Chi mi conosce già lo sa, non mi piace cucinare.
Di più: io non cucino, e me ne vanto. Non che non ci abbia provato, nel biennio universitario a Bologna ho dovuto per forza di cose metter mano ai fornelli, ma ho sempre pensato che un bell’uovo al pomodoro o una fettina di carne buttata in padella potessero essere più che sufficienti al mio sostentamento. E di fatto lo erano.
Fortunatamente nella convivenza ho trovato un compagno che si offre volentieri di cucinare al posto mio. Sicuramente gli risulta meno gravoso rispetto a me, ma sono abbastanza sicura che l’idea di campare a uova e condimenti al minimo abbia influito sulla sua decisione di farsi carico di questo compito.
È pur vero che nelle coppie più giovani l’aiutarsi vicendevolmente, soprattutto per ciò che concerne la produzione di deliziosi manicaretti, è piuttosto sdoganato – per fortuna.
La TV negli ultimi anni ha ulteriormente contribuito ad avvicinare gli uomini al magico mondo della cucina, con la trasmissione coatta di programmi come Masterchef, Quattro ristoranti, Cucine da Incubo e via cantando, dove i migliori chef di tutto il mondo si prodigano nelle più svariate imprese.
Il maschile in questo caso non è sovraesteso: tutti questi chef sono uomini, è pieno di uomini che nobilitano il mestiere del cuoco, mentre spesso e volentieri le donne vengono proposte in ambienti dall’atmosfera casalinga e intente a ricordarci le vecchie ricette della nonna. Come al solito è necessario il tocco maschile per nobilitare ciò che nelle donne viene dato quasi per scontato.
Sbrogliato l’impiccio della cucina, non resta altro che dedicarmi per contrappasso ad altri compiti, il primo dei quali è lavare i piatti o fare alcune pulizie di routine come quelle del bagno. Le trovo decisamente preferibili al cucinare – o al passare l’aspirapolvere, altro compito che mi risulta particolarmente pruriginoso.
Emerge però anche da queste altre attività un dato, e cioè che non sono brava. Non sono brava a lavare i piatti, sono brava il giusto a pulire il bagno, tendo a soprassedere sul disordine o su della polvere, non sento l’impulso di avere ogni superficie perfettamente brillante ed altre moltissime cose che spesso non vedo nelle case di cui sono stata ospite, che frequento o in quelle in cui ho vissuto.
Mi risulta particolarmente evidente, per esempio, quando vado dai miei genitori che l’impegno e il tempo che mette mia mamma nel mantenimento della casa è superiore non solo a quello che metto io, ma evidentemente a quello che mettiamo io e il mio compagno, visto che siamo in due.
Leggi anche: Non siamo solo lavoro
E tutto sommato me lo rivendico.
Semplicemente, non ho tempo di dedicare tutte le mie attenzioni allo splendore della casa. Non solo perché lavoro e intendo prioritizzare quello, ma perché studio, leggo, disegno, esco, mi accendo la pipa, gioco a pallavolo, frequento circoli eccetera eccetera, ci sono una miriade di altre cose che preferisco fare e a cui esigo di dedicare il mio tempo. Perché sono tutte cose che arricchiscono la mia persona, più dell’avere le finestre lucenti come il cristallo.
Contribuiscono alla mia crescita personale, al costruire relazioni, all’avere degli appoggi all’esterno, al confrontarmi con le diverse realtà.
Gli uomini non sono stati mai biasimati per la loro poca presenza in casa, per la loro poca attenzione alla pulizia (non solo degli ambienti, ma spesso anche di sé stessi – esiste perfino lo stereotipo del genio trasandato), perché nella loro socializzazione sono già delle persone.
Il loro tempo già lo sappiamo che andrà in tutte quelle attività che mi piace tanto fare, e che per questo non possono occuparsi di quello che concerne la loro abitazione e/o la loro persona. Per quello, infatti, si delega alle donne.
Non credo sia un caso, a questo punto, che notoriamente l’Italia ha la fama di avere delle case molto più pulite rispetto agli standard nordeuropei. Paese che vai, condizione delle donne che trovi.