di Salvatore Sechi
Lo spettacolo di un partito di sinistra (il Pd) che proclama fa fine delle correnti spartitorie (con le quali e per le quali è vissuto da un decennio) e celebra la ritrovata unità appartiene ad un mondo con scarsi riscontri nella realtà contemporanea. Così come non ne fa parte il rovesciamento dell’identità programmatica: da partito di un blocco sociale o di diritti sociali (qual è stato per gran parte della sua storia il Pci) a partito dei diritti civili.
Occorre dire che a questa sorta di metempsicosi il Pd non aveva altra alternativa che non fosse la consumazione, cioè l’estinzione o la trasformazione in segmento dello Stato, cioè un partito che vive dispensando favori e alimentando clientele. Diciamo pure che nel settore dei musei, delle opere d’arte etc. era già avviato su questa strada.
Non è del tutto vero che blocchi sociali e partiti non possono cambiare. In questo senso l’alleanza tra Elly Schlein e Stefanio Bonaccini riecheggia un passaggio storico e classicamente emiliano.
Quello che viene chiamato il vendolismo della neo-segretaria non è altro che un riferimento malizioso ad un precedente aspetto del socialismo evangelico, dal quale è nato il Psi e anche una parte dello stesso Pci .Mi riferisco alla visione millenaristica, all’utopismo con cui la prima generazione rivoluzionaria (che arriva fino ad Andrea Costa) evangelizzò la domanda di elementari diritti di eguaglianza delle plebi nella Pianura Padana.
Reggio Emilia è stata la fucina di un movimento socialista di liberazione che ha investito su valori e richiami utopistici prima di attestarsi sulla forma di partito, da cui nasceranno il Psi e successivamente il Pci. Il vetero-comunismo aveva un sogno: la fine della storia identificata con il dominio della borghesia, che era stata delineata da Marx e forgiata da Lenin sul ferro dell’ideologia, del partito-caserma, della disciplina e dell’unità come valori assoluti. Non è un caso che a ridicolizzare e a tenere distanze siderale dalle idee della Schlein siano queste anime dal piagnisteo infinito sul “come eravamo“.
Nel nuovo Pd la vena utopica si giustappone, in una convivenza che non si può immaginare essere né facile né scontata, con la prassi socialdemocratica e il concretismo dalle ascendenze salveminiane di Bonaccini.
In lui ha trovato casa (programma e organizzazione) il riformismo socialista anch’esso di matrice emiliana. Culturalmente dovrebbe identificarsi con il liberalsocialismo al quale mi pare si rivolgesse un leader come Antonio La Forgia.
Bonaccini non intende intrufolarsi in un dibattito ideologico alla fine del quale c’è solo una domanda: perché sentirsi più vicini ai Cinque Stelle di Grillo e Conte che ai socialisti?
La domanda rimanda a quella che fu un’ossessione di Enrico Berlinguer ed è stata ereditata dai vetero-comunisti: pensare che dalla droga del comunismo si potesse uscire non ammettendo la vittoria del socialismo liberale, ma attraverso la nebulosa di una cosiddetta “Terza via“.
Questo grave deficit ideologico, che accomuna presidente e segretaria del Pd, non deve impedire un riconoscimento: cioè che l’inesausto tenacissimo pragmatismo, la cultura del fare di Bonaccini, il millenarismo ambientalista, l’idealtipo del lavoro eguale per tutti, l’argine alla devastazione dell’aria, del clima, della vivibilità urbana ecc. di Schlein rischiano di finire in una brutta copia di qualcosa di già visto, il vendolismo appunto.
L’uno ha bisogno dell’altro. Possono se non convivere, cercare di giustapporsi dando luogo ad un complicatissimo equilibrio interno che riesca ad evitare le vecchie sartorie in cui si tagliavano vestiti su misura per conciare le correnti.
Se si ripiegasse su questo passato diventerebbe una regola quel che il Pd e il suo alleato Cinque Stelle hanno prodotto a Bologna: una città dove non si riesce a sistemare lo sfascio dei marciapiedi, arginare la sporcizia e trovare un tetto o un letto per le frotte di disgraziati che vegetano distesi su cartoni e materassi nelle vie principali della città.
Comuni e Regioni non sono riuscite a coalizzarsi perché le multinazionali farmaceutiche non riprendessero a speculare sulla sanità attraverso gli alti prezzi degli integratori, e se l’accoglienza di un numero sterminato di turisti, non si limitasse a lasciar crescere in maniera inaudita il prezzo della tazzina di caffè, delle brioche, degli insaccati, dei tortellini (a ormai 40 Euro al chilo). E se l’affitto di una camera per gli studenti eguagliasse quello di un appartamento a Torino o a Roma.
E’ una tematica in cui Bonaccini e Schlein debbono ancora misurarsi.