Premessa
Con questo articolo vado a concludere, per il momento, il caso di Katty Skerl. Come già detto, non lo ritengo collegato alla questione Orlandi ma, avendo come compito quello di portare a termine un quadro globale, di tutti i momenti che nel bene, ma soprattutto nel male, sono intervenuti nell’affare Emanuela Orlandi, l’omicidio di Catherine non poteva essere tralasciato. Ognuno avrà modo di giungere alle conclusioni che ritiene.
La scoperta della profanazione della tomba di Katty e del trafugamento della sua bara, di cui resta una sola “maniglia a forma d’angelo”, ha portato i parenti della giovane vittima, uccisa la notte tra il 21 e il 22 gennaio 1984, a chiedere ed ottenere la riapertura del caso.
Questo ha implicato che la Procura di Roma procedesse con la secretazione degli atti; di conseguenza, come già ricordato nel precedente articolo, le informazioni che vado a condividere sono frutto di testimonianze, documenti inerenti ad altri casi e, soprattutto, stampa dell’epoca.
Errata corrige e errori di stompa
Negli ultimi giorni ho approfondito ulteriormente e, nonostante il materiale sia scarso, sono riuscita a incrementare le informazioni; lo stesso motivo mi porta a dover rivedere e correggere alcuni dati che, invece, si sono rivelati fallaci.
Una ricerca difficoltosa ma che riesce a dare i suoi frutti, sempre. Questo lo devo a un gigante, muro portante della Gazzetta dello Sport, che vedeva una piccola e inesperta me pirlare tra i suoi corridoi e le sue sale, uffici, salette e mense: Daniele Redaelli. Uno dei migliori giornalisti che questo paese abbia mai visto. Un narratore.
Un gigante che non sgomitava ma che, al contrario, si metteva di lato per facilitare il passo agli altri. L’esplosione di gioia che aveva mentre lui, fervido interista, in quel settembre 2006 post vittoria mondiale, diceva a me, irriducibile juventina “Lippi festeggerà qui il suo compleanno, ti va di essere tu a portare la torta?”. Per l’occasione comprai anche un paio di decolté bianconere. scomodissime.
Daniele, tra una creme brulè e un’altra creme brulè, mi ha insegnato il valore e il rispetto per ogni minimo dettaglio, per ogni folle tentativo e per ogni scivolone “sii sempre giornalista da marciapiede perché è li che troverai la notizia, è lì che farai la differenza. Per la strada, nelle strade“. Un gigante che manca come l’aria. Quella pulita.
Jack Lametta
Un avvocato, avvocata.. beh ci siamo capiti (queste rogne linguistiche ci rovineranno) mi ha fatto notare che, in realtà, Jack Lametta fu arrestato e condannato nei giorni della famosa telefonata all’ANSA. La notizia venne volontariamente tenuta nascosta per evitare che il ragazzo, abbastanza problematico, venisse linciato. L’arresto avvenne la prima metà di giugno. Per il motivo di cui sopra, non fu fatto il riconoscimento quindi, ufficialmente non si può dire identificare in Jack Lametta, ma è lui. Non utilizzava una normale lametta ma un particolare anello con lama. La notizia fu divulgata dall’Unità il 2 ottobre del 1983. Qui a lato l’articolo.
Nel 1995 si verificarono casi analoghi ma, con tutta probabilità, si trattò di uno o più emulatori. Il fenomeno del copycat avvenne già nel 1983 quando, liberamente ispirato allo sfregiatore romano, un ragazzo sardo ebbe la geniale idea di seguirne le orme, fortunatamente per pochi giorni.
Jack Lametta è diventato con il tempo parte della cultura underground, una leggenda metropolitana a cui Pierfrancesco Campanella ha recentemente dedicato un cortometraggio: Taglia Corto!
Viaggio e orari
Gli orari sono indiscutibilmente il dato più complesso da fornire. Sulla stampa dell’epoca ognuno diceva la sua, cambiando di testata in testata, di giorno in giorno, financo arrivare al punto che la povera Katty muore ancora prima di uscire di casa.
Il dato più veritiero è che la ragazza lascia la festa a casa dell’amica Laura P. tra le h.18.30 e le 18.50. A venirmi in soccorso è l’unica intervista rilasciata dall’amica Angela L. a Nuovo Paese Sera. La ragazzina 16 anni non ancora compiuti, minore di un anno rispetto a Katty, riferì al giornalista che sabato 21 gennaio sentì per l’ultima volta l’amica alle ore 15.00. La Skerl la chiamò proponendole di aggregarsi alla festa di Largo Cartesio, ma Angela aveva un altro impegno, quindi si accordarono per incontrarsi la sera alle 19.30-19.45, alla fermata della metropolitana Lucio Sestio.
“Katty veniva spesso da noi e la sera, per non tornare con il buio, si fermava a dormire. Ogni volta – continua la signora Tina, mamma di Angela– la madre telefonava per controllare che tutto fosse andato bene“.
Alla festicciola a casa di Laura, Katty racconterà a tutti, entusiasta, che avrebbe dormito dall’amica e l’indomani sarebbe andata alla gita sulla neve, a Campo Felice, organizzata dalla parrocchia dei Salesiani. La giovane lascerà la casa Largo Cartesio alle 18.50, come conferma anche Enrico, uno dei partecipanti .
I ragazzi presenti quel giorno verranno tutti ascoltati dagli inquirenti. Nessuno di loro è rientrerà nel registro degli indagati: nessuno lascia la festa anticipatamente e nessuno dei presenti ha un’automobile. Alla festa di Laura Katty partecipa insieme al fratello Alexander che, nonostante l’insistenza della sorella, di un anno minore, non la accompagnerà alla fermata dell’autobus.
Katty Skerl era solita percorrere quel tragitto. Prendeva prima l‘autobus 37 fino a Termini, per poi proseguire con la metropolitana fino alla fermata Lucio Sestio. A confermarlo è proprio l’amica Angela, alla quale Katty ha più volte spiegato il percorso inverso, qualora fosse stata quest’ultima a doverla raggiungere.
A perplimere un po’ tutti, amici e famiglia, sarebbe dunque stata la richiesta di spiegazioni avanzata alla comitiva da Katty durante la festa, sul modo in cui avrebbe dovuto raggiungere Lucio Sestio: casa di Laura dista poche centinaia di metri da quella di Catherine ed Alex, al di là della via Nomentana; di conseguenza avrebbe dovuto ripetere il percorso abituale.
Le amiche a Lucio Sestio
Dando per valido il percorso “classico” indicato da Angela, se Katty parte da Largo Cartesio alle 18.50, non può arrivare alla fermata di Lucio Sisto prima delle 20.15/ 20.30 calcolando i tempi necessari a raggiungere la fermata e l’orario di passaggio dell’autobus prima e della metropolitana poi.
Cliccando sulle icone trovate breve descrizione, distanze e tempi di percorrenza.
Avendo a disposizione parte dell’intervista rilasciata da Angela, posso rispondere ad alcuni interrogativi che mi ero posta nel precedente articolo, circa le scelte prese dall’amica di Katty quella sera. Angela, che non ha ancora 16 anni, quel pomeriggio stava bazzicando, probabilmente con gli altri ragazzi, la zona del Quadraro quindi, è possibile che le ragazze si siano date appuntamento lì, perché le due amiche avevano intenzione di intrattenersi un po’prima di rincasare.
Anche Angela ritarda, e arriva alla fermata della metropolitana alle 19.40-19.45. A differenza di quanto si è sostenuto in questi 39 anni, non è corretto sostenere, almeno stando alle cronache, che Angela chiamò da una cabina per poi rincasare facendosi sentire nuovamente solo alle 22.00. Al contrario pare sia proprio lei che darà l’allarme con le sue ripetute chiamate, anche a casa di Laura, dove Katty era stata nel pomeriggio. Almeno questo è quello che viene riportato da Nuovo Paese Sera in seguito all’unica intervista rilasciata dalla ragazza
E allora per quale motivo dopo solo 20 minuti di attesa, decide di tornare alla propria abitazione, piuttosto che aspettare ancora un po’ dal momento che non essendo a casa, Katty non poteva che essere in viaggio? Anche a questo interrogativo Angela da una risposta che se non può essere completamente convincente, esibisce tuttavia una sua logica.
Angela sosterrà che, essendo lei sopraggiunta con almeno 15 minuti di ritardo e, avendone attesi almeno altri 20, pensando che Katty fosse arrivata puntuale ha immaginato che l’amica poteva essersi già avviata verso via Bova. Via Bova dove, come dimostra la testimonianza della signora Tina, Katty era di casa. Se proviamo a ricordare come ci comportavamo quando non avevamo i telefoni cellulari, questi modi di agire e di ragionare non risultano così sospetti.
In viaggio con l’assassino
Come già analizzato nello scorso articolo, la possibilità che Catherine abbia fatto l’autostop è meno che remota. Se da un lato stiamo conoscendo una Katty barricadera, idealista, festaiola e determinata, il racconto che Elisa, la madre 36enne fa della figlia, dipinge, dietro quella fascetta un po’ hippy e il pugno alzato, l’insicurezza di un’età incerta tra l’essere donna e l’essere bambina: «aveva paura del buio e di tornare a casa da sola la sera, piangeva per un brutto voto e, ogni tanto, le piaceva ancora dormire nel letto con me».
Se escludiamo, e la escludiamo, l’ipotesi autostop, sono tre i momenti in cui l’incontro di Katty è divenuto fatale: la fermata dell’autobus 37 sulla Nomentana, e il breve tratto di strada per raggiungerla; la stazione Termini, dove scesa dall’autobus prende la metropolitana, e il luogo dell’appuntamento, ovvero la fermata Lucio Sestio.
Le combinazioni potrebbero essere moltissime, ognuna con la sua sostanziale attendibilità. Senza elementi certi sostenere che Katty abbia seguito il suo carnefice alla fermata in Nomentana, a Termini o a Lucio Sestio, ha poco senso. Se non è possibile ragionare sul dove e sul quando, è invece più fattibile ragionare sul come e sul perché.
Personalmente insieme all‘autostop con conseguente maniaco, opterei per cestinare anche l’ipotesi del conoscente pervertito che offre il passaggio alla ragazza. Lui avrebbe avuto un culo incredibile, e lei una sfiga spaziale. Tuttavia se fosse questo il caso, l‘incontro sarebbe per forza di cose sulla Nomentana, o a Lucio Sestio, perché a Termini Katty non necessita di un passaggio: a quell’ora raggiungerebbe l’amica più rapidamente con la metro; indubbiamente.
L’ipotesi del conoscente-orco la trovo più che improbabile. innanzi tutto l’individuazione casuale della ragazza sarebbe particolarmente difficoltosa ed eccessivamente fortunata. E’ sabato tardo pomeriggio, diciamo ora aperitivo, Nomentana, Tuscolana e zona Termini sono trafficate e la visibilità dell’autista è ridotta: buio, pioggia e riflessi delle luci d dei fari. Aggiungiamo una Skerl rinchiusa nel cappotto e nascosta da una grossa sacca e da un ombrello.
Non si può poi ignorare che Katty Skerl verrà uccisa con modalità particolarmente simili a quelle perpetrate su altre cinque donne romane, tutte negli ultimi mesi. Questi dettagli faranno sì che la ragazza venga inserita nella lista delle vittime del “Lupo dell’Agro- Romano“, ovvero il serial killer attivo a Roma in quel periodo. Peccato che non sia lui. Su questo tornerò più tardi.
Le modalità dell’omicidio Skerl, davvero troppo simili alle altre donne, lascia solo due vie:
- E’ vittima del medesimo assassino, che indubbiamente gode della fiducia delle proprie vittime e, sicuramente, vanta una certa dignità sociale. Quindi un uomo che lei conosce e che, in qualche modo, è in grado di attirare la sua preda senza forzature.
- Il suo assassino, conscio dell’esistenza di questo criminale seriale sul territorio (i giornali dell’epoca ne parlavano ampiamente, sia a livello locale sia a livello nazionale), ne emula il modus operandi in modo da dirottare su un’altra persona il proprio crimine. Questa ipotesi comporta una premeditazione fredda, feroce e crudele, che mal si coniuga con il “delitto d’impeto” di un amante rifiutato o di chicchessia.
L’omicidio di Ketty Skerl
Catherine viene uccisa la sera del 21 gennaio del 1984. L’omicidio è di una ferocia che lascia esterrefatti. Le cronache di quelle settimane non esiteranno a paragonarlo al Massacro del Circeo. Katty giace senza vita, supina sulla terra gelida, tra i filari di vite del “lotto 50″ di via Rocca di Papa, oggi n.12. Nell’84 i numeri civici non erano ancora stati assegnati a quella località tanto isolata e difficilmente percorribile.
Il medico legale che all’epoca eseguì l’autopsia, prof. Calabrese, scrive sul referto che l’assassino, prima di strangolarla, spezza la spina dorsale alla ragazza, dalla seconda alla nona vertebra puntandole il ginocchio nel centro della schiena. Insieme alla colonna vertebrale le si spezzano anche diverse costole. Alcune schegge le perforano pleura e polmone.
Successivamente le stringe intorno al collo un filo di ferro trovato in loco, di quelli che si usano per legare le viti, ma è troppo corto così strappa la cinghia rossa dalla sacca bianca che conteneva i vestiti e gli scarponi che avrebbe dovuto indossare l’indomani, durante la gita sulla neve, e conclude lo strangolamento. Non pago di tutto questo orrore, soffoca la Skerl premendole con il piede il viso in una pozzanghera melmosa. Una ferocia inaudita.
E’ davanti alla certezza della morte della ragazza, che l’assassino (o gli assassini?) la gira supina e se ne va, abbandonandola in quel campo, solo dopo averle gettato delle manciate di terra sul viso. Un viso che compare notevolmente contuso e tumefatto, il cranio presenta estesi ematomi, segno che Katty è stata anche colpita violentemente alla testa.
Il referto parla da solo, non c’è bisogno di aggiungere altro. Tra poco vedremo come sarà dapprima inserita tra le vittime del “Lupo“. A Firenze c’è il “Mostro” negli abusi sui minori troviamo “l’Orco“. No, troppo facile allontanarci da tanta brutalità delegandone le responsabilità e l’azione a qualcosa di altro, di alieno alla razza umana. Ebbene no, troppo facile. Questi crimini scellerati sono opera di uomini, non di esseri demoniaci, e tutti noi dobbiamo farci i conti.
Il ritrovamento
Il corpo della ragazza é rinvenuto la mattina del 22 gennaio 1984., alle 10.30 nel lotto 50 dal contadino Aldo Urbanello. O meglio, questa è la versione che diverrà ufficiale nel tempo. Le cronache della prima ora, soprattutto quelle offerte da Nuovo Paese Sera, raccontano un’altra storia, una storia suffragata da un’intervista, forse l’unica, che il giornalista F.R. raccoglie in loco.
Il signor Aldo Urbanello, oggi Urbinelli (errore dell’epoca, una nuova famiglia con un nome molto simile o un lifting al cognome?) nell’immediatezza dei fatti dichiarò che il cadavere di Catherine venne trovato dal figlio di 16 anni. Il ragazzo, afferma il padre, si sarebbe avvicinato e l’avrebbe toccato scambiandolo per un uno spaventapasseri. Si spaventò moltissimo e ne rimase traumatizzato.
Niente da insinuare, probabilmente il genitore ha pensato di proteggere il figlio, tenendolo lontano dai media. La stampa non è nuova a questa tipologia di errore che viene poi ripetuto e si diffonde a macchia di leopardo. Se dovessi individuare una stranezza, la indicherei in padre e figlio che, la domenica mattina si alzano di buon’ora per lavorare in pieno inverno, un fazzoletto di terra su cui ha abbondantemente piovuto. Avanguardismo agrario. Sappiamo inoltre che il signor Urbanello trovò vicino al suo cancello delle chiavi e un pezzo di stringa delle scarpe. Che fine hanno fatto? Si è risaliti al proprietario?
Il lupo dell’Agro-Romano
Il 1983, appena concluso, sappiamo essere stato per la capitale italiana, con ogni probabilità, l’anno più nero di tutti gli anni ’80. Ai sequestri Orlandi e Gregori, si sono sommate le scomparse di 30 minori (24 femmine e 6 maschi), l’assassinio di Josè Garramon e il sequestro, seguito da rilascio, di Antonella Vitali e C.D. Questi ultimi due casi, che non sappiamo se episodi unici o semplicemente i soli emersi, suggeriscono tuttavia l’esistenza di una sommersa, ma effettiva, tratta di ragazzine, accuratamente selezionate, e di cui è importante scoprire il genere di traffico a cui erano destinate.
Sufficiente per 365 giorni no? No. Nel ’83 inquirenti e forze dell’ordine devono fare i conti con una serie di uccisioni di donne, che presentano caratteristiche comuni, troppo comuni per non vedervi una connessione. Parte così, a Roma, la caccia all’assassino.
Di questi crimini è accusato Maurizio Giuliano, 22 anni. Maurizio è divenuto celebre con l’alias Lupo dell’Agro-Romano, il serial killer di Roma. Giuliano è un giovane problematico, con enormi e certificati problemi psichiatrici. Giuliano è accusato di cinque omicidi avvenuti nella capitale e periferia e di uno a Sabaudia.
La storia di questo ragazzo, sul quale gravano ancora diverse ombre, è una triste storia di disagio frammisto a degrado. Dei sei omicidi di cui sarà accusato, tra rivendicazioni e ritrattazioni, tra brevi sprazzi di lucidità in una quotidianità all’insegna di una follia prevaricante, a Giuliano si potrà imputare il solo omicidio della commessa Giuliana Meschi, avvenuto nella campagna di Sabaudia.
Non mi soffermerò su Giuliano. A chi volesse approfondirne la vicenda, consiglio i due articoli a lui dedicati dal giornalista Matteo Pioccioni (Parte prima qui e Parte seconda qui). L’elenco delle sei donne: Thea Stroppa, Luciana Lupi, Lucia Rosa, Giuliana Meschi, Fernanda Durante, si conclude con il nome di Catherine Skerl. Ad accomunare gli omicidi è il modus operandi che prevede lo stordimenti della vittima attraverso violenti colpi al cranio con oggetto non tagliante (manganello, bastone, clava, mazza da baseball etc..), la frattura delle ossa conseguente all’immobilizzazione, strangolamento, mancanza di violenza sessuale e copertura del volto con sassi, foglie, terriccio o simili.
Il caso di Katty non è difforme, anzi lei presenta nella sostanza tutte le “tipicità” di questa serie di omicidi, che a breve proverò ad analizzare. Il motivo che porta gli inquirenti a ritenere Giuliano responsabile è una testimonianza che avrebbe visto la Skerl sulla sua vespa. A suffragare la tesi la presenza di residui di catena e olio sui pantaloni di Katty. Voi lavate i pantaloni tutti i giorni?
La questione del pantalone con residui di olio e morchia di catena non esiste. Nessuno di noi lava il pantalone ogni giorno, io li lascio campeggiare sullo schienale della sedia che è il mio vero armadio. Katty è una ragazzina e, la maggior parte dei suoi amici, come lei non ha ancora la patente. Secondo voi come si spostano?
Questione rapimento in stile Vacanze romane la trovo ridicola. Immaginiamoci pure che Katty accetti il passaggio dallo spostato, quando si accorge che sta prendendo un’altra strada secondo voi cosa farà? O meglio cosa farebbe qualsiasi persona?
La svolta dell’Uomo del Piffero
Per anni non si sentirà più parlare dell’omicidio irrisolto di Katty Skerl. Tutto cambia quando l’uomo del Piffero, a cui ho dedicato un apposito articolo, farà il suo ingresso nell’affare Orlandi-Gregori che, grazie a lui, diverrà Orlandi-Gregori-Skerl-Rosati. Di lui non ci libereremo più. Al contrario, di tanto in tanto farà capolino, con qualche sua nuova esilarante impresa.
Il silenzio degli ultimi tempi sarà sicuramente funzionale a una missione salvifica per il pianeta. Immagino attualmente si trovi al centro di un complesso intrigo internazionale dove il rapimento di una bambina sarà propedeutico al futuro assetto mondiale, quello che si andrà a delineare dopo il conflitto Ucraino-Russo. La Russia, meglio l’ex URSS è, oltretutto, una terra con la quale l’Uomo del Piffero ha molto da condividere, a partire dall’arte di mangiar bambini.
Al di là dell’ironia, eviterei di declinarvi i motivi per cui, a detta di MFA, Katty Skerl sarebbe ulteriore tassello del caso Emanuela Orlandi. Al centro ci sarebbe l’amore del trapassato Marcinkus per l’attrice Catherine Deneuve, che condivide il nome con la Skerl e con una sventurata morta folgorata in un incidente domestico. Incidente che l’Uomo del Piffero tramuta in misterioso assassinio, presumo opera di Voldemort, “Avada Kedavra!“.
Mi scuso se non sono adeguatamente informata, so che avevo promesso di raccontare tutto.
Il fidanzato emerso dalla terra
Eppure qualcosa non mi tornava però, quando ho letto l’intervista a questo “fidanzatino” fino ad oggi sconosciuto all’universo mondo, ho notato quell’affermazione un po’ greve e un po’ calcata «il fatto che Katy, oltre a essere impegnata politicamente, era anticlericale senza mezzi termini, s’infiammava contro la Chiesa. Quando nel 2013 si è parlato di una vendetta, quindi, alcuni tasselli mi sono parsi incastrarsi.».
La prima cosa che ho pensato è che fosse il cugino di Accetti, accorso in avallo alle sue tesi. Poi ho compreso che era serio. Serio si fa per dire. Gli ho proposto un’intervista che spero accetti perché non vedo l’ora di capire come ha incastrato il tassello. Ma andiamo in ordine:
- Dopo quarant’anni il fidanzatino della povera Catherine, Francesco Morini, si ricorda un dettaglio che potrebbe rivelarsi determinante e… corre a svuotare il sacco dalle forze dell’ordine o contatta la cugina, il fratello o l’avvocato che si occupa del caso. Sbagliato! Va a fare l’amarcord da Fabrizione nazionale, come la serietà del caso esige.
- Racconta che la stessa notte in cui Katty Skerl fu brutalmente aggredita ed uccisa, alle 01.00 circa di notte, sentì suonare il telefono di casa. Alla chiamata rispose la madre; incuriosito la raggiunse chiedendole cosa fosse accaduto e la madre gli disse che una voce di donna, dall’altro capo del ricevitore, per tre volte chiese aiuto.
- Di questo episodio che, immagino, assunse delle note inquietanti una volta appresa la terribile notizia, nelle deposizioni dell’epoca non ci è traccia. Non lo disse lui, non lo disse il fratello e non ne fece parola nemmeno la madre che, non essendo più tra noi, non può né confermare né smentire.
- L’indagine sull‘omicidio di Katty è finalmente in corso. Il fidanzatino sconosciuto a quasi tutti racconta un episodio rilevante, omesso in passato che sostanzialmente lo colloca a casa all’ora del delitto. Fornisce l’alibi prima che gli venga chiesto… Excusatio non petita...
- Se escludiamo il trafiletto e il bigliettino (che non ha intestazione,) che ho qui riportato, nella stampa dell’epoca non vi è traccia della figura di Francesco, e non viene mai nominato neanche da amici e parenti.
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- Proviamo ad immaginare per assurdo che fosse davvero Katty a chiamare. Secondo Francesco una ragazza che, tra l’altro, preferisce passare il weekend con altre persone, si trova in una situazione che definire tragica non è abbastanza:
- Invece di scappare o chiedere aiuto alla prima casa, cerca i gettoni e va a una cabina telefonica, collocata tra i filari di vite.
- Sta per essere uccisa e invece di chiamare la mamma (istinto primordiale) o il 112, chiama a casa del nuovo fidanzatino, di cui ricorda già il numero a memoria, anche in quella situazione, per fare cosa? Dire chi è, dov’è e magari chi sta provando ad ucciderla? Macché, come nei peggiori horror movie made in U.S.A. chiede aiuto tre volte. 3 is the magic number. Come ridicolizzare e far passare per idiota una ragazza sveglia e capace.
- Seguiamo il ragionamento di Francesco: «è stata fatta volontariamente, con l’obiettivo di depistare, di far pensare che Katy era ancora viva e non già morta strangolata nella vigna». Qui capiamo tutto, a partire del motivo per cui Katty preferiva passare il weekend con gli amici. Io come penso molti di voi, non avremmo mai creduto potesse accadere una disgrazia peggiore di MFA. Come direbbe Vasco Rossi “e invece eccola qua, da dove è venuta ma chi lo sa“.
- Dal momento che nessuno lo conosceva, infatti il depistaggio non avrebbe funzionato perché la new entry ai tempi non disse nulla, soprattutto agli inquirenti, di tutto quel che afferma oggi. Ma poi, depistaggio de che? Noi di MFA ne abbia
mo già uno, e a questo punto preferisco l’originale che, almeno le studia bene. Questa storia è un po’ come il fascismo: la prima volta è tragedia, la seconda è farsa.
- Non si capisce chi e per cosa sarebbe intervenuto… il Ganglio? il Turkesh?. E per cosa sarebbe stata scelta, per l’eccessivo anticlericalismo, la stessa ragazza che, se non fosse stata uccisa, l’indomani sarebbe andata in gita con l’oratorio.
- A questo nuovo depistaggio qualcuno crederà, qualcuno ci cascherà e contribuirà ad allontanare ancora una volta dalla verità e dalla giustizia.
- Proviamo ad immaginare per assurdo che fosse davvero Katty a chiamare. Secondo Francesco una ragazza che, tra l’altro, preferisce passare il weekend con altre persone, si trova in una situazione che definire tragica non è abbastanza:
ah, dimenticavo… il tassello… io l’ho trovato l’incastro…. A ottobre, il libreria!
Le ipotesi da scartare
Anche questo caso si è rivelato molto difficile da indagare a causa della scarsità di notizie. Ci si può fare un’idea, un’idea anche valida, ma è impensabile esporla senza una solida base probatoria. Il caso di Katty si rivela più complessa nella ricostruzione degli eventi che non nell’individuare l’ipotetico responsabile. Ora provo a illustrare le ipotesi valide e a scartare quelle troppo improbabili.
- Pista del maniaco – non vale la pena soffermarsi ulteriormente su questa ipotesi. Una delle poche “certezze” a cui siamo giunti è che Katty conoscesse il suo assassino.
- Pista dell’omicidio politico – la pista
- dell’omicidio politico non regge. Ci sarebbe molto da dire sul periodo storico che caratterizza l‘Italia dai primi anni ’70 alla prima metà degli anni ’80 e la contestualizzazione sarebbe funzionale alla comprensione di tutta una serie di eventi ed atteggiamenti che all’apparenza risultano slegati dalla politica. Purtroppo rischierei di allungare ulteriormente lo scritto e andare fuori tema. Mi limito a indicare i due elementi mancanti per imputare alla politica l’assassinio della Skerl: la rivendicazione e lo stupro. Quando, soprattutto nella fazione neofascista, l’omicidio non avveniva “in battaglia”, l’esecuzione doveva presentare i tratti caratteristici del proprio schieramento: la “firma”. Lo stupro, volto all’umiliazione del nemico era prassi negli ambienti fascisti, e non solo nei confronti delle donne – si pensi allo stupro subito da Giacomo Matteotti. Nel caso di Katty, che si presentava non solo come comunista ma anche come femminista, lo stupro ci sarebbe stato. A ciò si aggiunga il luogo del ritrovamento, troppo lontano e impegnativo per una semplice esecuzione che non contemplava nemmeno la violenza sessuale.
- Pista del conoscente incontrato per caso – anche su questa pista non è il caso di dilungarsi. Rimane valida l’ipotesi che sia salita sulla macchina di un adulto, suo conoscente, ma personalmente escludo che, se così fosse, il fatto si sia verificato “per caso”.
- Pista della furia passionale – sebbene su questa possibilità posso avere alcune remore nello scartarla, l’eccesiva violenza e la modalità troppo simile agli altri omicidi, mi porta a scartare l’ipotesi: se fosse un omicidio passionale, la volontà dell’assassino di “scagionarsi” emulando la tecnica che accomuna le altre donne, farebbe venir meno l’attenuante dell’impeto e, al contrario determinerebbe l’aggravante della premeditazione.
Ipotesi da tenere in considerazione
Pista dell’assassino seriale – è indubbio che in quegli anni, a Roma, stesse agendo un killer che commise una serie di omicidi. La dimostrazione è l’arresto di Giuliano, dimostrazione della direzione che presero le indagini delle forze dell’ordine. Questo killer, come ipotizzato dal giornalista Parisi e dal magistrato Lupacchini, era un individuo che fidelizzava le sue vittime, appartenente all’alta borghesia romana, all’apparenza mite e piacevole.
Pista dell’omicidio maturato nella cerchia di amici – Le cronache dell’epoca sostengono che gli amici della Skerl vantassero tutti un alibi solido. Non essendo a conoscenza dei dettagli, non posso esprimermi. E’ tuttavia importante evidenziare che la ragazza frequentava una compagnia composta anche da persone molto più grandi di età. Tra queste c’era chi abitava nei pressi del luogo del delitto, con una stazza compatibile alla forza necessaria a strappare una cinghia e che, in età adulta ha lavorato nel settore delle costruzioni e della manutenzione anche in ambito pubblico.
Pista dell’uomo adulto – è una pista che viene più volte indicata dalla cronaca come quella più attenzionata dagli inquirenti che, a differenza mia, avevano tutta una serie di elementi da valutare. Va da sè che non è possibile scartarla. Ipotizzo allora che con questo adulto Katty avesse una buona confidenza, che non lo incontrò per caso e che, lo stesso, goda di una serie di garanzie e coperture che gli permisero una sostanziale tranquillità nel commettere il crimine.
Pista del gruppo – personalmente è una pista poco battuta me che attira da tempo la mia attenzione, soprattutto se vista nel contesto di quegli anni e degli eventi che li caratterizzarono.. Per quanto possa apparire “fantasiosa”, se osserviamo con attenzione le cronache criminali dell’epoca e il contesto socio-politico, molta di questa fantasia viene cancellata.
Le similitudini degli omicidi imputati al serial killer, potrebbero nascere da pratiche, supportate da una base esoterica (sottolineo esoterica e non satanica) che apparteneva a un alto numero di persone legate all’area neofascista e monarchica cresciuta nel salotto di Julius Evola e consapevole del favore politico in cui agivano.
Ricordo l’importanza del contesto storico: sono gli anni di “Gladio“, del terrore della presa di potere delle forze comuniste, della violenza delle stragista e del “Golpe Borghese”. Oggi riletto e non più considerato una “macchietta” nostalgica. Pensiamo alla tranquillità con cui perpetravano i loro atti criminali molti giovani di ambienti estremisti neofascisti di cui i tre del Massacro del Circeo sono divenuti l’emblema. Non erano i soli e per comprenderlo basta sfogliare le cronache. A tal proposito faccio notare come il rimando ai “ragazzi del Circeo” è sovente richiamato negli articoli che parlano dell’omicidio di Katty Skerl.
La ritualità di tipo esoterico era ampiamente presente e, talvolta è degenerata nell’appartenenza a vere e proprie “sette” ispirate a rituali antichi di stampo tanto orientaleggiante, tanto druido nord-europeo, di forte caratterizzazione nazista-ariana. Il luogo in cui fu uccisa Katty era caratterizzato fortemente dalla presenza di gruppi dediti all’esoterismo e questo è confermato non solo dalla cronaca ma dalla testimonianza di chi abitava quel luogo.
Nell’articolo qui accanto è riportata una pratica sacrificale di origine druida, che presenta notevoli affinità con le pratiche del “serial killer“. A ciò aggiungo che la maggior parte degli appartenenti ai gruppi neofascisti più estremisti, aveva una formazione e una conoscenza di tecniche e pratiche fisiche (che ricordano quelle delle arti marziali) acquisite in corsi di formazione paramilitari, ampiamente diffusi e frequentati dai giovani dell’epoca.
Oltretutto queste ultime ipotesi non sono necessariamente scollegate tra di loro. Non si può escludere che uno del gruppo di amici o più di uno fosse legato all’ambiente dell’estrema destra. Certo è che una caratteristica di queste falangi nate in seno a gruppi paramilitari, spesso supportati dalle stesse famiglie, se agivano, agivano in gruppo.
Alle violenze e ai crimini più “usuali” -rapine, sparatorie, spaccio – aggiungevano saltuariamente omicidi eseguiti con una certa ritualità. Ciò non ha nulla a che fare con i sacrifici delle sette sataniche e spesso l’omicidio caratterizzato da ritualità esoterica aveva come vittima una persona che, in ogni caso, avrebbero dovuto eliminare.
Se proviamo a fermarci e a fare una fotografia dell’epoca, possiamo immaginare un mondo, terribile ma tant’è, in cui andavano a concorrere personaggi diversi con caratteristiche e deviazioni diverse. I neofascisti legati all’esoterismo, individui con deviazioni con i quali si chiude un occhio, anche due, in cambio di di prestazioni e favori; penso ai “talent scout” per la selezione delle ragazzine da impiegare nel mondo della prostituzione e dei filmati pornografici. In questi ambienti concorrono più personalità e più livelli, e questo potrebbe spiegare certi contatti, anche “alti” o con organismi particolari, di personaggi, all’apparenza, molto distanti.
Sarebbe molto interessante, la lettura dei diari di Katty, dove la ragazza parla ampiamente del gruppo di amici che, come sostiene il giornalista Tommaso Nelli nel suo articolo su Katty Scherl (qui), in realtà conosce da anni e non dalla vacanza in colonia della precedente estate.
Altrettanto interessante sarebbe capire, quando amici e parenti affermano che la ragazza frequentava “quelli del pratone”, a che pratone ci si riferisca. Quello di Roma o quello di Grottaferrata?
Infine, forse l’aspetto più importante, sarebbe capire quali alibi furono forniti dagli amici e anche da quegli “adulti” che diedero una festa nella zona in cui fu ritrovato il corpo della Skerl.
I sepolcri violati e i sepolcri imbiancati
Katty è stata tumulata al cimitero monumentale del Verano a Roma. Nel 2015 appare sul blog dell’Uomo del Piffero la notizia che la bara e le spoglie di Catherine Skerl non sarebbero più al Verano. Informazione che lo stesso sostiene di aver condiviso con i magistrati che, inspiegabilmente, non gli hanno creduto. (Per MFA che mi legge con rinnovato affetto, qui la favola di Esopo Al lupo! Al lupo!).
Il trafugamento della bara e del corpo di Katty è, ancora una volta, ammantato di triste mistero e animato da una vivace querelle, giocata sul rivendicare la paternità della scoperta. Invero il problema non dovrebbe essere chi c’è arrivato per prima, ma chi c’è arrivato dopo: il cimitero ad esempio. La storia di Katty, come la storia di Mirella, Emanuela, Alessia e di tutte le altre, sono storie di persone la cui vita è stata distrutta da una o più persone deviate. Oggi, a distanza di quarant’anni, non si è ottenuta né verità né giustizia, a causa del silenzio di troppi. Un silenzio imposto con la paura e con la mazzetta da pochi “eletti” a cui tutto, ma veramente tutto, è permesso.
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