Premessa
In questo articolo continuerò l’analisi degli eventi nelle prime settimane dalla scomparsa di Emanuela ; prima dei vari fronti, quando la scomparsa appartiene ancora alla nostra realtà locale e non è inserita nell’universo della guerra fredda, delle spie, dei segreti di Fatima e di qualsivoglia fantasioso intrigo nazionale, internazionale o celestiale. L’indagine della prima ora, se ben condotta, è decisiva. Cercando quanto possibile di limare il mio giudizio a riguardo, mi limito a constatare che siamo al quarantesimo anno di distanza dalla soluzione. La verità nel caso Orlandi è il tartaro di Dino Buzzati: una verità attesa nel deserto, una verità a cui, come tanti Giovanni Drogo, ci siamo via via preparati, ma non arriva mai.
Nell’articolo precedente ho iniziato a riportare le testimonianze che vennero raccolte prima che il caso divenisse mediatico. Continuerò ora con le testimonianze legate alla scuola di musica Ludovico da Victoria
Testimonianze
Il sudanese
Quella del sudanese non può essere definita una “testimonianza” vera e propria; diciamo che fu una delle persone che vennero ascoltate. Sull’onda della leggenda metropolitana della tratta delle bianche e del negozio di via del Corso, dove le ragazze di Roma sparivano nel nulla una volta entrate nel camerino di prova (ne ho parlato qui), l’Istituto per stranieri ubicato nello stesso edificio della scuola di musica, viene passato al setaccio. È martedì mattina del 26 luglio 1983 e in Procura viene ascoltato un giovane proveniente dal Sudan. Il ragazzo è alto e magro, con un po’ di barba; frequenta la zona piazza Navona dove si dedica allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Il legame che avrebbero individuato starebbe appunto nella frequentazione del medesimo edificio e dei locali di piazza Navona dove, talvolta, Emanuela e i compagni si recavano per una bibita dopo le lezioni alla Ludovico de Victoria.
L’interrogatorio non lascia emergere nulla, il ragazzo è totalmente estraneo ai fatti. Probabilmente gli inquirenti stavano vagliando anche la pista del sequestro a fini di sfruttamento sessuale; come ho già riportato (qui) in quel periodo non erano infrequenti i casi di violenze sessuali e festini in cui le ragazze venivano condotte dopo essere state drogate con la “droga dello stupro”. Con questa tecnica le ragazze abusate, una volta trascorso l’effetto, non ne avrebbero più avuto memoria, trovandosi nella sostanziale impotenza di denunciare.
La questione dei festini a base di droga e sesso non è da sottovalutare e questo vale per qualsivoglia ambiente; nel 1985 questa realtà che attraversa intere fasce della cittadinanza romana, sembra emergere grazie alla denuncia di Francesca Rosellina Vecchi e Loredana Nimis. Questa denuncia, purtroppo, non avrà il giusto seguito: le ragazze moriranno entrambe di “overdose”. Situazione curiosa dal momento che la Vecchi e la Nimis, il giorno 12 aprile, avrebbero dovuto portare la loro testimonianza rispetto ad un grosso giro di festini a base di sesso, minori e droghe (Roipnol e Valium soprattutto), in seguito l’indagine avviata dalle forze dell’ordine e che interessava sfere altolocate. Francesca morirà di “overdose” il 9 aprile del 1985.
Loredana Nimis, proprio il giorno della deposizione, diventerà una torcia umana: la baracca che condivide con Paola è data alle fiamme da due abitanti del quartiere, si dice a causa dei furi di autoradio. Nonostante le importanti ustioni Loredana si salva ma il 15 luglio dello stesso anno, troverà anch’essa la morte a causa di una dose “tagliata male”. Il giorno del rogo, sopraggiunta all’ospedale, verrà rinvenuto nella tasca della ragazza un biglietto dove si legge “Francesca è stata uccisa”. Questa è una storia che merita più di qualche riga e su cui sarà sicuramente utile ritornare.
Laura Casagrande
Tra le testimonianze ritenute di enorme rilevanza figura quella della compagna della scuola di musica Laura Casagrande. Tra la Casagrande ed Emanuela, che si conoscono solo da pochi mesi, non c’è un rapporto di amicizia ma una semplice conoscenza data dalla frequentazione del medesimo corso di canto. A riprova di questo ci sarebbe anche la circostanza che proprio quel giorno, durante la pausa intermedia del coro, Emanuela chiede alla ragazza il recapito telefonico, probabilmente in vista del concerto che avrebbero dovuto tenere il 29 giugno all’Auditorium.
La Casagrande presta testimonianza presso la stazione dei carabinieri di via in Selci, è il 4 agosto del 1983. In questa deposizione la ragazza testimonia di aver visto l’Orlandi sopraggiungere nella sala d’attesa accompagnata dal professore di flauto, Loriano Berti. La Casagrande termina la sua lezione di piano alle ore 16.00; si può dunque affermare che Emanuela deve aver raggiunto la sala comune tra le 16.10 e le 16.20.
Come testimoniato anche da altri compagni Emanuela non apporta motivazioni circa il suo ritardo ma è piuttosto interessata all’orario di conclusione della lezione di canto corale in quanto, viene riportato, Emanuela comunica che aveva da fare e si lamenta della voce che gira secondo la quale la lezione sarebbe quel giorno finita più tardi.
Proprio per questo timore, che a quanto ne sappiamo risulterà infondato, Emanuela domanda al professore di canto, mons. Valentino Miserachs, di accordarle un’uscita anticipata di 10-15 minuti. Questa risulta, nella modalità, una richiesta inusuale dal momento che era suor Dolores Salsano la deputata a questo genere di concessioni.
La richiesta di uscita anticipata è uno dei primi nodi rimasti tali: secondo quanto riporta nel suo libro T. Nelli, l’insegnante di canto corale non fu mai interrogato e, a distanza di anni non ricorda se quel giorno Emanuela avanzò effettivamente questa richiesta. Certamente non venne avanzata a Suor Dolores, che ricorda molto bene di non aver interloquito con la ragazza, come conferma la sua testimonianza video alla trasmissione di Corrado Augias, Telefono Giallo.
-E’ bene precisare che mons. Miserachs non venne interrogato dagli inquirenti, rilasciò però un’intervista al giornalista Gian Paolo Pelizzaro, pubblicata nel dicembre del 1995 dal settimanale Italia, nell’articolo “Oscar pensaci tu“. Nell’inchiesta oltre all’insegnate di canto, Pelizzaro, che fu il primo ad indicare l’ufficio di Oscar Luigi Scalfaro presso Sant’Apollinare, intervistò i coniugi De Lellis, la sorella di suor Dolores, il custode Andrea Paolini e la professoressa Maddalena Avignoni. Pelizzaro fu, nei fatti, il primo – e mai riconosciuto – giornalista che riuscì a ricostruire i momenti della scomparsa di Emanuela Orlandi. Dalla sua inchiesta molti giornalisti attinsero facendo proprio il lavoro di Pelizzaro.-
Dopo la lezione Laura Casagrande afferma che era di fretta e che per questo motivo, insieme all’amica Maria Teresa, precedette tutto il gruppo:
“Scendendo le scale della scuola, Emanuela era dietro di me, per cui giunta al cortile l’ho salutata e ho aspettato, anche se andavo di fretta, tutto il gruppo. Quando ci siamo riuniti nel cortile esterno della scuola, vedendo che il gruppo si attardava a parlare, ho deciso di avviarmi verso la mia abitazione, sempre in compagnia della mia amica Maria Teresa”.
Secondo le affermazioni di Laura, Emanuela e il resto del gruppo le saranno sempre alle spalle e lei, che va di fretta, di tanto in tanto si volta a guardare i compagni. Laura si sta portando, come Emanuela, verso corso Vittorio Emanuele dove prenderà l’autobus per rincasare.
Secondo la deposizione della ragazza Emanuela si sarebbe trovata a camminare tra lei e il gruppo di compagni più arretrato e, giunta quasi al termine di Corso Rinascimento e voltatasi nuovamente, non avrebbe più visto Emanuela ma solo il gruppo di amici, come da verbale del 4 agosto 1983.
Maria Grazia Casini
Maria Grazia Casini è forse l’amica di Emanuela più coerente nelle affermazioni, infatti la sua versione degli avvenimenti del 22 giugno, rilasciata il 29 luglio 1983, collima con l’intervista concessa il 14 gennaio 2018, a Sky durante la trasmissione Scomparsi. Sembra una banalità ma sappiamo bene che nel caso Orlandi è al contrario una rarità. La Casini, che conosce Emanuela da circa tre anni, è la ragazza a cui l’Orlandi domanda l’orario in cui sarebbe terminata la lezione di canto corale, spiegandole che quel giorno aveva particolarmente fretta. Matria Grazia confermerà che la lezione, invece di protrarsi oltre l’orario previsto, come certe voci avevano lasciato intendere, finisce una decina di minuti prima. A lei Emanuela non spiegò con chi avesse un appuntamento e il motivo dello stesso. Riporto dalla puntata tv:
“Quel pomeriggio Emanuela si rivolse a me e mi chiese a che ora finisse la lezione di canto corale perché aveva un impegno. Stabilito ciò lei scappò via… guardava l’orologio e diceva che doveva andare via perché aveva un appuntamento”.
In contrasto con quanto afferma la Monzi, Maria Grazia ricorda che essendo finita in anticipo, Emanuela uscì regolarmente dall’aula con il resto del gruppo.
Passiamo ora alla testimonianza più rilevante, ovvero quella che riguarda il suo congedo dall’amica. Il 13 luglio, la Casini informa i Carabinieri che Emanuela non era sola alla fermata dell’autobus, ma in compagnia di un’altra ragazza, la famosa quindicenne bassa mora e riccia. Deposizione che viene ribadita anche al colloquio con il giudice, intercorso il 29 di luglio.
In questa occasione Maria Grazia coinvolge nel ricordo altre due ragazze; racconta infatti al giudice Domenico Sica che all’uscita dalla scuola Tommaso Ludovico da Victoria, per tutto il percorso – poco più di un centinaio di metri- fino alla fermata dell’autobus, le stessa si trova a percorrerlo in compagnia di Tina Vasaduro e l’amico Maurizio Cappellari; a loro si va ad accompagnare anche Raffaella Monzi.
Secondo questa ricostruzione, agli atti, Emanuela e sconosciuta dai capelli ricci, le aveva precedute; l’Orlandi è infatti già alla fermata. La Casini informa che non conosce l’identità dell’amica di Emanuela ma è certa che sia una studentessa della scuola di musica e, inoltre osserva che l’Orlandi appariva tesa ed agitata.
Nella già citata intervista alla trasmissione di Sky la Casini ribadisce le testimonianze che rilasciò sia ai carabinieri sia al giudice Sica negli anni ’80.
Sabrina Calitti
Sabrina Calitti è una compagna del corso di flauto di Emanuela. La ragazza ricorda che l’Orlandi era sempre estremamente puntuale, ma quel giorno il ritardo di Emanuela era stato di circa dieci minuti.
Anche la Calitti, così come ad un’altra studentessa di nome Marta Szepesvari, mentre si trovano nella sala comune in attesa di partecipare alla lezione di mons. Valentino Miserachs, sente Emanuela informarsi e preoccuparsi davanti alla possibilità che la lezione termini più tardi del consueto.
La testimonianza di Sabrina Calitti assume una certa rilevanza dal momento che sarà l’unica a confermare la richiesta di uscita anticipata fatta all’insegnante da Emanuela. La ragazza ricorda anche che, verso le 18.45-.18.50, Emanuela le davanti, con passo spedito, mentre si trova ferma al portone d’ingresso dell’edificio. Le ragazze si salutano e l’Orlandi procede verso via Rinascimento. Anche in questa testimonianza non si fa riferimento ad un’altra ragazza bassa, riccia e mora, che si accompagna ad Emanuela.
Marta Szepesvari
Marta è un’altra compagna che frequenta la lezione di canto alla scuola Ludovico da Victoria, viene intervistata il 30 novembre del 2011. In questa occasione la ragazza ricorda di essersi imbattuta in un ragazzo biondo, con i capelli mossi, quasi ricci, snello, alto circa 175cm. Marta avrebbe anche rivolto la parola al ragazzo: era in cerca di Emanuela che avrebbe dovuto renderle lo spartito che le aveva prestato per farne delle copie. Il ragazzo si trovava fuori dal portone della scuola di musica e scruta l’ingresso con aria impaziente.
Marta presterà testimonianza anche al giornalista T.Nelli, che la rintraccia il 10 febbraio del 2012. In quest’occasione la ragazza spiegherà meglio la questione dello spartito. Si tratta dello spartito di Hugues ed Emanuela aveva dato appuntamento a Marta per la fine delle lezioni. Sappiamo da più testimonianze che Emanuela era agitata per l’”appuntamento”, probabilmente si dimentica di essere in parola con Marta, insieme alla quale sarebbe dovuta andare a fotocopiare lo spartito per poi restituirlo all’amica.
Il custode e suo figlio
In un articolo del 26 aprile del 1984, a quasi un anno dalla scomparsa della cittadina vaticana, il Corriere della Sera riporta che anche il custode della scuola di Musica Ludovico da Victoria, prestò la sua testimonianza. L’uomo avrebbe riferito di aver visto la ragazza intenta a chiacchierare con due amiche presso la fermata dell’autobus n.70 di Corso Rinascimento. L’orario era quello delle 19.10.
La circostanza è abbastanza curiosa dal momento che, a quell’ora, il signor De Lellis non avrebbe dovuto essere alla finestra, con i suoi occhi da falco a guardare la fermata dell’autobus davanti al Senato, ma in chiesa a festeggiare le sue nozze d’argento.
Il figlio del custode, Marco de Lellis, è ascoltato dalla Mobile il 1° agosto. Il ragazzo conferma che la lezione di canto era terminata in anticipo, alle 18.45. Marco ha un buon motivo per ricordarsi la circostanza: quel giorno i suoi genitori festeggiavano le nozze d’argento e la messa dedicata era celebrata all’interno della scuola proprio da mons. Miserachs.
La telefonata con Federica
Quel mercoledì pomeriggio nella casa di via Sant’Egidio c’è solo Federica. Non manca molto alle sette quando il telefono squilla e la ventunenne risponde. Dall’altro capo della cornetta è sua sorella minore Emanuela che chiede della mamma. I genitori, in visita a parenti, non sono ancora rincasati, così Emanuela si affida ai consigli della sorella. Ai carabinieri, Federica fa questo rapporto; è il 29 luglio:
“mentre andavo a lezione sono stata avvicinata da un signore, il quale mi offriva un lavoro di volantinaggio, ovvero dover pubblicizzare un prodotto e altri della casa cosmetica Avon, in una sfilata di moda che si sarebbe svolta il sabato successivo, ovvero il 25 giugno, in Roma nella sala Borromini, alle ore 16,30. Mi avrebbe offerto la cifra di lire 350 mila, per questo voglio sapere se mamma mi accompagna. Aggiungo – prosegue Federica Orlandi – che non si ricordava il nome di chi era la sfilata in questione, ma mi spiegava che erano quelle sorelle che hanno il negozio di alta moda a piazza di Spagna, da cui ho dedotto le sorelle Fontana. Io le dissi che sarebbe stata sicuramente una fregatura, ma lei non mi ha risposto e per concludere diceva che sarebbe venuta a casa e inoltre aveva appuntamento con quel signore alle ore 19,10 davanti alla scuola, per cui presumo che abbia chiamato dalla scuola dalla quale sarebbe uscita verso le 19. Mi disse anche che quel signore le avrebbe dovuto portare del materiale pertinente al lavoro in questione […]
Considerazioni
Il momento in cui scompare Emanuela è sicuramente quello più delicato ed importante. Nel caso Orlandi risulta essere anche il momento più nebuloso e contraddittorio. Le testimonianze sono disarmoniche e non combaciano. Se si può concepire il margine di errore nel calcolo dei minuti, la stessa cosa non risulta accettabile rispetto ai fatti veri e propri.
Al di là del fatto che non fu mai ascoltato e che il fatto, di per sè, non costituisca elemento determinante, risulta alquanto particolare che mons. Miserachs non ricordasse la richiesta di uscita. Quando succedono episodi della gravità di quello accaduto ad Emanuela, si tende a cristallizzare i ricordi e, oltretutto, immagino che fosse stato elemento di discussione con suor Dolores.
Sulla base delle testimonianze sappiamo che Emanuela uscirà dalla De Victoria insieme al resto della classe. Si è sempre ripetuto che, rispetto l’uscita da scuola le persone ascoltate propongono versioni differenti, è davvero così?
Secondo Raffella Monzi, terminata la lezione di coro, Emanuela si affretta ad uscire, correndo giù per le scale. Diversa la versione della Casagrande, anch’ella di fretta per via di un impegno. Come abbiamo visto la ragazza afferma che Emanuela scese le scale dietro di lei. A scendere le scale c’è anche Sabrina Calitti, che viene superata da Emanuela.
Se ci fermiamo ad immaginare la scena possiamo notare che, in realtà, le testimonianze non sono poi stridenti: Raffaella Monzi è ferma e chiacchiera con un’amica quando vede passare Emanuela che, a passo spedito, supera Sabrina ma rimane comunque alle spalle della Casagrande, anch’ella di fretta. In ogni caso, a parte la Casagrande che afferma di non aver aspettato il gruppo, pare che Emanuela procedesse con il resto della classe, forse qualche metro distaccata dal gruppo più folto.
Le spiegazioni si fanno più difficili quando proviamo a stabilire chi vide l’ultima volta Emanuela e dove e con chi sparì. La versione della Casagrande presenta delle falle. Innanzi tutto mi chiedo per quale motivo se è di fretta e sta chiacchierando con l’amica Maria Teresa, di tanto in tanto senta l’esigenza di voltarsi a controllare il resto del gruppo. La ragazza, che sta percorrendo a piedi tutto Corso Rinascimento per prendere il suo autobus a Vittorio Emanuele II, sostiene che, a un certo punto, non vede più l’Orlandi.
Basandosi sulle altre testimonianze, pare ovvio che Laura non veda più Emanuela, dal momento che dovrebbe essersi fermata con la Monzi e altri compagni alla fermata davanti al Senato. La fermata è quella del Senato, dove passano il 26 e il 70, che vanno nella direzione opposta a Città del Vaticano, ma che l’Orlandi potrebbe comunque prendere scendendo alla fermata successiva nei pressi di Vittorio Emanuele dove passa il 64 che la conduce a casa.
Come riportato nel precedente articolo la Monzi avrebbe percorso un piccolo tratto di strada fino alla fermata davanti Palazzo Madama. Qui, sempre secondo la ricostruzione della ragazza, ci sarebbe stato il dialogo riguardante il lavoro dove le parla anche dell’amica che era con lei all’incontro con il signore dell’Avon.
Quanto riferisce la Monzi è smentito dalle parole di Maria Grazia Casini che, accompagnata da due amici della scuola, Cappellari e Vasaduro, racconta di aver visto Emanuela camminare con due ragazze, di cui una bassina con i capelli neri corti e ricci l’altra era la Monzi. È possibile che la Monzi non si sia accorta della presenza di un’altra persona? Sappiamo che Raffaella, a dieci anni dalla scomparsa di Emanuela, nella lunga intervista che ho riportato nel precedente articolo, cambierà versione e dirà che l’Orlandi aveva legato molto con la riccia moretta perché sua coetanea.
La sera del 22, mentre il fratello Pietro, la sorella Natalina e i genitori cercano Emanuela, Federica sta chiamando tutte le amiche di cui ha il numero. Riesce a parlare con la Casini che le racconta di quando si sono congedate e della presenza di questa ragazza, mai identificata, che nessuno conosce ma sembrerebbe frequentare la scuola di musica.
Sappiamo quindi che Emanuela non doveva essere sola quel pomeriggio, che fu vista l’ultima volta alla fermata del 70 e che risulta nei fatti impossibile risalire al percorso che fece una volta salutate le compagne.
Agenti
Ritengo di fondamentale importanza provare ad inquadrare quanto possibile la dinamica dell’appuntamento “Avon”. A tal fine più che documenti e testimonianze serve applicare un po’ di logica deduttiva. Forse non si arriverà alla soluzione ma lo stato delle cose impone il tentativo.
La mancanza di confronti tra le versioni discordanti dei testimoni, durante il primo procedimento, la nebulosità lasciata intorno la persona di Marco Accetti nel secondo, le perizie dubbie, le mancate perizie (a partire da quella calligrafica) e l’elevato numero di deposizioni false, non possono essere l’unico parametro di indagine giornalistica. Come pretendere di far luce con lampadine fuse?
Le deposizioni del vigile Sambuco e dell’Appuntato Bosco, dapprima sembrano le più attendibili e non c’è tuttavia motivo di cercarvi, non scevri di dietrologia, della volontà di dolo. Oltre ad un briciolo di sano protagonismo, che deve averli incoraggiati a mostrarsi solerti, i due agenti non possono che aver sbagliato a riferire l’orario: alle 17.00 Emanuela si trovava già a lezione nella scuola di musica avendo tardato di 10-15 minuti alla lezione di flauto delle 16.00.
L’uomo dell’Avon – L’inedito edito
Chiunque si sia interessato e abbia seguito il Caso Orlandi, ha elaborato una sua personale convinzione. Io di convinzioni ne ho sempre avute poche e le lascio volentieri ai guru però, una mia personale idea me la sono fatta e concedendomi il lusso di cambiarla e riformularla a piacimento, oggi ve ne esporrò una piccola ma rilevante parte.
Di Marco Accetti è stato detto un po’ tutto, fuorché quello che si sarebbe dovuto dire. È stato trasformato in una macchietta, non lo è. Il Signore del Piffero conosce la mia idea sulla sua persona, non è certo edificante. Accetti è tante, troppe cose, troppe davvero, è un bugiardo, ma non è un millantatore.
Sembra una sottigliezza ma non lo è. Il millantatore è tendenzialmente un individuo innocuo che inventa di sana pianta audaci imprese, prodi battaglie e, scalino dopo scalino il mondo fantastico che non ha vissuto ma si è creato gli rimpolpa le viscere e gli gonfia il petto.
Il bugiardo, ed è questo MFA, vive effettivamente momenti ed esperienze salvo poi ingigantirle o raccontarle distorcendone la realtà, al fine di trarne tornaconto e giovamento.
Marco si attribuisce il ruolo di sequestratore di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori. In entrambi i casi, momento di estrema importanza è quello della scomparsa. Da decenni ci scervelliamo per capire chi ha citofonato a Mirella e come siano andate le cose una volta uscita di casa.
MFA me l’ha raccontato e questo racconto si è dimostrato il più credibile che gli abbia mai sentito fare, soprattutto se inserito in un particolare contesto. Ci sarà poi da capire chi sia la mente e quali le regie e i set.
MFA: L’edito
Nei suoi fantasiosi racconti di intrighi internazionali (ecco le bugie) Marco ci ha sempre detto due cose vere: è implicato nelle scomparse e ha SEMPRE agito coadiuvato da una presenza femminile, spesso molto giovane. (ecco le verità)
Il motivo per cui è implicato in sparizioni e sequestri lo spiegherò in parte nell’ultimo paragrafo.
Che agisca o abbia agito sempre coadiuvato da donne, lo ritengo assolutamente probabile. I motivi sono molteplici: sicuramente MFA si trova più a suo agio con una collaborazione femminile; è scarso negli approcci e le “aiutanti” le sa selezionare.
Se l’obiettivo di un’azione è l’adescamento, a prescindere da sesso ed età, l’essere umano tende a fidarsi maggiormente ed abbassare le difese, davanti alla presenza femminile. È un senso innato e atavico, che ci portiamo dentro dalla notte dei tempi. Il grembo materno come luogo sicuro, di nutrimento e protezione.
Questo non significa che le donne non possano essere malvage o commettere crimini anche beceri. Tuttavia, e qui mi riferisco alle donne adulte che agiscono consapevolmente e non a giovanette ingannate, prestarsi a questo genere di attività significa essere involucri contenenti il niente, e quel niente è pure marcio. Per fortuna, nonostante gli imbellettamenti di facciata, se ne sente comunque l’odore.
MFA l’inedito
Io e MFA abbiamo avuto una lunga, lunghissima conversazione. Pardon, conversazione è irreale. Riparto. Io ho avuto modo di ascoltare per ore il lungo, lunghissimo monologo del Signore del Piffero.
Alle mie domande non ha quasi mai dato seguito ma, a suo modo, mi ha fornito anche elementi di assoluto interesse. Come ad esempio la modalità di prelevamento della vittima che, vedrete, non fa una piega.
Per anni abbiamo creduto che i sequestri si fossero sviluppati in due tempi, non è così: un solo approccio e decisivo. Riporto testualmente
“Il discorso è questo. Se tu noti gli approcci con le due ragazze sono ambedue inusuali. Nel senso che il sequestratore si approccia e se ne va, confidando in un secondo incontro. Sono due approcci fotocopia e ambedue sono di per sé improbabili la come si raccontano. Pensa il primo davanti al Senato e a due pubblici ufficiali con la possibilità di ripresa di telecamere. Si fa una cifra fuori mercato, 375mila Lire, con la possibilità che la Orlandi si consulti con le amiche, con la famiglia e per una cifra così inverosimile, e il conseguente il rischio che venga messa in guardia e non si presenti, oppure si può presentare dopo aver avvertito il fratello, le amiche le sorelle, le amiche. Si approcciava all’uscita di scuola, quando la ragazza si reca verso l’abitazione ma non prima. Il secondo approccio sarebbe ancora più fantascientifico. Pensa al caso di Mirella: Io sono comunque un adulto di 28 anni, per quanto io possa conoscere il ragazzo Alessandro, non sarò mai in grado di replicarne la voce, chi comunque mi ascolta è un orecchio ammaestrato ad ascoltare la voce di costui soprattutto, sono stati a scuola insieme.
Quindi è impossibile che io possa fare la voce di Alessandro. E anche se fossi un genio delle corde vocali non è comunque detto che la ragazza venga poi all’appuntamento. Tanto vale approcciarle già per strada, piuttosto che a casa con testimonianza della madre, che poteva pure rispondere lei al citofono per prima. Come con l’Orlandi ci vuole un solo incontro. Non è possibile agire in due tempi perché l’azione potrebbe essere vanificata. È così che ci narra la letteratura di sequestri a livello mondiale. Poi interessante sarebbe sapere come so di Alessandro, ma dovremmo tornare alle scuole medie, ma qui mi fermo.”.
Quindi Emanuela mentiva quando ha detto che era stata fermata sa un uomo? Probabilmente prima di arrivare alla scuola di musica si è incontrata con l'”amica” che le ha parlato di questo lavoro e, dicendole che il “manager” sarebbe arrivato dopo, le ha suggerito di dire a casa di aver già parlato con il responsabile.
Quindi Emanuela è stata rapita da Accetti? MFA nella conversazione con me, ha spesso parlato al plurale sia rispetto alle vittime sia rispetto ai “carnefici”. Evidentemente il richiamo a “un gruppo”. A livello teorico, quindi, potrebbe averla prelevata un altro individuo del “gruppo”. Il gruppo in questione, s’intenda non è fatto solo di debosciati e propone i propri servigi a più livelli.
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Caso Orlandi:
- La descrizione fisica ricavata dalla testimonianza di Marta.
- La presenza dello spartito di Hugues nelle “lettere esoteriche” che riceveranno la Gregori e la Monzi., fa pensare subito a lui, è il genere di cose che adora, quasi quanto i souvenir.
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Caso Gregori
- Mirella non aveva mentito
- Alessandro, che abitava non lontano dalla quartiere africano, il cui amico risiedeva nella stessa via di MFA, scartato sempre da tutti come persona implicata, potrebbe invece saperne molto più. Lui e l’amico potrebbero essere stati pagati per fare una semplice .citofonata
Ovviamente si tratta di ipotesi.
Talent Scout
Nello scorso articolo ho fatto notare come in relazione ad esempio alla BMW ci siano troppe testimonianze differenti circa il colore. Ammesso e non concesso che nel giugno 1983 si fosse sviluppata un’epidemia di daltonismo acuto, le testimonianze che vedono la medesima auto di almeno tre colori diversi dovrebbe dare da pensare.
E gli identikit? Qui sotto sono esposti gli identikit divenuti noti, realizzati in quel periodo sulla base delle indicazioni dei vari testimoni. Come per le automobili, anche gli identikit sono molteplici e appartenenti a molteplici persone.
Lancio un accenno della mia teoria, che andrò via via spiegando. Prima di continuare a leggere qui sotto, vi invito a riguardare gli accenni nel paragrafo sul sudanese, dove rimando anche Loredana Nimis e Francesca Rosellina Vecchi.
Immaginiamo di essere importantissimi esponenti dello Stato italiano, della magistratura, piuttosto che appartenenti alle alte sfere vaticane. A ciò aggiungiamo che, dietro le apparenze, nel nostro io personale, si celi la devianza sessuale, la violenza, fino all’adorazione del maligno e ritorno. Immaginiamo che mi piaccia anche filmare, far circolare questa robaccia in tempi in cui Facebook era il Bar della Stazione. Benissimo, ora domandiamoci se, dal nostro altissimo livello, andremmo mai a procacciarci la preda, oppure a frequentare quei localacci della Magliana, tanto frequentati dai politici che, puntualmente si fanno beccare.
Il potere economico e non solo non ci manca, possiamo benissimo permetterci i nostri talent scout che, come MFA, in cambio ognuno di qualcosa di diverso, fanno il lavoro sporco per noi.
Ve le ricordate le ragazzine rapite e poi scaricate”? Quelle come Antonella Vitale, salve per miracolo che avevano udito “no, questa non va bene”?
Nel prossimo articolo.
1 commento
Buongiorno, complimenti per gli articoli.
Ho notato una stranezza in questo articolo: prima si parla di “coniugi De Lellis” e di “custode Andrea Paolini” (persone differenti), poi c’è un paragrafo intitolato “Il custode e suo figlio” in cui si dice “L’uomo avrebbe riferito…” e si nota che “a quell’ora, il signor De Lellis non avrebbe dovuto essere alla finestra…”.
Ma il custode era Andrea Paolini oppure il signor De Lellis?
E il testimone che disse di aver visto Emanuela a chiacchierare alle 19:10 era Paolini o De Lellis?
Grazie!