Sarà a novembre del 2024, spero il 17 perché è il giorno del mio compleanno (scorpioni si nasce e non si diventa), quando la Nasa spedirà verso la Luna un nuova missione con un equipaggio composto da quattro persone di cui una donna e un afro-americano. E’ la missione Artemis II che precede e preparerà la successiva Artemis III che prevederà l’allunaggio vero e proprio.
Dopo più di cinquanta anni l’uomo tornerà a rimettere piede sul satellite meno satellite che esista, tanto è il mistero fascinoso che avvolge la madre dell’esoterismo, simbolo dell’istinto, inteso come intuito, e della parte femminile dell’essere umano.
E già perché, alla faccia di chi pensa di dividere l’umanità in due fazioni contrapposte, maschi e femmine, in eterna lotta tra loro per il predominio piuttosto che per la sopravvivenza, il misticismo antico e arcaico, che prende origine dalle antiche culture dei Sumeri e degli Egizi, da Imhotep ed Ermete Trismegisto e si è srotolato, verso i secoli più vicini a noi, attraverso lo gnosticismo, l’ermetismo, le scienze occulte, Hugues de Payns, Malachia, Christian Rosenkreuz, Albrecht Durer, Dante, Leonardo e compagnia cantante, ha sempre, e a ragione, sostenuto che in ogni individuo c’è una parte maschile e una femminile che si fondono, si controbilanciano, si osmotizzano in un unico grande, meraviglioso, risultato chiamato essere umano.
E quindi tra poco più di un anno si riparte, chissà se con un Lem di vecchia memoria o con qualche altro diabolico trabiccolo spaziale.
Ma per fare che? E perché, dopo cinquant’anni di oblio, dalle parti di Houston (non Whitney) si ricordano della luna?
Secondo la NASA le ragioni sono varie: per fare nuove scoperte scientifiche, per trarne vantaggi economici e soprattutto per ispirare una nuova generazione di esploratori ed esploratrici.
Infatti sembra che il balzo lunare sia il trampolino di lancio per un altro balzo ancora più importante, più ardito. più ambizioso, quello di portare l’uomo su Marte.
Certo che, dopo tutto questo tempo senza che nessun essere umano abbia più calpestato terra se non quella marrone che abbiamo quotidianamente sotto i piedi e respirato aria se non quella inquinata delle metropoli nostrane, per mandare qualcuno sul pianeta rosso un po’ di allenamenti e di sperimentazioni su qualcosa di vicino, poco rischioso e collaudato, ci vogliono altrimenti rischiamo di riascoltare nuovamente la mitica frase: “Houston (non Whitney), abbiamo un problema.”
Per cui ben presto Christina Koch, 44 anni statunitense, una astronauta Nasa che detiene il record del volo spaziale più lungo per una donna, Victor Glover, 46 anni, aviatore navale, anche lui statunitense, che piloterà la navicella spaziale Orion che girerà intorno alla Luna diventando il primo uomo di colore a prendere parte a una missione lunare, l’astronauta Reid Wiseman, 47 anni, un veterano, che ha volato sulla Iss con la navicella Soyuz rimanendo in orbita 165 giorni, con il ruolo di comandante della missione, e Jeremy Hansen, suo coetaneo, ex pilota da caccia per l’Agenzia spaziale canadese, voleranno verso la madre occulta della coscienza planetaria.
E mentre dalle parti degli Usa il progresso riprende a correre provo a guardare dalle parti nostre e provo a paragonarle con posti neanche tanto distanti.
E già perché mentre in America si stanno preparando a sbarcare su Marte, mentre in Svezia e Norvegia ci sono autostrade che passano da un’sola all’altra sprofondando nell’oceano e riemergendo di volta in volta, su ogni tappa isolana del tragitto, come un grande serpente marino, roba che anche Lacoonte si terrorizzerebbe, mentre tra Francia e Inghilterra c’è un tunnel che attraversa per cinquanta chilometri il fondo di uno dei tratti di mare più agitati del mondo, mentre in India ci sono treni pneumatici che corrono a mille chilometri all’ora, dalle parti nostre per fare un ponte sullo stretto ci stanno facendo scardinare gli zebedei, la Pescara-Roma, e viceversa, è una sorta di traversata della Siberia, per fare un tunnel di tre chilometri bisogna pregare la Madonna, e per far il nuovo stadio a Milano bisogna fare una guerra del Vietnam da III millennio.
Il progresso! Certo il progresso ha i suoi “contro”, oltre che i suoi “pro” e l’ambiente ha la sua importanza.
Ma in una economia, e in una storia del pianeta, globale, mentre paesi vicini e lontani che addirittura sino a qualche decennio fa erano considerati sottosviluppati, oggi affrontano la cavalcata verso le nuove frontiere del progresso con la stessa vigoria con la quale Dominguin infilzava la sua estoque tra gli occhi del toro, un paese che vuol essere competitivo non può affrontare le sfide delle tecnologia, dell’alta velocità, dell’ammodernamento tecnologico e infrastrutturale con i paraocchi e con le pippe mentali dell’ecologiosmo a prescindere, da parte di gente poi che fa dell’ambientalismo estremista una roba di maniera e che non rinuncerebbe mai, nel segreto della suo privato, alle comodità della vita moderna.
Non credo che in Svezia e Norvegia siano meno rispettosi dell’ambiente di quanto lo siamo noi ma hanno accettato che il progresso percorra la sua strada.
E parimenti dobbiamo fare noi, in maniera sostenibile, ma senza precocetti, senza pregiudizi, senza estremismi e senza demagogie ideologiche.
Per crescere e progredire.
Del resto il riformismo è anche progressismo.
P.S. la foto della luna è mia.