Premessa
Questo scritto non mira ad indicare una soluzione ma a contribuirvi, presentando uno spaccato della società in cui sono maturate le scomparse di Emanuela Orlandi, Mirella Gregori e molte altre ragazze. È la stessa società dove trovano la morte Katty Skerl e almeno altre 10 donne.
La questione della “Tratta delle bianche” in parte affrontata nell’articolo Emanuela e Mirella, ma le altre?, è da me oggi ripresa, essendo stata una “pista”, ai tempi della scomparsa di Mirella Gregori e Emanuela Orlandi, molto attenzionata dalle forze dell’ordine.
Sono convinta che vi sia un sostanziale fraintendimento ed erronea interpretazione della definizione di “Tratta delle bianche” che, ritengo, sia preferibile indicare con “Tratta”. Il rischio è cadere nella forviante idea che con Tratta delle bianche si vada ad indicare l’opposto corrispettivo della “Tratta delle nere”, ovvero il movimento di massa, strettamente legato al fenomeno dello schiavismo, che caratterizzò le sorti di molte donne africane a partire dal XVI secolo e le condusse, in maniera prevalente, nei territori del sud degli U.S.A, ingrossando le fila dei lavoratori agricoli e domestici che esercitavano in condizione di schiavitù.
Nonostante siano note e documentate le frequenti violenze, anche sessuali di cui furono vittime le schiave africane, il fenomeno della “tratta delle nere” era un sistema organizzato rivolto ad una dimensione di sfruttamento della manodopera servile e non un processo strettamente sessuale come avviene nella nostra contemporaneità, dove le organizzazioni criminali intercettano o attraggono nei paesi occidentali, con fraudolente promesse, donne e bambine -oggi in aumento anche il numero di ragazzini maschi- migranti, destinate al mercato sessuale.
La tratta delle bianche
La “tratta delle bianche”, a meno che non ci si voglia riferire alle giovani donne provenienti dai paesi dell’est europeo, attratte da illusorie garanzie occupazionali, è un fenomeno che non esiste. Così come non è mai esistito, se non per rari episodi, il ratto di giovani donne bianche destinate a mercati africani o mediorientali. Esiste invece il fenomeno della “Tratta”, ossia il criminale commercio di donne e bambine.

Le donne italiane conobbero, in dimensioni assai limitate rispetto alle contemporanee di altre nazionalità, situazioni legate a false promesse lavorative, tradotte poi in inganni che le costringevano al meretricio, durante le grandi migrazioni di fine XIX° e inizio XX°, verso gli Stati Uniti. Questi inganni erano orditi dagli stessi connazionali e, in questo campo bisogna ammettere che gli adescatori e gli sfruttatori italiani seppero distinguersi detenendo spesso, il monopolio del racket nelle neonate comunità d’oltre oceano e nei paesi dell’Europa continentale, soprattutto Germania e Belgio.
La legge Merlin (n. 75 20/02/58), vieta all’istituzione statale e a terze parti di guadagnare dalla prostituzione ed impedisce, non attuando una politica proibizionista, che lo Stato possa legiferare sul corpo delle donne, intervenendo in quella sfera privata, che in una democrazia deve rimanere affrancata dalla dimensione pubblica e collettiva, non mancarono espedienti e occasioni per la criminalità, soprattutto quella organizzata, di attuare espedienti che hanno elevato a sistema il mercato illecito della prostituzione oggi, nei fatti edificato in un racket organizzato con dovizia.
Chi vi scrive è convinta che la Legge Merlin, che non colpevolizza né interferisce nella sfera privata, resti la miglior soluzione per un paese libero e democratico. La drammatica piaga dello sfruttamento della prostituzione, anche minorile, sia risolvibile ma mediante una dura e mirata guerra alla criminalità, incanalando le risorse nella lotta alle mafie, oggi anche straniere, attive sul territorio nazionale.
Il colpo di coda degli anni 80
Oggi non abbiamo la percezione della quantità di donne e bambine coinvolte nella tratta, per il semplice fatto che coinvolge straniere, prevalentemente clandestine. Le vediamo in qualche frame negli hotspot di Lampedusa, per poi perderne per sempre le tracce. Le giovani provenienti dall’Africa sub sahariana, stanno progressivamente sostituendo quelle provenienti dai Balcani e dagli stati dell’est Europa, che hanno rappresentato la maggioranza a partire dagli anni ’90.
Intendiamoci, la prostituzione persiste anche tra le italiane però, siamo prevalentemente davanti a professioniste d’alto bordo, ove il meretricio è prodotto di una scelta indipendente e libera. In ascesa e di indubbia gravità è invece il fenomeno della prostituzione minorile, da parte di giovani adescate in rete o allettate da facili guadagni e regali di lusso, come la cronaca periodicamente ci racconta.
La seconda metà degli anni ’70 e gli anni ’80 registrarono in questo campo, episodi e tendenze estreme, eclatanti, frutto di una miscela esplosiva che nasceva dall’incontro/scontro di elementi eterogenei e contrastanti quali una rinnovata libertà sessuale e dei costumi, una fortissima misoginia esibita da alcune frange della popolazione, l’esaurimento di reali convinzioni politiche alla base della violenza tra fazioni, l’impunità registrata per crimini, in buona parte di natura sessuale, commessi dalle fasce più alte della popolazione politicamente collocate nelle destre estreme, l’irruzione esplicita e ingombrante delle mafie e molto alto.
La misoginia
«Lo stupro è contiguo o intrecciato ad altri atti di violenza, la guerra, la rapina, la vendetta, di cui può rappresentare il culmine, lo scopo iniziale o quello di ripiego, l’accompagnamento, la traslazione, la variante, l’invenzione improvvisa. Se un rapinatore resta a mani vuote, può sempre violentare la padrona di casa. Se la violenta, potrà sempre ucciderla. Se aveva pensato di stuprarla, può rinunciarvi e invece picchiarla fino a farle perdere i sensi. Oppure fare tutte queste cose insieme. Stupro e saccheggio vanno sempre insieme. Quando c’è poco da saccheggiare, si può sempre violentare: il principio dell’appropriazione si applica più o meno nello stesso modo alle cose e agli esseri viventi […]»
Edoardo Albinati, La scuola cattolica, Rizzoli, 2016
Se sei una donna e hai anche un aspetto piacevole, qualsiasi riconoscimento e attenzione potrebbe essere per taluni uomini, unicamente determinato dall’avvenenza; così come, se in una famiglia le faccende di casa sono svolte parimenti da uomo e donna, per molti l’uomo sarà un sottomesso e la donna una strega prevaricatrice. Dietro a questi due comuni esempi, a cui potremmo aggiungerne qualche altro migliaio, si manifesta una mentalità marcatamente maschilista frutto di una società storicamente patriarcale. Soprattutto per noi donne, tutto ciò è irritante ed ingiusto ma la misoginia è altra cosa.
- La misoginia, certamente influenzata da maschilismo e patriarcato è un atteggiamento di profondo odio e disprezzo nei confronti della donna o di alcune tipologie di donna. Quando si presenta nella sua forma più esasperata, può degenerare in patologia, tant’è che in molti assassini ed assassini seriali, si riscontra questo carattere.
Senza addentrarci in un settore molto complesso, che prevede una trattazione dettagliata ed articolata, in relazione al periodo di nostro interesse, è sul destino delle ragazze di cui non abbiamo più avuto notizia, che vorrebbe muoversi la mia riflessione.
La misoginia è sublimata nel 1975 dal noto Massacro del Circeo, ma potrebbe essere carattere non secondario anche nel violentissimo omicidio di Catherine Skerl, che si conclude con la pressione del viso della ragazza in una pozza di fango, presumibilmente esercitata dal piede. Espressione di incommentabile disprezzo.
Che sia reale o meno, l’audio “delle sevizie” rinvenuto in via Della Dataria, è espressione di totale assenza di empatia da parte del mittente che mostra proprietà tipiche del sadismo. Il contenuto, dai tratti marcatamente parafiliaci, diventa emblema di una concezione misogina che, soprattutto all’interno della destra eversiva che, attingendo dagli insegnamenti del loro “maestro” Julius Evola, fa della ferocia del branco una prassi, spalleggiata da una cinematografia che, come trattato, fa strame del concetto stesso di donna, specie nella sua dimensione più libera, indipendente e autodeterminata.
Lo stupro di guerra e stupro fascista
Gli stupri perpetrati sulle donne di uno stato in guerra, sono una costante con origini antichissime. A dispetto di quanto molti ritengono, lo stupro di guerra non nasce da impulsi sessuali o necessità fisiche del soldato, anche nell’antichità, con gli eserciti, nel caravanserraglio, partivano anche le prostitute.
Lo stupro di guerra ha un valore simbolico ed interviene in maniera preponderante nella psicologia degli uomini in battaglia. Nei conflitti lo stupro diviene un’arma di guerra dove la donna è oggettificata e, simbolicamente rappresenta la nazione, la patria. Non a caso queste parole sono declinate al femminile.
«Noi eravamo i primogeniti già infrolliti della nuova cultura effeminata, basata sul desiderio e non più sul sacrificio e la fatica. Alcuni pensarono di reagire con azioni simboliche e violente, credendo che bombe e stupri servissero alla restaurazione di una società ordinata secondo principi virili, una società di nuovo mascolina. Il paradosso vuole che molti di questi fossero i figli più viziati, altro che spartani!»
Edoardo Albinati, La scuola cattolica, Rizzoli, 2016
Lo stupro è stato un mezzo ampiamente utilizzato da fascisti e nazisti per violare e umiliare l’avversario o, come nella loro concezione, il nemico. Nel 1921, il socialista Giacomo Matteotti, che morirà assassinato dalla violenza squadrista il 10 giugno 1924, è rapito a Castel Guglielmo, da un manipolo di camice nere che lo sequestra e lo stupra.
Lo stupro di Matteotti non ha nulla a che vedere con sesso o omosessualità, è un gesto che porta con sé un messaggio suprematista. Lo stupro si erige così ad ideologia.
Un altro stupro di gruppo di marca fascista è quello dell’artista Franca Rame. Lo stupro della Rame è stato pianificato e poi messo in atto, il 9 marzo del 1973, il giorno dopo la Giornata della donna. Quella violenza portava con sé un chiaro messaggio: una punizione per l’ex camerata passato al nemico, Dario Fo, e una lezione che fungesse da monito per tutte quelle donne che parlano di politica, che rivendicano diritti, che parlano di fascismo e resistenza.
“Sfasci” e violenze di gruppo
Le cronache dell’epoca sono ricche di episodi di violenza sessuale esercitata da almeno due persone. Questi non avevano niente a che fare con il sesso, con una sessualità repressa o problemi di impotenza; erano estensione di ciò che dovevano e volevano rappresentare.
«Nello stupro di gruppo c’è solo aggressività e violenza. Mentre in quello individuale, l’aggressore può provare piacere sessuale nel sottomettere la donna, nelle dinamiche di gruppo le sensazioni predominanti sono di brutalità e rabbia. Il piacere sessuale è posto in secondo piano o non trova affatto spazio. La violenza diventa, a tutti gli effetti, come una battuta di caccia»
Susan Brownmiller, Contro la nostra volontà, Bompiani, 1976
Le parole della scrittrice ed attivista Susan Brownmiller, trovano conferma dalla controparte stessa:
«Gli stupri per lungo tempo furono per alcuni di noi una specie di hobby cui ci dedicavamo con una frequenza diciamo settimanale […] I due stupri che mi hanno fatto pagare con qualche mese di gabbio sono solo la punta di un iceberg. In quegli anni, a dire la verità, di sfasci ne commettevamo davvero molti […]»
Ilaria Amenta, Io sono l’uomo nero, Rai Libri, 2023
A parlare, in queste righe, è direttamente il pluriomicida e stupratore seriale Angelo Izzo, nonché noto esponente della destra eversiva romana, presente nella nota lista di Valerio Verbano.
Nell’articolo si riporta uno dei tanti episodi di violenza sessuale subito da inermi ragazze nella capitale romana, per mano di giovani, generalmente benestanti e di bella presenza, che caratterizzarono questi anni di violenza, spesso impunita. Indicativo di questo e di molti episodi speculari è che, anche davanti ad una certa predisposizione della donna ad un’incontro sessuale, questi uomini portano l’esperienza sul piano della violenza e della ferocia. Ciò è indicativo delle motivazioni e delle spinte da cui muovono questi individui.
«La mascolinità si manifesta attraverso due movimenti contraddittori: da un lato il rifiuto o la fuga dal femminile (dall’affetto familiare e materno, da atteggiamenti infantili o effeminati), dall’altro lato la rincorsa del femminile (il corteggiamento, l’accoppiamento) […] Il vero maschio non è però quello che fa certe cose, ma prima di tutto quello che non ne fa certe altre. Quali? Piangere, per esempio. Tradire un amico. Atteggiarsi in modo effeminato. Cambiare idea di continuo. Più di ogni altro comportamento, quello cosiddetto virile si trasmette per imitazione. […] I comandamenti uno deve dedurseli dagli esempi forniti da persone in carne e ossa o più spesso visti nei film o letti nei romanzi: eroi vari, guerrieri, anche gangster, banditi, o grandi seduttori. […] Sarebbe un colpo basso da sceneggiatore, che monta le scene in parallelo, dire che eravamo lì a riempirci gli occhi di fiori colorati, mentre a poche centinaia di metri venivano commessi stupri e progettati omicidi, da gente che avevamo incontrato la mattina a scuola, facendo ressa per comprare la pizza».
Edoardo Albinati, La scuola cattolica, Rizzoli,
Albinati, nel suo racconto autobiografico, offre una molteplicità di suggestioni che spiegano il fenomeno e l’atmosfera dell’epoca in maniera rappresentativa. In queste ultime righe emerge, ancora una volta, il ruolo del cinema come immaginario in cui immergersi e a cui ispirarsi.
Adescamenti e sequestri
La seconda metà degli anni ’70, e tutto il corso degli anni ’80, videro l’affinamento di tecniche di adescamento, spesso ripetute ed emulate da altri criminali, volti ad ingannare e raggirare donne e ragazzine. Se le vittime sono sempre le stesse, gli adescatori e i motivi per cui si agiscono sono differenti.
La prima tipologia di adescamento è quello mosso per l’unico fine della violenza sessuale. La vittima è individuata sul momento a seconda della situazione più o meno favorevole. Ho esaminato materiale giornalistico e le statistiche riferite al decennio 1977-1987, disponibili nel sito Istat e nell’archivio della Regione Lazio; escludendo i dati riferiti alla violenza domestica, gli stupri perpetrati in ambito familiare, lavorativo e analizzando unicamente le voci relative allo stupro commesso da sconosciuti si evince:
- il 96,5% avviene in luoghi diversi dalla propria abitazione. Quindi gli stupri commessi da malintenzionati che si introducono in abitazione è molto limitato e quasi sempre associato al reato di furto.
- il 54.4% si consuma in luoghi chiusi. Ciò significa che la buona parte degli stupratori detiene una o più proprietà dove potersi recare per consumare la violenza.
- Le fasce di età maggiormente colpite sono quelle dei 14-18, con il 29,4% e la fascia 18-44 con il 56,8%.
- La maggio parte delle donne che in quegli anni subisce violenza ha un’occupazione e un titolo di studio corrispondente al diploma o più. Questo dato va a confermare l’elevato numero di stupri volti a punire la donna autonoma e indipendente.
Elevato è il numero di stupri commessi da più giovani, provenienti da famiglie abbienti e con un titolo di studio elevato. Le cronache ci raccontano di abbordaggi studiati. Questa tipologia di violentatore difficilmente agisce da sola: vengono individuata la vittima, ci sono casi di coppie di amiche adescate ma la maggioranza riguarda ragazze sole. I ragazzi si presentano molto eleganti e galanti, spesso esibendo una bella automobile. Dopo essersi presentati sottolineando il titolo di studio o gli studi che stanno compiendo, si propongono, soprattutto con le straniere o le ragazze provenienti da altre zone d’Italia, come “ciceroni”.
Successivamente propongono una cena o un aperitivo per passare poi a una discoteca. Le violenze si consumano generalmente nel momento in cui le sfortunate o la sfortunata deve tornare al proprio albergo. A quel punto la vittima viene condotta o in un’area aperta isolata, davanti alle rimostranze la risposta è molto violenta con l’assestamento di colpi degni di un incontro di box. Lo stesso accade se la vittima deve essere trascinata in un appartamento o in altro edificio al chiuso, frequenti anche i casi di minaccia con coltelli o pistole. Se gli adescatori sono più di uno lo stupro è eseguito da tutti i presenti. A violenza conclusa la vittima viene scaricata in mezzo alla strada.
La medesima tecnica è utilizzata nei confronti delle ragazze del luogo, spesso abbordate con la proposta di un passaggio. Quello che cambia è ovviamente l’assenza della proposta di mostrare la città, e i luoghi d’abbordaggio. Per le turiste la stazione di Termini è indubbiamente il territorio di caccia prediletto, per le locali le fermate degli autobus.
All’epoca i casi di denuncia a cui fecero seguito indagini o arresti sono un numero decisamente irrisorio.
Le false promesse
Sotto certi aspetti, simili nelle maniere e nella carineria sono stati coloro che adescavano giovani ragazze, spesso minorenni, con la promessa quando non la garanzia, di una collocazione nel mondo del cinema, della radio o della televisione. In questo caso è meno marcata la differenza tra persone del luogo e ragazze provenienti da fuori; diversa è la tipologia di truffa.
Non è la violenza sessuale -anche se i casi non mancarono- il fine di questo tipo di adescamento, bensì l‘introduzione di giovani donne, in epoca in cui il numero di straniere non arrivava a soddisfare la domanda, nel mondo della prostituzione o della stampa/filmografia pornografica.
Una truffa che conobbe una certa fortuna consisteva nell’istituire società fittizie e indire casting a livello nazionale, per cui si prevedeva il pagamento di un’iscrizione, spesso molto alto. Si ha notizia di casting per cui la quota raggiungeva anche le 200.000 Lire, che oggi potremmo quantificare in una cifra intorno agli 800 Euro.
Questa truffa, per quanto odiosa, provocava nel truffato solo un danno economico, importante per le tasche di alcuni, tuttavia non ne andava della loro stessa vita, come vedremo tra poco. In occasione di questi finti casting, poteva capitare che venisse proposta una carriera nel mondo del cinema o della stampa porno, ma senza coercizione. Tuttavia non darei per scontato che questi signori della truffa, si limitassero a questo genere di attività, senza partecipare a quella fetta di guadagno, proveniente dallo sfruttamento della prostituzione e dalla tratta di esseri umani.
Un lavoro che ti aspetta
Tra le tecniche di adescamento, la più atroce è sicuramente quella della garanzia di lavoro, che ha coinvolto un numero rilevante di minorenni.
Una rete ampia e ben strutturata perché dove il mercato frutta, c’è chi sa sempre come organizzarsi. Poi ci sono i cani sciolti, ma quelli hanno vita breve, o li ferma la polizia, o vengono eliminati da chi quel mercato lo detiene; se sono in gamba, potrebbero essere assorbiti. La manodopera torna sempre utile.
Tra le modalità di adescamento, come già riferito, c’è il falso annuncio di lavoro, talvolta gestito sì in autonomia, ma il cui prodotto è in ogni caso gestito dalle organizzazioni. Un esempio è quello di questo ragioniere che droga le ragazze che si presentano a colloquio, per poi fotografarle e piazzare le foto nel mercato delle riviste pornografiche.
L’utilizzo delle droghe come il roipnol è negli anni 80 molto frequente: le ragazze perdono la percezione della realtà e posso essere letteralmente pilotate. Anche di questi episodi se ne contano a centinaia. In calce a questo scritto sono aggiunti una serie di articoli utili e più emblematici di quanto possa essere la mia trasposizione.
Un aspetto curato, in un bel vestito firmato e un’auto di lusso, questa la trama di un piani ben orditi:
Una casistica prevede che questi uomini, alle stazioni di Roma Termini, Milano Centrale, Napoli Centrale, Venezia Santa Lucia, attendano le ragazze che hanno superato i “casting” nelle loro città di origine o che rispondono ad annunci di lavoro. C’è chi arriva a Roma dal Trentino, chi a Napoli da Milano e a Milano dalla Calabria e a Venezia dal Lazio. Le vittime predilette sono ragazze scappate di casa o provenienti da famiglie in gravi difficoltà economiche, e adescate alle stazioni.
Anche ragazze comuni, normali, studiate, seguite, in questo caso gli ambienti prediletti per la caccia sono quelli delle scuole, degli oratori, e delle società sportive o associazioni culturali.. Le giovani vengono convinte di emergere rispetto alla media, che le porte per loro si spalancheranno. Bugie, inganni, raggiri, messi in atto da professionisti.
Quando raggiungono la città di destinazione le ragazze, soprattutto minorenni, vengono accolte e portate in appartamenti, sono trattate bene e impazienti di iniziare la nuova avventura professionale. Dopo qualche giorno l’atteggiamento dei loro talent scout cambia: prima vengono informate che il lavoro non c’è più, poi costrette a prostituirsi o a prendere parte a film pornografici, con la scusa che devono ripagare le spese, oppure stuprate, picchiate e ricattate.
Molte di queste giovani vengono anche avviate al consumo di droghe, eroina soprattutto. Questa tattica porta a legare a doppio filo vittima e carnefice. La vittima si trova così dipendente da una sostanza per la quale necessita di soldi.
Il Talent-scout
Fondamentale, per questo genere di operazione, è il profilo del “Talent scout” e il sistema perfetto che si intorno ad esso si deve costruire. Pensiamo a individui a noi noti, prendiamo ad esempio Felix Welner e Marco Accetti: la prima caratteristica a cui devono rispondere è quella della credibilità. Per edificare un apparato funzionante e radicarlo, è necessaria una struttura: serve un’agenzia, locali, appartamenti ed effettive conoscenze nel settore così da proporsi in qualità di professionisti.
Welner, ad esempio, è di casa a Cinecittà; in quell’ambiente tutti sono a conoscenza della sua attività, non limpida, nell’ambito della pornografia, e la sua operosità nell‘adescare giovani non sempre maggiorenni. Tuttavia, si è fortemente adoperato per arruolare comparse e quanto ricercato da registi, anche affermati, ritagliandosi un suo spazio in prossimità del gotha del cinema italiano dell’epoca. Può esserne testimone Federica Orlandi che, come racconta alla trasmissione Chi l’ha visto? poche settimane prima della scomparsa della sorella, è fermata da Welner con la proposta di partecipare come comparsa, per una cifra di 100.000 Lire al giorno, alla miniserie Gli ultimi giorni di Pompei. In quell’occasione si scambiano i rispettivi contatti telefonici, ma Federica declina l’invito e, pochi giorni dopo, viene a sapere, tramite il suo fidanzato, che la compagna di un amico aveva anch’essa ricevuto una proposta dalla stessa persona. Anni dopo Welner è arrestato per immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione
Marco Accetti, dal canto suo, vanta un’attività di fotografo e regista indipendente. L’uomo del Piffero ha a lungo smentito la conoscenza con Felix, per poi confermare a chi vi scrive:
«Lo conoscevo ma non bene, ho lavorato per lui solo qualche volta quando avevo bisogno di soldi, facevamo delle truffe, lui aveva l’ufficio dietro a Termini, non mi ricordo quando».
Il pifferaio dal 2013 si attribuisce i sequestri di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi, ma collocandoli in un contesto completamente differente. Al contempo ha sempre rivendicato anche il suo diritto di mentire.
L’articolo qui proposto, che vede 17 persone in stato di arresto che niente hanno a che fare con Accetti o Welner, può assurgere a valido esempio. Leggiamo:
«“Ci occorrono al più presto tre bionde, una bruna, due minorenni” “Vi prego di inviarci una ragazza fulva, bella, distinta”. Da ogni parte d’Italia arrivavano, da qualche tempo, lettere di questo tenore. Indirizzate alla sessantenne […] Erano Indirizzate, Indifferentemente, ad uno dei due appartamenti di via degli Oplmlanl 46 e di via del Furi 37, al Tuscolano. In queste due residenze, la bolognese e il suo amico avevano organizzato una centrale di sfruttamento della prostituzione tra le maggiori scoperte in Italia […] Le Indagini, sorte da confessioni rese da minorenni di recente Irretite alla Stazione Termini, hanno permesso al sostituto procuratore della Repubblica dottoressa Gerunda di emettere ventidue mandati di cattura […] Il traffico fruttava […] Le ragazze sarebbero state riciclate in tutta Italia »
Il mercato delle minorenni da Roma si estende all’intero Stivale. Il pezzo qui citato riporta richieste specifiche che invitano a figurarsi una domanda che mal collima con i marciapiedi. Potremmo ipotizzare un simile sistema anche per elementi quali Felix e Accetti? Un sistema caratterizzato da una clientela di alto livello, su base territoriale, comprendente elite romana e vaticana.
Le tecniche a cui ricorrono si mostrano preimpostate ma adeguate alla specificità della vittima, che è diligentemente studiata e analizzata. La trappola può ora riguardare l’ambito del casting, ora quello del lavoretto saltuario come nel caso dell’Avon. Rispetto a questo specifico imbroglio riporto da una mia fonte, che in quegli anni era solita frequentare l’appartamento di Marco Accetti, la presenza di un elevatissimo numero di piccole confezioni del profumo Chloé, all’epoca presente anche sul catalogo dell’azienda di cosmetici.
Sempre dalla trasmissione Chi l’ha visto? apprendiamo che Felix Welner, di cui ho parlato in un precedente scritto (qui), ha lasciato dietro di sé una scia di violenze esercitate nei confronti delle donne con particolare freddezza e crudeltà, arrivando anche alla vendita. Adesca in zione centrali della Capitale ed è stato in più occasione notato in ambienti a ridosso dello Stato Vaticano. E’ in un bar di Piazza Cavour che nel 1978 incontra Alfredo Musella, che morirà suicida a causa di un inganno a cui Welner partecipa. Nel 1984 Z.P., come riporta il Blog di Emanuela Orlandi, è infastidita dallo stesso, presso Largo Caval Leggeri.
In conclusione va riservata un certa attenzione sulla complessità di questo sistema, che prevede dei “Talent scout” raffinati, abili nella gestione di una rete complessa e articolata, che prevede la formazione di ulteriori adescatori (vedi alto numero di identikit pervenuti), nonché un’ampia gamma di proposte, come la particolare compilazione di questa rubrica, depositata negli atti del processo Orlandi può suggerire.
E’ forse il caso di fare un piccolo ragionamento su questa bizzarra similitudine. Marco Accetti è solito aggiungere accanto al nome, le caratteristiche delle persone. La prima immagine proviene dalla sua agenda personale, sequestrata durante una perquisizione e depositata agli atti. Accetti non sapeva che la sua agenda sarebbe potuta diventare di pubblico dominio.
La scrittura dello spartito è stato confermato fosse quella di Emanuela, che non aveva ragione di scrivere i dettagli dell’amica, oltretutto con lo stesso metodo di Marco Accetti. E’ possibile che sia stato lo stesso MFA a dettarle cosa scrivere? Se così fosse i nomi delle ragazze (che lui ha sempre sostenuto fossero più di una e con me, di Gabriella, ha parlato tempo fa) vanno ad indicare le complici? Se così fosse allora perchè al centro, in alto, compare Città del Vaticano? A chi appartiene quel numero all’interno delle mura leonine?
Sono state dette molte cose, ma vogliamo davvero presupporre che, delle brave ragazze, di sani principi, solite a confrontarsi con una ristretta cerchia di persone, in determinati spazi, non possano cadere nell’inganno ordito da professionisti del calibro dell’Accetti di cui, a distanza di un decennio, non abbiamo ancora compreso niente noi, e che è riuscito a mettere in crisi anche un giudice del calibro di Capaldo?
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