Ma che ha cambiato giornale?
E già perché questo verrebbe da dire a un abruzzese nel sentire l’ultimo proclama del giglio più famoso d’Italia.
“Mi candido alle europee con ‘Il Centro’, a Milano”, ha tuonato Matteo Renzi forse non ricordando che il quotidiano abruzzese si chiama proprio “Il Centro”.
E l’equivoco è facile: stai a vedé che hanno inventato pure il “direttoremercato”, e che Renzi passa a dirigere un altro giornale.
Che poi fiorentina contro arrosticini è pure una bella gara.
Abruzzesi tranquilli, annullate l’appuntamento dal cardiologo, Renzi resta dove sta.
Pero ‘sto centro quanto è seducente e non solo per gli amanti dell’arte pedatoria, che quel “10” ha sempre rappresentato il calcio per eccellenza. La maglia di Pelé, Rivera, Zidane, Maradona autentici geni della fantasia del pallone.
Ma il centro genera il suo fascino anche tra i comuni mortali, tra quelli che pensano che nel mondo ci sia qualcosa di altro, oltre il calcio, e per i quali al centro ci può essere anche la “gravità permanente”.
Che bel teorema quello di Battiato. Chissà se quando l’ha scritta si sarà immaginato che quella frase sarebbe diventata la formula pitagorica della politica.
“Repetita stufat” se uno si mena il capoccione sempre con le stesse cose e queste cose le ho già dette, ma ogni tanto ripetersi serve.
E mai come in questi mesi, ascoltando il dialogo tra sordi, quella sfida tra due cecati che fanno a pietrate tra le aule parlamentari e le piazze “extra”, si ha la percezione che il bipolarismo è drammaticamente fallito ed è tenuto in piedi solo dalle storture di leggi elettorali che sembrano una frittura di pesce accompagnata dal cappuccino o la porchetta spalmata di panna montata, insomma: uno schifo.
Una ossessione maggioritaria di un legislatore talmente confuso che a casa mette la maionese in bagno e il dentifricio in frigorifero solo perché sono entrambi a tubetti.
Se non fosse per questa perversione compulsivo-elettorale il bipolarismo sarebbe bello che estinto, defunto, sotterrato.
Perché è evidente che il dialogo e il dibattito tra i due poli è esaurito e temi e argomenti sono talmente volatilizzati che gli ectoplasmi delle sedute spiritiche sembrano i palloncini che volano, a metà tra quelli platonici teorizzati dal filosofo ateniese e quelli che si vendono nelle piazze dei borghi durante la festa del patrono.
E sul tavolo della politica, dopo il setaccio delle idee e dei programmi, buttati con l’acqua sporca, non resta niente se non acredine, odio, sfide, duelli, guerre, cattiverie e vigliaccate.
Ci saremo pur rotti le scatole di questi due che fanno a botte e che ci stanno solo devastando il locale.
E allora la corsa al “Centro” di Renzi prende un sapore diverso, diventa come l’affondo di uno di quei famosi “numeri 10”, seducente come un “taglio” dell’area di rigore verso il centravanti o un tiro dalla lunetta che bacia l’incrocio.
Ma occhio Matteo. La formula va condivisa. Va ripreso il discorso di un anno fa. L’idea è quella del “III Polo” e il senso deve essere quello di una coalizione. Una alleanza tra moderati, liberali democratici, riformisti, riformatori e libertari nella quale vanno chiamati a raccolta tutti. E per far questo il dialogo va riaperto con tutti, proprio tutti.
Non il senso di Smilla per la neve, ma quello di una coalizione politica, programmatica, costruita per la vera riforma del paese in senso culturale, etico, sociale.
Che vada oltre l’occasione elettorale e che dia agli italiani il senso di un progetto stabile e definitivo. Per superare e smantellare definitivamente il bipolarismo.
Perché altrimenti, caro Matteo, rischia di restare l’ennesima operazione elettorale con il vago sapore del progettino personale.
I numeri “10”, di classe, non si limitavano a fare goal, vincevano le partite.