- Quanti sono i Papi della Chiesa Cattolica? 266, come riporta il sito ufficiale della Santa Sede.
https://www.vatican.va/content/vatican/it/holy-father.html
Perchè allora Mons. Gaenswein, ex-Segretario di Papa Benedetto XVI, in una intervista alla RAI del 18 maggio u.s. durante la trasmissione “Oggi è un altro giorno” dice che “abbiamo 265 papi, ma sono uno diverso dall’altro”?.
Mi chiedo: se “abbiamo” (verbo al presente!) 265 Papi”, allora Bergoglio cos’è? Non vedo che tre ipotesi.
IPOTESI 1: GAENSWEIN S’E’ “SVAMPITO”…
Bergoglio è il Papa n. 266, ma Monsignore se l’è scordato…. (“lapsus freudiano “, cioè per dirla evangelicamente, “la lingua parla della sovrabbondanza del cuore” [Mt 12,33]).
E’ noto che lui e Bergoglio non si sopportano, al punto che in una intervista di fine marzo scorso Gaenswein ha rilasciato una dichiarazione al vetriolo per chi è addentro alle cose vaticane: “Credo che non pochi cardinali avrebbero vissuto bene se Angelo Scola fosse stato Pontefice“.
E’ bene ricordare che Scola è stato tra i “papabili” per la successione di Ratzinger, anzi forse quello prediletto da Benedetto XVI, il quale in una intervista a Seewald, successiva alla rinuncia, ha ammesso che non si aspettava l’elezione di Bergoglio.
Pare che nel Conclave proprio Angelo Scola sia stato l’antagonista di Bergoglio, al punto che qualcuno della CEI dopo la fumata bianca fece partire un messaggio di felicitazioni sbagliato, salutando “la notizia dell’elezione del Cardinale Angelo Scola a Successore di Pietro”.
La giustificazione di quanto avvenuto (“Nell’emozione ci è scappata la mail!”) è talmente ridicola, che qualcosa di strano, in quel Conclave, sembra davvero esserci stato, dato che il giornalista Antonio Socci (salvo poi ripensarci), vi aveva pure scritto un libro (“Non è Francesco”), chiedendosi “quali sono i motivi tuttora sconosciuti della storica rinuncia di Benedetto XVI e se si tratta di vera rinuncia al Papato, dato che i canonisti cominciano a sollevare gravi dubbi. Domande che adesso s’intrecciano con quelle relative al Conclave del 13 marzo 2013 che, secondo la ricostruzione dell’autore, si sarebbe svolto in violazione di alcune norme della Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis”.
IPOTESI 2: CIONCI NON E’ PAZZO
Bergoglio non è il 266^ Papa, ma è un Antipapa, come scrive Andrea Cionci nel libro “Codice Ratzinger” e Benedetto XVI sarebbe stato costretto a dimettersi.
https://www.youtube.com/@codiceratzinger
https://www.codiceratzinger.eu/
Con buona pace dei suoi detrattori, Andrea Cionci vola nelle vendite del libro e impazza per l’intera penisola, accrescendo il consenso intorno alla sua tesi, che riassumiamo brevemente così: resosi conto del complotto che i “cardinali progressisti” riuniti nella c.d. Mafia di San Gallo avevano ordito contro di lui con la complicità dei “poteri forti” internazionali, Benedetto XVI avrebbe finto le dimissioni, rinunciando all’esercizio del ministero petrino (Ministerium), ma non al Titolo di Papa (Munus).
In realtà egli si sarebbe “arroccato” in “sede completamente impedita”, rendendo solo apparentemente vacante il Soglio pontificio, illecitamente convocato il Conclave, invalida l’elezione di Bergoglio e nullo (e/o inesistente) ogni suo atto.
Non si sa di preciso se – come ipotizzava Antonio Socci – qualcosa di “illegittimo” in quel Conclave del 2013 sia avvenuto, ma è certo che qualcosa di strano è avvenuto prima.
La nebbia ha cominciato a diradarsi dopo l’elezione di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti, quando sulla rivista The Remnant semplici esponenti del cattolicesimo tradizionale scrivono al neo–Presidente chiedendogli di ordinare una inchiesta che risponda alle seguenti domande:
- a che scopo la National Security Agency ha monitorato il conclave che ha eletto Papa Francesco?
- quali altre operazioni segrete sono state attuate da agenti del governo USA sulle dimissioni di Papa Benedetto e sul conclave che ha eletto Papa Francesco?
- agenti governativi hanno avuto contatti con la “Mafia del cardinale Danneels”?
- le transazioni monetarie internazionali con il Vaticano sono state sospese durante gli ultimi giorni prima delle dimissioni di Papa Benedetto. Le agenzie di governo degli Stati Uniti sono state coinvolte in questo?
- perché le transazioni monetarie internazionali sono riprese il 12 febbraio 2013, il giorno dopo che Benedetto XVI ha annunciato le sue dimissioni? È pura coincidenza?
- quali iniziative, se del caso, sono state effettivamente prese da John Podesta, Hillary Clinton e altri legati alla gestione Obama coinvolti nel dibattito che intendeva fomentare una “Primavera cattolica”?
- qual era lo scopo e la natura della riunione segreta tra il vice presidente Joseph Biden e Papa Benedetto XVI in Vaticano intorno al 3 giugno 2011?
- quali ruoli sono stati svolti da George Soros e altri finanziatori internazionali attualmente residenti nel territorio degli Stati Uniti?
Becero complottismo?
Proviamo a ricostruire.
Dal momento del suo insediamento, Ratzinger, il Papa che davvero ha fatto qualcosa contro la terribile piaga della pedofilia nella Chiesa, è sotto attacco da parte di certa stampa progressista per casi di abusi verificatisi al tempo in cui era Arcivescovo a Monaco.
Gli attacchi si sono moltiplicati dopo la liberalizzazione della Messa in rito antico e la revoca della scomunica ai Vescovi lefebvriani.
Il proscioglimento definitivo per Ratzinger arriverà molti anni dopo, dopo la sua morte, cioè appena quanche settimana fa.
Ma nel 2011 la pressione era terribile e si cominciava a ventilare l’ipotesi di dimissioni, rilanciata un anno dopo da un Cardinale autorevole, l’arcivescovo di Palermo Paolo Romeo, che prevedeva con preoccupante certezza un Mordkomplott, cioè un “complotto assassino” entro novembre del 2012.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02/10/complotto-di-morte-benedetto-xvi/190221/
Subito si pensò ad un complotto per uccidere Benedetto XVI.
In realtà l’assassinio era figurato.
Romeo nell’affermare con certezza la fine del pontificato di Benedetto XVI entro un anno, delineava anche il profilo del suo successore: si trattava- guarda un po’ – dell’Arcivescovo di Milano Angelo Scola.
Il Mordkomplott non era tuttavia un’invenzione: lungo il 2012 scoppia il Vatileaks e tra settembre e novembre 2012 vengono condannati il maggiordomo Paolo Gabriele e l’informatico Sciarpelletti.
Ratzinger confiderà che proprio a partire da settembre 2012 aveva iniziato a parlare con i suoi più stretti collaboratori di “rinuncia”.
Tuttavia ancora non si dimetteva.
Qualcuno decise allora – evocando un passo dell’Apocalisse relativo al potere della Bestia anticristica – che in Vaticano non si potesse più “né comprare, né vendere”.
Dal primo gennaio in Vaticano i pagamenti si sarebbero potuti fare solo in contanti, o al massimo con il bancomat interno emesso dallo IOR, l’Istituto per le Opere di Religione. Era stato infatti sospeso da Banca d’Italia l’utilizzo del “sistema Pos”, cioè l’uso di tutte le carte di credito e i bancomat delle banche italiane ed estere.
Chi gestiva da anni il “sistema Pos” all’interno del Vaticano era Deutsche Bank Italia, che è un soggetto di diritto italiano e quindi controllato da Banca d’Italia. Deutsche Bank aveva aperto Pos in Vaticano senza richiedere la necessaria autorizzazione alla stessa Banca d’Italia. Solo nel 2012 aveva presentato istanza, che però era stata respinta. Il Vaticano poteva avere tutti i Pos necessari, ma non con banche italiane perché – secondo la normativa antiriciclaggio – è soggetto extracomunitario non equivalente ai fini della vigilanza sul riciclaggio del denaro.
https://www.repubblica.it/economia/2013/01/03/news/vaticano_stop_bancomat-49849845/
https://st.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-01-08/vaticano-bancomat-bloccati-procura-092143.shtml
È un chiaro messaggio che si unisce alle inchieste che hanno riguardato in passato lo IOR, il cui Presidente Gotti Tedeschi (che su mandato di Ratzinger aveva in mente una radicale riforma della banca vaticana) viene cacciato dal Segretario di Stato Card. Tarcisio Bertone, senza che Benedetto XVI ne sia previamente informato.
Il giorno dopo le dimissioni di Ratzinger, il “sistema Pos” viene riattivato
Il portavoce vaticano Federico Lombardi fa pure il brillante: “Nonostante la rinuncia del Papa le cose vanno avanti e si risolvono…”
I Cardinali si riuniranno in Conclave e questa volta (dopo lo smacco del 2005 e l’elezione di Ratzinger) tutto filerà liscio.
Così, al sesto scrutino, la “Mafia di San Gallo” avrebbe portato “la fine del Mondo” sul soglio di Pietro.
IPOTESI 3: NON C’E’ PIU’ IL PAPA, MA AL SUO POSTO C’E’ IL PAPATO D’ECCEZIONE!
PECCATO CHE UFFICIALMENTE NON CE L’ABBIANO DETTO…
Bergoglio magari è Francesco, il 266^ Papa.
Ma forse non lo è del tutto.
Di certo, se Francesco è Papa, lo è stato per dieci anni “in coabitazione” con Benedetto.
Ne consegue che “il Papa è uno solo”, ma ce ne sono due, di cui uno “emerito”, anche se canonisti, teologi e Cardinali concordano che il “Papa emerito” è un “monstrum” nella Tradizione della Chiesa.
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Papa e Vescovo di Roma
Proviamo a spiegare in parole semplici, avvalendoci di quanto dicono rispettivamente il Card. Brandmuller e il Prof. Roberto De Mattei, perchè il Papa è una “figura complessa”:
- Il papa non è “anche” Vescovo di Roma, ma al contrario il Vescovo di Roma è anche Papa.
- Ma l’eletto diviene Vescovo di Roma in quanto è eletto Papa, e non Papa in quanto è eletto Vescovo di Roma.
Insomma, si elegge il Papa e l’eletto è Vescovo di Roma.
- A riprova di ciò si precisa che potrebbe essere eletto anche un semplice sacerdote, o addirittura un laico, che entrambi non sono Vescovi: in ogni caso l’eletto Papa, se non è già Vescovo, deve essere consacrato Vescovo.
Domandiamoci: casomai l’eletto non fosse già Vescovo e debba quindi essere consacrato, è comunque già Papa?
La risposta è sì.
Papa Pio XII spiega che “il potere di insegnare, di governare e anche il carisma dellinfallibilità, gli sarebbero accordati subito, dall’istante della sua accettazione, anche prima della sua ordinazione” a Vescovo (Discorso per il II Congresso Mondiale dell’Apostolato dei Laici del 5 ottobre 1957, in Discorsi e Radiomessaggi, XIX, pp. 457-458).
Molti Papi, infatti, hanno esercitato la loro potestà anche prima della loro ordinazione episcopale: Bonifacio VIII, san Gregorio Magno, san Gregorio VII e Innocenzo III Pio III, Leone X, Marcello II, Clemente VIII, Clemente XI, Pio VI e Gregorio XVI, furono ordinati Vescovi solo dopo la loro elezione al Soglio Pontificio, ma fin dal primo momento della loro accettazione sono stati ritenuti Papi.
E se un Papa morisse prima di essere divenuto Vescovo, deve essere considerato come Papa?
La risposta è egualmente sì!
Adriano V tra il luglio e l’agosto 1276 regnò solo 38 giorni pur rimanendo solamente diacono ed è considerato nell’elenco dei Papi.
https://www.vatican.va/content/vatican/it/holy-father/adriano-v.html
Ma allora se Benedetto XVI ha rinunciato al Ministerium (cioè all’esercizio) di Vescovo di Roma, successore di San Pietro (che è il primo titolo di chi è eletto Papa), ma non al Munus pontificio, cioè all’Ufficio di Papa (che però il Codice di Diritto Canonico richiede per la validità della rinuncia, a pena di nullità) egli è rimasto Papa?
La risposta l’ha data lo stesso Benedetto, continuando a definirsi Papa, seppure “emerito”, a vestire di bianco, a firmarsi col titolo di “Pater Patrum”, ad impartire “benedizioni apostoliche” (prerogativa eminentemente Papale), a risiedere in Vaticano, rimanendo – per usare le sue stesse parole – all’interno del “recinto di San Pietro”.
Ma se esiste un Papa, che pure non esercita più il Ministero (Ministerium) di Vescovo di Roma e di Pastore universale, perchè da tale Ministero si è dimesso, senza tuttavia dimettersi dall’Ufficio (Munus) di Papa (perchè vuole continuare ad esserlo “sempre e per sempre”), la Sede è vacante?
Ma se la Santa Sede non fosse vacante (perchè il Papa ha rinunciato al Ministerium di Vescovo di Roma, ma non ha rinunciato al Munus di Papa, come prescrive a pena di nullità il Codice di Diritto Canonico) poteva essere convocato il Conclave ed essere eletto un nuovo Papa?
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La “magna quaestio”
Qui sta la “magna quaestio” sulla quale, a beneficio di noi semplici fedeli, un’indagine canonica fatta “come Dio comanda”, toglierebbe ogni dubbio.
Invece a cosa hanno pensato?
Ad una regolarizzazione ex-post, neanche fosse una “sanatoria” da “decreto milleproroghe”.
Leggere per credere…
D’altro canto, anche ai “Dubia” (=richiesta di chiarimenti), avanzati da quattro cardinali (Raymond Burke, Carlo Caffarra, Walter Brandmüller, Joachim Meisner) a seguito della pubblicazione dell’Esortazione Apostolica Amoris laetitia di papa Francesco nel 2016, la tecnica è stata identica: non rispondere.
“Non rispondere” non è maleducazione, è diventato un metodo.
Come diceva il “conte-zio” nel dialogo col Padre provinciale al Cap. 29 de “I promessi sposi” “son cose, come io le dicevo, da finirsi tra di noi, da seppellirsi qui, cose che a rimestarle troppo… si fa peggio. Lei sa cosa segue: quest’urti, queste picche, principiano talvolta da una bagattella, e vanno avanti, vanno avanti… A voler trovarne il fondo, o non se ne viene a capo, o vengon fuori cent’altri imbrogli. Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire”.
Come già ho avuto modo di spiegare nella lunghissima intervista che il Direttore On. Del Bue mi ha concesso https://lagiustizia.net/papa-ratzinger-e-le-dimissioni-fantasma/, in ogni caso, avendo Benedetto XVI esplicitamente rinunciato al titolo di Vescovo di Roma, si pone il problema di come a quel punto egli dovesse essere considersato.
Di per sè il Vescovo dimissionario della propria diocesi diviene Vescovo emerito.
Domandiamoci: ciò vale anche per il Vescovo di Roma e valeva anche per Benedetto?
Gli studiosi hanno espresso parecchi dubbi sull’ipotesi del “Papato emerito”, proprio perchè il Vescovo di Roma è tale in quanto è già stato eletto Papa.
Spiega il Card. Branmuller: “Il dimissionario, per conseguenza, non è più né Vescovo di Roma, né Papa, e neppure cardinale. Questa constatazione oggettiva rimanda nell’ambito di speculazioni edificanti o di poesia religiosa certe riflessioni e idee di una permanente partecipazione mistica nel munus Petrinum…
Un papato ‘bicipite’ sarebbe una mostruosità.
Il tentativo di ridefinire il munus Petrinum in tal senso è inaccettabile dal punto di vista teologico e comporterebbe una minaccia all’unità della Chiesa. Perciò senz’altro va rifiutato.
Insomma: la sostanza del papato è così chiaramente definita dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione autentica, cosicché nessun Papa può essere autorizzato a ridefinire il suo ufficio… Del resto il diritto canonico non riconosce la figura di un Papa emeritus”.
Invece Ratzinger ha voluto mantenere il titolo di Papa e, in una intervista successiva alla Declaratio di rinuncia qualche anno dopo l’elezione di Bergoglio sembra abbia proprio deciso di modificare la natura del Papato, affermando che “non si capisce perché la figura giuridica del Papa emerito non debba essere applicata anche al Vescovo di Roma”.
Attenzione: Benedetto dice di avere applicato la figura del “Vescovo emerito” non al Vescovo di Roma, ma al Papa, che – come spiegato sopra – non è tuttavia perfettamente sinonimo di Vescovo di Roma.
Lì per lì, però, tutti hanno “abboccato”, pensando che egli intendesse – con la sua rinunzia – rimanere invece “Vescovo emerito” di Roma.
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Quando Benedetto XVI era “Vescovo emerito” di Roma…
Il primo ad “abboccare” è stato proprio Bergoglio, che, appena eletto, affacciandosi al Loggione di San Pietro il 13 marzo 2013 dice: “Fratelli e sorelle buonasera. Voi sapete che il dovere del Conclave è di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo. Ma siamo qui… Vi ringrazio dell’accoglienza della comunità diocesana di Roma al suo Vescovo , grazie. E prima di tutto vorrei fare una preghiera per il nostro Vescovo emerito Benedetto XVI”.
Sì, avete letto bene!
Bergoglio nel definire se stesso non Papa, ma Vescovo di Roma, chiama Benedetto XVI “Vescovo emerito” e non “Papa emerito”.
Chiaro, chiarissim
o!
Poichè la figura giuridica del “Papa emerito” è del tutto estranea alla Chiesa, se Bergoglio affacciandosi al Loggione avesse detto di voler fare una preghiera per il “Papa emerito”, ciò voleva dire che un Papa già c’era e che lui era perlomeno un “abusivo”: Cionci direbbe un Antipapa.
Insomma è come se Bergoglio “c
i avesse provato”, ma Benedetto non si fosse mosso di un millimetro, continuando fino alla morte a definirsi Papa, seppure “emerito”, a vestire di bianco (spiegando che… “non c’erano altri abiti in Vaticano), ad im
partire “benedizioni apostoliche” (prerogativa eminentemente Papale), a risiedere in Vaticano, rimanendo – per usare le sue stesse parole – all’interno del “recinto di San Pietro”.
Casomai ci fosse un “Codice Ratzinger”, dunque, il primo ad inciamparci (e proprio appena eletto) sarebbe stato il povero Bergoglio, “beffato” a sua insaputa.
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L’istituzione del Papa emerito in “modalità aereo”.
Il “pasticciaccio brutto “ del “Papa emerito” riemerge nelle parole di Bergoglio nella Conferenza Stampa tenuta durante il volo di ritorno dalla Corea, lunedì, 18 agosto 2014.
Bergoglio è stato costretto a prendere atto della determinazione di Benedetto ad essere “Papa emerito” e conseguentemente ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco: “ Io penso: 70 anni fa anche i vescovi emeriti erano un’eccezione, non esistevano. Oggi i vescovi emeriti sono una istituzione. Io penso che “Papa emerito” sia già un’istituzione. Perché? Perché la nostra vita si allunga e a una certa età non c’è la capacità di governare bene, perché il corpo si stanca, la salute forse è buona ma non c’è la capacità di portare avanti tutti i problemi di un governo come quello della Chiesa. E io credo che Papa Benedetto XVI abbia fatto questo gesto che di fatto istituisce i Papi emeriti. Ripeto: forse qualche teologo mi dirà che questo non è giusto, ma io la penso così. I secoli diranno se è così o no, vedremo.
Provo a tradurre: Benedetto non si è tolto di mezzo completamente e si è inventato questa “storia” del Papa emerito. Bisognerà istituzionalizzarla. I teologi, però, non sono d’accordo.
Per forza!
Il Papato è una “istituzione divina” ed è un “ufficio monocratico”!
“Tu es Petrus” (cioè “tu sei Pietro”) Gesù lo dice a Pietro, uno degli Apostoli, non ai 12 Apostoli. E glielo dice nella regione di Cesarea di Filippo (che è tra le alture del Golan), mica a Roma.
Lo dice a Simone, fratello di Andrea, figlio di Giona, cui già aveva cambiato nome in Pietro (: E io a te dico: tu sei Pietro (in aramaico “Cefa”, cioè roccia, pietra) e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.
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Il Papa emerito e il “Conte-zio”
Dunque il “Papa emerito” è una figura giuridica in assoluta discontinuità con la Tradizione e la prassi della Chiesa.
Il Card. Muller, pure filo-ratzingeriano, ex-prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha detto con chiarezza che “le dimissioni di Papa Benedetto nel 2013 hanno introdotto una tensione nel principio petrino dell’unità della fede e della comunione della Chiesa che non ha eguali nella storia e che non è ancora stata affrontata dogmaticamente”.
In Vaticano nel 2020 – come accennato sopra – qualcuno pensò allora di normare “a posteriori” la figura del Papa emerito, ma è rischiosissimo: significherebbe riaprire la “magna quaestio” e rimettere in discussione il “chiacchiericcio” sull’elezione di Bergoglio.
E, come dice il conte-zio del Manzoni, “a voler trovarne il fondo, o non se ne viene a capo, o vengon fuori cent’altri imbrogli. Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire”.
E Bergoglio lo sa benissimo, tanto che nel 2022 cambia di nuovo idea, dicendo che “casomai dovesse dimettersi “non resterebbe in Vaticano né tornerebbe in Argentina. Ma “forse” potrebbe pensare alla Basilica di San Giovanni in Laterano, sede del Vescovo di Roma, preferendo essere considerato semplice “Vescovo emerito di Roma” piuttosto che Papa emerito.
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Prove tecniche per un Conclave
Il “deplorevole chiacchiericcio” racconta che nel frattempo (alla faccia dello Spirito Santo) si starebbe formando una base di convergenza per l’elezione di un “Papa moderato” nel prossimo Conclave, rendendo meno estemporanea la recente affermazione di Gaenswein (“credo che non pochi cardinali avrebbero vissuto bene se Angelo Scola fosse stato Pontefice“).
Non fosse per quell’ “impertinente” di Cionci e del suo “Codice Ratzinger”, la parola d’ordine iniziale sarebbe quella di minimizzare su quella sottile differenza tra Munus e Ministerium, che – ci si raccomanda – vanno considerati sinonimi.
Ma qui rispunta Gaenswein, che già nel 2016, quando la “magna quaestio” aveva cominciato a “montare”, avvertiva invece: “La parola chiave di quella Dichiarazione è munus petrinum, tradotto – come accade il più delle volte – con “ministero petrino”. E tuttavia, munus, in latino, ha una molteplicità di significati: può voler dire servizio, compito, guida o dono, persino prodigio. Prima e dopo le sue dimissioni Benedetto ha inteso e intende il suo compito come partecipazione a un tale “ministero petrino”. Egli ha lasciato il Soglio pontificio e tuttavia, con il passo dell’11 febbraio 2013, non ha affatto abbandonato questo ministero. Egli ha invece integrato l’ufficio personale con una dimensione collegiale e sinodale, quasi un ministero in comune, come se con questo volesse ribadire ancora una volta l’invito contenuto in quel motto che l’allora Joseph Ratzinger si diede quale arciVescovo di Monaco e Frisinga e che poi ha naturalmente mantenuto quale Vescovo di Roma: “cooperatores veritatis”, che significa appunto “cooperatori della verità”.
Alla luce di ciò, Monsignore nella recentissima intervista alla RAI dimostra che non s’è affatto “svampito”, quando ha detto “abbiamo” (verbo al presente!) 265 Papi”, ignorando Bergoglio che sarebbe il 266^. I Papi infatti sono stati due, ma in realtà uno solo!
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Il Papato non è più un “Ufficio monocratico”, ma “collegiale”
Quello del “ticket Ratzinger-Bergoglio” è infatti – come aveva precisato Gaenswein già nel 2016 – un “Ausnahmepontifikat”, cioè un pontificato di eccezione, ma leggendo con attenzione è il pontificato d’eccezione di Benedetto XVI (non di Bergoglio!): “Dall’11 febbraio 2013 il ministero papale non è più quello di prima. È e rimane il fondamento della Chiesa cattolica; e tuttavia è un fondamento che Benedetto XVI ha profondamente e durevolmente trasformato nel suo pontificato d’eccezione”.
E Bergoglio?
Commentava a suo tempo Antonio Socci: “Siamo di fronte ad una svolta clamorosa che porta di fatto a una radicale mutazione del Papato, il quale sarebbe divenuto un organo collegiale (ma questo è impossibile per la dottrina cattolica). In alternativa questo discorso può portare al riconoscimento della “nullità” della rinuncia di Benedetto XVI. Se ci sono terze ipotesi, io sinceramente non ne vedo”.
Io neppure!
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L’ “ultimo Papa” della profezia di Malachia”?
Per questo sarebbe giusto si aprisse una indagine canonica per accertare quanto è accaduto e dare ai “semplici fedeli” qualche spiegazione plusibile, perchè altrimenti si potrebbe pensare che Benedetto XVI abbia arbitrariamente manomesso l’essenza del Papato, che è di istituzione divina ed è chiaramente definito dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione autentica, sicchè nessun Papa può essere autorizzato a ridefinirlo a capriccio.
Tutto ciò spiegherebbe perchè – nel silenziare il Card. Brandmüller che criticava la sua rinuncia – Ratzinger gli avrebbe rimproverato che a causa della sua presa di distanza dalla figura del “Papa emerito” il suo pontificato “viene svalutato e sciolto nella tristezza per la situazione della Chiesa oggi. Da questa fusione emerge gradualmente un nuovo tipo di agitazione, per il quale il piccolo libro di Fabrizio Grasso, La Rinuncia (Algra Editore, Viagrande / Catania 2017), potrebbe diventare emblematico.
Insomma: come dice il sottotitolo del libro di Fabrizio Grasso, anzichè capire il senso della rinunzia, per Benedetto chi ne fa la critica rischia di far credere che Dio abbia perso e che “le porte degli Inferi” – contrariamente alla promessa di Cristo – avrebbero prevalso”, cioè che, per davvero, la “Chiesa in uscita” è uscita dal Cattolicesimo, come dice il Card. Brandmüller.
Ma sarebbero stati Ratzinger e la sua “rinuncia” l’inizio di tutto ciò?
Nel libro-intervista “Ultime conversazioni” pubblicato da Benedetto XVI con il giornalista Peter Seewald nel 2016, tre anni dopo la sua rinunzia, il giornalista Seewald chiede: «Lei è la fine del vecchio o l’inizio del nuovo?». La sua risposta fu: «Entrambi».
E ancora: “Lei conosce la profezia di Malachia, che nel medioevo compilò una lista di futuri pontefici, prevedendo anche la fine del mondo, o almeno la fine della Chiesa. Secondo tale lista il Papato terminerebbe con il suo pontificato. E se lei fosse effettivamente l’ultimo a rappresentare la figura del Papa come l’abbiamo conosciuto finora?”
Risposta di Benedetto XVI: “Tutto può essere”.
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“Il mistero di iniquità”
Dunque domandiamoci: quella di Benedetto è stata un’azione vile?
O – come ritiene invece il Prof. Agamben – è stato “un atto di coraggio che acquista oggi un senso ed un valore esemplari”, aprendo uno squarcio illuminante sul mistero di iniquità di cui parla San Paolo nella Seconda lettera ai Tessalonicesi?
San Paolo, nella seconda lettera agli abitanti della città di Tessalonica, parlando del “ritorno del Signore” alla fine dei tempi, già quasi due millenni fa profetizzava che “prima dovrà avvenire l’apostasia (cioè il rinnegamento della Fede) e dovrà esser rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio.
E avvertiva: “Il mistero dell’iniquità è gia in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene (in greco il kathèkon). Solo allora sarà rivelato l’empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca … E per questo Dio invia loro una potenza d’inganno, perché essi credano alla menzogna e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all’iniquità”.
Agamben spiega che Ratzinger sarebbe stato in qualche modo influenzato nella propria idea di Chiesa da un teologo dei primi secoli, Ticonio, secondo cui la Chiesa avrebbe in sé due aspetti, uno ‘luminoso’ ed uno ‘oscuro’.
Questi due aspetti, tuttavia, costituiscono il solo e medesimo corpo della Chiesa, e dunque non possono essere separati. “Fusca sum et decora”, dichiara la sposa nel Cantico dei cantici, menzionato da Ticonio: «Fosca io sono e bella».
L’unica sposa di Cristo avrebbe dunque due lati che, però, formando un solo corpo, sono indivisibili.
Alla luce di ciò il gesto di Benedetto XVI viene allora interpretato da Agamben come “evocazione” già dentro il corso della Storia della separazione tra il lato oscuro e quello santo della Chiesa, che avverrà però alla “fine della Storia”, al momento cioè della seconda venuta di Cristo.
Pertanto la rinuncia di Benedetto, lungi dall’essere un atto di viltà, sarebbe invece prova di un coraggio, che acquista oggi un senso e un valore esemplari, perchè mostrerebbe la presenza dell’Anticristo nel corpo di Cristo, sicchè solo rendendosi consapevole della propria natura bipartita la Chiesa deve da subito esercitare autenticamente il proprio ruolo: “Non è possibile – scrive Agamben – che la Chiesa sopravviva, se rimanda passivamente alla fine dei tempi la soluzione del conflitto che ne dilania il “corpo bipartito”.
La rinuncia, dunque, in questa prospettiva rimanda ad una grande discessio (=separazione) della Chiesa decora dalla Chiesa fusca, svelando il grande Mistaro di iniquità di cui parla San Paolo.
E tuttavia Benedetto XVI sa che tale Mistero di iniquità, per poter essere svelato necessita che “sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene (in greco il kathèkon).”
Vi è chi ha identificato il kathèkon nel potere politico, ma anche chi lo ha identificato nella Chiesa.
Togliersi di mezzo per consentire la grande discessio?
Forse per questo Benedetto XVI avrebbe preso l’iniziativa della rinuncia?
Scrive Agamben che la grande discessio, cioè la grande separazione tra la “Chiesa fusca” e la Chiesa decora” “non è qualcosa di lontano e separato, da porsi alla fine dei tempi, ma qualcosa che deve orientare qui ed ora la condotta di ogni cristiano e, in primo luogo del Pontefice… Non è possibile che la Chiesa sopravviva, se rimanda passivamente alla fine dei tempi la soluzione del conflitto che ne dilania il “corpo bipartito”.
Naturalmente ben pochi capiscono che questi argomenti sono la “metafisica dei salotti” ove si decidono le “politiche vere”, ove vibra profonda ed oscura la “potenza d’inganno” di cui parla San Paolo e ovviamente ormai nessuno più ricorda quel libro di Massimo Cacciari, che titolava appunto “Il potere che frena”, ancora ovviamente edito da Adelphi, letto da pochi, capito da ancora meno.
https://st.ilsole24ore.com/art/cultura/2013-03-29/potere-frena-relazione-teologia-123209.shtml
Risalendo dagli abissi della “metafisica del male” e del sottile linguaggio iniziatico, ognuno può invece facilmente capire che l’ipotesi di accelerare la separazione della Chiesa decora dalla Chiesa fusca non è in fondo troppo lontana dalla narrazione del Codice Ratzinger, secondo cui con un disegno preordinato (prima che per via profetica e provvidenziale)
Ratzinger avrebbe predisposto la rinuncia, in maniera da “scismare” i credenti dai non credenti.
Domando: non è che l’ostinato silenzio della gerarchia sulla “magna quaestio” induce la gente a credere che, magari semplificando un po’ rispetto ad Agamben e nulla o quasi capendo di Cacciari, alla fin fine in qualche modo quell’”impertinente” di Cionci si rende comprensibile e potrebbe perfino avere ragione?
Così parrebbe, dato che nel frattempo il ”Codice Ratzinger” vola e “l’Innominabile” riempie bocciofile, palestre e sale convegni persino con due conferenze al giorno.
Alla faccia del “conte-zio”…