di Lidano Grassucci
Io non so a chi dispiaccia piú che a me la ambizione, la avarizia e le mollizie de’ preti; sí perché ognuno di questi vizi in sé è odioso, sí perché ciascuno e tutti insieme si convengono poco a chi fa professione di vita dipendente da Dio; e ancora perché sono vizi sí contrari che non possono stare insieme se non in uno subietto molto strano. Nondimeno el grado che ho avuto con piú pontefici, m’ha necessitato a amare per el particulare mio la grandezza loro; e se non fussi questo rispetto, arei amato Martino Luther quanto me medesimo, non per liberarmi dalle legge indotte dalla religione cristiana nel modo che è interpretata e intesa communemente, ma per vedere ridurre questa caterva di scelerati a’ termini debiti, cioè a restare o sanza vizi o sanza autorità
Francesco Guicciardini
Tutto si riduce a casa propria, la stessa Europa è già casa altrui, anzi lo è il Comune accanto. La politica era mossa da grandi movimenti ideali, così ideali da essere veloci le idee quando era ancora lento spostare gli uomini. Noi siamo nati, noi socialisti, con la forza di una idea che ci faceva “internazionali”, che ci faceva dell’umanità e non della famiglia. I cattolici poi erano “universali”, i liberali lasciavano fare non per contrada ma per il mercato grande come il mondo. Nessuno sente più queste categorie: universale, internazionale, mercato. Oggi tutto si restringe la “sinistra” usa il termine Paese la destra il termine nazione (seppur a sproposito) termine, se ci fate caso che escludono non includono.
Se hai per riferimento l’umanità ne comprendi i flussi, gli uomini hanno gambe per spostarsi non sono alberi o montagne, se hai per riferimento il paese o la nazione hai paura della contaminazione per definizione e allora cerchi confini, purezze, selezioni.
Se la visione è stretta la politica non è ideale ma relazionale, con l’idea scelgo anche chi è lontano fisicamente da me perché vicino a me idealmente, con la relazione… di queste ore lo scontro in Forza Italia che ruota su distanza o vicinanza verso il leader. Vale anche rispetto a movimenti politici fisarmonica che passano da consensi piccoli a consensi enormi (Movimento 5 stelle, Lega, Fdi, per certi aspetti il Pd di Renzi) in tutte le fasi espansive il cerchio magico è una “malattia prevedibile” nel modello di democrazia relazionale che, naturalmente, esclude l’articolazione interna, l’elaborazione politica, in ragione della vicinanza. Schlein e Bonaccini si scontrano sui capigruppo parlamentari non in ragione di valori, ma di relazione con la leadership.
La democrazia di vicinato poi riduce la scala degli interventi: non si interviene sulla sanità ma sulla Asl, e manco basta, sul singolo ricovero. La risposta di sistema è negata perché collettiva ciascuno cerca la sua risposta personale, la sua vicinanza nella sua relazione, il “particulare” di Guicciardini in salsa 4.0 . I problemi non sono mai collettivi ma sempre personali. Quindi? Non c’è la polis e quindi è impraticabile la politica ma praticabile la famiglia.
3 commenti
Queste righe pongono un problema reale ed effettivo, anche se le mie conclusioni sono piuttosto diverse da quelle espresse dall’Autore, e come prima riflessione mi viene da pensare che l’Ottocento ha visto l’affermarsi delle autonomie e sovranità nazionali, con la difesa della propria lingua e di tutto quanto potesse rafforzare la rispettiva identità.
Stando nei paraggi di casa nostra, allorché il Belpaese raggiunse l’unitarietà, continuò ad avere grande importanza l’istituzione comunale, ossia il “localismo”, giusto per rispondere alle specificità ed esigenze dei differenti territori, molto difficili da poter essere soddisfatte con regole e dispositivi che non tenessero conto di tali particolarismi o singolarità.
Pure i dialetti, tradizioni, ed elementi vari, che non di rado distinguevano finanche l’una o altra borgata, hanno rappresentato un “patrimonio” di cui riscopriamo il valore, e che ci è stato talora invidiato, e circa il quale potrebbe farsi una sorta di parallelismo con la biodiversità che in molti vanno oggi apprezzando in natura, ritenendola un punto di forza,
Occorre nondimeno la consapevolezza che nel frattempo molto è cambiato, e si è alquanto allargato il perimetro in cui siamo chiamati a muoverci, vedi il cosiddetto mercato globale, ma va trovata la maniera di far convivere tale nuova dimensione col “particolare” di una volta (senza cioè rinunciare alla centralità della famiglia, o sminuire il “campanile”)..
Paolo Bolognesi 27.03.2023
Grazie Paolo, l’articolo vuole essere un avvio di confronto. Noi siamo socialisti abbiamo le domande, leggiamo le condizioni del mondo, per le risposte le cerchiamo con ostinazione nelle sensibilità diverse che abbiamo. Interessati le te considerazioni.
Lidano Grassucci
Il tema è alquanto tosto, perché rientra verosimilmente tra quelli che orienteranno e impronteranno il futuro profilo della nostra società, e mi concedo pertanto di ritornarci sopra, anticipando che le mie considerazioni risentono probabilmente dell’anagrafe, essendo io cresciuto negli anni in cui era ancora in auge la famiglia tradizionale, e il dovere prevaleva per solito sui diritti, tanto da non essere distolti granché dalle sirene della “contestazione”, allorché arrivarono quegli anni effervescenti (e anche un po’ turbolenti).
Ho talora pensato che la mia generazione sia vissuta col “freno tirato”, attratta per un verso dal nuovo e dalla “modernità”, ma legata parimenti alle abituali usanze – che ad es. anteponevano la cultura del lavoro a quella del tempo libero, e il pudore alla “sfrontatezza” – e più di una volta mi sono chiesto se sia valsa la pena di quel “freno tirato”, che ci ha semmai privato di più d’una opportunità, ma arrivata l’età dedita ai bilanci ho alla fine concluso che la mia generazione non abbia “sfigurato”, pur con le sue molteplici lacune..
A dire il vero, capita non di rado di essere abbastanza indulgenti e benevoli con la propria giovinezza, minimizzandone errori, limiti, e inadeguatezze, ma la “timidezza” che può aver segnato molti nostri comportamenti dell’epoca, ha comunque evitato che si demolissero determinati valori, casomai anche un po’ retorici ma nondimeno rassicuranti, e che funzionando da “punti di riferimento” ci hanno comunque evitato di smarrirci e disorientarci, il che non mi sembra un cattivo risultato, specie in raffronto ai tempi presenti.
Si trova sempre un motivo per mettere in discussione l’esistente, inteso quale modello o sistema in cui ci troviamo a vivere, arrivando financo a smantellarlo, ma può succedere che i “demolitori” non sappiamo come sostituirlo, così che restano solo cumuli di macerie, su cui è poi arduo costruire, e mi sembra essere accaduto così, o qualcosa di simile, per la Prima Repubblica, il che mi fa essere molto cauto ogniqualvolta (in nome di “universale, internazionale, mercato”) si punta a modificare quanto è rimasto della nostra identità.
Paolo Bolognesi 29.03.2023