Premessa
Ci troviamo in una situazione, dal punto di vista giudiziario, di stallo. Strano? Eh già. L’annunciata Commissione parlamentare d’inchiesta, dopo il passaggio alla Camera si è arenata in Senato in attesa di capire le intenzioni della procura che, a sua volta sarà in attesa di un “qualcosa” ma cosa non si sa.
L’unica cosa certa è che dal 15 maggio la procura di Roma che collabora con la Santa sede non ha ancora chiamato per porgli qualche domandina il mitico Uomo del Piffero. Si, mitico perché quando il mitomane non è pubblicamente sbugiardato e conseguentemente deposto, rischia di divenire “Mito”.
Del resto, a quarant’anni da giorno della scomparsa, di Emanuela non si sa nulla e le ipotesi che dapprima era variegate e a tratti decisamente naif, sono oggi misero vessillo di fazioni. Fazioni che grossolanamente ruotano non intorno alla figura di Emanuela, ma del fratello: Pro e Contro Pietro Orlandi.
Divisione che rischia di sfociare in scontro sociale, lotta di classe: se stai con Orlandi sei tendenzialmente di sinistra ma mal informato, ignorantotto, boccalone e grossolano. Se stai contro Orlandi hai la media dell’iscrizione a 7 albi professionali, hai la puzza sotto il naso, guardi gli altri dall’alto al basso e tendenzialmente sei di centro-destra. Situazione singolare dal momento che va a ribaltare la norma dove i menosi e saccentoni sono quelli di sinistra e, alla buona, suono quelli di destra. Siamo passati dal “Caso” Orlandi, all’epopea. Finiremo nei moti rivoluzionari.
Fortuna che a pacificare il Paese, a riportare equilibrio nella galassia ci sia lui. Sì lui, sì ancora una volta lui, il Pifferaio magico. L’Uomo del Piffero, quello che passa, le persone muoiono o spariscono. E pensare che basterebbe “non farlo passare, tenerlo fermo e buono”. Come? Forse interrogando e inchiodandolo una volta per tutte alle sue responsabilità. È un’arma di distruzione di massa; sarebbe da regalare all’Ucraina.
E invece no. Ce lo teniamo perché ci serve. Accetti è come la pizza: li mette d’accordo tutti: MFA è solo un mitomane, un millantatore e un pedofilo: su questo sono tutti, ma proprio tutti d’accordo. Con l’Uomo del Piffero non si limita a sconvolgere la vita a persone innocenti, ma stravolge anche le leggi della fisica e della probabilità.
Per MFA le regole non valgono. Negli anni, grazie alle procure, abbiamo stabilito che tre indizi non fanno una prova e, soprattutto, che la detenzione sempiterna è sostituita da una pacca sulla spalla. Intorno al fotografo dai mille e uno travestimenti ruota da anni una sfacciata ipocrisia e un uniformante e mainstream fenomeno di omologazione alla posizione della maggioranza. Spesso più per sentito dire e comodità che non per personale riflessione.
Ci si trova così che dal Mitomane si pretendano risposte:
“Come sapevi delle etichette e delle marche dei capi d’abbigliamento indossati da Mirella Gregori il giorno della scomparsa?”
“Come sapevi del trafugamento della bara di Catherine Skerl?”
“Perchè Alessia Rosati aveva in rubrica un numero riconducibile a lui?”
“Come poteva essere “l’americano Due” se non ha nulla a che fare con il Caso Orlandi?
La lista degli interrogativi, lo sappiamo, è molto più lunga. Mi chiedo quindi: perché mai si presti attenzione a ciò che dice e si pretende che relazioni un mitomane millantatore? Concordiamo sul fatto che sia un nonsense affermare con certezza che costui è un impostore salvo poi pretendere dallo stesso delle verità? Delle due una.
Personalmente non credo a una parola delle motivazioni che fino oggi ha addotto, anche perché lo stesso Accetti ha ammesso che, per una serie di non meglio comprensibili e contorte necessità”, ha spesso fornito informazioni mendaci; tuttavia non dubito minimamente del suo coinvolgimento.
Altrettanto singolare è notare come negli anni, e qui sotto ne darò dimostrazione, si sia dato credito alle più strampalate ipotesi e ai più grotteschi tentativi di depistaggio, ma mai nessuno, procure in primis, ha messo in essere una serie di atteggiamenti volti a sbugiardare e a mettere fuori gioco definitivamente un individuo ritenuto mitomane.
Guardiamo insieme questo articolo del 1990. Sono passati sette anni dalla scomparsa della cittadina vaticana e gli italiani, a quella data, non sanno chi sia l’Uomo del Piffero e continueranno a non saperlo per diversi anni ancora.
Leggiamo nell’articolo dell’Unità “Pensavamo fosse un professionista, un attore capace di Impersonare senza errori diversi personaggi […] invece ha lasciato tracce importantissime per l’esito dell’inchiesta […]
L’«americano«. comunque, non sarebbe americano, ma vivrebbe nella capitale e in diverse occasioni avrebbe recitato le parti di «Pierluigi» (il primo a telefonare 72 ore dopo il sequestro), di «Mario» […]. Tutte persone che tenevano contatti con l’avvocato Egidio. Inoltre, differentemente da quanto veniva ipotizzato in precedenza, non si tratterebbe di un uomo di mezza età ma di una persona abbastanza giovane. «Potrebbe trattarsi di un imitatore- Ha dichiarato l’avvocato Egidio- ma è da immaginare che per l’errore commesso, chi lo aveva usato non sia stato, ne sia, abbastanza contento». […] una presunta infiltrazione di uomini al servizio dei sequestratori negli uffici del Quirinale. Gli investigatori avrebbero capito chi poteva essere il «basista», l’uomo che informava la banda su ciò che faceva il Presidente Pertini”. […] anche un’altra «novità» sull’inchiesta per il sequestro di Mirella Gregori. Polizia e carabinieri hanno identificata una donna che vive a Roma e che oggi dovrebbe avere tra i venti e i trenta anni. E’ la persona che trascorse gli ultimi venti minuti prima del sequestro. Secondo l’avvocato Egidio questa donna saprebbe anche particolari di rilevanza sulla sorte di Mirella.
I riscontri del Pifferaio
- Questo articolo, a cui ne sono seguiti solo un paio, in date susseguenti, è presto caduto nel dimenticatoio, con le sue informazioni. Questo breve trafiletto ci informa inizialmente sul telefonista che, a causa di un errore, sarebbe stato individuato. Quale sia l’errore l’avvocato Egidio, avvedutamente, non lo disse. Chiederlo a MFA potrebbe rientrare in quella breve, ma essenziale lista, di punti da chiarire. Chiariti questi punti si potrà stabilire dopo oltre 10 anni, se l’Uomo del Piffero ebbe o meno un ruolo in tutta questa vicenda.
- Nell’articolo l’avvocato Egidio, mostrando una certa sicurezza, fornisce elementi precisi che, si evince, sono il prodotto di un’indagine e non una boutade. Non credo di essere l’unica a rintracciare nel profilo indicato il sig. Accetti che, nel 1983, aveva 28 anni. Che fine ha fatto questa indagine? Quali altre informazioni conteneva? Voglio sperare, insieme a voi, che si tratti di indagini sbagliate, che comunque non sono una buona notizia. Trovo curioso che in ogni caso l’Uomo del Piffero venga individuato già all’epoca. L’articolo riportato è del 1990; immaginando che sia il frutto di un’indagine durata almeno un paio d’anni, Accetti è studiato fin dai primi anni dal sequestro.
- Si parla ancora di intercettazioni telefoniche. In un articolo del Corriere della Sera, sempre del 1990, si afferma che venne fatta una perizia che, evidentemente riconobbe i telefonisti come riconducibili ad un’unica persona, a partire da Pierluigi. Ciò significa che MFA avrebbe eseguito la prima telefonata a 72 ore dalla scomparsa. Per quanto abile inventore di enigmi ed intrighi, 4 giorni non sembrano sufficienti a imbastire un racconto ex novo come quello che farà oltre vent’anni dopo.
- L’avvocato Egidio riporta che sono emerse evidenze che indicherebbero la presenza di un basista all’interno del Quirinale, in grado di seguire e quindi riportare i movimenti del Presidente socialista. Al Quirinale sono presenti le molteplici figure che vanno a comporre la “squadra” del Presidente, dagli incarichi più politici e di rappresentanza a quelli meramente di etichetta. Tra queste figure non ho potuto far a meno di notare che, proprio durante la presidenza Pertini, al Quirinale, rivestiva un incarico di tutto rispetto C. S., un pariolino, fratello di G. S., che scelse invece la strada della delinquenza. G.S agiva nell’orbita della Banda della Magliana, commettend
o un rilevante numero di orribili atti di criminalità. G. S. è amico di Marco accetti, tanto da frequentare abitualmente le case di MFA, in particolare quella di Ostia.
- Nelle battute finali dell’articolo viene evidenziato il ruolo di un personaggio femminile con il quale Mirella avrebbe trascorso gli ultimi 15-20 minuti precedenti il rapimento e che sarebbe a conoscenza del destino della giovane. Oggi, dopo l’archiviazione e a conoscenza del “documento del Sisde” rintracciato dal giornalista Nelli, sappiamo che la ragazza in questione è Sonia de Vito. Su quest’ultima informazione rivelata dall’articolo, abbiamo dunque un riscontro oggettivo. Tale riscontro andrebbe anche ad avvalorare le parole di MFA che ha con frequenza ribadito che ha sempre agito coadiuvato da un personaggio femminile.
Opinioni personali
Partirò dalla mia personale opinione sulla questione Pifferaio. MFA è generalmente indicato come mitomane, al punto che, non escludo in futuro si utilizzerà il suo cognome come sinonimo di millantatore. La definizione di mitomane quale persona fabulatrice con tendenza ad ingrandire le cose e/o a addurre informazioni mendaci, effettivamente, sembra calzargli. Dopotutto è lo stesso Accetti ad affermare di aver in più occasioni mentito per motivi di utilità contingente. Ecco quest’ultimo aspetto entra un po’ in collisione con la definizione, dal momento che solitamente il mitomane non ammette di aver mentito.
Nell’epopea Orlandi di mitomani ne abbiamo incontrati parecchi ma quest’accanimento si è rivolto con particolare intensità solo nei confronti di Accetti. Questo atteggiamento, soprattutto da parte degli organi inquirenti che, forti di questa convinzione invece di sbugiardarlo definitivamente mettendolo in tribuna, gli sfuggono, desta qualche sospetto.
La probabilità che il telefonista sia effettivamente lui non è da escludere, anche se fu il primo, al suo debutto, a parlare di una “squadra” di telefonisti. Sono anche convinta che MFA ebbe un suo ruolo in questa faccenda, molto più marginale di quanto sostenga, almeno quanto riguarda il caso Orlandi.
MFA pur smussando qualche angolo e rivedendo alcune palesi boiate che sparò all’epoca, mantiene la sua notoria e ribadita posizione. Posizione che, come ho chiaramente comunicato al diretto interessato, non mi convince e non ritengo veritiera. Veritiera mi pare invece l’indicazione suggerita nell’articolo da Egidio, che inquadra il “telefonista” come al servizio di qualcuno o qualcosa d’altro. L’immediata necessità di depistare, da parte dei reali responsabili del sequestro Orlandi, sono indice della portata deleteria che detta sparizione avrebbe comportato.
Confutazioni
- Se non ho elementi per escludere un diretto coinvolgimento del Pifferaio, nella sparizione di Mirella Gregori, quanto riguarda Emanuela Orlandi, il sequestro effettivo non fu opera sua dal momento che MFA ignorava i danni e la necessità imminente di riparazione, documentata in ogni aspetto, della nota BMW verde chiaro. Qualora lo stesso fosse in grado di fornire altrettanta documentazione comprovante il suo possesso della medesima automobile, sarò pronta a rivedere questa mia affermazione.
- L’avvocato Egidio afferma nell’articolo che gli errori commessi avevano scontentato i reali responsabili. Questo conferma un’implicazione di MFA (non nell’atto effettivo del sequestro) nella faccenda, che allontana notevolmente da uno scenario da “guerra fredda”. Sarebbe illuminante capire se la storia riportata sia frutto dell’ingegno del fotografo, che porta in sè sentimenti di rivalsa nei confronti di chi, dopo suddetti errori, lo ha probabilmente estromesso dal processo in corso, oppure sia la messa in scena di un copione e di un ruolo depistante stabilito a monte.
- Un coinvolgimento diretto di MFA nel caso Orlandi, sarebbe possibile unicamente qualora si perseguisse la pista di quella che io definisco la “gang del bosco”, ma sarebbe meglio definire della Pineta di Ostia. Luogo in cui, tra l’altro, probabilmente a conoscenza di certe voci decisamente poco edificanti, si recò Pietro Orlandi in cerca della sorella. A domanda circa la sua appartenenza a questo gruppo la risposta non è pervenuta.
- Accetti si è in tempi recenti contraddetto circa la questione delle presenze femminili che, però, a me è stata confermata. Sono convinta che si sia sempre o quasi effettivamente servito di donne per raggiungere i suoi personali obiettivi. Sarebbe interessante capire perché in quell’intervista, e solo in quella, smentì se stesso.
Conclusioni
Per quanto affascinante possa essere un’indagine, non è questa la missione del giornalista. Nel caso in questione le troppe zone d’ombre e i troppi nodi mai sciolti hanno spalancato le porte a pressoché infinite ipotesi e congetture, comprese le mie, che non sono riuscite e non possono riuscire, per giusta e effettiva impossibilità di sostituirsi agli organi inquirenti, a trovare verità e a rendere giustizia alle vittime e pace alle rispettive famiglie.
Il mondo del giornalismo dovrebbe unirsi, al di là di simpatie ed antipatie, convinzioni personali e soluzioni tranchant, nell’invitare chi di dovere a fare chiarezza rispetto tutta una serie di interrogativi che, oggettivamente, sono stati per superficialità o per ufficiosa volontà, soprasseduti. Questo è un invito valido per moltissimi casi irrisolti del nostro paese ma lo è particolarmente per questo che, probabilmente senza una reale motivazione, è finito per coinvolgere troppe giovani vittime e troppe famiglie.
Breve rassegna evolutiva del Caso Orlandi-Gregori
Lascio qualche articolo per rifrescare la memoria.. Non necessitano di commenti.
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