Einaudi pubblica Maraio! No, è la Francesco D’Amato editore (di Salerno, con catalogo online sfizioso nel quale non ho però ancora trovato la chicca) la cui grafica appare come un disinvoltissimo omaggio a quella Einaudi. Al posto di quello struzzo, che mai mise la testa sotto la sabbia (cit. Norberto Bobbio), il logo è un cielo (poco boringhieriano) sorretto da Atlante. Per Maraio e il PSI quel titano è l’icona perfetta, considerato che ricorda quanto i problemi di postura personale possano innescarne di collettivi.
Le malelingue potrebbero dire manie di grandezza ma no: sono manie di sufficienza.
Del resto un segretario del PSI farebbe sempre bene a scrivere libri, necessari a tirare le somme, programmare l’azione o indirizzare il dibattito, oltre che a sedimentare la propria impronta.
Spiace che la prima opera di Maraio non sia né un pamphlet né un’analisi organica bensì un’antologia dei suoi preziosi editoriali per l’Avanti! della Domenica. Come se più che un’esigenza di scrivere fosse piuttosto sorta la necessità di pubblicare. Stessa linea editoriale di un giornale la cui testata suona sempre più sarcasticamente come “pittore della domenica”, “cuoco della domenica”, eccetera. Un gioco forse troppo costoso, per un partito stravolto che si svena per pubblicare e distribuire quel foglio solo nell’1% delle edicole italiane (che anche tutte in blocco contano sempre meno).
Lungi da me maramaldeggiare paragonando “Di nuovo avanti” alle opere di segretari scrittori, come Silone e Nencini, ma il rispetto che devo a Maraio e al suo incarico mi costringono a prenderlo sul serio.
Vale la pena premettere che, nella prefazione, ci si rivolge, con notevole notevolissimo spirito, a un “(e)lettore”.
Non avevo mai letto gli editoriali di Maraio man mano che uscivano, quindi ho potuto affrontare la lettura vergine, anche se non posso certo permettermi l’ardua sentenza dei posteri; dunque accontentatevi dei postumi (comunque ardui lo garantisco) di questa immersione nel “caro diario” di Enzo.
La cifra stilistica di Maraio è comune a Omero: formularità. Il cuore è sempre lanciato oltre l’ostacolo come Itaca è sempre pietrosa, il partito è puntualmente rilanciato come l’aurora ha puntualmente le dita rosee. Come le pecore per conciliare il sonno, gli editoriali sfilano lanosissimi sotto gli occhi, a testimoniare come la Diaspora socialista sia divenuta transumanza. Per carità, si sa che i grandi scrittori tendono a riscrivere sempre lo stesso libro da prospettive diverse, ma qui la novità avanguardistica è la totale a-prospetticità di Enzo Maraio: non solo non c’è mai lo sforzo di restituire in qualche modo le diverse dimensioni, le profondità e i piani di un fenomeno, ma non c’è neanche il punto di vista! È una sensazione davvero ineffabile, sembra tutto un selfie a Flatlandia, come se un quadrato o altra forma bidimensionale provasse a guardarsi allo specchio.
Sui contenuti sorvoliamo, perché serve altra sede per l’analisi delle peripezie statiche del PSI maraiano, ovvero dell’autolesionismo tetraplegico di una entità che riesce a farsi del male senza fare assolutamente nulla.