Questa, però, è la regola generale che vale per i debiti del contribuente accesi direttamente nei confronti delle amministrazioni centrali. Ma la storia cambia se i debiti risultano contratti con le amministrazioni locali, caso in cui il legislatore ha previsto regole diverse. Innanzitutto, per i debiti nei confronti dei Comuni per Imu, Tari e altri tributi locali lo stralcio si applica solo ad interessi e sanzioni, ma non alla quota dell’omesso versamento dell’imposta – che resterebbe così integralmente in piedi. Ancora, nel caso di multe per violazione del Codice della strada, che sono debiti sempre di competenza dei Comuni, lo stralcio riguarda solo la quota di interessi. Eppure la medesima Legge di Bilancio ha stabilito una certa autonomia per i Comuni, che avrebbero potuto (non dovuto) decidere se applicare o meno il beneficio per i debiti di propria competenza tramite specifica comunicazione all’agente di riscossione centrale entro la fine di gennaio 2023, data poi slittata di due mesi. Alcuni Comuni, però, hanno ritenuto di non dover deliberare nulla entro quella data, né di essere tenuti a comunicare alcunché all’agente di riscossione, e i dubbi emersi in fase decisionale sono stati innumerevoli, tant’è vero che la fatidica data è stata procrastinata al 31 marzo. La ratio di questa inadempienza, che ha tutti i toni di una ribellione nei riguardi dell’amministrazione centrale, sta nel fatto che questi Comuni hanno affidato la riscossione dei propri crediti ad agenti di riscossione privati, e non all’Agenzia delle Entrate nazionale.
Sul sito web del Comune di Cremona, ad esempio, nella sezione “riscossione tributi e tasse” si legge: Per un’opportuna informazione ai cittadini, si informa che il Comune di Cremona, come altri Comuni, non rientra in questa fattispecie, in quanto ha affidato da tempo l’attività di riscossione coattiva dei propri crediti ad un concessionario privato, anziché all’Agenzia nazionale della riscossione (già Equitalia), concessionario pubblico. Questa condizione, stante l’attuale norma di legge, non consente ai debitori del Comune di Cremona di beneficiare dello stralcio e della rottamazione previsti.
Il dilemma nasce da una dubbia interpretazione della Legge di bilancio 2023, che al comma 227 dell’articolo 1 riporta testualmente: “per gli importi risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 dagli enti diversi dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali, l’annullamento automatico di cui al comma 222 opera limitatamente alle somme dovute“. Quindi la norma parla di agenti della riscossione e non dell’Agente nazionale della riscossione. E questo sembrerebbe comprendere nell’obbligo di delibera anche i Comuni che hanno affidato la riscossione dei propri crediti ad un concessionario privato. Sarebbe stato quantomeno opportuno un chiarimento ufficiale e sistematico a tal riguardo, da parte del legislatore e/o dell’Amministrazione centrale, ma nulla di ciò è avvenuto. Anzi, la vaghezza normativa originale sembra finanche desiderata.
Sappiamo che di norma la procedura di riscossione, quando non è svolta dagli stessi uffici accertatori, è affidata ad un’apposita struttura organizzativa denominata “Servizio di riscossione dei tributi”. Si tratta di un servizio costituito da un ufficio centrale, denominato “servizio centrale“, e da uffici periferici (gli agenti della riscossione, appunto). In ogni specifico ambito territoriale il servizio di “agente della riscossione” è affidato in concessione amministrativa. Ne risulta, dunque, che il concessionario della riscossione è un privato concessionario di un pubblico servizio.
Ogni concessionario ha compiti ben precisi cui assolvere: provvede alla riscossione sia delle entrate iscritte a ruolo che dei versamenti diretti, promuove l’esecuzione forzata delle somme iscritte a ruolo, gestisce sgravi e rimborsi e può anche svolgere i compiti del tesoriere degli enti locali.
Tra lo Stato e il concessionario c’è un rapporto contrattuale, stipulato a seguito di un’asta pubblica cui possono partecipare solo determinati soggetti (aziende ed istituti di credito, casse rurali ed artigiane). Questi soggetti privati abilitati, che devono anche essere in possesso dei requisiti previsti per l’iscrizione all’Albo appositamente istituito nel 1997 (D.Lgs. 446/97 – Art. 53, comma 1) non sono in alcun modo titolari dei crediti da riscuotere, ma ne sono gli incaricati della riscossione: ne consegue che tutte le controversie sui crediti da riscuotere non vanno promosse nei confronti del concessionario madell’ente impositore (ad eccezione dell’azione per risarcimento danni). Come se ciò non fosse abbastanza difficoltoso da comprendere per l’uomo della strada, và pure rimarcato che i concessionari abilitati alla riscossione sono figure ben distinte dalle agenzie private che si occupano di quell’attività tanto invisa ai più: il recupero crediti. Come troppo spesso accade nel nostro ordinamento, anche in questo settore il quadro giuridico di riferimento è affetto da scarsa chiarezza ed evidenti contraddizioni. Eppure la differenza parte dalla definizione degli stessi soggetti in questione: da una parte, l’attività di recupero stragiudiziale dei crediti, o semplicemente di “recupero crediti”, è esercitata da soggetti in possesso di apposita licenza istituita dall’art. 115 del TULPS (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza); dall’altra, invece, i concessionari della riscossione sono abilitati a svolgere l’attività di recupero “coatta” dell’insoluto in virtù dell’iscrizione all’Albo di cui al già richiamato D.Lgs. 446/97. E i controlli sui concessionari abilitati non si fermano qui: una commissione congiunta di funzionari del MInistero delle Finanze e delegati dell’ANCI e dell’UPI è incaricata di eseguire periodicamente molteplici verifiche non solo sull’operato dei concessionari ma anche sulla permanenza delle loro caratteristiche atte a confermarli soggetti abilitati nel tempo.
Ecco dunque il primo paradosso: i concessionari della riscossione, abilitati allo svolgimento di un’attività sulla base di requisiti ben più stringenti di quelli richiesti al fine del semplice rilascio della licenza di recupero crediti, non potrebbero effettuare il recupero di natura stragiudiziale, pur configurandosi quest’ultimo come incombenza ricompresa nel più ampio processo di riscossione lato sensu. Questo, fermandosi ad un’interpretazione letterale della norma.