A me, questi della sinistra-sinistra mi fanno impazzire (perdonate lo stile colloquiale, ma rende l’idea).
Tra il PD e i 5Stelle sono talmente concentrati nell’inseguirsi nel gioco delle posizioni, pardon delle opposizioni, che non si accorgono a volte dei paradossi che combinano.
Ma c’è da capirli, il paradosso in fondo non è forse il tema dominante dei grandi amori, quelli che ti fanno fare le cose più insensate, quelli che ti fanno chiudere gli occhi sulle corna che ricevi o ti fanno mangiare con gusto schifezze incommestibili solo perché cucinate dal tuo amore?
Eccoli qua, è uguale.
Sono passati pochi giorni, Messina Denaro era stato appena arrestato, e abbiamo ancora nelle orecchie gli echi delle violente aggressioni contro Nordio per le posizioni espresse, nelle sue linee programmatiche, riguardo alle intercettazioni e alle perplessità che questo strumento di indagine solleva.
E allora giù di tranvate dai banchi della sinistra-sinistra guidati dal grillino Scarpinato. Lo hanno accusato di tutto, persino di essere un fiancheggiatore occulto delle mafie, dimenticando, o fingendo di dimenticare, che il ministro sul tema aveva fatto più di un distinguo spiegando quanto le intercettazioni fossero inutili e dannose in certi casi e quanto fossero preziose nella lotta, per esempio, contro la criminalità organizzata.
Il tutto nello spirito più classico di un giustizialismo di maniera del quale, dalle parti del Nazareno, si sono contagiati da quando si sono abbracciati ai 5Stelle nel governo Conte bis.
D’un tratto il giustizialismo scompare, come la bolla di sapone che esplode al sole, e ce li ritroviamo improvvisamente garantisti.
E già, perché è proprio di ieri, invece, una alzata di scudi violenta e feroce, sempre proveniente dagli stessi banchi (quelli di Scarpinato & PD per intenderci) e sempre rivolta al solito ministro, con la quale lo si si è accusato, lui per la premier e l’intero governo, di essere un disumano carnefice nella crudele repressione, con l’applicazione del carcere duro, all’anarchico Cospito.
Da restare a bocca aperta.
E non è, si badi bene, la lotta sleale che ci colpisce. La slealtà, il metodo di distorcere la realtà, di mettere in bocca all’avversario cose mai dette, di attaccarlo personalmente per delegittimarlo, ormai più che una prassi è divenuta una regola della politica contemporanea e quindi pur se non ci piace, ahimè, ad essa ci siamo abituati.
No, quel che ci stupisce è l’abiura di certi principi che dovrebbero essere sacri e inviolabili.
Specie se questi principi si accolgono e si invocano un giorno sì e uno no.
Sembra la barzelletta sui carabinieri, quando il conducente della pattuglia chiese al compagno: “vedi se l’intermittente sul tetto funziona” e quello affacciandosi rispose: “ora sì, ora no, ora sì, ora no”.
Ma io mi domando e dico: ma certi valori sono uno stile di vita o sono un cappotto da indossare a giorni alterni a seconda della temperatura mite o rigida degli inverni all’italiana?
Il garantismo è una cosa seria. È un modello della propria cultura. È uno stile di vita. Appartiene all’etica e dovrebbe accompagnare il nostro modo di pensare giorno dopo giorno, sempre.
Il garantismo nasce da Socrate e come un grande fiume ha attraversato, per secoli, le grandi praterie della filosofia, letto, riletto, scritto, narrato e raccontato dai più grandi maestri del pensiero, e oggi è parte fondante della cultura politica riformista e libertaria.
O ci si crede, o lo si ripudia. Ma non può essere utilizzato come un soprammobile da spolverare e spostare in salotto una volta ogni tanto.
Certo è che, se da parte dei grillini il ripudio del garantismo non ci stupisce, da parte di chi si colloca a sinistra, si definisce di centro-sinistra e dice di voler raccogliere la tradizione della intera sinistra del paese la cosa ci sorprende.
Perché il giustizialismo, ovvero l’opposto del garantismo, è sempre stato patrimonio della parte conservatrice della società, e nel nostro paese ha sempre seduto a destra, dai tempi in cui dalle parti di via della Scrofa, sede del MSI, invocavano la pena di morte per i terroristi.
E a maggior ragione la sorpresa aumenta quando sentiamo Bonaccini parlare di riformismo, di socialdemocrazia e della necessità di trasformare il PD in un partito laburista. Tutti concetti di cui il garantismo è parte naturale.
La cosa desta più di una perplessità perché, quelle pronunciate dal futuro segretario del PD, non sono parole da appiccicare come etichette, sono valori che assieme al riformismo appartengono a una storia politica e ai modelli culturali che in questa storia si sono formati negli anni e nel tempo.
Una storia che ha visto nel 1921 sorgere divisioni che non si sono mai colmate e che si è continuato a scavare, sino a mani pulite, sino a pochi mesi fa quando il PD votò contro ai referendum sulla giustizia.
Non è vero che a sinistra tutto è uguale, lo dice la storia.
E chi è cresciuto riformista lo sarà sempre e non potrà mai essere altro, chi è cresciuto comunista lo sarà sempre e non potrà mai essere altro.
Neanche se fa come Bonaccini, che annuncia di voler buttare nel cespuglio il grigio cappotto del centralismo democratico e di voler indossare la allegra maglietta del socialismo democratico, di voler dire addio all’inverno e salutare con un ciao la primavera.
1 commento
Bravissimo Massimo.
Come sempre la tua è un’analisi corretta della realtà.
Condivido ogni parola