Negli ultimi mesi è tornato all’onore di tutte le cronache il caso di Emanuela Orlandi. Forse complice il documentario diffuso da Netflix lo scorso anno, a quarant’anni esatti dalla scomparsa della quindicenne, lo Stato del Vaticano ha riaperto le indagini, promettendo di fare luce su un caso più che torbido.
La scomparsa di Emanuela
È il 22 giugno del 1983. Emanuela Orlandi, una cittadina vaticana di 15 anni alle ore 16.30 esce di casa per recarsi alle consuete lezioni alla scuola pontificia di musica, Ludovico da Victoria, sita a Roma, in piazza Sant’Apollinare.
Casa Orlandi dista dalla scuola di musica circa 1.900 metri. Quel pomeriggio Emanuela rischia di fare tardi, non va a piedi, la giornata è anche molto calda, ma si affretta a prendere l’autobus n. 64, che da San Pietro porta a corso Vittorio Emanuele; qui scende nei pressi della chiesa di Sant’Andrea della Valle. Imboccherà poi corso Rinascimento e, percorrendo 400 metri raggiunge la scuola di musica.
Emanuela non fa deviazione, essendo coi tempi sul filo del rasoio. Se incontra e parla con qualcuno, l’incontro avviene in questi 400 metri. La ragazza ha con sé uno zaino di cuoio contenente il flauto, l’abbonamento dell’autobus e la tessera d’iscrizione alla scuola. In mano la cartella degli spartiti musicali. Indossa una camicia bianca, una collanina elastica dei colori della sua squadra del cuore, la Roma, jeans e un paio di scarpe da tennis bianche.
Alla scuola di Musica
Quanto vado a riportare è estrapolato dalla deposizione di Laura Casagrande, resa l’8 luglio 1983 alle ore 10.05 ai carabinieri della III sezione del Reparto Operativo della Legione dei carabinieri di Roma e contenuta nella cartella agli atti con n.4071739. Il verbale è controfirmato dall’appuntato Dominico Giacopinti.
Emanuela viene vista alle ore 17.00 circa, nella sala d’aspetto dove si trovavano anche gli altri ragazzi. Lla Casagrande (non era nella classe di flauto inquanto frequentava il corso di pianoforte), ricorda di aver sentito l’insegnante di flauto di Emanuela, Loriano Berti, rimproverare l’Orlandi per essere arrivata in ritardo alla lezione di flauto. Unitamente agli altri ragazzi, Casagrande compresa, svolge la consueta lezione di canto corale che, quel giorno, sarebbe durata più a lungo. A questo riguardo si riporta che Emanuela si lamenta con i compagni.
Emanuela è arrivata alla lezione di flauto con circa 15 minuti di ritardo, a causa dell’incontro con una persona di sesso maschile che le ha offerto un lavoro e di cui parlerò più tardi. Il ritardo di Emanuela è registrato, oltre che dal professore Loriano Berti, anche da Suor Dolores. La ragazza appare distratta lungo tutto il corso della lezione e chiederà, nonostante il ritardo di quel giorno, di poter uscire anticipatamente.
La richiesta di uscita anticipata di 10 minuti rispetto all’orario usuale, Emanuela la rivolge all’insegnate di canto corale, monsignor Valentino Miseachs e non, come da prassi generale, a suor Dolores. Il motivo potrebbe essere rintracciato nel fatto che la suora avrebbe potuto dare risposta negativa alla richiesta, dal momento che sapeva del ritardo dell’Orlandi alla lezione di flauto.
In realtà pare che, contrariamente a quanto riferito inizialmente ai ragazzi, la lezione di canto sarebbe terminata non in ritardo, bensì in anticipo di 15 minuti circa, per l’intera classe. Questo è noto grazie alla testimonianza di un compagno di classe e studente di pianoforte, M.D.L.
La dichiarazione del ragazzo “Il giorno 22 giugno ho visto Emanuela durante l’ora di lezione di canto corale […]. La lezione è terminata un quarto d’ora prima del solito, e cioè alle 18.45 circa, e ciò perché il maestro, che è un sacerdote, Mons. Valentino Miserachs, doveva celebrare la messa, all’interno della scuola, per le nozze d’argento dei miei genitori […]”.
L’incontro di Emanuela e la telefonata alla sorella
Prima di raggiungere la scuola di musica, lungo il tragitto percorso a piedi, Emanuela incontra un uomo. L’incontro avviene sul marciapiede di destra di Corso Rinascimento, proprio davanti al Senato della Repubblica. Quel giorno le telecamere non erano in funzione ma l’episodio è stato notato da un vigile urbano che ne ha lasciato testimonianza, leggibile negli atti depositati. L’uomo in questione, sulla quarantina, avrebbe fermato la ragazza facendole un’offerta di lavoro decisamente interessante. Le avrebbe poi detto “ti aspetto più tardi all’uscita dalla lezione di musica per sapere se accetti”.
Dell’offerta ne parla durante la lezione con le amiche Sabrina Calitti e Raffaella Monzi.
Alle 18.45 circa Emanuela, uscita dalla lezione di canto corale, si porta al telefono a gettoni posto su un pianerottolo all’interno dell’edificio, tra il terzo e il quarto piano. Qui chiama la propria abitazione, a risponderle è la sorella maggiore Federica a cui chiede consiglio, così da poter dare una risposta all’uomo che le aveva mosso la proposta lavorativa. Riporto testuale dal racconto di Federica:
“Mentre andavo a scuola, in Corso Rinascimento, davanti al Senato, sono stata fermata da un signore che mi ha offerto un lavoro: distribuire i prodotti della Avon con altre ragazze durante la sfilata delle Sorelle Fontana che si terrà a palazzo Borromini sabato. Prenderò quasi 400 mila Lire. È un signore gentile, non c’è da preoccuparsi. Ha detto di chiedere il permesso alla mamma e di dargli una risposta questa sera. Mi aspetta all’uscita di scuola”.
La sorella Federica, stupita anche dall’ammontare della paga, decisamente alta per quegli anni, le suggerisce di non fidarsi e di parlarne prima con la mamma, che in quel momento non è in casa.
La sparizione di Emanuela
Emanuela riaggancia con la sorella alle 18.50 e lascia l’istituto in compagnia dell’amica Raffaella Monzi, le ragazze camminano per raggiungere la fermata dell’autobus n.70, che si trova davanti al Senato della Repubblica. Riporto la dichiarazione resa alla stampa da Raffaella, a pochi giorni dalla sparizione:
“Eravamo appena uscite dalla lezione di canto corale. Emanuela mi ha confidato che le avevano offerto di distribuire dei prodotti per una casa di cosmetici a una sfilata di moda. Le avevano promesso 375 mila lire. Lei era stuzzicata dall’idea di guadagnare ma incerta se accettare. Mi ha detto: la persona che mi ha offerto il lavoro vuole una risposta questa sera. Aspetto o vado a casa? Ormai si erano fatte le sette e venti, il mio autobus era arrivato e l’ho salutata. Non so proprio cosa dirti Emanuela”.
Anche Raffaella, a distanza di anni, ai microfoni di Chi l’ha visto? ricorderà che quella cifra le era sembrata un’esagerazione. Ricorda inoltre che, una volta salita sul 70, molto affollato a quell’ora, riuscì a vedere che Emanuela era stata raggiunta da un’altra allieva della scuola di musica, una ragazza bassina e rotondetta, dai capelli ricci e scuri. La ragazza in questione è riportata da un’altra compagna di classe, anch’essa amica di Raffaella: Maria Grazia Casini.
In seguito alle dichiarazioni rilasciate ai giornali, Raffaella sarà sentita anche dagli inquirenti. A questi specifica che aveva conosciuto Emanuela all’inizio dell’anno scolastico precedente e che la loro amicizia non era mai stata “stretta”, dal momento che Emanuela aveva sempre mostrato un certo distacco. Tra loro si chiacchierava di frivolezze e solo in quell’occasione Emanuela le fece una confidenza.
“Non mi ha mai riferito alcun particolare sulla sua vita privata, tranne quello sulla circostanza del lavoro di volantinaggio per conto di un rappresentante dell’Avon […]. L’Emanuela ha precisato che aveva trovato tale lavoro insieme ad una sua amica, senza precisarne il nome”.
La ragazza che avvicina Emanuela non sarà mai identificata, inizialmente gli inquirenti propendono per Laura Casagrande la quale, però, nega il fatto.
Laura Casagrande, nel verbale sopra riportato, afferma di aver percorso un tratto di strada con Emanuela. Sono le ore 19.20 circa. Le parole di Laura Casagrande
“Quando ci siamo riuniti nel cortile esterno della scuola, vedendo che il gruppo si attardava a parlare, ho deciso di avviarmi presso la mia abitazione, sempre in compagnia della mia amica Maria Teresa P. Durante il tratto di corso Rinascimento che ho percorso a piedi, mi sono girata diverse volte per controllare se il gruppo si era mosso. Durante tali controlli ho appurato che Emanuela era a circa 20 metri più indietro di me, e che più indietro venivano tutti gli altri. Arrivati quasi alla fine di Corso Rinascimento mi sono di nuovo girata vedendo solo gli amici, mentre Emanuela non vi era più. Alla fermata dell’autobus della linea ATC, nr.64, venivo raggiunta da tutto il gruppo, ed ho chiesto ad un mio amico, di cui però non ricordo a chi, dove stava Emanuela, lui mi rispondeva di non saperne niente, o meglio di non aver fatto caso ad Emanuela. Successivamente sono salita sull’autobus nr.64, sempre in compagnia di Maria Teresa e sono scesa al capolinea del 98, sito in questo Largo dei Fiorentini, mentre gli altri si sono recati in Piazza Argentina in quanto accompagnavano un amico comune”.
La testimonianza di Silvia Vetere
Possiamo fin da qui notare come le informazioni sulla sparizione di Emanuela, risultino diverse e di difficile lettura sin dal principio. Unica cosa certa è che Emanuela aveva appuntamento con la sorella Cristina. Le ragazze si devono incontrare dopo le lezioni di Emanuela, davanti al Palazzo dei Tribunali e la Corte di Cassazione, sul lato opposto di ponte Umberto, e qui l’Orlandi non arriverà mai.
Esiste un’altra testimonianza, è la testimonianza di Silvia Vetere, decisamente poco nota.
Silvia Vetere, anch’essa sentita dagli inquirenti, è una compagna di classe di liceo di Emanuela. La Vetere riporta che la cittadina vaticana era solita “fare forca” a scuola, per poi firmarsi le giustificazioni all’insaputa di mamma e papà. Le ultime “marinate” alle lezioni avvengono alcune settimane prima della sparizione, in concomitanza con la partecipazione alla trasmissione Tandem, che spesso ci viene sottoposta in televisione per mostrare Emanuela.
Emanuela incontrava qualcuno quando marinava la scuola? Questa pista è stata poco battuta ma sarebbe interessante rintracciare i vecchi compagni di classe per capire se queste “forche”, classiche per i ragazzi di quell’età, avvenivano come di norma, in accordo con amici o altri compagni di scuola, o se Emanuela non attendeva alle lezioni da sola. In questo caso non è da escludere che dovesse incontrarsi con qualcuno di estraneo all’ambito scolastico.
Se Emanuela incontrava da tempo una persona altra dall’ambiente liceale chi era questa persona? Un amore nascosto o qualcuno mandato appositamente, con l’obiettivo di instaurare un rapporto di amicizia e dunque ottenere la fiducia della ragazza? Qualora fosse così si aprirebbero altri e nuovi interrogativi, uno tra tutti: da quanto stavano pianificando il sequestro Orlandi?
La ragazza sconosciuta
Sono molteplici le testimonianze e le persone che la sera del 22 giugno 1983, alla fermata dell’autobus di via Rinascimento, collocano vicino ad Emanuela un’altra persona, una ragazza.
Si tratterebbe di un’altra studentessa del “Da Victoria”, una ragazza di nome Federica, mai ascoltata fino a quel momento dagli inquirenti, ma che aveva parlato degli avvenimenti del 22 giugno con un amico, Antonio V. Antonio è anche amico di Natalina Orlandi, sorella di Emanuela, che lo aveva contattato per dare un supporto durante le ricerche. Sentito anch’egli dalla Squadra Mobile il 21 luglio 1983, riferisce che la ragazza rimasta alla fermata con Emanuela si chiama Federica e la stessa lo metteva a conoscenza di quanto segue. La dichiarazione di Antonio:
“Questa mi ha riferito che il pomeriggio del 22 giugno, uscita di scuola, si era avviata verso la fermata ATC di corso Rinascimento, quasi di fronte al Senato […]. Giunta all’altezza della tipografia del giornale ‘Il Popolo’ aveva raggiunto Emanuela. Insieme avevano percorso il breve tratto di strada fino alla fermata. Mi pare che insieme alla Federica vi fosse anche la Casini Maria Grazia, così mi sembra che mi ha detto Federica. Erano rimaste lì in attesa del 70, diretto verso il centro, mentre la Emanuela era rimasta, in attesa, alla fermata”.
Vi si sta incartando il cervello? Le versioni sembrano non coincidere? Già. Questo è niente rispetto a quello che deve ancora venire.
È ovvio che Federica non può essere la “ragazza sconosciuta” se davvero è salita, con le altre, sul 70. Strano sicuramente che, a lungo ascoltate nè Raffaella né la Casini abbiano mai citato Federica. Non ho trovato alcun verbale che annoti la deposizione di questa Federica. Perché non fu sentita? Forse lei avrebbe potuto notare qualcosa che è sfuggito alle altre due. Non è dato sapere.
Si potrebbe pensare che la ragazza non fu sentita al pari di tanti altri. Erano molti i ragazzi in uscita dalla scuola di musica quel giorno e non tutti sono stati convocati. La scuola era frequentata da oltre settecento iscritti; più che amicizie si trattava di ragazzi che si conoscevano di vista. Eppure ho sempre pensato che Federica poteva essere un tassello utile.
L’utenza sconosciuta
Il motivo lo indico nel fatto che il nome Federica compare nella rubrica del diario scolastico 82-83 di Emanuela. Il nome non è accompagnato da un cognome ma solamente dal una scritta in stampatello, accanto al numero “indovina chi è”. I carabinieri, successivamente, provarono a contattare il numero. Pare che abbiano composto lo stesso in modo errato, confondendo un 8 e un 3, rintracciando dunque una persona totalmente estranea ai fatti.
Leggendo la documentazione non pare che siano stati svolti altri accertamenti su questo numero, né che a qualcuno sia suonato strano, se non inquietante che fosse l’unico a presentare una scritta simile. L’unica cosa certa è che nessuna compagna di liceo portava quel nome e che a nessuno degli amici di Emanuela dalla scuola di musica agli amici del quartiere per finire ai fratelli, quel nome suggerisse qualcosa.
Federica era un nome inventato, atto a coprirne un altro? Mi accingo a chiudere questa prima “puntata” del Caso Orlandi con il primo, vero e, ovviamente inquietante “colpo di scena”.
Sappiamo che dopo il tentativo della D.I.G.O.S, che compose il numero sbagliato, questa pista fu abbandonata e del numero di telefono in questione non se ne parlerà più. O quasi.
Grazie all’indagine del giornalista freelance Tommaso Nelli, che ha affiancato le forze dell’ordine in questa operazione, veniamo a conoscenza che la società ItaliaonLine, la stessa che ha in gestione le Pagine Bianche, comunica che nell’anno 1992, al numero riportato nella rubrica di Emanuela, corrisponde il recapito della sede romana di “Telepace”.
Telepace è un’emittente televisiva, fortemente voluta da Giovanni Paolo II, presente a Roma dal 1990, anche se la sua fondazione risale al 1977, a Verona. Il giornalista Nelli, ha tentato ogni strada per risalire al titolare di quell’utenza alla data 1983.
Ogni tentativo è risultato vano, tranne l’ultimo. Quando tramite PEC e tramite avvocato, il giornalista si rivolge direttamente a Telecom, riceve una prima risposta in cui si comunica che nel 1983 suddetta linea non risultava attiva con l’operatore TIM. Grazie al sushi
Poi arriva, finalmente, la seconda risposta di Telecom, quella del 10 luglio 2021, alle ore 21.25. La scritta sulla Posta certificata è la seguente “Gentile Avvocato, non è possibile fornire questo tipo di informazione”.
Sbattendosene le palle del diritto d’informazione, con almeno la decenza di non tirare in causa la privacy, che in questo campo non c’entra nulla, la Telecom fornisce la risposta più ovvia e in linea con l’intera vicenda di Emanuela Orlandi: non possiamo dire nulla.
Il numero comunque è questo: 063455288 non si sa mai che qualcuno su una vecchia agenda degli anni ’80 se lo sia segnato, con il relativo riferimento.
Sul giorno della sparizione di Emanuela ci sarebbe altro da scrivere ma rischio di protrarre eccessivamente questo scritto. Qui riporto orari e dichiarazioni che sovente sono entrati in contraddizione tra loro. Nel prossimo articolo dedicato al caso di Emanuela Orlandi tratterò alcuni antefatti, episodi avvenuti nei giorni che precedono la sparizione della quindicenne vaticana.la cui rilevanza sta alla discrezione del lettore.
To be continued….
RIPRODUZIONE RISERVATA ©