di Salvatore Sechi
Di fronte alle scene di bambini sgozzati come agnellini pasquali, di donne di ogni età stuprate, di vecchi passati per le armi, di fronte ad uno sterminio che nessuno poteva immaginare potesse esistere, dopo le esecuzioni sommarie prolungate nel tempo dei campi di sterminio tedeschi, basta l’indignazione, lo stupore, la paura di una crudeltà infinita?
Chiediamoci pure: basta la vendetta promessa da un leader screditato e a chilometro zero da una fine politica indecorosa come Netanyau?
Un servizio segreto efficiente al tempo di Golda Meir seppe far fuori uno dopo l’altro gli autori nel 1972 delle stragi durante i giochi olimpici a Monaco di Baviera.
Non si può riproporlo, anche perché le forze dell’ordine, l’esercito e i corpi addetti alla sicurezza questa volta in Israele sono stati quanto di peggio si potesse immaginare
per inefficienza.
Hamas non ha dichiarato guerra a Israele. Ha dichiarato una guerra di sterminio contro la popolazione civile, contro gli uomini e le donne, i vecchi e i bambini di Israele.
Questo delitto contro i vivi, le persone più fragili, che suona come uno spregio ai principi elementari che tengono in piedi una comunità civile, non può più essere oggetto di esecrazione I tagliagole di Hamas debbono ricevere non una sconfitta, che è un obbligo elementare dei ministri della difesa di Tel Aviv, ma essere oggetto di un plateale rito funebre, celebrato in pubblico. Come si usava una volta con le impiccagioni e fino alla rivoluzione francese con le decapitazioni nelle pubbliche piazze.
La soldataglia di Hamas deve essere offerta al pubblico ludibrio in uno o più luoghi di incontri collettivi di Israele. I molti parenti delle vittime massacrate debbono, in pubblico, con le televisioni di tutto il mondo che li riprende, decidere come risarcire bambini, donne e vecchi umiliati e passati per le armi, cioè come fare giustizia.
Voglio dire che la punizione deve essere estinzione di gruppi di assassini spietati, bando di un’educazione, di una cultura che ci riporta non al l’homo homini lupus, ma ad una fase aurorale dell’umanità in cui la distinzione tra l’uomo e le bestie feroci non esisteva.
Non i palestinesi, ma questo gruppo di gendarmi del terrorismo palestinese che negli ebrei combattono gli stessi esseri umani, va spazzato via. Occorre estirpare quella parte che in ognuno di noi non risponde né al cuore né alla ragione.
Contemporaneamente dobbiamo chiedere alle leadership di Israele, a quelle degli Stati Uniti, dell’Unione europea, di dare una terra, uno Stato e una costituzione alle masse palestinesi. Hanno rappresentato fin troppo a lungo il ruolo di popolo allo sbando.
Che cosa c’è di più infame della striscia di Gaza dove sono state ammucchiate in spazi minimi gruppi famigliari ai quali Israele può togliere discrezionalmente l’acqua, la luce e il gas? In casupole, baracche, microabitazioni, quale educazione diversa dalla guerra di liberazione per mano armata e comunque violenta può essere impartita alle giovani generazioni?
I palestinesi sono stati trattati dagli israeliani e dagli europei, fatte le dovute differenze di tempo, con metodi e discriminazioni non molto dissimili da quelle inflitte agli ebrei nella Germania nazista. I sonni della ragione, la prassi dell’ineguaglianza, i tempi della burocrazia, l’illusione che con i flussi di finanziamenti comunitari o delle Nazioni unite si possa comprare la libertà e la dignità di un popolo in frantumi, hanno prodotto la barbarie, cioè Hamas. Un minimo di realismo impone che la creazione e la convivenza in due Stati diversi, aperti e non chiusi, debba essere l’esito di una decisione affidata, come nell’Ottocento e in gran parte del Novecento, alle grandi potenze. L’alternativa è ormai sotto gli occhi di tutti: l’estendersi di una filiera di conflitti, invasioni, scontri all’arma bianca.
1 commento
Non mi resta che piangere.