Di Paolo Dagli Orti
Confusione funzionale alla Giornata Nazionale
Nel messaggio della Conferenza Episcopale Italiana per la 45a “Giornata Nazionale per la Vita” programmata per il 5 febbraio 2023 sul tema “La morte non è mai una soluzione”, vengono riassunte, ma è meglio dire ammassate in un amalgama equivoco. Realtà umane molto diverse tra loro e non confrontabili: interruzione di gravidanza, suicidio assistito, eutanasia, violenze domestiche sulle donne e sui bambini, femminicidi, aggressività giovanile, baby gang, solitudine, male di vivere, guerre, migranti.
Tutti questi problemi sarebbero manifestazioni della attuale “cultura di morte che, a poco a poco, si diffonde e ci contagia”. Un tale elenco scombinato di questioni, in realtà, serve a confondere e a sgomentare ma non a spiegare.
Le accuse della Conferenza
Sorprende e delude notare come l’autorevole Conferenza voglia ridurre e ricondurre situazioni e drammi umani, così diversi tra loro, a tentativi di “risolvere i problemi eliminando le persone” e così “il produrre morte” diventerebbe progressivamente “una risposta pronta, economica e immediata a una serie di problemi personali e sociali”.
Ingentilita con un dolciastro “sguardo carico di empatia e misericordia” l’intera argomentazione rivela la supponenza di chi crede di possedere il vero su ogni questione: “certe decisioni maturano in condizioni di solitudine, di carenza di cure, di paura dinanzi all’ignoto”, mostrando grande grossolanità e ignoranza di realtà umane tanto diverse e non comparabili.
Le condanne dei vescovi
Ma i Vescovi italiani sono tutt’altro che grossolani e ignoranti e conoscono bene la forza persuasiva delle parole e delle argomentazioni. In questo messaggio la formulazione retorica delle domande mostra che il giudizio è già stato dato ed è definitivo. Ovvero, la domanda è essa stessa già risposta. Ad esempio: “Siamo sicuri che la banalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza elimini la ferita profonda che genera nell’animo di molte donne che vi hanno fatto ricorso?” ed anche: “Siamo sicuri che il suicidio assistito o l’eutanasia rispettino fino in fondo la libertà di chi li sceglie – spesso sfinito dalla carenza di cure e relazioni – e manifestino vero e responsabile affetto da parte di chi li accompagna a morire?”
La forma retorica di domanda è, nello stesso tempo, anche un violento giudizio che offende molte donne e molti uomini. O, forse, la CEI possiede anche la chiave giusta di lettura della profondità dell’animo umano? La “cultura della vita viene coltivata come alternativa radicale a quella di morte oggi sempre più diffusa”. Con espressioni generiche e vaghe la Chiesa cattolica si ritiene sempre la retta interprete del divino, e sempre pronta ad affermare la continuità della sua dottrina dai vangeli ad oggi, nella supposta confluenza tra “il Signore crocifisso e risorto e la retta ragione”.
Ignorati i diritti fondamentali
Ma il grande tema dei diritti della persona viene ignorato. È notevole che in un messaggio che ha grande influenza in Italia non vi sia cenno ai diritti fondamentali della persona umana né alla libertà di coscienza. Quasi che rivendicare i diritti individuali possa essere un pericoloso atteggiamento anti-vita.
La libertà e la dignità della persona non sono sacrificabili in nome di una astrazione denominata “vita umana”. La vita umana è, sempre, radicata nella pelle di qualcuno e non è quella idea spersonalizzata di cui parlano i sedicenti protettori della “Vita”. La vita umana è sempre singolare e sempre inconfondibile, perché è la vita di Tizio/a, è la vita di Caio/a, è la vita di Sempronio/a. Ed è costituita dall’insieme delle scelte che ciascuno compie.
La dignità umana
Va ricordato che in nessun passo della “Scrittura” si fa cenno all’aborto, alla morte volontaria o all’eutanasia né ad una loro condanna e che, pertanto, le posizioni assunte dalla Chiesa cattolica sono frutto di elaborazioni dottrinarie successive che presumono di interpretare rettamente l’antico testo. Questo fatto spiega anche la diversità di posizioni, sugli stessi temi, di altre Chiese cristiane (Evangeliche Valdese e Metodista), di teologi, di preti e di molti cittadini cattolici. Hans Kung, da teologo e da cristiano, ci ricorda che è buono tutto ciò che favorisce la dignità dell’uomo e che “con la libertà Dio ha dato all’uomo anche il diritto a una totale autodeterminazione la quale non significa affatto arbitrio, bensì libertà di coscienza”.
I disobbedienti
Vi sono coraggiosi parroci non allineati alle prescrizioni della Romana Chiesa come don Ettore Cannavera il quale al Congresso A.L.C. del 2021 disse: “se, da cristiano, veramente credi che con la morte la vita non è tolta ma trasformata perché ti accanisci a trattenere nella sofferenza il morente?”; come don Giulio Mignani del paesino ligure di Bonassola che nel settembre dello scorso anno è stato sospeso dalle funzioni sacerdotali per le sue dichiarazioni favorevoli all’aborto, all’eutanasia e alle coppie omosessuali. I suoi parrocchiani hanno appeso un drappo davanti la chiesa con la scritta: “Dio se n’è andato insieme a don Giulio”. E non dimentichiamo che nell’estate 2021 più di un milione e duecentomila cittadini italiani hanno firmato per avere un referendum per l’eutanasia legale. Ma i vescovi non hanno nessun desiderio di soffermarsi sul vero significato di buona-morte.
Morire bene e morire male
Noi siamo umani proprio perché siamo coscienti di essere mortali e, con Seneca, possiamo ricordare che “morire più presto o più tardi non conta; conta, invece, morire bene o male”. Qualche decennio fa il filosofo Hans Jonas in un breve saggio in cui affiancava la morte e il diritto, concludeva riconoscendo che “il diritto di vivere come fonte di tutti i diritti, correttamente e integralmente inteso, include anche il diritto di morire”.
È una grande fortuna che a proteggere i diritti di tutti noi non ci sia il vago moralismo ecclesiastico bensì i fondamentali principi espressi nella nostra Costituzione: i diritti inviolabili dell’uomo (art. 2), l’inviolabilità della libertà personale (art. 13), il rispetto della persona umana nei trattamenti sanitari (art. 32). E anche i primi articoli della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea: l’inviolabilità della dignità umana (art. 1), il diritto alla vita (art. 2), il diritto al consenso libero e informato (art. 3).
Libero Stato
Capovolgendo l’accusa della Conferenza dei vescovi, esplicita in questo messaggio, secondo cui dietro i diritti delle persone all’autodeterminazione sarebbe “possibile riconoscere importanti interessi economici e ideologie che si spacciano per ragionevoli e misericordiose, mentre non lo sono affatto”, si può affermare che dietro le posizioni cattoliche sarebbe possibile riconoscere importanti interessi di potere e di ideologia dogmatica che si spacciano per evangelici e misericordiosi, mentre non lo sono affatto.
Il peso del potere temporale della chiesa sullo Stato italiano non ha mai cessato di farsi sentire in vari modi. Si può pensare che sotto le parole belle glorificanti la Vita, quella con la V maiuscola, la carità e il bene, la gioia e la speranza, si annidi ancora un antico esercizio di potere, un vero tribunale della coscienza, con il quale Santa Romana Chiesa ha molti secoli di consuetudine e familiarità.
Fonti:
Consiglio Episcopale Permanente, La morte non è mai una soluzione, Avvenire, 17 novembre 2022 e 4 febbraio 2023.
- Kung – W. Jens, Della dignità del morire. Una difesa della libera scelta, Rizzoli, Milano 2020.
- A. Seneca, Lettere a Lucilio, libro VIII, Lettera 70.Hans Jonas, Il diritto di morire, Il Melangolo, Genova 1991, [I ed. 1978].