino perse artisticamente rilievo rispetto a Milano, Napoli e Venezia.
Carlo Alberto decise poi di dare un’impronta nettamente neoclassica al teatro e di rinnovare il sistema della programmazione, inserendo la stagione di Carnevale-Quaresima articolata su almeno cinque opere di repertorio. Fu esattamente dal 1855, col “Barbiere di Siviglia” di Rossini, che il Regio si aprì anche all’opera buffa. Nel 1861 il restauro curato da Angelo Moja vesti’ la sala in stile decisamente neobarocco.
Nel 1870 la proprietà del Regio passo’ al Comune di Torino, e da allora la sua storia si intreccia con quella dell’Orchestra Civica e dei Concerti Popolari di Carlo Pedrotti, che apporta ulteriori profonde innovazioni nel repertorio inserendo in programmazione anche le musiche di Wagner e Massenet.
Arturo Toscanini esordisce proprio con Wagner al Regio, collaborando con l’Orchestra dal 1895 al 1898 e inaugurando la nuova sala, restaurata da Ferdinando Cocito, il 26 dicembre 1905 con un magnifico “Sigfrido”.
Ma il Regio ha tenuto a battesimo altre opere e altri grandi artisti: Giacomo Puccini, che inscenò a Torino la sua prima “Manon Lescaut” nel 1893, e anche la sua prima “Bohéme” nel 1896; e Richard Strauss, che nel 1906 dirige al Regio la prima italiana della sua “Salome'”. L’ultima grande Prima ospitata dal Regio antico fu nel 1915 la “Francesca da Rimini” di Riccardo Zandonai, con librettista il celeberrimo Gabriele D’Annunzio.
Nella notte tra l’8 e il 9 febbraio 1936 il Teatro fu distrutto da un violento incendio, e sono occorsi oltre 40 anni per la sua ricostruzione.
Non fu semplice decidere a chi affidare il progetto della ricostruzione, ma nel 1937 il bando pubblico di concorso fu vinto dagli architetti Morbelli e Morozzo della Rocca, che tuttavia non realizzarono mai il loro progetto perché nel 1965 l’amministrazione civica decise di affidare l’incarico all’architetto Carlo Mollino e all’ingegner Marcello Zavelani Rossi. I loro lavori iniziarono nel settembre del 1967 e si conclusero agli inizi del 1973.
L’inaugurazione del Nuovo Teatro Regio, quello che oggi conosciamo, avvenne il 10 aprile del 1973 con i “Vespri siciliani” di Verdi, per la regia di Maria Callas e Giuseppe Di Stefano. Nel 1998, per i primi 25 anni del nuovo teatro, la sala è stata sottoposta a un importante restauro acustico che la rende oggi tra le migliori aule di ascolto musicale al mondo.
Sul piano gestionale, gli ultimi dati resi noti dalla Fondazione Teatro Regio di Torino risalgono al 2021, e quel bilancio riportava un avanzo di gestione di oltre tre milioni di euro, cifra non esaltante ma pur sempre incoraggiante, considerata la concomitanza delle varie azioni di risanamento già intraprese dopo il commissariamento, aperto nel giugno 2020 e chiuso dopo soli 13 mesi.
Anche se i ricavi gestionali hanno fortemente risentito delle chiusure nazionali dei Teatri e delle capienze ridotte a causa del Covid, nel 2021 gli accessi al Regio hanno superato le 40.000 unità di spettatori spettatori paganti. E da allora i numeri sono in costante aumento. Il Nuovo Teatro Regio ha 50 anni, e da adulto sta portando avanti il fondamentale riequilibrio economico, patrimoniale e finanziario che ha promesso. Perché è vero che l’arte non ha prezzo, ma la lirica ha costi che vanno sostenuti: e la passione di chi ama il Regio farà il resto, almeno per i prossimi 100 ulteriori compleanni. Auguri!