di Michele Chiodarelli.
Novak Djokovic vincendo per la decima volta gli Australian Open ha eguagliato il record di Rafa Nadal di 22 successi in prove del Grande Slam, (locuzione mutuata dal bridge che indica l’insieme dei 4 tornei di tennis più importanti del mondo: Melbourne, Parigi, Wimbledon e New York).In finale Djokovic si è imposto sul greco Stefanos Tsitsipas in tre set col punteggio di 6/3-7/6-7/6.
Disarmante la superiorità di Djokovic perfino al termine di un match non immune da pecche, da errori evitabili, da nervosismi quasi inesplicabili come quello che lo ha colto a metà del secondo set; del resto Tsitsipas non poteva far molto di più tenuto conto che Djokovic, indiscutibilmente da anni il miglior ribattitore del mondo, è stato ingiocabile anche sui propri servizi concedendo al più temibile dei suoi avversari la miseria di sei punti nel primo set in cinque turni di battuta e nel secondo set 5 punti nei primi quattro turni di servizio. E quando finalmente sul 5/4 a suo favore il greco si è conquistato la prima palla break che contemporaneamente era set point che fa Djokovic? Prima di servizio e dritto vincente. Poi un tiebreak giocato maluccio da entrambi con tropi errori di dritto di Tsitsipas che hanno consentito a Nole di aggiudicarselo per 7-4. L’unico servizio perso dal serbo all’inizio del terzo sembrava ridare speranze al greco ma l’immediato contro break spegneva ogni illusione di Tsitsipas. Logico approdo ancora al tiebreak e conseguente nuovo successo di Djokovic che chiudeva con un dritto vincente al terzo matchpoint. Torneo dominato dall’inizio alla fine da Djokovic che ha perso un solo set in sette partite con Couacaud al secondo turno dopo essersi procurato una lesione muscolare di 3 cm alla coscia sinistra.
Celebrato come doveroso un fantastico Novak Djokovi veniamo agli italiani: purtroppo nessun azzurro è approdato alla seconda settimana di gioco. E se per le donne era un esito pronosticabile, non avere maschi nella fase finale del torneo lascia un po’ di amarezza. L’ultimo ad arrendersi è stato Jannik Sinner (che in queste ore si aggiudicato il torneo di Montpellier) sconfitto in 5 set da Stefano Tsitsipas con lo score di 6/4, 6/4, 3/6,4/6, 6/3. Si è trattato di un match davvero intenso, avvincente, a tratti anche bello tecnicamente che Sinner aveva recuperato dopo un inizio troppo contratto per poi arrendersi allo scoccare delle 4 ore di giuoco. Persi i primi 2 set, l’altoatesino, complice anche un evidente calo fisico del greco, grazie a un atteggiamento più aggressivo si imponeva nel terzo e nel quarto parziale; poi quando l’inerzia sembrava volgere a suo favore un clamoroso errore su uno smash agevole in avvio di quinto set destabilizzava Sinner che perdeva ogni certezza e dopo essersi salvato da 0/40 nel terzo game, cedeva il servizio nel turno successivo. Forte del 92% di prime palle in campo Tsitsipas non concedeva alcuna chance di rimonta all’italiano. Questo incontro ha evidenziato i notevoli miglioramenti di Jannik, per esempio nella precisione del servizio o nella capacità di variare il gioco con la smorzata o scendendo a rete ma ne ha anche esaltato gli attuali limiti tattici e fisici dato che non può essere un caso che abbia perso 16 sfide su 17 (vincendo solo con Alcaraz) con i top five, tra l’altro quasi sempre avendo l’opportunità di vincere. Con rammarico penso alle sconfitte, per stare solo al 2022, con Zverev a Monte Carlo (7/6 al terzo), con Djokovic a Wimbledon dopo essere stato avanti 2 set a zero e soprattutto con Alcaraz a New York con match ball a favore. Senza indulgere in un patriottico ottimismo mi stupirei se Sinner arrivasse a fine carriera, al netto di infortuni e imprevisti vari, senza aver conquistato almeno un grande titolo. Se tutto sommato la sconfitta di Sinner non è stata una sorpresa, deludenti sono state le precoci eliminazioni al primo turno, di Matteo Berrettini e Lorenzo Musetti, tra l’altro disputando match fotocopia in cui entrambi, partiti con i favori del pronostico, hanno avuto la concreta occasione di imporsi prima di cedere all’ultimo respiro del set decisivo. Ora è evidente che la frustrazione per queste sconfitte sia acuita dal fatto che alcuni buontemponi, con poca competenza, hanno paragonato i nostri ottimi giocatori a Nadal, Federer, Djokovic che sono candidati con Laver, Borg, Kramer, Sampras alla palma di miglior tennista di tutti i tempi. Sarebbe già molto se Berrettini, Sinner, Musetti al termine del loro percorso agonistico potessero competere con Nicola Pietrangeli e Adriano Panatta per la palma di italiano più forte di sempre. E questa riflessione mi offre lo spunto per lanciare la discussione su quali sportivi italiani, ovviamente ciascuno nella propria disciplina, possano essere considerato fra i primi al mondo di tutti i tempi. Per aprire il dibattito propongo in ordine sparso senza alcuna pretesa di esaustività i nomi di Tazio Nuvolari, Fausto Coppi, Giacomo Agostini, Valentino Rossi, Gustav Thoni, Alberto Tomba, Yuri Chechi, Stefania Belmondo, Lorenzo Bernardi, Pietro Mennea, Valentina Vezzali, Klaus Di Biasi, Arianna Fontana (sperando che alle Olimpiadi del 2026 non gareggi per gli USA)…Ai lettori aggiungere, togliere, emendare….
Certo se analogo sondaggio riguardasse i politici socialisti l’unica certezza che avrei oggi è che gli attuali vertici del PSI non troverebbero posto nemmeno in ultimissima fila.