Di Francesco Farinelli e Franco Bonazzi
È a tratti sconcertante pensare che le parole che appaiono nei virgolettati inseriti dalla giornalista di Repubblica Simonetta Fiori, nel suo articolo-intervista del 2 settembre 2023, dal titolo Ecco la verità su Ustica. Macron chieda scusa, siano davvero uscite dalla bocca dell’ex presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato. La Corte costituzionale, lo ricordiamo a noi stessi, è il più importante organo di garanzia costituzionale del nostro Paese.
Come noto, la nostra Costituzione, in materia di accertamento delle responsabilità, afferma che la giustizia è accertamento di responsabilità sulla base di verità giuridicamente accertabili e non sulla base di decisioni politiche e sociali strumentali a un determinato fine, foss’anche, quest’ultimo, ritenuto un “fine superiore”. È sconcertante che un ex presidente della Corte costituzionale rilasci un’intervista che diffonde
notizie fuorvianti, già sconfessate in sede penale, allontanandosi, in alcuni casi, anche rispetto a quanto invece lo stesso aveva dichiarato, sotto giuramento, ai giudici proprio nel corso di una delle 272 udienze della Corte di Assise di Roma (11 dicembre 2001). Udienze che furono determinanti per mettere a confronto le diverse posizioni sulla strage e che condussero i giudici a esprimersi in senso demolitorio circa le ipotesi legate a scenari di guerra aerea maturate durante la fase istruttoria del processo.
A fare difetto alla memoria di Amato, però, non sono solo i risultati delle sentenze penali ma anche e soprattutto i risultati della più importante perizia realizzata in seno al caso processuale di Ustica, quella tecnico-radaristica d’ufficio del giudice istruttore, l’unica che analizzò congiuntamente sia il relitto che lo scenario radar di quella sera e che si espresse inequivocabilmente a favore dell’esplosione di un ordigno all’interno dell’aereo come unica causa tecnicamente sostenibile per motivare le dinamiche che portarono a morte straziante quelle 81 persone il 27 giugno 1980.
D’altronde, occorre ricordare che Amato si è sempre professato a favore della cosiddetta tesi del missile, ponendosi tra i protagonisti di quella schiera di politici e individui di vario genere che travisarono le conclusioni della prima Commissione d’indagine mai realizzata sul caso, quella tecnico-amministrativa attivata nell’80 dal Ministero dei trasporti. Quella commissione ebbe il merito di stabilire che la cabina passeggeri fu interessata da un’esplosione e che era da escludersi l’ipotesi del cedimento strutturale, limitandosi a scrivere “[…] Al momento non si è in grado di affermare se l’;ordigno fosse stato collocato a bordo prima della partenza ovvero provenisse dall’esterno dell’aeromobile”, senza, quindi, propendere per il missile. Amato, e
altri come lui, ne ricavarono invece, almeno stando a quello che dichiararono pubblicamente, che i risultati della Commissione Luzzatti facevano propendere per la tesi del missile (più che per quella della bomba) e come tale la pubblicizzarono.
Cosa c’è dunque di nuovo in questa intervista che l’ex presidente della Consulta ha rilasciato a Repubblica? Quasi nulla. A giudizio di chi scrive, si tratta di echi di fake news che non smettono di inquinare la storia del caso Ustica da oltre quarant’anni. Vi sono, però, alcuni elementi particolarmente gravi che vanno evidenziati. Stando ai virgolettati riportati da Repubblica, Amato avrebbe affermato che nel 1986 iniziò a ricevere le visite dei generali che lo volevano convincere della tesi della bomba esplosa dentro l’aeromobile. Questi i passaggi: “era da tempo crollata la menzogna del cedimento strutturale dell’aeromobile e bisognava sostituirla con la tesi altrettanto falsa del cedimento interno a causa dell’ordigno”. Secondo Amato, “la nostra aeronautica era
schierata in difesa della menzogna”. Si tratta di parole gravissime che non solo non danno conto delle piene assoluzioni intervenute nei processi penali contro i generali dell’Aeronautica militare italiana ma che sono anche in netta contraddizione con le parole pronunciate dallo stesso Amato, nel 2001, davanti ai giudici della Corte di Assise.
In quell’occasione, infatti, Amato disse di non ricordare che tipo di risposte ricevette al tempo dai militari dell’aeronautica militare in merito alle possibili cause della tragedia di Ustica e che informazioni di segno opposto rispetto a quelle relative alle teorie del missile pervenivano invece dal SISMI, non dall’Aeronautica. Informazioni che peraltro Amato giudicava come comprensibili e che non sembrava demonizzare affatto. L’ex presidente della Consulta ricordava male nel 2001 davanti ai giudici o ricorda male nel 2023 davanti a una giornalista?
Verrebbe da pensare alla seconda, non solo perché gli anni che passano rendono sempre più difficile il recupero dei ricordi, ma anche perché altre dichiarazioni presenti nell’articolo sono dello stesso tenore: confuse, errate, prive di elementi di riscontro. Un esempio su tutti è quello di Craxi che, secondo Amato, avrebbe avvisato Gheddafi di non salire su quel Mig che poi sarebbe stato abbattuto quel 27 giugno 1980 (in realtà era il 18 luglio 1980 come accertato dai tribunali italiani) e che finì per essere coinvolto nelle dinamiche della caduta del DC9 secondo uno scenario da fiction più volte smentito nel corso dei processi penali dai giudici della Corte di Assise. A parte la non credibilità del fatto che un semplice deputato, segretario del terzo partito italiano, quale era Craxi nel 1980, potesse assumere una tale iniziativa, ridicolezza pari solo a quelle teorie che pretendono vi sia stata una battaglia aerea nei cieli italiani tenuta nascosta da un numero esorbitante di persone e Paesi, è verosimile che Amato sia caduto vittima di uno scambio di data, come molti hanno già supposto, scambiando un evento del 1986, in cui Craxi da presidente del Consiglio avvisò davvero Gheddafi di un imminente bombardamento americano, con i fatti, del tutto avulsi da quell’evento, del 1980.
Amato chiede inoltre alla Francia di dire la verità su qualcosa in merito al quale la stessa Francia ha risposto in passato attraverso quattordici Commissioni Rogatorie Internazionali.
Non sarebbe dunque una semplice menzogna, quella francese, ma una lunghissima sequela di false dichiarazioni od omissioni che andrebbero avanti dal 1990, con l’invio della prima Rogatoria alla Francia da parte italiana. Peccato, però, che nemmeno i risultati emersi dalle indagini peritali o le conclusioni dei giudici penali che hanno esaminato in serrato contraddittorio le diverse posizioni in gioco nel contesto della strage di Ustica possano in alcun modo dimostrare i (poco velati) sospetti di Amato sulla Francia: nessuna traccia di altri aerei significativi per l’incidente in un’area di circa 50-60 miglia intorno al luogo dell’incidente (perizia DDT, 16.6.1997, Parte IX, p. 7), dati radar che “non possono dimostrare l’esistenza di un secondo aereo nella scia del DC9” (Corte Assise, Udienza 25 marzo 2003, p. 4) e “scenari di guerra, calda o fredda, un intervento della Libia, la presenza sul posto del suo leader Gheddafi e così via fino a cercare di escogitare un (falso) collegamento con la caduta di un aereo MiG di nazionalità libica avvenuto in data successiva” che, non essendo provati,
sono solo il frutto di una stampa poco seria (sentenza di Appello, 2005, p. 116), certamente sostenuta da diverse parti politiche nel corso di questa triste vicenda.
Qualunque fosse l’intento di Giuliano Amato nel rilasciare questa intervista (si è parlato di attacco alla Nato, di reazione preventiva alla votazione per una nuova commissione d’inchiesta, di sgambetto al governo, di desiderio di scatenare una reazione politica per l’ottenimento di verità e giustizia sul caso Ustica…) ciò che ne è scaturito, purtroppo, è che l’ex presidente della Corte costituzionale sembra essersi prestato suo malgrado a un concetto di giustizia che non appartiene alla Costituzione italiana ma piuttosto alla Francia (sì, proprio la Francia) rivoluzionaria dei Saint Just! Un attacco, quello che scaturisce dall’articolo-intervista in oggetto, che ricorda la giustizia da Rivoluzione francese, la quale non necessita accertamenti per lanciare condanne.
Una giustizia che secondo una pretesa superiorità morale e civile doveva piegarsi a un presunto volere di una parte della pubblica opinione nel condannare persone che invece si sono rivelate essere innocenti durante il corso delle lunghissime indagini penali del caso Ustica. Una giustizia che pretende una verità a priori. Una giustizia che non è giustizia, non per la Costituzione italiana. Perché, gentile Amato, l’Aeronautica militare italiana non risulta essere stata schierata “a difesa della menzogna” come lei sostiene senza prove, se davvero quelle parole apparse nell’intervista a Repubblica sono sue.
Se ha prove su questo, le porti e onori la Costituzione italiana, altrimenti il tutto suona come una sbiadita eco di giustizia da “Révolution” che certamente non le appartiene e che certamente lei non chiederebbe. Se, come ha chiarito in un suo intervento successivo presso “Stampa estera” a Roma, il suo desiderio era semplicemente quello di provare a smuovere qualcosa affinché, dopo così tanti anni, i parenti delle vittime possano avere finalmente giustizia, allora la invitiamo a riflettere se questo sia davvero il modo giusto di farlo. La complessità tecnico-scientifica del caso e la tanta disinformazione che lo ricopre possono purtroppo facilitare casi di strumentalizzazione.
Francesco Farinelli, Franco Bonazzi. Autori del libro Ustica, i fatti e le fake news. Cronaca di una
storia italiana fra Prima e Seconda Repubblica, Logisma, 2019.