I patti hanno sempre fatto la storia. E sono sempre stati ricordati più degli effetti che hanno prodotto.
Volendo cedere alla debole vanità dello sfoggio culturale potremmo partire da quelli frequenti e ripetuti tra Cesare, Pompeo e Crasso ma eravamo, occhio e croce, intorno al 50 a.C. e rischieremmo di parlare al vuoto.
Quello del “camper”, che unì Craxi, Forlani e Andreotti istituzionalizzando l’acronimo del CAF, è più recente e soprattutto è caro alla cultura socialista perché diede l’avvio al periodo più felice della nostra storia repubblicana. Eravamo nel 1981 e quell’accordo spinse Craxi verso Palazzo Chigi.
Un patto ancor più recente, ma altrettanto famoso, anche se meno prestigioso, fu quello della “crostata” tra Berlusconi e Fini da una parte e D’Alema e Marini dall’altra. Era il 1997 e volevano riformare la Costituzione.
Segue ultimo, in tutti i sensi, quello celebrato tra la Schlein, Conte e Fratoianni accompagnati da Roberto Gravina (5 Stelle), candidato presidente dell’intera coalizione (anche con Verdi, Socialisti e civiche). Era poche ore fa ed erano a Campobasso seduti a un bar per bere una limonata apparentemente per “confermare” gli accordi molisani.
Ma viene difficile pensare che si siano limitati a parlare delle questioni regionali.
“Stiamo lavorando con uno spirito di squadra“ ha dichiarato Conte, “l’alleanza in Molise col Pd non è un’eccezione. Quando ci sono i presupposti per un progetto politico insieme noi ci siamo. Il dialogo col Pd lo considero quasi naturale“.
E infatti, dopo il bacio di sabato, tra la Schlein e Conte le promesse d’amore si ripetono e la presenza di Fratoianni sancisce il colore con il quale verrà passata la mano di vernice per “rinfrescare” l’accordo che viaggia sempre più verso la tinta “populism-radical-chic di sinistra”.
Le frasi di Beppe Grillo di una settimana fa e gli strepiti deliranti di Moni Ovadia contro Nato e Stati Uniti sono ormai un ricordo sbiadito.
Come dicono a Pescara, “tutto a posto”.
Rispetto ai patti precedenti questo della “limonata” è deprimente e ben distante dai “4 amici al bar” cantata da Gino Paoli.
Ma soprattutto come tutti i patti rischia di durare lo spazio di un respiro.
Perché, come insegna la storia di Cesare e Pompeo, i patti si stringono per non essere rispettati.
E allora aspettiamo qualche mese per le regionali abruzzesi, magari li rivedremo per una frittura sul lungomare di Pescara e per sottoscrivere qualche nuovo patto.
Almeno la frittura è meglio di una limonata.
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Dal camper alla limonata passando per la crostata

Massimo Carugno
Vice Direttore. Nato nel 1956, studi classici e poi laurea in giurisprudenza, oggi è avvocato nella sua città, patria di Ovidio e Capograssi: Sulmona. Da bambino, al seguito del padre ingegnere, ha vissuto, dall’età di 6 sino ai 12 anni, in Africa, tra Senegal, Congo, Ruanda, Burundi, rimanendo anche coinvolto nelle drammatiche vicende della rivolta del Kivu del 1967. Da pochissimi anni ha iniziato a cimentarsi nell’arte della letteratura ed ha già pubblicato due romanzi: “La Foglia d’autunno” e “L’ombra dell’ultimo manto”. È anche opinionista del Riformista, di Mondoperaio e del Nuovo giornale nazionale. Impegnato in politica è attualmente membro del movimento Socialista Liberale.