“I grandi imperi sono come gli autisti che guidano guardando sempre nello specchietto retrovisore. Prima o poi vanno a sbattere. L’Europa sta andando a sbattere“. Sono dure le parole di Romano Prodi a Torino, ma sono quanto di più sincero l’ex presidente del Consiglio avrebbe mai potuto dire agli studenti del Collegio Carlo Alberto. Come, del resto, estremamente sincera è stata l’intera lectio magistralis che Prodi ha tenuto in occasione del 14esimo memorial dedicato al professor Onorato Castellino, figura premimente tra quelle accademiche italiane in generale, e torinesi in particolare. Entra in aula con passo discreto, i radi capelli bianchi, il sorriso di chi ne ha viste tante e ancora di più ne ha da raccontare. E quando Elsa Fornero, moderatrice dell’incontro, introduce e stimola la sua narrazione, l’ex presidente della Commissione Europea rivolge uno sguardo mesto alla platea, quasi timido, e inizia a dire la sua.
“Nel 1992 fece scalpore quel celebre saggio di Fukuyama che sanciva la cosiddetta fine della Storia, per cui si ipotizzava la cessazione di tutti i conflitti ai quali il mondo era stato abituato. E invece da allora ne sono capitate di tutti i colori” – inizia il professor Prodi, con tono pacato e quasi divertito – “In quegli anni c’era una netta superiorità economica dell’America, ma ero convinto che con l’apertura globale dei mercati si sarebbe raggiunta una sorta di convergenza tra capitalismo e comunismo. Invece le cose sono andate molto diversamente“. Esortato a esporre un pezzo della sua storia personale che, del resto, ha coinciso con una bella fetta di importanti trasformazioni mondiali, Prodi continua: “Da allora le divisioni si sono acuite, in modo pesantemente ideologico. E la stessa convinzione del primato politico della Democrazia ha portato risvolti drammatici, come l’abitudine americana di andare in giro a esportare democrazia con le sue guerre“.
“Gli scontri ideologici culminano nelle guerre. Perchè anche un buon principio può creare tensione. Ma non bisogna dimenticare che la buona politica internazionale è come un ponte: tutti ci possono passare sopra. L’importante è saperne regolare bene il traffico. L’ultimo che la pensava così fu Kennedy, e lo disse durante la crisi dei missili a Cuba. Quella convinzione della necessità di dover convivere e coesistere in questo mondo, nonostante le diversità, si è ormai persa“. E dunque, la globalizzazione? “Bisogna capire che non abbiamo nessun interesse a omogeneizzare tutto. Negli anni ’80 prese avvio questo fenomeno di globalizzare il pianeta, e tutti erano convinti che fosse la via più utile allo sviluppo dell’economia mondiale. L’acme fu raggiunto nel 2001, quando la Cina aderì al WTO, come se il commercio internazionale fosse del tutto staccato dalle vicende politiche internazionali. Ma così non era e non è mai stato, nè lo è: il liberismo ha pure globalizzato il reddito, infatti il reddito è diventato più iniquo ovunque, e la globalizzazione ha fatto perdere il ruolo chiave di partiti e sindacati“.
Prodi si lascia poi andare ad una nostalgica rievocazione di quanto vissuto in prima persona: “Abbiamo allargato l’Europa condividendo la Democrazia. L’Europa è nata proprio così, dalla sua capacità innata di proporre riforme, uscendo dall’angolo in cui l’avevano relegata le due grandi potenze (USA e URSS). Ma il ruolo morale dell’Europa è crollato durante l’ultima pesante crisi economica e finanziaria mondiale. E sì, poteva andare diversamente, se l’avessimo gestita meglio“. Come sono andate veramente le cose, ce lo racconta lui: “La Cina si è sempre più allontanata dall’occidente, mettendo in atto un cambiamento profondo, interessante anche sul piano sociologico. Perchè la Cina continua a siglare trattati con tutti, mantenendo la sua politica estera coerente e costante: accaparrarsi cibo, energia e materie prime è fondamentale per Pechino, perciò ha bisogno di stringere accordi ovunque. Eppure il recente vertice tra Biden e Xi Jinping non può dirsi un successo, e anzi ha svelato la reticenza cinese a mischiare tutte le sue carte con gli USA: il presidente cinese non ha voluto neanche partecipare alle solite foto di rito istituzionali. Come diceva un mio amico: i cinesi sono come i siciliani, quando tacciono dissentono. Ciò significa che, nonostante le apparenze, nessuna delle tensioni di sottofondo si è placata. Ma è importante che il dialogo continui“.
E per quanto riguarda gli Stati Uniti? Prodi ha frequentato a lungo gli States, sia come visiting professor nelle più prestigiose università, sia come rappresentante di spicco dell’Unione Europea. “L’America ha bloccato la globalizzazione quando ha rispolverato il motto AMERICA FIRST. La frammentazione economica mondiale è partita da lì. Sono tornate le sanzioni economiche, la corsa alla supremazia militare e alla ricerca di alta tecnologia non condivisa. E’ tornata la politica industriale, strumento che cancella l’idea originale di globalizzazione. Pensiamo all’Inflation Reduction Act voluto da Biden, qualcosa che reintroduce il protezionismo e le regole anti-trust in America, impensabile fino a pochi anni fa. Eppure adesso è legge“. Biden, insomma, non sta simpatico a Prodi, che invece ricorda tutti i precedenti presidenti americani che ha conosciuto personalmente, e li descrive così: “La famiglia Bush era completamente europea, nei modi e nelle prospettive. Poi arrivò Clinton, il politico più completo che io abbia mai conosciuto. Poi fu la volta di Obama, per cui non esistevano confini tra Stati. E infine Trump, per cui non esisteva l’Europa, ma solo la NATO. Da Trump in poi, la Cina ha avviato il suo cammino di allenze sparse per il mondo, a scapito sia di USA che di UE“.
E in tutto ciò l’Europa come ha reagito? “L’Unione Europea ha reagito alla frammentazione economica e politica mondiale con altrettanta frammentazione. Oggi, alla concorrenza tra imprese europee si accompagna la concorrenza tra Stati: pensiamo solo a come sono suddivisi i sussidi europei. Di questi, il 50% è dato interamente alla Germania; il 25% alla Francia, e il restante 25% a tutti gli altri Stati d’Europa. Significativo, no? Altro grande problema europeo è la sua totale assenza nelle decisioni mondiali, quelle serie. Bruxelles non c’è più nel dialogo economico globale, nè il quello politico. Anche la guerra ucraina finirà non grazie all’Europa, ma grazie ad un accordo tra USA e Cina“. L’opinione di Romano Prodi su quanto pericoloso e altalenante sia lo scenario globale si allarga a questioni ancora più inquietanti: “Quando ero presidente della commissione europea, Putin disse che non avrebbe mai venduto un solo metro quadro di gas alla Cina. E invece oggi sappiamo come vanno davvero le cose, con la Cina che ogni anno cresce (in termini di valore economico) di una Russia all’anno. Ancora, ai miei tempi funzionava benissimo il tandem trainante di Germania e Francia, che trascinavano insieme l’Europa verso lo sviluppo. Oggi invece si assiste all’incredibile corsa di Berlino al riarmo. Lo stanziamento tedesco di risorse federali per la Difesa è pari a due volte e mezzo quello francese. Non va bene. E intanto l’Italia ha perso il suo ruolo di collante e moderatore che aveva sempre avuto nelle stanze decisionali europee. Le cose europee vanno regolate meglio partendo dagli strumenti operativi: se continuiamo a mantenere il principio dell’unanimità di voto per le riforme legislative comuni, l’Europa è morta“.
Infine Prodi, con le sue 40 lauree honoris causa ricevute da atenei sparsi in tutto il mondo, e con quel suo sorriso sornione ma sempre appassionato, dice la sua anche sull’Italia: “Il nostro è un Paese incredibile. Siamo stati propugnatori delle migliori cause e delle più brillanti idee politiche, che ci sono poi sempre state rubate e riproposte da altri in maniera più strutturata. Come se non fossimo capaci di ultimare ciò che iniziamo, come se non ci fossimo ancora liberati dall’atavica sensazione di essere sempre assoggettati a qualche dominatore esterno. Dovremmo provare ad alzare la testa, e tornare centrali come lo siamo stati nel periodo d’oro dell’affermazione europea nel mondo. Perchè una cosa è certa: senza l’Europa, l’Italia non va da nessuna parte“.