Famiglie arcobaleno, è questo il tema che imperversa negli ultimi giorni. Qualcuno vuol pensare ai bambini? Questa frase “simpsoniana” riecheggia nella mia testa da quando è scoppiato il caso. Una domanda iconica che, oggi, può essere detta in entrambe le direzioni. Sia in senso reazionario che progressista. Andiamo per gradi.
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Famiglie arcobaleno: la legge Cirinnà è insufficiente
Matrimonio egualitario, filiazione e adozione sono temi caldi nelle attuali agende politiche. Serve affermare dei principi che altrimenti rimangono nel nulla.
Il primo ddl in Italia sul matrimonio civile egualitario risale al 1981. Fu presentato dai radicali del lungimirante Pannella e dai socialisti del gigante Craxi. Sono passati quarantadue anni, e ancora noi omosessuali aspettiamo questo passo di civiltà.
Qualcuno dirà: “Esiste la legge Cirinnà”! Verissimo. E per la sua esistenza dobbiamo ringraziare Matteo Renzi. Il tanto vituperato Renzi, sia ricordato, pose la fiducia pur di far passare quella legge. Mise in ballo la stabilità del governo e del paese pur di garantire i diritti.
La legge Cirinnà, ricordo a tutti, doveva essere solo un momento transitorio. Era un passaggio verso il matrimonio egualitario.
Quello delle unioni civili altro non è che un matrimonio “a diritti e libertà limitata”. E solo oggi, coi diritti dei figli delle famiglie omogenitoriali in ballo, ce ne stiamo rendendo conto.
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Famiglie arcobaleno e ragionevolezza laica: il matrimonio egualitario
Il matrimonio civile egualitario è l’unico approdo possibile. E la commissione Diritti e Politiche di Genere del Consiglio Nazionale dei Giovani ha affermato all’unanimità questo principio.
La libertà di coniugarsi in matrimonio delle coppie eterosessuali fertili è offesa dalla privazione di questa libertà per tutte quelle coppie che ancora oggi non possono.
Perché pretendere ancora oggi di regolare un istituto non naturale sulla base di presupposti naturalistici che, in realtà, non dovrebbero rilevare?
Non possiamo inseguire la pia illusione della fertilità interna alla coppia come paradigma di un istituto civile e innaturale. Il matrimonio civile non discende da Adamo ed Eva. Presuppone una caratteristica: la communio omnis vitae, cioè l’affectio maritalis e l’organizzazione di vita insieme.
Basterebbe una semplicissima modifica. Due parole in cinque o sei articoli del codice civile. Perché non farle? Soprattutto: lo pseudo-centrosinistra a trazione PD-M5S, nell’anno e mezzo di maggioranza, perché non ha fatto nulla?
Oggi le proposte ci sono. Italia Viva e PD hanno finalmente presentato negli scorsi giorni due proposte di legge. Certo, però, che proporle quando non si ha più la maggioranza è come voler l’uovo fresco dopo aver mangiato la gallina.
La realtà cambia. E non ha senso mettere muri di cartapesta al progresso. Il totem dell’indissolubilità e sacralità del matrimonio, tanto caro a Togliatti e molti membri del fu PCI, è stato abbattuto decenni fa grazie alla legge sul divorzio di un socialista e un liberale. La legge Fortuna Baslini permise di “fotografare” il cambiamento della società, del matrimonio e della famiglia. Realtà cambiate ancora negli ultimi decenni.
Oggi esistono vari tipi di famiglia. Non soltanto quelle dei matrimoni e le convivenze more uxorio. Ci sono coppie omosessuali, coppie trans, coppie di fatto, coppie di fidanzati, coppie di divorziati conviventi.
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Famiglie arcobaleno: con forza, si ai figli nelle famiglie arcobaleno
Questo riguarda anche i figli. Ci sono famiglie monogenitoriali, famiglie “bigenitoriali a targhe alterne”, omogenitoriali eccetera. Che differenza c’è?
Per qualcuno c’è! Così, due padri o due madri che hanno adottato, o generato tramite gpa, un figlio all’estero sono da considerarsi criminali. Non genitori. Non va loro riconosciuta la potestà genitoriale. E i registri di stato civile non possono recepire integralmente i certificati di nascita esteri.
Ciò mentre l’Unione Europea si muove in senso opposto e ci richiama e ordina la revoca dei provvedimenti contro il riconoscimento dei figli delle famiglie omogenitoriali. E al contempo in un paese, l’Italia, con una normativa sull’adozione antiquata, lenta ed estremamente dispendiosa.
In ballo ci sono i diritti dei figli e delle figlie amati e accuditi da queste coppie.
Serve rivedere assolutamente la normativa sulla filiazione e quella sull’adozione. Come affermato recentemente dalla commissione Diritti e Politiche di Genere del CNG, va semplificata, velocizzata e aperta alle coppie omosessuali, Esistono oggi figli cresciuti da una sola madre o da un solo padre senza controparte, quelli cresciuti da coppie separate o divorziate che non fanno vivere l’affetto famigliare, figli cresciuti da coppie di uomini o donne eccetera.
Ci sono figli di famiglie monogenitoriali e omogenitoriali più stabili emotivamente e meglio cresciuti di figli di famiglie “tradizionali”. Esistono molti single e coppie LGBTQIA+ che possono essere genitori migliori di moltissime coppie eterosessuali sposate. E a dimostrarlo ci sono molti studi. Al centro devono esserci salute, equilibrio affettivo, stabilità e benessere dei figli. Non la sessualità della coppia di genitori.
La genitorialità non è un diritto naturale. Parafrasando Dostoevskij, colui che genera un figlio non è ancora un genitore, un genitore è colui che se ne rende degno.
Forse, qualcuno immagina l’universo LGBTQIA+ composto esclusivamente da persone come Frank-N-Further del The Rocky Horror Picture Show, come le Drag Queen in scena in trasmissioni come Drag Race o come le macchiette propinate dalle trasmissioni trash. Non confondiamo l’arte di scena con le persone. Il mondo Queer sta aspettando da troppi decenni dei diritti, sacrosanti, negati. Farli attendere per bigottismo o incapacità di distinguere teatro e realtà è politicamente criminale.
di Mattia Carramusa
1 commento
Visto che in queste righe si parla di legge sul divorzio, il principio che, dai miei ricordi, guidò allora non pochi, tra quanti intesero confermare quella norma nelle urne referendarie del maggio 1974, fu essenzialmente quello di consentire lo scioglimento del matrimonio allorché subentrano condizioni tali da non poterlo proseguire, ma detta eventuale “deroga” non metteva comunque in discussione il valore e “primato” dell’unione matrimoniale.
Non è questione di etica, perché lo Stato laico e liberale non può trasformarsi in Stato etico, ma pure al primo – ancorché non debba e possa decidere ed imporre comportamenti ritenuti eticamente conformi – gioverebbe forse avere e conservare modelli di riferimento cui potersi ispirare, e rispetto ai quali si può ovviamente derogare, ma senza tuttavia equiparare il modello di riferimento con le sue rispettive deroghe (a mio avviso almeno).
Paolo Bolognesi 31.03.2023