Assistiamo al progressivo degrado della vita democratica e farsi l’abitudine, anzi il callo, e continuiamo a camminare verso il futuro senza porre alcun rimedio.
Anche il voto friulano fotografa una situazione che desta allarme e preoccupazione; certo si tratta pur sempre di una Regione piuttosto benestante del paese ed il voto é stato né più né meno che una proroga del Governo uscente, ed ha confermato una maggioranza che contiene nel suo seno tutta la dialettica democratica politica della regione, essendo composita e larga.
Il baricentro é fondato sulla Lega di governo regionale, movimento assai lontano dalla sbandata secessionista delle origini. Ma un conto é l’analisi specifica di una delle regioni più laiche e progressiste d’Italia nell’approccio alla politica, una delle più mitteleuropee se si pensa al suo costante dialogo e rapporto con le nazioni confinanti, una delle più internazionali se si pensa al ruolo di Trieste nella Storia e nell’economia del Sud-Europa, centrale negli scambi globali, hub decisivo anche per l’economia tedesca (questi ultimi hanno acquisito la piattaforma logistica fra le più capienti d’Europa).
Un altro conto é la diserzione elettorale che rappresenta la fotografia plastica del deficit democratico del nostro paese. Ha votato nella elezione di domenica meno della metà del corpo elettorale avente diritto; saranno i sondaggi che promuovono l’idea del voto “inutile” dandone per scontato l’esito, sarà la mancanza di offerta alternativa ai governi, sarà il rinsecchimento della dialettica politica, alla stregua dei fiumi prosciugati per la siccità, il fatto é che le istituzioni soffrono di un vistoso vulnus democratico: non sono legittimate dal consenso popolare dei cittadini.
Esistono dei rimedi almeno di natura tecnica a questa diserzione democratica? Se si eccepisce che il calo e l’abbandono é certamente figlio della crisi dei partiti, del loro modo di organizzarsi nella società, dell’invecchiamento della loro forma tradizionale, dell’invasione informativa dei social che sublimano la possibilità di partecipazione alla vita pubblica é auspicabile tentare una via tecnica per supplire a questo apparente abbandono democratico aprendo, almeno a titolo sperimentale, alle opportunità fornite dalle nuove tecnologie ed anche allungando l’opportunità e la possibilità del voto.
È possibile sperimentare il voto elettronico via telefono o computer iscrivendosi ad apposite liste elettorali? É possibile allungare la giornata elettorale ed avere sistemi meno anti-diluviani che certificano il diritto al voto ed obbligano all’accesso in un’unica sede elettorale del proprio collegio di appartenenza? É possibile liberalizzare le campagne elettorali, pur contenendone i costi? Si è passati dall’eccessiva spesa per propaganda politico-partitica all’annullamento pressoché totale della campagna di opinione, i candidati affrontano spese non detraibili, non raggiungono che una parte infinitesimale dell’elettore sono rimorchiati sovente dai capi in testa e le competizioni interne sono inesistenti come comprovano i dati.
La politica deve e può contribuire alla sua riforma interna. La vitalità democratica ha bisogno di un largo contributo della società, ma i rimedi che vanno posti devono essere molteplici, sperimentali e creativi.
E chi deve contribuire a questa riflessione oggi sta all’opposizione, i voti verso di lei espressi sono residuali e giustificano questo allarme democratico.