Premessa
Il caso di Mirella Gregori e il caso Emanuela Orlandi una cosa in comune ce l’hanno; più ci si addentra, più si acquisiscono informazioni, documenti e testimonianze, più il quadro si complica e la soluzione appare sempre più lontana. Ogni elemento che fa da collante tra le due ragazze è il frutto dell’occasione, di una ghiotta occasione: dalla boutade giornalistica dell’ormai noto reportage di Panorama “Emanuela e le altre”, si è passati al depistaggio.
Uno, anzi diversi depistaggi, ognuno prodotto e alimentato dalla parte interessata e alcuni da abili approfittatori, che nella tragedia di queste ragazze e delle loro famiglie, hanno individuato possibilità di vantaggio particolare per sé stessi o per la propria fazione, non curandosi in nessun modo di contribuire ad allontanare gli organi inquirenti dalla giusta via.
Nel caso di Mirella Gregori al danno bisogna unire la beffa. Non solo depistaggi e delatori hanno confuso le carte in tavola, ma la superiorità mediatica che da subito registrò il caso Orlandi determinò il sostanziale abbandono delle indagini, interessandosi alla ragazza solo laddove poteva risultare funzionale e propedeutica alle indagini su Emanuela Orlandi.
Emblematica, come già sottolineato, l’attribuzione all’oggetto della nota del Sisde, riguardante Mirella Gregori, del titolo “scomparsa di Emanuela Orlandi”. La nota, che ad oggi è forse l’elemento più rilevante al fine della riapertura delle indagini, il giornalista Tommaso Nelli la acquisisce indagando su Emanuela Orlandi, tra la documentazione di Emanuela Orlandi.
Se è indubbio che del senno di poi son piene le fosse, credo di aver tuttavia ragione di affermare che se le indagini fossero state fatte, e se si fosse proceduto trattando le scomparse delle due ragazze separatamente, almeno il caso Mirella Gregori si sarebbe risolto. Ciò avrebbe probabilmente avvantaggiato anche l’affare Orlandi.
Non tutto è perduto, forse. Oggettivamente i quarant’anni trascorsi pesano come macigni: molti attori, che avrebbero potuto essere importanti testimoni, sono passati a miglior vita, altri non hanno più ricordi nitidi e materiale e documentazione mai acquisita è andata definitivamente perduta. In ogni caso l’unica possibilità è ripartire dall’inizio, svolgendo oggi le indagini che avrebbero dovuto fare ieri.
Cosa sappiamo di Mirella
Partirò tracciando, per quanto nelle mie possibilità, un quadro della ragazza. Mirella è una ragazzina che ad ottobre avrebbe compiuto sedici anni; vive in via Nomentana n.91 con il padre Paolo, la madre Maria Vittoria e la sorella di due anni maggiore, Maria Antonietta. Paolo e Vittoria sono diventati genitori in tarda età, mantengono la famiglia con gli sforzi al bar di proprietà, sito in via Volturno e oggi gestito dalla figlia maggiore.
Il sogno di Paolo e Vittoria è acquistare un appartamento in prossimità della loro attività: non sono più giovani e la gestione del bar è un’attività faticosa e spossante; avvicinarsi per evitare il tragitto, per i genitori di Mirella e Antonietta, sarebbe di grande sollievo. I Gregori sono una famiglia molto unita e tra le poche deposizioni raccolte, risalta un dialogo che Maria Vittoria ricorda di aver intrattenuto con Mirella, a proposito della casa.
I Gregori avevano appena ristrutturato il loro bar, che non lavorava moltissimo, e non si trovavano nella possibilità di acquistare un appartamento. Mirella, riscontrando il dispiacere della madre, pochi giorni prima della scomparsa le disse “Non ti preoccupare per la casa mamma, ai soldi ci penso io!”; e lo disse seriamente al punto che la madre ne rimase sbigottita, la incalzò di domande e concluse con un “ma che sei matta? Cosa dici?”. La conversazione non andò oltre e nessuno ha mai saputo dove e come, una ragazzina di quindici anni e mezzo, era convinta di poter trovare tutti quei soldi. Sicuramente non con la sponsorizzazione dei cosmetici e dei profumi della Avon.
Dalle testimonianze di tutti coloro che hanno conosciuto Mirella, si può al contempo affermare che, d’altra parte, non avrebbe mai accettato un lavoro illegale o “poco raccomandabile”. Un altro inganno?
Come già ricordato nel primo articolo, Mirella frequentava l’istituto Turistico. A scuola otteneva buoni risultati, quell’anno l’avrebbe concluso con la media del 7; studiava steno e dattilografia, materie che le permisero di inventare un suo “linguaggio segreto”. Nei suoi diari riportava tutto, soprattutto le sue torme sentimentali. Alessandro, colui che si rivelerà la trappola di Mirella, compare molto frequentemente, per lui si era presa una bella cotta l’ultimo anno delle scuole medie.
Una cotta che, come sempre a quell’età, non era dissolta ma si era ridimensionata al punto di permetterle l’inizio di una relazione con Massimo, un ragazzo che viveva a Centocelle, dove avrebbe dovuto recarsi quel pomeriggio, insieme all’amica Giovanna, per acquistare il regalo per mamma Vittoria, l’indomani era l’8 maggio.
La Avon
Nei primi anni 80 la ditta di vendita a catalogo di profumi e cosmetici Avon, in Italia attiva sin dal 1955, è in piena espansione. Molte ragazze rispondono alle inserzioni sui giornali per diventare promotrici. Con poca fatica possono racimolare qualche spicciolo.
E’ il caso di Maria Antonietta Gregori e di molte altre; anche la sorella Mirella e la sua amica Sonia promuovono questi prodotti ma ancora oggi, Antonietta non sa come la sorella iniziò questa attività: non fu lei a coinvolgerla e non ricorda che la sorella abbia mai accennato ad un colloquio o ad un’inserzione.
La promozione di prodotti Avon, nel 1983, rimanda istintivamente ad Emanuela Orlandi, e alla telefonata che fece alla sorella Federica dalla cabina telefonica della scuola di musica, il 22 giugno, giorno della sua scomparsa. Sappiamo che anche Catherine Skerl e almeno altre 5 ragazze trovate morte assassinate tra il 1982 e il 1984, lavoravano per l’azienda di cosmetici Avon.
Emanuela Orlandi fu avvicinata da un uomo che le propose una cifra spropositata per l’epoca, 380.000 lire, per sponsorizzare i prodotti Avon, durante una sfilata delle Sorelle Fontana. Dalle indagini compiute all’epoca, emerse che l’azienda non reclutava le promotrici per strada e, nel suo organico, non erano presenti uomini.
A questo dato, già emblematico di per sé, si aggiunge che sia l’azienda di cosmesi, sia l’atelier delle Sorelle Fontana, ricevettero in quel periodo un inusuale numero di lamentele da parte di giovani ragazze che cercavano spiegazioni circa il lavoro che era stato loro promesso.
Questi fatti possono essere motivati unicamente con la figura di un individuo gentile e affabulante che ha allettato e convinto le ragazze a seguirlo. All’epoca, in seguito ad una denuncia di Katty Skerl, fu individuato un giovane biondo sulla trentina, che motivò con la timidezza e l’incapacità di approcciare le ragazze, i suoi tentativi di avvicinamento con la scusa della promozione di prodotti Avon.
Le forze dell’ordine accettarono la spiegazione senza approfondire con indagini, i comportamenti di questo giovane rampollo, figlio di un importante imprenditore che aveva a sua disposizione un notevole numero di appartamenti e locali, situati proprio nelle zone in cui si sono verificati i crimini.
Sulla pista “dell’uomo della Ferrari”, torneremo quando affronterò gli omicidi di dodici donne avvenuti a cavallo di quegli anni e le cui morti, che suggeriscono un medesimo modus operandi, suggeriscono la possibilità di un assassino seriale.
Il tempo libero
Mirella è una ragazza molto sveglia e socievole, ha molti amici. Rispetto alle sue coetanee sembra più grande e matura. Esce spesso con la sorella maggiore Antonietta e il suo fidanzato Filippo Mercurio, oggi suo marito. Con la sorella il rapporto è ottimo, tra di loro quella complicità che solo due sorelle vicine d’età riescono a comprendere. Per Filippo Mirella è una sorella e, a qualsiasi bizza, non riesce a dirle di no. Come dimostra la foto sul tetto della macchina nuova, a cui Filippo tiene moltissimo.
Nel tempo libero Mirella esce con gli amici e spesso si sposta a Centocelle, dove vive il suo ragazzo Massimo. La compagnia di Mirella è composta prevalentemente da ragazzi più grandi, alcuni hanno già la macchina. Le piace ballare, frequenta in particolar modo la discoteca Viking Club, (classica discoteca della domenica pomeriggio) ai tempi al n.5 di via Sirte, nel quartiere africano. Il club non gode di grande fama per via degli individui che spesso ci bazzicano. Testimonianze riportano che molti “predatori” puntavano questo club frequentato prevalentemente da ragazzi molto giovani.
E’ bene sottolineare che il Viking Club distava circa 200m. dall’appartamento di Marco Fassoni Accetti, l’uomo la cui voce, secondo gli studi, corrisponderebbe a quella del telefonista che, chiamando al bar dei Gregori, descriverà in maniera dettagliata l‘abbigliamento della ragazza.
La migliore amica di Mirella è Sonia De Vito, più vecchia di un anno Con i De Vito, i titolari del Bar Italia, situato proprio accanto al palazzo di Mirella, i Gregori hanno un rapporto di amicizia, esteso anche al loro storico barista, Giuseppe Calì. Mirella è assidua frequentatrice del Bar Italia, qui trascorre molto del suo tempo in compagnia di Sonia
Negli ultimi tempi le due amiche si intrattengono spesso a parlare con un uomo più adulto di cui, ancora oggi non se ne conosce l’identità. In un primo momento si pensò ad un gendarme della Guardia vaticana, che la signora Vittoria credette di riconoscere, Raoul Bonarelli, pista difficilmente perseguibile per smentita della stessa Arzenton.
Fabio Rossi, già maresciallo dei carabinieri a Roma e autore del volume Mirella Gregori, la ragazza inghiottita dalla terra, Runa Editrice, uscito lo scorso 23 marzo, mi ha confermato che, nonostante l’ultimo posto in cui Mirella fu vista viva era proprio il Bar Italia, i titolari, i signori De Vito, non furono mai ascoltati dagli inquirenti.
I Gregori incontrano Giovanni Paolo II
Il 15 dicembre del 1985 la signora Maria Vittoria Arzenton e il marito Paolo, si recano presso la parrocchia del quartiere, S. Giuseppe al Nomentano, frequentata dalla famiglia, per assistere alla visita papale. In quell’occasione il loro parroco era riuscito ad organizzare un incontro tra i genitori di Mirella e il Pontefice, dopo la celebrazione ufficiale.
I Gregori per l’udienza con il Papa non avrebbero dovuto attraversare chiesa ma recarsi al piano superiore, passando dalla sacrestia. Durante il tragitto la signora Maria Vittoria incrocia un addetto alla sicurezza papale; le è bastato uno sguardo per riconoscere in quell’uomo, Raoul Bonarelli, Sovrastante Maggiore della Gendarmeria vaticana, l’uomo “misterioso” con cui erano solite intrattenersi Mirella e Sonia.
La signora Arzenton comunicherà alla procura il fatto, e lo avvalorerà, asserendo di aver notato un evidente disagio nello sguardo dell’uomo quando lei ha posato lo sguardo su di lui: “Si trattava della stessa persona che avevo visto intrattenersi in un bar vicino la nostra abitazione, assieme a Sonia De Vito, la figlia dei gestori, e a mia figlia Mirella. Nel vedermi ebbe come un moto di stizza e di imbarazzo […]. Nei giorni di chiusura settimanale del bar dei De Vico, l’uomo era solito sedere ad altro bar, ubicato all’incrocio tra via Nomentana e via Reggio Emilia”.
Passeranno 8 anni prima che la signora Vittoria, ormai malata terminale, avrà la possibilità di fare il “confronto all’americana”. Nel mese di luglio 1993, la madre di Mirella si era presentata alla giudice Adele Rando per tracciare l’identikit dell’uomo “misterioso” che frequentava il Bar Italia dei De Vito. Verrà descritto come un uomo dalla pelle olivastra, il viso ovale e capelli scuri e corti; una descrizione che ricorda quella tracciata dall’amico di Emanuela Orlandi, ma che non combacia con l’identikit realizzato sulla base delle dichiarazioni del barista del Bar Italia, Giuseppe Calì, detto “Marco”.
Raoul Bonarelli
13 ottobre del 1993 la signora Vittoria non si sentirà più così certa e concluderà l’incontro presso la Procura di Roma, ritirando l’accusa e asserendo che non è Bonarelli l’uomo che si recava con assiduità a chiacchierare con sua figlia Mirella al Bar Italia.
La figlia maggiore, Maria Antonietta, ancora oggi nutre dei dubbi rispetto la deposizione della madre a seguito del confronto, dal momento che si era sempre detta sicura. Antonietta teme che la mamma possa aver temuto per l’incolumità dell’unica figlia rimastale o che possa aver subito pressioni. Allo stato attuale non ci sono elementi che possano avvalorare questa ipotesi.
Il numero due della sicurezza vaticana, Raoul Bonarelli, nel 1993 era l’unico indagato per depistaggio rispetto alla sparizione della cittadina vaticana Emanuela Orlandi, ma non era mai stato interrogato. Al giudice Rando pareva plausibile la conoscenza tra Mirella e Raoul Bonarelli dal momento che lo stesso abitava in via Alessandria, a pochi metri da via Nomentana, e più persone lo riconobbero come avventore del bar dei De Vito, frequentazione sempre negata dal gendarme vaticano. Sarebbe stato interessante avere qualche conferma a proposito, dai De Vito, ma sappiamo che non furono mai convocati.
Le intercettazioni della Direzione centrale della Polizia Criminale
Le utenze di Bonarelli, furono messe sotto controllo e, un’intercettazione successiva al confronto del 13 ottobre, intercorsa lo stesso giorno tra lui e la moglie risulta meritevole di attenzione. Nel corso di una telefonata, riferendosi alla ritrattazione della signora Arzenton, Angela, la moglie del gendarme, chiede al marito ulteriori spiegazioni:
B.“Mi ha fatto l’interrogatorio, era più che altro per la cosa, per quell’altra, non la Orlandi, come si chiama quell’altra?….”
A. “E che vuole quell’altra?”
B. “E perché è stata ricevuta quando il Papa è andato in parrocchia là e la mamma ha riconosciuto…. E’ uscito l’altra volta sul giornale….di uno della sicurezza del Papa, quello che aveva adescato la figlia al bar, pensa un po’, e questi sono risaliti a me. Non so come sono risaliti a me, si vede che sono andati in parrocchia ad interrogare il parroco, il parroco deve aver fatto il nome mio, perché non lo so io come il Giudice Istruttore è risalito a me.”
A. “Ma te l’ho detto che ti trovavi in mezzo ai guai…” B. “Io ho dato la mia versione, poi è una donna, capirai…non era convinta, lo sai che ha organizzato? Delle dichiarazioni non era convinta ha organizzato il confronto con la mamma di cosa, ha fatto venire le mamma di questa….come si chiama….poraccia, non la Orlandi, quell’altra come si chiama..?” A. “Ah…non lo so.
R. “Ah….ha fatto venire la mamma di quell’altra che stava male, con la scorta, con tutto, alle due….. all’una e tre quarti per fare il confronto, quella come mi ha visto l’ha detto “No, non è lui“, pensa un po’, che io non lo so, mi devo trovare in ste’ situazioni…”
A. “Ma allora il giudice e dopo…..?”
R. “Allora mi ha fatto “Ah! bene allora può andare” Io ho fatto “Ah bè meno male, posso andare…” Allora s’è subito cosato, pensa un po’… ma gli è andata bene tutta la dichiarazione mia che ho fatto, che mi ricordavo tutto, che in pratica io sapevo già da una settimana prima che c’era sta famiglia, quindi se ero io, non ci sarei andato li alla visita no…? Sono entrato in camera quando ha ricevuto il Papa… cioè il giudice doveva dedurre da queste dichiarazioni, se ero io… non te l’avrei saltata quella visita no..? sapevo che c’era quella che mi riconosceva “
A. “Ma a quella come gli è venuto in mente di fare il nome tuo però, scusami”
B. “No, al nome mio non lo so come sono risaliti? A. “Cioè non è mica da starci tranquilli no?”
B. “No, il nome mio non si sa chi l’ha fatto, cioè loro non so come sono risaliti a me, perché ero uno della sicurezza che abita li, e quindi gli ho detto al signor giudice “secondo lei io che abito li da 50 anni, che mi conoscono tutti, mi metto a sedere ad un bar a 50 metri da casa per anda’ a rimorchiare le ragazzette, che possono essere mia figlia, perché qualcuno mi può vedere, mi può vedere mia moglie, mi può vedere qualche negoziante che mi possono vedere i miei figli, dico io, se dovevo fare una cosa del genere andavo in un quartiere dall’altra parte di Roma….”, allora si cosava, quando gli dicevo così perché non glielo avresti detto?”
A. “Ma io non credo che di questa adesso cosi da restare immune!”
B. “No, è finito è finito”
A. “No, non è finito, no ma lei non è da restare immune.”
B. “Lei chi?”
A. “La giudice!”
B. “Ah: e vabbè….quella ha fatto le indagini, non… vabbè poi no parliamo con comodo, ora vado a mangiare qualcosa, anche perché mi sono snervato, mi sono mantenuto calmissimo, che a momenti ne la inchiappetto….quando mi ha detto “allora può andare a questo punto!”
A. “non gli hai chiesto….. è finita?”
B. “finite, si, è finita, scusa, abbiamo fatto un…” [continua]
La telefonata prosegue e nell’ultima parte Bonarelli fa riferimento a 3-4 persone che, non meglio definite, apostrofa come “praticoni“. A chi si riferisce? Cosa intende con “praticoni”? Questa è un’altra questione che non sarà mai approfondita e il gendarme vaticano non verrà più convocato dalla Procura.
A. “E chi è questo della sicurezza del Papa che quella ha riconosciuto?”
B. “Questa vagheggia, povera donna.”
A. “E povera donna un cacchio!”
B. “Per me è una… per me è uno di quelli che stava lì intorno quel periodo, uno di quelli che collaborava pure…ce ne ha avuti tre o quattro di questi praticoni il prete, o no?!”
A. “Mah! Io non le, so queste cose.”
B. “Vabbè, dopo parliamo con comodo.. o comunque sono entrati li da tuo figlio mi pare.. che figli di buona donna.”
A. “Mhm, senti, l’hai raccontato a Ce..” [incomprensibile]
B. “No.. non c’è, ora quando scendo… e poi una domanda marginale infine sulla Orlandi, ma quello già lo sapevo. Però era tutto puntato su quest’altra… vabbè, ci vediamo stasera, tutto bene.”
A. “Mo, non va bene per niente, dove abita questa?”
R. “Manda giù il magone, vabbè” [continua con saluti e altre affermazioni irrilevanti rispetto le indagini]
Le preoccupazioni del Vaticano
Di particolare interesse risultano le preoccupazioni che si verificano all’interno degli organi di sorveglianza vaticani, rispetto la convocazione del gendarme Bonarelli, da parte della procura italiana e del giudice Adele Rando. Il giorno precedente il suddetto colloquio, il 12 ottobre 1993, Raoul Bonarelli viene intercettato alle ore 19.53 mentre si interfaccia con il proprio superiore, che chiama “capo”, all’epoca a sovraintendere la gendarmeria vaticana c’era Camillo Cibin. Nel confronto telefonico il superiore intima a Bonarelli di non rivelare quanto stia accadendo all’interno delle mura Leonine in seguito alla scomparsa di Emanuela Orlandi.
Capo: “Pronto!..».
Bonarelli: “Dica…”.
Capo: “Che sai di Orlandi? Niente!…Noi non sappiamo niente!…Sappiamo dai giornali, dalle notizie che sono state portate fuori!…Del fatto che è venuto fuori di competenza…dell’ordine italiano.”
Bonarelli: “Ah, cosa devo dire?.”
Capo: “Ebbè, eh… Che ne sappiamo noi? Se tu dici: “Io non ho mai indagato”…Non dirlo che è andato alla Segreteria di Stato.”
Bonarelli: “No, no… No, io all’interno non devo dire niente. Niente.”
Capo: “All’esterno però… che è stata la magistratura vaticana…se ne interessa la magistratura vaticana…tra di loro questo qua…Niente dici, quello che sai te niente!.”
Bonarelli: “Cioè se mi dicono però se sono dipendente vaticano, che mansioni svolgo, non lo so, mi dovranno identificare, lo sapranno chi sono….”
Capo: “Eh, sapranno, perché che fai, fai servizio e turni e sicurezza della Città del Vaticano, tutto qua.”
Bonarelli: “Eh va bene, allora domani mattina vado a fare questa testimonianza, poi vengo, vero?.”
Capo: “Poi vieni.”
Raul Bonarelli fu l’unico indagato per depistaggio e, se si esclude il colloquio del 13 ottobre, in cui negò ogni coinvolgimento con il caso Gregori e successivamente con il caso Orlandi, non venne mai interrogato. Il giudice Adele Rando istituì una rogatoria internazionale al fine di interrogare alcuni alti prelati ed esponenti vaticani. In quell’occasione la Santa Sede si diede disponibile solo a condizione che i convocati venissero interrogati da un inquirente interno e non da un magistrato italiano. La reticenza vaticana fu denunciata anche dal procuratore Pirisi.
Nel frattempo lo stato del Vaticano premia Bonarelli con la cittadinanza vaticana, che ne impedisce quindi l’estradizione e premia il gendarme con incarichi di rilievo. Nel 1997 Raoul Bonarelli verrà premiato anche dallo Stato Italiano che gli conferisce l’onorificenza di Commendatore della Repubblica italiana e, nel 2007 quella di Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Mirella e “il Biondo”
La sparizione di Mirella Gregori è legata alla mancata identificazione dell’uomo che frequentava il Bar Italia e di colui che, fingendosi Alessandro, le ha suonato il citofono il 7 maggio 1983. A questi due individui, bisogna aggiungere un terzo uomo misterioso, che alcune testimonianze affermano di aver visto in compagnia della ragazza nei mesi immediatamente precedenti la sua scomparsa. Anche di tale uomo, indicato come un giovanotto sulla trentina alto e biondo, non è stata individuata l’identità.
Nella prima deposizione che venne rilasciata a piazzale Clodio il 23 maggio 1983, la signora Maria Vittoria Arzenton, riporta fedelmente l’episodio dei due “brutti ceffi” che la sera prima della scomparsa erano entrati nel loro locale di via Volturno. Dal verbale risulta che all’ingresso dei due uomini – uno moro con i capelli lisci ed un alto e biondo, più giovane-, Mirella che stava avendo una discussione, definita “baruffa” con il fidanzatino Massimo, si allontanò dal locale per farvi ritorno solo successivamente.
L’interrogativo che oggi ci si pone è se la ragazza abbandonò il bar a causa della lite con Massimo, oppure perché riconobbe o conosceva i due estranei sopraggiunti alla festicciola. Mi pongo questa domanda perché, sempre da quanto è riportato dalla signora Vittoria, poco tempo prima della scomparsa della figlia, gli stessi individui pare si siano recati all’Istituto Tecnico Padre Reginaldo Giuliani di via dell’Olmata, in cerca di Mirella.
E’ quanto fu riferito alla signora Arzenton dalla bidella della scuola. Il 2 maggio 1983, cinque giorni prima che la ragazza sparisse, alle h. 15.00 due ragazzi entrarono nell’Istituto commerciale in cerca della “sorella”. La bidella non fu in grado di riferire alla signora Vittoria se stessero effettivamente cercando Mirella, dal momento che non ricordava il cognome che i due individui le indicarono. Ricordava però la classe: II° B, quella della Gregori.
Incongruenze e dubbi
Ipotizzando che i due individui fossero gli stessi che attenzionarono Mirella la sera dell’inaugurazione, possiamo desumere che la ragazza li conoscesse? Mi sembra improbabile che due estranei si arrischino all’interno di una scuola, dove ci sono docenti e personale di segreteria che avrebbe potuto mandare a chiamare la ragazza che, a quel punto poteva sbugiardarli, segnalandoli come molestatori e sconosciuti.
A sostegno dell’ipotesi di un’effettiva conoscenza tra la ragazza e almeno uno dei due individui, c’è la segnalazione di una conoscente alla signora Vittoria. Nei giorni immediatamente successivi la scomparsa della ragazza, un’amica della madre di Mirella riferisce alla stessa che qualche mese prima aveva visto la ragazza in compagnia di un giovane alto, con i capelli ricci e biondi. Questo fatto è riportato dalla signora Arzenton al giudice Mattarella il 13 ottobre del 1986.
Secondo l’informatrice Mirella sarebbe stata vista passeggiare con il suddetto ragazzo in via del Macao, non lontana da casa Gregori.
Lo sconosciuto e le amiche di Mirella
Agli atti, notizie sul “biondo sconosciuto”, sono pervenute unicamente da Sonia de Vito. La De Vito riportò agli inquirenti che Mirella le fece la confidenza di essere stata avvicinata da un giovanotto disposto ad offrirle un passaggio.
Il fatto si sarebbe verificato all’uscita da scuola, pochi mesi prima della scomparsa. Mirella aveva confidato all’amica di essere stata avvicinata da un ragazzo più grande, di bell’aspetto e dai modi garbati. Il giovane biondo le avrebbe offerto un passaggio che Mirella decise di rifiutare.
Un’altra amica e compagna di scuola, Simona De Santo, riporta di aver personalmente visto, e in più occasioni, una macchina scura che dava l’impressione di seguirle. Ovviamente ai tempi non era apparso chiaro che l’obiettivo fosse Mirella perché il fatto era stato notato quando erano in gruppo.
Della macchina scura Simona ha un ricordo nitido e ha ribadito più volte che ne parlò subito alle forze dell’ordine. L’automobile in questione la vide più volte e sempre all’uscita di scuola, ricorda che almeno in due occasioni fosse ferma all’angolo di via dell’Olmata, dove davanti ad un negozio di oggettistica sacra, c’era la fermata del pullman.
La stessa auto Simona ricorda di averla vista un giorno, sempre all’uscita dalla scuola. In quell’occasione le due ragazze decisero di percorrere a piedi qualche centinaia di metri per prendere l’autobus alla fermata sita davanti alla Upim. La macchina le seguì fino a quel punto, nella zona di Santa Maria Maggiore.
Simona, che si è gentilmente prestata ad una chiacchierata con la nostra testata, ha evidenziato un quadro generale della Roma degli anni 80, abbastanza eloquente. Ricorda che non erano rari gli adescatori e i molestatori, che si aggiravano in ogni quartiere della città. La stazione di Roma Termini, non lontana dalla scuola e dall’attività di sua madre e dei Gregori, era frequentata in particolar modo da tossicodipendenti, “in quegli anni la droga che andava per la maggiore e che ha mietuto più vittime era indubbiamente l’eroina“.
Persone più adulte che seguivano o importunavano ragazzine giovani come loro non erano poi infrequenti “noi ci spaventavamo quando qualcuno ci inseguiva o infastidiva, ma mai avrei pensato che qualcuno avesse messo gli occhi proprio su Mirella, nel senso che stessero pianificando quello che poi è avvenuto”
Ho ovviamente chiesto a Simona se avesse un ricordo di un ragazzo biondo. La signora De Santo non ricorda nessun trentenne biondo nè vide mai Mirella in compagnia di un ragazzo più grande camminare per le vie del quartiere.
Mirella raccontata da un’amica
Qualche dettaglio in più sulla persona di Mirella mi è stato fornito da Simona de Santo che, a distanza di quarant’anni parla dell’amica perduta con sincero affetto e commozione “Io la adoravo, era una ragazza speciale, bella come una Madonna e gentile, educata, una persona per bene, a modo. Ricordo che in quel periodo cantavamo sempre la canzone della Parisi, Cicale… Non riesco più a sentirla”
Simona riferisce che non saprebbe dire quando conobbe Mirella perché non erano solamente compagne di scuola: “mia madre aveva il negozio di parrucchiera a due vie di distanza dal bar dei Gregori, Mirella mi pare di averla sempre conosciuta“. La loro amicizia si era intensificata frequentando il medesimo Istituto commerciale, in via dell’Olmata. Per raggiungere la scuola prendevano lo stesso autobus.
La loro frequentazione extra-scolastica era abbastanza limitata, Simona ha avuto un padre molto severo che non le permetteva uscite frequenti; la sua attività prevalente si svolgeva presso i Padri salesiani. Dedicava il suo tempo libero alle attività proposte dalla parrocchia che non era la medesima di Mirella, di conseguenza non ha saputo raccontare quali fossero le frequentazioni quotidiane dell’amica.
Anche alla mia domanda rispetto la discoteca Viking e le uscite pomeridiane di Mirella, Simona non ha potuto fornirmi informazioni. La donna racconta che nelle vicinanze della sua residenza e del bar dei Gregori, c’era il Cinema Teatro Volturno, dedicato ai film a luci rosse e agli spogliarelli per militari. Questo cinema attirava elementi di infima levatura e ciò contribuì a decretare il suo rientro categorico a casa alle ore 18.00 e il divieto di frequentare discoteche del pomeriggio.
Simona non è mai stata a conoscenza delle attività di Mirella durante il tempo libero “sicuramente era un po’ più libera di me perché aveva una sorella più grande, ed era fidanzata. La presenza di un ragazzo su cui fare affidamento è stata certamente una garanzia per i Gregori, io ero sola e i cugini più grandi vivevano in Calabria, quindi non potevo uscire“.
I verbali perduti
Un certo sgomento rispetto la documentazione su Mirella Gregori, è emerso dalle parole di Simona De Santo la cui deposizione, rilasciata alle forze dell’ordine pochi giorni dopo la scomparsa, è andata perduta: “non c’erano i computer, ricordo che la mia testimonianza venne trascritta a macchina su un foglio volante, sono quasi certa sia andato perduto. Poi c’è da dire che all’inizio pensavano si trattasse di un allontanamento volontario… non hanno indagato molto fino al momento in cui è scomparsa anche Emanuela Orlandi e, beh il resto della storia si conosce“.
Lo smarrimento del verbale di Simona è confermato anche dall’ex carabiniere Fabio Rossi, autore del sopracitato volume dedicato a Mirella Gregori il quale ha incontrato non poche difficoltà nel reperire la documentazione inerente al caso.
Questo episodio ci porta ad interrogarci su quante siano effettivamente le testimonianze rilasciate nell’immediatezza del fatto e l’unica speranza rimasta sta nel confidare che, come per l’intercettazione del Sisde al Bar Italia, possano essere finite all’interno dei faldoni di Emanuela Orlandi.
A questo proposito mi permetto di fare un appello a coloro che, effettuando ricerche tra la documentazione di Emanuela, dovessero imbattersi in fascicoli o “fogli volanti” riguardanti Mirella Gregori, come fece a suo tempo Tommaso Nelli, li segnalino in modo che possano ritornare alla corretta destinazione.
E’ davvero inutile rimarcare l’assoluta importanza di queste testimonianza e il motivo è ben espresso dalla rabbia di Simona :”Quando mi sono state fatte le domande da Rossi, per il suo libro, chiesi se fosse possibile avere una copia o rileggere la mia deposizione dell’epoca. Non ricordo cosa dissi, sono passati quarant’anni, ma sono certa che raccontai molto di più. Ai tempi mi sentivo spaventata e sballottata, fu un evento che mi segnò profondamente ma oggi, da adulta, credo che rileggendolo mi si potrebbero sbloccare dei ricordi e forse, nel mio piccolo potrei essere utile. Come ti ho detto uscivo poco quindi non sono sicuramente io l’elemento decisivo ma mi piacerebbe poter fare di più e quel verbale, in questo senso, sarebbe stato un valido alleato“.
Punti forti e Punti deboli delle ipotesi
Qualche riflessione provo ad azzardarla: alla luce di quanto indagato, confermo la probabile estraneità del Vaticano dalla questione Gregori, e ribadisco l’inconciliabilità delle due vicende. Provo ora a passare in rassegna le diverse ipotesi, sottolineando che di ipotesi si tratta:
1) Pista Vaticana – è la meno probabile perché sorretta unicamente dal riconoscimento di una persona, Bonarelli, poi smentita. L’ambiente vaticano non rientra tra le zone frequentate da Mirella. L’oratorio è il solo ambiente che ha un collegamento con l’ambito religioso. Rispetto a questa realtà, l’unico dato disponibile è un generico “tre o quattro praticoni del prete“, acquisito dall’intercettazione del gendarme vaticano.
Sicuramente la mancanza di un approfondimento circa questa affermazione, lascia degli interrogativi rispetto a chi si riferisse Bonarelli. Intorno alla figura del sacerdote possono orbitare più tipologie di persone, non necessariamente in abito talare. Indubbiamente è un ambiente che si dimostra valido terreno di caccia per un eventuale pedofilo.
2) Alessandro – Questa è una pista che sarebbe importante ripercorrere. Nonostante è improbabile che un ragazzino di 15 anni abbia orchestrato un crimine così strutturato, non si può del tutto escludere che abbia svolto il ruolo dell’esca, forse anche inconsapevolmente.
Per quanto l’alibi sia stato indicato come attendibile, sappiamo che il giovane viene ascoltato diversi mesi dopo il fatto, e i suoi resoconti presentano contraddizioni e imprecisioni. Attualmente risulta difficoltoso mettersi in contatto con Alessandro De Luca che, a quanto pare, vive fuori dai confini nazionali. Ne sapremo di più dalla Commissione parlamentare d’inchiesta.
A propendere per l’ipotesi che ritiene che fu Alessandro de Luca al campanello, è il debole che Mirella aveva per il ragazzo. Questo elemento, unito alla particolarità della “erre moscia” rende improbabile l’idea che la Gregori sia stata così facilmente ingannata.
3) Il Serial Killer – E’ un’ipotesi che potrebbe funzionare solo nell’ottica che lo stesso sia riuscito, nei mesi precedenti, a instaurare con Mirella un’amicizia o comunque un rapporto di fiducia. In questo caso avrebbe suonato lui al citofono e in quell’occasione avrebbe riportato alla ragazza le presenza di Sandro a Porta Pia. A favore di questa ipotesi sono la zona e l’orario della scomparsa, simile a quello delle donne uccise di cui si ha notizia, nonché il lavoro come promotrice Avon che la accomunerebbe ad almeno cinque vittime.
A screditare questa soluzione il fatto che, ad orbitare intorno a Mirella gli sconosciuti sono due, un biondo e un moro dalla pelle olivastra, riconosciuto e notato da più persone. Prendere in considerazione la via dell’assassino seriale comporta, quasi necessariamente, accettare l’ipotesi sempre negata dalla famiglia, che la ragazza abbia mentito.
A questa ipotesi si può aggiungere la variante che vorrebbe due adescatori, attivi in maniera sistematica nella capitale, conosciuti anche da ambienti legati alla criminalità che, a seconda della necessità, potrebbero anche fungere da collaboratori. A minare questa opzione è la rarità della casistica: il serial killer agisce da solo o coadiuvato da un’altra persona che gli è sottoposta.
4) La criminalità – Mirella potrebbe essere stata soppressa perché testimone scomoda di qualche attività illecita come, ad esempio, lo spaccio di droga. In questo caso ipotizzo una certa complicità del Bar Italia. A favore di questa ipotesi l’atteggiamento della famiglia De Vito, le “ingenti disponibilità” a disposizione della famiglia che, dal momento che sono state elemento di indagine, immagino rappresentino un’anomalia rispetto alla media delle entrate che la famiglia registrava normalmente. Le cifre extra potrebbero essere state corrisposte in cambio del silenzio.
Le brutte e note frequentazioni, e gli orari che si protraevano fino a tarda notte andrebbero a sostegno di questa idea. Un altro elemento a supporto è la presenza di un agente del Sisde nel locale. Perché si trovava in quel bar? Il fatto che nella zona siano presenti molte ambasciate è davvero la risposta più valida? Sonia e la ragazza della profumeria stanno discutendo un tema molto delicato, presumo dunque che lo facessero a bassa voce. Come ha potuto sentire? Il locale era in realtà sottoposto a particolare attenzione e dunque vi erano stati sistemate cimici e microfoni?
5) Accetti – Questo aspetto, lo tratterò nell’articolo dedicato all’uomo.
Conclusioni
Come anticipato, più acquisiamo informazioni, più incontriamo difficoltà nel comprendere come possano essersi svolti gli eventi quel dannato 7 maggio 1983.
Da questo momento in poi non sarà possibile, dal punto di vista della narrazione, non intrecciare le vicende di Mirella ed Emanuela, pur consapevoli che si tratta di due storie diverse che avranno due sviluppi e, se mai ci si arriverà, due soluzioni differenti.
Le telefonate, gli appelli del Pontefice e del Presidente della Repubblica contribuiranno a legare indissolubilmente le due storie.
Io non posso che raccontarle per come i fatti e le contingenze le caratterizzarono, sforzandomi il più possibile di mantenere sempre l’individualità delle due esistenze e delle due persone.
to be continued…
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3 commenti
Lo svolgimento dei fatti è sviluppato in maniera molto interessante. Devo dire che c’è anche un pò della letteratura da “giallo” che mantiene desto l’interesse del lettore, che altrimenti perderebbe la pazienza di continuare nel dedalo di tante informazioni e situazioni disparate.
Purtroppo sono passati troppi anni per poter trovare riscontri nei testimoni diretti o di circostanza rispetto alle scomparse di queste ragazze e si è verificato ciò che in Italia sembra inevitabile in tutti i grandi scandali, soprattutto per il periodo politicamente torbido che passa sotto il generico “anni di piombo”: un “insabbiamento” progressivo delle indagini non solo giudiziarie, ma anche giornalistiche.
Le avevo promesso di seguire attentamente la serie delle sue pubblicazioni sui dossier Gregori / Orlandi, qundi non mi smentisco nel riportare qui la mia opinione. E anche il suggerimento di un altro -anche se controverso- metodo di ricerca.
Punto principale: non so perché lei tiene per buona “la probabile estraneità del Vaticano dalla questione Gregori”. Secondo me, invece, la “pista vaticana” accomuna i due casi. Particolarmente importante è l’ intercettazione da parte della Direzione centrale della Polizia Criminale sulla guardia vaticana Raoul Bonarelli, giustamente “l’unico indagato per depistaggio”, intercettazione che lei ha intelligentemente sottolineato in certi passaggi. Mi ricollego a quel “ce ne ha avuti tre o quattro di questi praticoni, il prete” che è un passaggio-chiave. Nel suo discorso al telefono con la moglie, il Bonarelli appare molto innervosito e preoccupato, ciò non “quadra” con la completa estraneità ai fatti o ignoranza delle responsabilità interne al Vaticano. La moglie Angela gli chiede “senti, l’hai raccontato a Ce..” [l’audio diviene incomprensibile – e chissà come mai!]. Possibile (per me certo) il riferimento a CIBIN, il sovraintendente alla Gendarmeria del Vaticano, in relazione diretta con il cardinale Paul Marcinkus e parte della sua “rete speciale operativa”. Poi c’è la paura del riconoscimento visivo da parte della madre di Mirella, la signora Arzenton. Altro elemento che lei doveva meglio sottolineare, è quella raccomandazione del “Capo” del Bonarelli, cioè Camillo Cibin, che gli dice “…Non dirlo che è andato alla Segreteria di Stato.”
Ma chi era andato alla Segreteria di Stato… forse a riferire sul rapimento Orlandi? E che riguardava anche il collegamento al caso Gregori. Sì, perchè il collegamento è facile a individuare nella torbida rete di relazioni mafiose e criminali (Banda della Magliana, in particolare) che il “monsignore della CIA” aveva a Roma, e le depravazioni sessuali, nonché “le orgie” commesse in Vaticano, come il padre esorcista Gabriele Amorth rivelò al quotidiano La Stampa per poi passare sui media internazionali nel 2012.
Il Telegraph (Londra) pubblicava il 22 maggio 2012, con la firma del reporter Nick Squires : Emanuela Orlandi “was kidnapped for sex parties for Vatican police” (Emanuela Orlandi fu rapita per le orgie sessuali della gendarmeria Vaticana). Ex texto (sottotitoli dall’inglese) : “Un’adolescente la cui scomparsa a Roma è rimasta un mistero per 30 anni è stata rapita per feste sessuali da una banda che coinvolgeva la polizia vaticana e diplomatici stranieri, ha affermato il principale esorcista della Chiesa cattolica romana”.
Nero su bianco, gli inglesi sanno essere molto chiari. Ricercando, l’articolo originale pubblicato da La Stampa sotto la firma di Giacomo Galeazzi è comunque ancora in Rete globale, “Orlandi, fu un delitto a sfondo sessuale”, riporta le dichiarazioni agghiaccianti del padre esorcista Amorth: «Come dichiarato anche da monsignor Simeone Duca, archivista vaticano, venivano organizzati festini nei quali era coinvolto come “reclutatore di ragazze” anche un gendarme della Santa Sede.». E ancora: «Nel giro era coinvolto anche personale diplomatico di un’ambasciata straniera presso la Santa Sede». Convinciamoci dunque che la guardia vaticana Bonarelli SAPEVA se non tutto, già troppo per “il Capo” che doveva letteralemente teleguidare le sue successive dicharazioni al giudice inquirente.
FATTI di per sè gravissimi e chiaramente imbarazzanti per il Vaticano, ma non solo. Infatti padre Amorth, vorrebbe ridurre tutto l’affare Orlandi (di conseguenza il legame investigativo con il caso Gregori) a questa rete di depravazione e abusi sessuali interna al Vaticano, quasi a scostare dall’attenzione pubblica gli altri nessi geopolitici internazionali. Ma certo non c’era solo la rete mafiosa-criminale della depravazione sessuale, dietro il monsignore della CIA, Marcinkus.
C’era -come le avevo scritto in un commento precedente sull’affare Orlandi – il progetto di un “golpe ecclesiale” che doveva eliminare Papa Wojtyla e fare gestire in tal modo tutto la Chiesa cattolica romana dal super-agente CIA, monsignor Marcinkus, primo candidato al Pontificato, appoggiandosi alla Loggia P2 e dunque alla massima infiltrazione nelle istituzioni dello Stato giammai avvenuta nella storia della Repubblica italiana.
Non per altro, penso, così si spiega la reticenza vaticana a collaborare alla rogatoria gudiziaria internazionale , reticenza denunciata anche dal procuratore Pirisi. “Non per altro” si spiega come lo stato Vaticano premia Raoul Bonarelli con incarichi di rilievo et con la CITTADINANZA vaticana, che ne impedisce l’estradizione -come lei a intelligentemente messo in rilievo- e come in seguito anche lo Stato Italiano che gli conferisca l’onorificenza di Commendatore della Repubblica italiana e il “premio” finale di Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana. In sintesi, un esempio del trionfo politico di Vaticano e Massoneria “oscurata” (si veda anche il libro-inchiesta di Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti, “Vaticano massone”, edizioni Piemme ,2003).
Le opportunità politico-finanziarie che il più svergognato progetto criminale dei poteri oscuri massonici operanti dietro la CIA, poteva aprire negli scenari strategici internazionali sono ovvie. Alcuni di questi scenari sono stati delineati nel libro-inchiesta di Roumiana Ougartchinka, in lingua francese, “La Vérité sur l’attentat contre Jean-Paul II ” (“La verità sull’attentato contro Giovanni Paolo II”, Presses de la Renaissance, 2007).
Ultimo spunto di riflessione sull’intreccio delle tragedie umane di queste giovani ragazze, martirizzate in un complotto abominevole all’interno dei poteri forti in Vaticano, forse l’unico modo -anche se controverso riguardo all’impenetrabilità scientifica dei fenomeni di questo tipo- di fare luce sui due casi ORLANDI / GREGORI è il ricorso ai medium o “sensitivi” di rinomata e accertata capacità.
Non vi è assolutamente nulla da perdere e tutto eventualmente da guadagnare per la verità, in casi remoti come nei casi più vicini nel tempo. Prendiamo ad esempio Germano Sparagnini, il medium “contadino” che ha effettivamente partecipato alle ricerche nel caso “Yara” e nel caso “Elena Ceste”. Un altro esempio è l’ex giornalista tedesco Michael Schneider, “il chiaroveggente di Siegburg, -così riporta il Corriere della Sera- una cittadina tedesca poco distante da Bonn, è un ex giornalista laureato in scienze politiche di 50 anni che, da quindici, affianca nell’ombra e a titolo gratuito gli inquirenti di tutta Europa per la risoluzione dei casi di cronaca più complessi.” E riesce, laddove tutte le indagini si bloccano.
Penso veramente che dovremmo tentare anche per Emanuela e Mirella che ci riportano a un periodo così importante per capire la storia del nostro Paese.
Cordialemente
L’estraneità del Vaticano anche no.
Il fatto che una povera donna malata terminale abbia smentito di aver riconosciuto in Bonarelli l’uomo del bar Italia tanti anni prima che parlava con Mirella e Sonia dimostra solo una cosa: che la malattia terminale rende le persone inattendibili per motivi di lucidità mentale e anche per timori che sopravvengono in prossimità della morte.
Le intercettazioni su Bonarelli sono a mio avviso decisive. Aveva molto da nascondere e lo palesa al telefono con la moglie.
Il caso Gregori, così come i casi Garramon, Orlandi, Skerl e tanti altri mostra delle lacune investigative talmente spaventose che se fossero state condotte con rigore e oserei dire in buona fede, avrebbero portato alla risoluzione dei casi.
Ma parliamo dei tempi di Calvi, lo IOR, Marcinkus, bande criminali varie che si contendevano Roma e che facevano affari e fungevano da adescatori, depistatori e copertura dei pezzi grossi e “insospettabili” oltre che intoccabili.
Cose che accadono anche oggi con metodi ovviamente diversi e più “sofisticati” grazie alla tecnologia.
Tanti, troppi personaggi sono stati liberi di scorrazzare per Roma e fare i loro porci comodi perché tornavano utili anche a certi ambienti investigativi…
Non credo invece assolutamente alle teorie sui serial killer: i casi che ho studiato io in cui il cadavere viene ritrovato ci dicono che sono vere e proprie esecuzioni premeditate il cui movente non è né istintivo né derivante da improvvisa pulsione ad uccidere.
Sono veri e propri sacrifici umani. E sono tutti collegati tra loro in tutta Italia, Firenze inclusa che nello stesso periodo era insanguinata tanto quanto Roma.
E i rimandi tra le due realtà sono tantissimi, a chi studia esoterismo e coglie ogni dettaglio.
La invito a leggere i mio articoli “Le conclusioni di una storica” e “I Vinti”. Mi piacerebbe conoscere il suo punto di vista, i suoi commenti sono molto interessanti.