di Lucia Abbatantuono.
Da oggi siamo in debito col pianeta. È l’Earth Overshoot Day: in pratica dopo appena sette mesi dall’inizio dell’anno noi esseri umani abbiamo già consumato tutte le risorse messe a disposizione dalla Terra per essere consumate in un anno. Tra emergenza climatica, agonia della biodiversità, inquinamento atmosferico e crisi ambientale generale, il nostro pianeta fatica a sopravvivere. Difficile pensare a qualcosa di positivo davanti a questa evidenza, eppure è lo stesso Global Footprint Network (l’ente che calcola proprio la data odierna) a garantire che ci sono sempre più soluzioni per migliorare le condizioni della Terra, e tutte utili a spostare l’Overshoot Day sempre più avanti durante il corso dell’anno.
Per meglio comprendere la gravità della situazione basterà ricordare che nel 1970 questa data famigerata cadeva verso la fine dell’anno, il 29 dicembre.
In 50 anni il sovrasfruttamento delle risorse e il consumo forsennato l’hanno velocemente spostata in avanti sul calendario: il primo Paese al mondo a raggiungerla è il Qatar (10 febbraio), e l’ultimo la Giamaica (20 dicembre). Finlandia e Angola riescono a chiudere l’anno addirittura accumulando riserve, mentre altri come il Lussemburgo esauriscono le risorse teoricamente disponibili in menso di 50 giorni.
Ma come si calcola il momento a partire dal quale l’umanità è in debito col pianeta per l’approvvigionamento? Si parte considerando l’ammontare icomplessivo sia della domanda della popolazione mondiale che dell’offerta totale di risorse e servizi ecosistemici che il Pianeta rigenera e riorganizza in un intero anno solare. Da qui si arriva a determinare, considerando in media le date di tutti i Paesi, il giorno in cui l’umanità inizia a indebitarsi con la Terra, consumando cioè più di quanto il pianeta sia in grado di produrre.
Per quanto riguarda l’Italia, va detto che siamo in debito con la Signora Gea già dal 15 maggio scorso.
Otto miliardi di persone vivono oggi sulla terra, e quasi sei miliardi di queste persone sono colpite dalla crisi ecologica. E nonostante il pessimismo che certi numeri ovviamente sollevano, alcuni coraggiosi si organizzano per cercare di spostare la data dell’indebitamento terrestre annuale: come gli ideatori della piattaforma “Power of possibility“, che propone cinque aree fondamentali di intervento (pianeta sano, città, energia, cibo e popolazione) nelle quali intervenire per provare a garantire più sicurezza alle nostre risorse.
Nel settore dell’alimentazione, ad esempio, si suggeriscono molteplici escamotage per generare un minore impatto nell’agricoltura, nel comparto lattiero-caseario e ancora negli allevamenti, adoperando magari sistemi più naturali di produzione, presi in prestito alle diverse tecniche delle popolazione indigene; si propone anche di migliorare le diete nelle mense scolastiche, con pasti più vegetali o a base di legumi, e creare coltivazioni locali a chilometro zero per azzerare l’inquinamento logistico correlato alla distribuzione dei prodotti.
Molti suggerimenti sono anche offerti per ridurre i consumi di energia: dallo sviluppo delle rinnovabili all’ampliamento dell’agrovoltaico, dai tetti verdi sulle case fino a una economia basata sull’elettrico e sulle basse emissioni di carbonio, tutti concetti che possono (e devono) essere applicati nella nuova urbanistica, puntando di più sulla condivisione dei mezzi per gli spostamenti nelle aree cittadine, sull’aumento degli spazi verdi, sul social housing sull’utilizzo di materiali edili meno impattanti e capaci di assorbire il calore solare o finanche purificare l’aria.
E non sono chiamate in ballo solo le istituzioni, perché anche il singolo individuo può contribuire alla causa: ciascuno di noi, ad esempio, può scegliere di trascorrere le ferie in luoghi più vicini a casa, può applicare sistemi più efficienti per cucinare o per riscaldarsi nelle proprie abitazioni, o può iniziare seriamente a riciclare e riutilizzare con piena consapevolezza quasi tutto ciò che ha sotto mano nella vita quotidiana.
Mentre il vicepremier Salvini insiste nel definire allarmisti gli ambientalisti, e a schierarsi contro chiunque pretenda soluzioni immediate per avviare una nuova politica ambientale, la Terra ci ricorda che i debiti vanno saldati. La bancarotta planetaria è prossima, e sarà di certo fraudolenta.