di Lidano Grassucci.
“La corona d’alloro non deve significare l’eccellenza, la competizione sfrenata deve essere simbolo del completamento di un percorso che è personale, di liberazione attraverso il sapere. Abbiamo scelto di mostrarla qui con un fiocco verde, quello del benessere psicologico, per tutte quelle persone che non potranno indossarla, per tutte le persone che sono state o stanno male all’idea di raggiungere questa corona. Stare male non deve essere normale.”
Sono le parole usate da Emma Ruzzon, presidente del Consiglio degli studenti dell’Università di Padova, durante il suo intervento all’inaugurazione dell’801esimo anno accademico dell’ateneo veneto.
Un intervento “socialista” che ripropone non la corsa a “mostrare” il merito, ma una esperienza per vivere il “merito”, per coltivarlo. L’università è partenza per la vita non è la sua fine, il sapere non può uccidere perché la morte non deve essere “formata”, ma deve arrivare dopo la vita vissuta e compresa.
La società neoliberista pone la competizione come agire, il paragone con gli altri come unica misura dei risultati con i tempi e le tappe prestabilite e non tiene conto delle nostre mille differenze. L’università non è una olimpiade dove contano i tempi è la vita dove conta il talento non a paragone ma nella sua assoluta singolarità.
La fatica delle studio è prova per se stessi non è classifica con gli altri. La società che ha come unico elemento il competere non seleziona talenti, ma crea frustrazioni, uccide.
In questi anni abbiamo cancellato ogni azione umana a favore della sua classifica, la poesia della conoscenza diventa esasperazione dell’erudire. Lo studente deve avere le performance misurare come si misura l’efficienza di un motore, se non che il primo è un uomo il secondo una macchina.
In questo “gioco” non abbiamo conquistato più talenti, ma ucciso opportunità. Nella nostra cultura contadina si diceva “meglio un contadino vivo che un dottore morto” a giustificare che la corsa alla conoscenza escludeva. I socialisti hanno posto un altro punto: avere tutti le stesse carte per giocare al gioco della vita con il proprio talento. Ma morire non era previsto neanche per il dottore.
Nella società del monopolio liberista (contraddizione voluta) è cancellata l’umanitaria della eresia socialista. Lo studente è macchina solo che se fonde il motore ne facciamo un altro eguale, se muore un uomo non abbiamo ricambio. Non bisogna studiare meno, bisogna avere i tempi della conoscenza, non quelli di una efficienza mentale che non esiste. Emma Ruzzon riporta il bisogno di umanità li dove esiste solo la classifica finale. A noi infiamma l’Internazionale ma certo non poteva vincere a Sanremo. Il socialismo compresso in questa nostra comunità, poi fiorisce, riemerge, nella necessità di una generazione di salvarsi dal mostro che imperversa: il neoliberismo. Si studia per sapere non per morire.
1 commento
Intervento emozionante in una bellissima apertura dell’anno accademico. Grazie.