Premessa
Ci sono persone che, un po’ a causa loro un po’ per destino, finiscono per diventare personaggi. E’ questo il caso di Alì Mehmet Agca che, la prima volta con consapevolezza, la seconda passivamente, entra nella storia del nostro Paese attraverso due degli eventi che hanno lasciato una ferita indelebile nell’Italia post-bellica.
Altra consuetudine, è quella di indagare la vita e i fatti che hanno visto coinvolti questi personaggi, attingendo a varie fonti, tra cui non mancano i relativi. Relativi che vengono spogliati da ogni forma di personalità e soggettività diventando la moglie di, la figlia di, il nonno di…
Fenomeno questo che si accentua particolarmente se il familiare del personaggio in questione è di sesso femminile; è così che finiamo per conoscere “Pietro Orlandi” e “la sorella di Mirella Gregori”, “Gildo Claps” e “la mamma di Cristina Golinucci”. Anche per queste ragioni, sono particolarmente felice di proporvi questa lunga intervista a una donna capace e brillante: Elena Hilah Agca. Una donna di cui si sta iniziando a vociferare ma il cui nome è stato sacrificato per essere sostituito dalla locuzione “la moglie di Alì Agca”.
Bene, oggi parla Elena. Ci parla di sè e della sua vita; non si fa portavoce ma esprime con intelligenza e precise argomentazioni le sue idee, le sue opinioni, circa due eventi della storia d’Italia, tutt’ora di attualità. Quella offertaci è una personale analisi, ricca di nuovi spunti, di chi vive in prima persona, subendo i pregiudizi e le attenzioni, le conseguenze che le azioni “del marito di Elena” hanno determinato nella sua quotidianità.
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Molte persone non conoscono nemmeno il tuo nome, per loro non sei Elena ma la “moglie di Alì Agca”. Mi racconti qualcosa di te?
Sono Elena Hilal Ağca, Hilal, che in turco significa mezzaluna, come quella che compare sulla bandiera turca, è il nome che ho assunto dopo la mia conversione all’Islam. Ho dedicato buona parte della mia vita alla cura di cani e gatti, dunque penso di potermi definire animalista e gattara.
Sono vegetariana, in passato sono stata anche vegana, ma poi a un certo punto non ce l’ho fatta più, anche perché qui in Turchia i prodotti vegani non sono così facili da trovare. L’essere umano può scegliere di non nutrirsi di altri esseri viventi e senzienti! Qui ci occupiamo di una cinquantina di gatti di strada, la spesa è elevata, ma anche Ali è d’accordo, anzi, forse è ancora più gattaro di me.
Ho scelto di convertirmi all’Islam in assoluta autonomia perché ho capito che è la vera religione, l’ultimo atto, quello conclusivo, della Rivelazione divina iniziata con Abramo. Mi considero una musulmana progressista.
Sul piano politico, in Italia, propendo verso sinistra e mi piacciono abbastanza anche i 5 Stelle, mentre da giovane ho votato spesso per Pannella! Qui in Turchia a sinistra non ci si può stare perché sono tutti radical chic e se dovessero prendere il potere trasformerebbero il Paese in una colonia americana come l’Italia. Inoltre, sostengono Assad: il dittatore sanguinario siriano, e vogliono mandare via tutti i profughi senza la minima garanzia per la loro sicurezza. Mi piace molto il presidente Erdoğan e anche il partito dei Lupi grigi, MHP.
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Cosa è significato e cosa significa per te, dal punto di vista pubblico, non privato, essere la moglie di Agca?
Prima del mio trasferimento definitivo in Turchia, mio marito mi ha sempre raccomandato, per la mia sicurezza, personale e morale, di non dire mai a nessuno che ero sposata con lui. Dunque non ho mai preso la parola in pubblico prima di qualche mese fa, cercando di digerire in silenzio il mare di falsità che trovavo scritte su di lui e sulla storia pregressa dell’attentato al Papa. Quello che per gli altri è un argomento di cronaca nera per me è la mia famiglia! E quello che sento e leggo mi da fastidio. Ho deciso di parlare dell’attentato al Papa in interviste, su Facebook, e nel libro che sto scrivendo per fare chiarezza e spazzare via tutte le falsità che sono state dette su questa storia da più parti e con finalità diverse.
Lo stesso Ali, per ragioni essenzialmente editoriali e anche per fare sensazione, appena uscito dal carcere, ha detto che il mandante dell’attentato era il cardinal Casaroli, cosa assolutamente non vera. Poi, in un secondo momento, ha detto che il mandante era Khomeini, altra frottola, alla quale io stessa avevo creduto leggendo il suo libro Mi avevano promesso il paradiso. Successivamente ho scoperto che quel libro venne scritto da un giornalista italiano, rimasto segreto, che di sua iniziativa, senza consultarsi con Ali, ha inserito ancora più balle, oltre a quella concordata su Khomeini, tipo quella che Ali era solito pregare la Madonna o che da piccolo si era allenato a tirare sassi in faccia alle persone.
Le frottole, i depistaggi nascono anche dal costume, poco etico, di certi giornalisti, editori e registi, di accostarsi ai “supertestimoni” o presunti tali, con una storia già ben confezionata, che l’interpellato deve solo confermare, magari aggiungendo qualche dettaglio. Poco tempo prima delle elezioni di quest’anno, due giornalisti televisivi turchi hanno cercato Ali per realizzare uno speciale nel quale doveva accusare nuovamente i Lupi grigi di essere i mandanti dell’attentato al Papa, per ragioni politiche ed elettorali, poiché i Lupi ( MHP) sono i maggiori alleati politici di Erdoğan.
Fortunatamente Ali ha detto di no. Spesso funziona così, dunque ho imparato che non bisogna prendere per oro colato tutto quello che si legge o che si vede in TV! La mia intenzione è quella di ripulire la scena da tutte le menzogne, errori ed equivoci che esistono intorno alla faccenda dell’attentato, e alla storia personale di Ali Ağca. Sono convinta che questa pulizia servirà anche a dissipare molte ombre che ancora gravano sui casi di Mirella Gregori e di Emanuela Orlandi. Se riusciamo a ficcarci ben in mente che un mandante occulto nell’attentato al Papa non esiste, allora riusciremo ad appropriarci della chiave di lettura giusta per smascherare tante menzogne proferite da più parti relativamente alla storia di Emanuela e di Mirella.
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Che marito è Alì? Quanto la sua storia personale ha condizionato la vostra dimensione privata?
Buono, premuroso, si occupa di tutto. Fa la spesa, paga le bollette, provvede a tutte le incombenze pratiche della vita che io detesto! Però è geloso e con una mentalità da montanaro anatolico che a me da un po’fastidio. Quest’estate ha fatto molto caldo anche qui, più del solito, e per poter uscire con abiti appena un tantino “ridotti”, ho dovuto fare certe litigate… Poi devo sempre mantenere un contegno molto serioso, quasi cimiteriale, soprattutto in presenza di altri uomini. Avessi vent’anni, capirei tutte queste preoccupazioni… va beh!
A condizionare la nostra vita è la sua notorietà che in Turchia è davvero tanta. Quarant’anni fa è finito in galera per diventare famoso, adesso gli pesa. La gente lo ferma per strada, perfino i poliziotti, per chiedergli una foto insieme e a lui da fastidio, si sente osservato! A me invece diverte! Qui non sono ancora “pubblica”, lo diventerò con la presentazione del mio libro. La sue ex, la giornalista Rabia Kazan, a suo tempo, rimediò parecchi insulti e minacce di morte da quelli della sinistra, ma in compenso l’accesa ammirazione di quelli di destra! Adesso è in America al seguito di Trump. Tipa avventurosa anche lei!
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Di cosa ti occupi nella vita?
In Italia ho fatto per diversi anni il consulente filosofico a Trastevere, ho scritto anche un libro di argomento filosofico e psicologico dal titolo Empatia. Al momento sto finendo il mio libro sulla storia di Ali e cercando di imparare dignitosamente la lingua turca, parlata e scritta, che non è proprio facile ! Il prossimo anno ho intenzione di seguire un corso di giornalismo con relativo praticantato qui a İstanbul.
Mi vedo come una futura ” signora in giallo” giornalista e scrittrice investigativa ! Un po’di esperienza l’ho già fatta. “Interrogare” Ali Ağca non è proprio una passeggiata, nemmeno per me. Poi ho anche capito bene cosa vuol dire per un giornalista inseguire un testimone reticente… sono riuscita a parlare con alcuni turchi ex sodali di Ali, ma ho dovuto penare parecchio. A uno ho dovuto fare perfino un agguato! Ho capito che ci vuole pazienza e savoir faire.
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Come ti sei innamorata di Alì?
Da ragazzina, guardando le notizie sull’attentato al Papa. Gli ho scritto per qualche anno poi, pressata da genitori e amici, ho lasciato perdere! Quando è venuto sulla tomba di Wojtyla alla fine del 2014 ho avuto un ritorno di fiamma! L’ho contattato attraverso il suo avvocato, così abbiamo iniziato a scriverci e a telefonarci. A gennaio 2015 sono andata a İstanbul e da quel momento è iniziata un’intensa storia d’amore sfociata nel matrimonio nell’ottobre successivo!
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Tuo marito è riuscito nell’incredibile impresa di essere protagonista e co-protagonista di due fatti che hanno segnato la storia dell’Italia dell’ultimo quarto di secolo del 1900: l’attentato a Papa Giovanni Paolo II e la scomparsa di Emanuela Orlandi. Le sue versioni non sono mai state molto coerenti, spesso completamente in contrapposizione. Il caso Orlandi è abbastanza evidente che l’abbia subito. L’attentato al Papa, a tuo avviso, come è nato?
Voleva a tutti i costi passare alla storia e c’è riuscito! L’attentato è nato nella mente di Ali in occasione della visita del Papa in Turchia nel ’79. Gli diede fastidio! Poi, lentamente quella vaga idea prese forma fino a concretizzarsi il 13 maggio ’81.
Voleva essere un terrorista internazionale come Carlos e passare alla storia come eroe del mondo musulmano. Forse era il suo destino, scritto nelle stelle e già annunciato dal Terzo mistero di Fatima.
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Ti ha mai raccontato la dinamica dell’attentato?
Si, per scrivere il libro, l’ho “interrogato” a fondo, soprattutto di mattina, al caffé, davanti a un cappuccino. La dinamica dell’attentato fu molto semplice. Un sopralluogo a piazza San Pietro il 15 di aprile, durante un’udienza papale del mercoledì e in quel momento non aveva ancora nemmeno deciso se compiere veramente l’attentato o meno.
Era ancora solo un pensiero che lo solleticava. Poi, durante la vacanza meditativa a Palma de Mallorca prese la tragica decisione. Telefonò a Omer Bağcı in Svizzera e gli chiese di portargli la pistola a Milano. Lui disgraziatamente lo fece, portandosi dietro anche un vicino di casa, fan di Ali. Era un povero vetraio turco emigrato in Svizzera, simpatizzante dei Lupi grigi e ammiratore di Ali per l’affaire Ipekçi. Conosco Bağcı, è un uomo buono che commise un’imprudenza per la quale rischiò 25 anni di carcere! Non sapeva assolutamente che cosa Ali Ağca dovesse farci con quella pistola!
All’epoca, in piazza San Pietro, non c’erano controlli, dunque non risultò difficile per Ali mischiarsi alla folla dei fedeli e sparare al Papa. La posizione di tiro non era delle più felici, teneva la pistola con una sola mano e il braccio alzato sulle teste delle persone, sparò due colpi, mirando al centro dalla figura del Pontefice, ma il proiettile fortunatamente non raggiunse il cuore, bensì il colon. Ali provò a sparare un terzo colpo, ma la pistola si inceppò, infatti la scientifica estrasse un proiettile incastrato da dentro la canna.
A fattaccio compiuto, Ağca gettò subito via l’arma, ormai inservibile, e cercò di scappare, ma si sentì quasi subito abbracciare da dietro, era suor Lucia che lo bloccò per prima. Subito dopo sopraggiunsero svariati poliziotti e carabinieri che lo arrestarono. Ali disse a suor Lucia: “non io, non io”! E non disse affato “I am only” come alcuni complottisti sostengono. Questo venne fuori chiaramente al processo! Solo dentro all’Ispettorato del Vaticano, alla precisa domanda di un agente di polizia, rispose “sono solo”.
- Dopo l’attentato a Giovanni Paolo II, è evidente che sia caduto in balia di forti pressioni, fuori e dentro le mura vaticane. Queste pressioni continuano ancora?
Fin da subito Ali venne pesantemente interrogato affinché rivelasse i nomi dei presunti mandanti dell’attentato, ma Ali chiarì di avere agito da solo e tutto sommato gli parve di essere creduto. Il giudice Sica fu molto corretto con lui, non cercò di manipolarlo nè gli suggerì mai nulla. Anzi, attirò la sua simpatia rivelandogli di essere parente di Che Guevara.
La prima sentenza del 1981 stabilì che Ağca aveva agito da solo e che in piazza San Pietro erano stati sparati due colpi. Le pressioni cominciarono in seguito, quando gli fu esplicitamente chiesto da parte italiana e papale di accusare i Servizi bulgari per l’attentato a Wojtyla.
No, attualmente non siamo sottoposti ad alcun tipo di pressione.
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Tu hai subito o subisci pressioni o ti senti, dal punto di vista dei diritti personali, completamente libera?
In quanto a me, durante l’ultimo periodo che ho passato in Italia, ho subito pressioni. Mi sono successe cose strane. Qualcuno ha voluto farmi capire fin da subito che ero monitorata, tenuta d’occhio, controllata in ogni mio movimento. Ci sono state intromissioni improprie nella mia vita privata e nelle mie amicizie, al punto che qualcuno si è pure defilato. Diciamo che qualcuno si è dato da fare per rendermi l’ambiente romano un tantino inospitale, servendosi di soggetti subdoli e compiacenti, in modo da accelerare la mia partenza definitiva.
Forse, la maggiore preoccupazione delle autorità italiane era quella che potessi far venire Ağca in Italia con il ricongiungimento familiare! Da quando vivo stabilmente in Turchia è tutto tranquillo e non ho più notato nulla di anomalo.
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Vi sentite al sicuro in Italia? Le forze di allora, magari con gli ovvi avvicendamenti, sono le forze di oggi?
Viviamo a İstanbul e francamente io sto bene qui. Con tutto quello che ho detto negli ultimi mesi, magari evito di passare per l’Italia, almeno nell’immediato, non si sa mai… Ali è convinto che il sistema sia sempre il medesimo e ne ha un certo timore. Io sono sicura che nel 2000, prima di essere spedito in Turchia, venne gravemente minacciato perché non ha mai voluto che io dicessi che ero sposata con lui o che concedessi interviste a qualcuno, per la mia sicurezza personale e per quella di entrambi.
È normale che un uomo si confidi con l’amante, la fidanzata o la moglie, dunque io, per il solo fatto di esistere, risulto indigesta per qualcuno, anche quando stavo zitta e ne ho avuto anche una ripugnante conferma! Se qualcosa è cambiato rispetto a quarant’anni fa, lo vedremo con la Commissione parlamentare d’inchiesta. Se non verrà approvata, significherà che nulla è cambiato!
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In quegli anni, a Roma, l’eversione nera, spesso ben mischiata con la criminalità locale, nazionale e i servizi “deviati”, di fatto, creava un sodalizio molto potente. Quando Alì ha agito, era consapevole di chi avesse alle spalle o, come accadde in altre occasioni, si mostrarono come una forza ben diversa?
Questa domanda, mi fa capire che anche tu, come la maggior parte della gente, ritieni che ci fosse un mandante alle spalle di Ali, ma non è così ! Ali Ağca ha sparato al Papa di sua iniziativa perché voleva passare alla storia come un grande eroe del mondo musulmano. Questa è la verità, mentre tutto il resto è montatura ! L’eversione nera che interesse avrebbe avuto a colpire un Papa così fortemente anticomunista?!
I “servizi deviati “sono una leggenda metropolitana, ci sono i Servizi segreti, all’interno dei quali, c’è qualcuno che talvolta si comporta un po’peggio degli altri. Il Supersismi, ad esempio, non è mai esistito! In Italia poi, i Servizi sono l’ultima ruota del carro. Anche ai vertici, non prendono mai decisioni autonome, non impartiscono ordini, semplicemente li eseguono. Sono manovali di chi il potere lo detiene davvero: politici, magistrati e alti prelati. Se poi c’è un problema, la colpa ricade sempre su di loro, e per non coinvolgere tutto il Sarvizio, si parla di elementi deviati.
- Credi ci fosse la volontà di convincere che era l’area di sinistra la mente dietro all’attentato.
Certo che si! Gli unici veri complici di Ali sono stati gli ideatori della falsa Pista bulgara ovvero papa Wojtyla, (Dziwisz, Marcinkus, i polacchi vaticani) e i suoi vassalli dentro le istituzioni italiane. Il “garbuglio molto grosso” di cui parlò Wojtyla a Montanelli, non era precedente l’attentato, ma successivo. Quello che una certa Italia commise fu un vero “atto di guerra in tempo di pace” ( e non il contrario) contro la Repubblica di Bulgaria e il blocco sovietico!
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Che idea ti sei fatta del Vaticano e del suo ruolo nei fatti degli anni 80?
Wojtyla è stato un grande leader politico. Con l’aiuto di Reagan e della Cia ha fatto crollare il blocco comunista. Eventi come il crack dell’Ambrosiano, la morte di Calvi, di Ambrosoli e di Sindona non sarebbero mai accaduti senza la crociata anticomunista del Papa polacco!
Anche il sequestro di Mirella ed Emanuela, per come la vediamo noi, è da inquadrare in questo contesto. Gli anni 80 sono stati l’ultimo decennio della Guerra fredda e praticamente tutti i fatti di quel periodo vanno letti secondo tale prospettiva.
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Passiamo ad Emanuela. Ogni qual volta sembra essere vicini alla verità, questa sfugge. Credi ci si arriverà mai?
Spero di si! E lo spero per entrambe le ragazze Emanuela e Mirella. Tutto dipende dalla Commissione parlamentare d’inchiesta. Se verrà istituita allora significa che, rispetto a 40 anni fa, il sistema è cambiato, se non ci sarà, allora vorrà dire che tutto è uguale a prima e i depistaggi continueranno a regnare indisturbati.
Ho studiato bene tutte le varie piste e mi pare che facciano acqua da tutte le parti. La pista internazionale fu una montatura che regnò fino al ’97; la pista della Magliana è una montatura giornalistica realizzata da Chi l’ha visto? poi avallata anche da elementi istituzionali come Nicola Cavaliere e da certi magistrati, dunque mi pare si possa anche parlare di vero depistaggio volto a orientare l’opinione pubblica altrove, rispetto alla verità.
Poi è arrivato, che non è nemmeno un depistaggio, ma solo una bufala. Poi Neroni, una variante della Magliana, (le montature hanno le varianti come il C.o.v.i.d) che oltre a definire Emanuela e Mirella delle “zozzette” e poverine non lo erano, dice una boiata antistorica senza eguali: Casaroli sarebbe intervenuto a ripulire le “schifezze” di Wojtyla.
Innanzitutto Casaroli non poteva nemmeno avvicinarsi a Wojtyla perché i suoi polacchi facevano da filtro e da scudo umano intorno al Pontefice e poi, se Casaroli avesse saputo qualcosa di compromettente su Wojtyla e Marcinkus, l’avrebbe usata per far cessare l’emorragia di denaro verso Solidarność e ammorbidire la linea dura di Wojtyla verso il blocco sovietico, ma non riuscì a fare niente di tutto ciò perché i finanziamenti continuarono fino alla vittoria finale! Come ritiene Lupacchini, Neroni certamente sapeva di essere registrato! Per ultima, la pista dello zio Mario, altra grande bufala che getta una pessima luce sul lavoro di Diddi e Lo Voi. Stiamo a vedere che cosa succederà adesso.
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Hai nominato il signor Meneguzzi, cosa ne pensi dei reiterati attacchi allo zio, nonstante fosse già conclamata la sua estraneità ai fatti?
La questione di Mario Meneguzzi è tuttavia interessante perché rivela un punto importante: Casaroli ha indagato sul caso di Emanuela! Perchè altrimenti avrebbe interpellato il confessore di Natalina Orlandi per informarsi su fatti privati, addirittura coperti dal segreto della confessione appena tre mesi dopo la scomparsa di Emanuela? Casaroli, il Segretario di Stato, e quindi il numero due in Vaticano, anche se di fatto era stato messo all’angolo dal Papa polacco, era la persona che rispondeva alle telefonate dei rapitori, e che dunque conduceva la trattativa riservata con questi.
Che cosa si dicevano? Il tema era sempre la grazia ad Ağca o, come sostengono in molti, un ricatto finanziario? In ogni caso, il Segretario di Stato cercò qualcosa altrove, perché evidentemente non credeva a quello che gli stavano raccontando. Poi si sarà reso conto,sia lui che Sica, che con la pista dello zio Mario stavano prendendo un granchio colossale, e hanno lasciato perdere!
Bisogna mettersi nei panni di Casaroli per capire cosa lo spinse a interpellare il padre spirituale di Natalina in Colombia! Secondo me, Casaroli deve aver pensato che tutta la faccenda del terrorismo internazionale e tutta la trattativa pubblica e riservata con i rapitori doveva essere una delle macchinazioni di Wojtyla e provò a smontarla come poteva, senza tuttavia riuscirci.
Casaroli aveva già provato a indagare su Marcinkus per mezzo di Santovito, capo del Sismi, e Francesco Pazienza, aveva effettivamente trovato qualcosa di parecchio compromettente sul contro di Marcinkus e indirettamente contro il Papa. Pazienza tuttavia scelse di consegnare i documenti a Calvi e così il povero Casaroli dovette attattarsi al tram!
- Ognuno in Italia ha una sua personale pista, qual è la tua?
Dopo avere ascoltato TUTTE le udienze del secondo processo per l’attentato al Papa e averne trascritte le parti più importanti, mi sono fatta un’idea abbastanza precisa. Il “processo del secolo” fu in realtà la “farsa” del secolo fortemente voluta da papa Wojtyla per la forte risonanza internazionale che avrebbe avuto. Yuri Andropov, il capo di uno Stato estero, venne definito dal Sostituto procuratore Albano come una sorta di “alligatore” che aveva ordinato l’attentato al Papa!
L’Ambasciata di Bulgaria venne descritta come un covo di spie e di assassini. L’Italia in quel frangente non si comportò come uno Stato di diritto, ma come il Cile di Pinochet, tanto caro a Wojtyla! È questa “la falla difficile da richiudere” di cui spesso parla Pietro?! Solo che alcuni erano consapevoli, mentre tanti altri vennero ingannati. Alla fine comunque credo abbia prevalso la “ragion di stato” per tutti! Per capire il caso di Emanuela e di Mirella, dobbiamo sforzarci di capire la gravità di quel fatto! Lo ripeto: il “processo del secolo” fu una montatura politica, un vero e proprio ATTO DI GUERRA CONTRO UNO STATO ESTERO, UN ATTO VOLONTARIO e non frutto di un qualche errore giudiziario.
Uomini innocenti, cittadini stranieri, vennero privati della loro libertà personale e sbattuti in carcere come criminali! Un fatto gravissimo, ulteriormente aggravato e reiterato da quell’insulto all’intelligenza umana quale fu la Commissione Mitrokhin! E il suo presidente, Paolo Guzzanti ancora parla e si permette pure di criticare Pietro Orlandi !!
La pista del terrorismo internazionale per il sequestro Gregori/Orlandi è figlia della Pista bulgara, la sua diretta conseguenza! Fu il Papa che parlò per primo di sequestro di persona e fu sempre il Papa che lanciò la pista del terrorismo internazionale! Una certa Italia obbedì ai suoi ordini con il permesso di alcuni settori della CIA. (Anche lì c’erano le fazioni, pro e contro Pista bulgara).
Il Papa voleva a tutti i costi quel processo contro il blocco sovietico! Si trattava di orientare l’opinione pubblica cattolica mondiale contro l’Unione Sovietica che opprimeva la sua Polonia. Un’occasione di discredito mondiale imperdibile! Ağca però aveva già subito una condanna all’ergastolo e non poteva più usufruire della legge sui pentiti.
Allora come fare a convincerlo ad accusare i Bulgari e i suoi amici turchi? Gli promisero la liberazione in due anni mediante la grazia presidenziale Il Papa tuttavia non poteva andare da Pertini a chiedere la grazia per Ağca senza un valido motivo e di certo non poteva andargli a dire “per favore conceda la grazia ad Ağca così mi accusa i sovietici per l’attentato contro di me”! Ad altri soggetti conniventi poteva anche dirlo, ma non al Partigiano !
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Vennero mai avanzate richieste ad Agca, quando si trovava in carcere?
Svariati preti e il Papa stesso chiesero ad Ağca di convertirsi al Cristianesimo e di iniziare il percorso per farsi prete ma lui non volle in nessun modo. Anche quella sarebbe stata un’ottima scusa per chiedere la grazia per lui a Pertini. Il Papa in persona disse ad Adnan, il fratello di Ali, e a mia suocera, ” come faccio ad aiutarlo se è lui che non aiuta se stesso? ” Doveva corvertirsi, ricevere il battesimo pubblico e solenne dal Papa stesso e farsi prete, così Wojtyla avrebbe potuto facilmente chiedere il suo trasferimento in Vaticano.
Ali non era disposto a tradire la sua fede, “meglio la morte”, mi ha detto. Allora dovettero trovare una soluzione: il rapimento di una ragazzina italiana, per colpire i sentimenti di Pertini, per suscitare la sua pietà. La scelta, non sappiamo perchè cadde su Mirella Gregori. Forse proprio in virtù di quella foto che la ritraeva estasiata davanti al Papa e alla conoscenza con Bonarelli, vicino di casa dei Gregori.
Sta di fatto che 8 o 9 giorni dalla sparizione di Mirella, una figura molto istituzionale andò da Ali con la DENUNCIA DI SCOMPARSA DI MIRELLA GREGORI e gli disse : “adesso vedrai che il Presidente ti darà la grazia”! Poteva essere una fotocopia oppure un fax, più probabilmente un foglio inviato via fax. Per quanto ne sa Ali, le trattative con Pertini iniziarono fin da subito.
Evidentemente Mirella non era abbastanza, così passarono a Emanuela Orlandi, una cittadina vaticana, che consentiva al Papa di fare la sua sceneggieta davanti a Pertini e al mondo, giocandosi la carta della pietà umana! Iniziò così il balletto delle telefonate, dei messaggi e degli appelli papali in mondovisione! Ovviamente,i rapitori delle due ragazzine dovevano risultare gli stessi terroristi criminali che avevano attentato alla vita del Papa: i Bulgari, il KGB o forse il Gru o perchè no? La Stasi ! Magari assistita dai suoi manovali turchi, i Lupi grigi. In questo modo Wojtyla non solo ottenne da Ağca l’accusa contro i Bulgari, ma anche un nuovo siluro da lanciare contro l’Unione Sovietica e magari anche contro Casaroli
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Non vedi alternative a una pista legata alle necessità del Vaticano inserito in un’ottica di Guerra fredda?
L’altra possibilità, secondo me, più remota, è che le sparizioni di Emanuela e di Mirella siano stati due semplici casi di cronaca nera, strumentalizzati per scopi politici. In questo caso, sia Wojtyla sia gli altri soggetti coinvolti nell’operazione, ( persone di rilievo che tenevano molto alla propria reputazione) dovevano conoscere con esattezza la sorte delle ragazze poiché non potevano correre il rischio che Emanuela e Mirella rispuntassero all’improvviso nel bel mezzo dello show!
In ogni caso, se pensiamo a come si è svolta la faccenda della denuncia di scomparsa di Mirella, questa seconda possibilità mi sembra un tantino improbabile. Qualcuno si mise là con il retino nell’attesa che piovesse dal cielo la denuncia di una qualsiasi ragazza italiana scomparsa?! Poco plausibile!
Penso che elementi di verità si trovino nella “pista inglese”. Quell’allontanamento domiciliare gestito e finanziato dal Vaticano mi suona bene!
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A casa vi capita di confrontarvi sulla questione Orlandi. Credi che tuo marito sia effettivamente a conoscenza del destino di Emenuela? Le pressioni che subisce arrivano maggiormente da ambienti vaticani o a loro vicini oppure dalla criminalità e dalle forze più vicini alle istituzioni nazionali?
Si spesso. Lui si sente molto legato alla storia di Emanuela è come se fosse la sua stessa storia e poi è anche piuttosto certo che se non ci fosse stato l’attentato, Emanuela avrebbe continuato con la sua vita. Su Emanuela lui è convinto di conoscere la verità, ma si tratta comunque di notizie apprese da altri che potrebbero avergli mentito. Se, come qualcuno gli precisò,
Emanuela era stata davvero rapita dai “capi del Cristianesimo” per ottenere la sua liberazione, perchè ucciderla quando potevano facilmente plagiarla a quell’età?! In fondo, anche la mamma di Emanuela mi pare la pensi allo stesso modo. Lo ha ripetuto anche Natalina Orlandi durante un episodio della serie Netflix: “Emanuela vive tranquilla in un convento, le hanno fatto il lavaggio del cervello e si è dimenticata di noi, per questo non si fa sentire”. Karol Wojtyla era un Papa, non un delinquente abituale!
Ali Ağca non è sottoposto a pressioni di alcun tipo, qualcuno forse dell’Opus Dei, gli è stato un po’addosso affinché si convertisse al Cristianesimo, fino a qualche anno fa, ma mai pressioni vere e proprie. Ali mi invita sempre alla prodenza e a non “sfidare” troppo il sistema perché potrebbe vendicarsi. Ho salvato il libro in una pennetta perché temo che possa entrare nel computer e cancellarmelo!
La criminalità comune o organizzata in queta storia non c’entra. Non c’entrava con l’attentato e non penso c’entri nemmeno con i sequestri. È tutta una faccenda più istituzionale e vaticana. La “ragion di stato” come diceva Ercole Orlandi, o quella “falla difficile da richiudere”…queste sono le affermazioni che descrivono i fatti: capi di Stato, ministri come Scalfaro, alti magistrati, alti prelati come Dziwisz o Re, il Papa, i vertici dei Servizi segreti come De Francesco. .Questo è il livello della storia! Niente e nessuno di meno!
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Quest’anno ricorrono i quarant’anni dalle scomparse. Perché, secondo la tua idea, non è stato possibile riuscire ad allontanarsi sempre più dalla verità, piuttosto che avvicinarla.
Si, hai detto bene. Ci si è allontanati sempre di più dalla verità perchè, da un lato, il Vaticano si è chiuso a riccio, soprattutto durante il pontificato di Ratzinger che certamente aveva delle responsabilità dirette nella vicenda. Mentre, dall’altro, si sono intromessi in troppi nella storia di Emanuela, veri depistatori o solo romanzieri desiderosi di farsi un nome sfruttando quello molto famoso della ragazza.
I danni peggiori, secondo me li ha fatti Chi l’ha visto?, lanciando la pista di De Pedis e della Banda della Magliana con quella telefonata del 18 luglio 2005, partita dall’interno della Rai! Da quel momento nell’immaginario collettivo il volto di Emanuela è associato al sarcofago di De Pedis. L’hanno pure aperto, che c’era dentro?! Le gesta della Banda, la figura di De Pedis, la presunta relazione tra lui e la Minardi… tutte cose amplificate enormemente da articoli, film, libri quando si tratta invece di realtà ben più modeste e squallide.
Dire che quattro delinquenti di borgata abbiano potuto provare a ricattare il Papa per ragioni economiche fa semplicemente ridere. Il Papa non era il sindaco di Frascati! Era a pari livello con Reagan e contava sull’amicizia e la collaborazione della Casa Bianca e della Cia. Il cattolicissimo Bill Casey è andato 15 volte da Wojtyla e gli agenti della Cia andavano a fare rapporto a lui sulla questione polacca ! E Marcinkus, anche lui della Cia, si sarebbe rivolto a un disgraziato come De Pedis che, tra l’altro, per campare, sfruttava le prostitute, Minardi inclusa, in un appartamento dove dietro gli specchi c’erano telecamere nascoste per filmare e ricattare i clienti?! Ma di cosa stiamo parlando?!
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Quindi escludi in toto una collaborazione da parte della malavita locale?
L’onore del capo dello IOR e del Governatore dello Stato Vaticano e l’onore stesso del Papa in mano a De Pedis?!!! O in mano a un Sergione o a un Gigetto o a un Ciletto?! E l’avrebbero affidata a una povera donna drogata fracica ? Non è che i tossicodipendenti siano proprio il massimo della discrezione…. Gente che entrava e usciva di galera continuamente e che avrebbe potuto cantare il giorno dopo?!E Chi l’ha visto? insiste tenendo Mancini in vetrina, spacciandolo come grande consulente, solo perchè ha scritto un libro con la Sciarelli. Dopo aver ammazzato cinque persone ed essersi “pentito” venne imbeccato e comprato affinché accusasse Vitalone e Andreotti in un altro processo farsa, totalmente politico !
Ci avevano già provato ad usare Pazienza per incastrare Vitalone, ma lui aveva rifiutato, così ripiegarono su Mancini, decisamente più manovrabile anche perchè era in galera con una condanna a 35 anni da scontare. Molto affidabile dunque! Lupacchini, il magistrato che sgominò la Banda con l’operazione Colosseo, ha chiarito che durante la sua inchiesta nessuno della Magliana aveva mai detto una parola su Emanuela o su Mirella. Dopo l’exploit della Minardi, qualche “pentito” si è accodato per ottenere dei benefici. Io la vedo così.
Mediante la bufala della Magliana e altre, si è voluto intenzionalmente dirottare l’attenzione del pubblico da certe istituzioni italiane alla criminalità locale e organizzata. Per anni siamo stati bombardati dalle immagini della Banda che ci hanno fritto il cervello. Ormai, nell’immaginario collettivo, il volto di Emanuela è associato a quello di De Pedis e all’immagine del suo sarcofago! Il complice operativo di Wojtyla sul suolo italiano è stato il Sisde, guidato da De Francesco e dal ministro degli Interni Oscar Luigi Scalfaro, e da soggetti loschi come il dott. Leone, l’avvocato
Egidio, Nicola Cavaliere. non quei quattro stracciaroli della Magliana!! Consentimi di citare una frase di Giulio Gangi relativa al suo superiore Gianfranco Gramendola alias “Leone”: «Che razza di comportamento. E se fosse stato complice del rapimento?» (Otello Lupacchini, Max Parisi, Dodici donne un solo assassino… P.54) Qui direi che ci siamo! Giulio Gangi poverino è morto all’impovviso, era stata annunciata la sua autopsia, poi non ci hanno detto più niente…. Sisde, Gladio, Opus Dei, Servizi vaticani, queste sono le realtà degne di attenzione non la malavita!
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Nella questione Orlandi la competizione, le invidie e la spocchia di certi giornalisti ha fortemente danneggiato le indagini e cercato di condizionare l’opinione pubblica. Quanto la contrapposizione, piuttosto della logica collaborazione ha creato danni?
Si, ho notato anche io una rivalità estrema. Ciascuno è convinto di avere la verità in tasca, quando in realtà si tratta sempre solo di semplici ipotesi . Collaborare, piuttosto che litigare, sarebbe meglio!
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Si avverte spesso molto astio, quasi personale, nei confronti della famiglia, caratteristica unica in questo genere di situazioni; in particolar modo nei confronti di Pietro Orlandi che, oggettivamene, ogni tanto fa degli scivoloni anche notevoli. Credi che venga appositamente depistato in modo da danneggiarne volontariamente e progressivamente la credibilità?
È possibile. In effetti con la storia dello zio Mario si è cercato di minare la credibilità di tutta la famiglia. Penso che la famiglia Orlandi sia stata depistata, ingannata da tanti a cominciare da certe istituzioni che invece avrebbero dovuto aiutarli. C’è una raccomandazione molto usata qui in Turchia che potrebbe essere utile anche a Pietro Orlandi: “fai attenzione ai ragazzi con i quali ti siedi”!
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Molti attori si sono insinuati nel caso Orlandi. Presumi abbia avuto un ruolo la criminalità locale?
No. Mirella ed Emanuela sono un affare di Stato non della criminalità. La conferma l’abbiamo avuta anche da Pippo Calò che a Laura Sgrò, una sua compaesana giovane e carina, disse che di Emanuela Orlandi sapeva solo quello che aveva letto sui giornali. Cioè non lo aveva appreso dai suoi uomini o da qualche banda criminale operante sul suo territorio! Per me è una risposta più che esauriente!
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Tuo marito ha spesso affermato che Emanuela fosse viva, come può saperlo? Perché periodicamente ribadisce questa informazione?
Come ho già accennato sopra, non può saperlo con certezza, ma può solo fidarsi di quello che nel corso degli anni gli è stato detto. Conoscendolo, ogni volta che dichiara che Emanuela è viva e sta bene, in realtà sta difendendo papa Wojtyla. Vale a dire: il mio Papa, quello che mi ha perdonato, e che mi ha illuminato sul Terzo mistero di Fatima, non è un assassino!
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Il caso Orlandi è stato, in più occasioni, collegato alla Turchia. Perché?
Emanuela con la Turchia non c’entra proprio niente! Se fosse passata di qui Ali lo saprebbe senza ombra di dubbio perché ha tante amicizie negli ambienti più diversi. Assolutamente no! Il punto è che per edificare la falsa pista bulgara fu necessario coinvolgere gli amici turchi Lupi grigi che lo avevano aiutato nella sua latitanza, non perchè dovevano fargli uccidere il Papa, ma perchè si era assunto la responsabilità dell’omicidio del giornalista Ipekçi pur non avendolo commesso.
Dopo il sequestro delle ragazze, i fautori della pista internazionale, sostenevano il coinvolgimento dei Lupi grigi nel sequestro, cosa ovviamente non vera. Pensa ai comunicati Turkesh che portavano il nome del fondatore del movimento degli idealisti turchi, Alparslan Türkeş. E quelli erano un certo Sisde, come i Phoenix, non la Stasi!
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Hai avuto rapporti con la famiglia Orlandi? Come si sono posti nei confronti tuoi e di tuo marito?
Si, con Pietro ci siamo scambiati alcuni messaggi ed è stato gentile. Lo seguo sui social e mi sembra arrabbiato ed esasperato e credo abbia tutte le ragioni per esserlo!
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Ritieni che alcuni giornalisti abbiano cercato di strumentalizzare le vostre parole, se si in che occasione?
Ad Ali è certamente capitato. Le sue parole, la sua stessa storia, è stata usata, strumentalizzata, deformata in tutte le maniere possibili e in contesti diversi. A me ancora non è capitato !
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Periodicamente si torna a parlare di questa pellicola, girata pochissimo tempo dopo la scomparsa di Emanuela, che ebbe un’unica proiezione e poi fu trafugata e distrutta. Hai mai saputo qualcosa a riguardo?
Penso tu ti stia riferendo al film Liberate Emanuela. Ali non ne sa niente, ma esclude che Bekir Çelenk abbia potuto finanziarlo. Çelenk non c’entrava nulla né con l’attentato al Papa né con i sequestri.
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Il Personaggio di Marco Accetti ha destabilizzato molto il corso delle indagini. Ignora moltissime cose per poi conoscere particolari inediti. Una volta mi hai detto che pensi che sia un personaggio studiato a tavolino da Peronaci. Cosa te lo fa pensare? Quale potrebbe essere il motivo, solo il guadagno personale?
Non tanto il personaggio, quello è suo, decisamente originale, lo abbiamo visto bene tutti su Netflix, ma piuttosto la storia che racconta che, a mio avviso, presuppone uno studio attento delle carte e l’accesso diretto a determinate fonti ufficiali che Accetti non penso abbia! Nelle carte poi non è detto che ci sia scritta la verità. Allora che succede? Allora succede che certe fregnacce vengono riciclate, mentre particolari veri risultano deformati. Insomma io penso che qui qualcuno si sia ricucito addosso una storia non sua e che per farlo abbia avuto bisogno dell’aiuto di un qualche sarto.
Vediamo ad esempio la questione dei messaggi in codice.
Ali Ağca ne parlò pubblicamente durante un’intervista per lo speciale del Tg1 del 17 marzo 1988, pubblicata di recente nel gruppo Facebook Emanuela Orlandi. Durante il processo era emerso chiaramente che Ağca era stato imbeccato perché erano state riscontrate delle gravi anomalie nella versione che raccontava come ad esempio nomi di società istituite solo dopo il suo arresto e numeri di telefono che lui pretendeva di aver chiamato prima dell’attentato, mentre invece erano stati attivati solo un anno dopo! Ciò accadde ad esempio con la società di un collaboratore di Bekir Çelenk,la Trakia Export, e con le sue utenze telefoniche.
Ağca tentò di giustificarsi dicendo di avere appreso quelle informazioni e tante altre dai giornali, ma il giudice Santiapichi e gli avvocati della difesa andarono a fare svariate ricerche sui giornali senza trovare nulla. Per coprire i vari “soffiatori”, il suo avvocato d’ufficio, Pietro D’Ovidio, legato al Sisde, gli suggerì la storia dei messaggi in codice, completamente falsa! I giudici della Corte d’Assise non riuscivano a trovare i messaggi perché questi erano in codice, un codice concordato in precedenza tra Ali e i suoi complici. In realtà non c’era NESSUNO all’esterno che potesse suggerire qualcosa ad Ağca.
I soffiatori stavano DENTRO le istituzioni, manipolando la Pista bulgara e la Pista internazionale!! Il caro Ağca arrivò a dire che le lettere d’amore che gli mandavo io erano piene di codici che gli suggerivano particolari sui Bulgari! Non solo, disse anche che io, Helena, ero la moglie di Amis, una spia americana doppiogiochista! All’epoca avevo 14 anni e abitavo a Cervia!! Né io, né Pazienza, né Amis gli abbiamo mai suggerito niente! La manipolazione di Ağca era istituzionale, risulta dunque inutile e depistante collocarla all’esterno!
L’ex giudice Imposimato ad esempio, uno dei maggiori fautori della Pista bulgara e della pista internazionale, che è stato perfino l’avvocato della signora Maria Pezzano, ha dichiarato e scritto nei suoi libri, che Ağca aveva compreso per primo che Emanuela era stata rapita dai suoi complici per liberarlo e per questo aveva cominciato a ritrattare la pista bulgara il 28 giugno 1983. Questo è falso, perché in quella data Ağca ritrattò solo il mai progettato attentato a Walesa e alcuni particolari sbagliati, cioè suggeriti male, perché così gli avevano detto di fare di fare! E non fu certo Accetti o il fantomatico Ganglio a dirglielo!! Ağca apprese del rapimento di Emanuela solo a luglio, dopo il primo appello papale del 3/7/83.
I particolari ritrattati erano la visita all’appartamento di Antonov poiché Ağca ne avva dato una descrizione impropria scoperta personalmente dall’avvocato di Antonov Giuseppe Consolo e l’incontro con la moglie e la figlia di Antonov la sera del 10 maggio ’81 perché sempre Consolo scoprì che in quella data si trovavano a Sofia! È tutto agli atti! La Pista bulgara non venne affatto demolita e proseguì spedita fino al secondo processo.
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Possiamo quindi evitare di perdere tempo su codici e numeri vari?
L’unico codice reale è il 158, quello usato dai rapitori per parlare con Casaroli. Non si trattava di un numero da comporre direttamente, ma di un codice verbale che il telefonista comunicava al centralino vaticano. Ad Ağca dissero che quel codice era lui, la sua data di nascita gennaio ’58, e che le telefonate riservate tra i rapitori e il Segretario di Stato riguardavano la sua liberazione. Era vero? Bisogna che il promotore di giustizia Diddi si procuri e renda noto il contenuto delle telefonate riservate fatte con il codice 158!! E speriamo non dica che non hanno niente perchè certamente, con l’aria che tirava in Vaticano allora, Casaroli qualche appunto deve averlo preso! Inoltre, ricordiamolo, Casaroli, proprio mentre riceveva quelle chiamate, si mise a indagare sullo zio Mario, segno, secondo me, che non erano molto convincenti!
Altra grossa balla riciclata e personalizzata da Accetti è la telefonata fatta alla Pensione Isa per prenotare la camera tre giorni prima dell’attentato. Ad Ağca fecero dire che la prenotazione l’aveva fatta Ayvazov che parlava bene l’italiano. In realtà Ali la prenotazione l’aveva fatta da solo, aiutandosi con un dizionario turco-italiano corredato di un frasario per turisti. Di sicuro non era stato Ayvazov perché Ali non l’aveva mai conosciuto né lui né gli altri due bulgari Antonov e Vasilev, chiamati in correità per l’attentato al Papa. Accetti si è poi inserito nella storia affermando che la prenotazione l’aveva fatta lui! Il problema è che il proprietario della Pensione Isa, Maurizio Paganelli, inizialmente, interrogato dal giudice Santiapichi durante la prima inchiesta, aveva dichiarato che il telefonista aveva un accento somalo, poi negli interrogatori successivi quell’accento divenne arabo e infine un italiano “corretto senza inflessioni dialettali”.
È tutto nell’udienza del 15 ottobre 1985, durante la quale Paganelli dichiarò anche di non ricordare di aver mai fatto quell’affermazione: «italiano senza inflessioni dialettali» che pure compariva nel verbale della seconda istruttoria. Spiegò inoltre, che nel momento in cui aveva ricevuto quella telefonata, c’erano tanti clienti e lui aveva cercato di tagliare corto. So che l’ex giudice Martella e Accetti si sono scontrati in una trasmissione televisiva dove Martella sosteneva che il telefonista era Ayvazov mentre Accetti sosteneva di essere stato lui a prenotare la stanza per Ağca. Purtroppo non l’ho mai vista e penso che sia davvero qualcosa di esilarante.
Il flauto di Emanuela? Il flauto di Emanuela era uno Yamaha, come ben chiarito dal suo insegnante al De Victoria, Loriano Berti, mentre quello fatto ritrovare da Accetti, nemmeno a farlo apposta, dal solito Chi l’ha visto?, era un Rampone Cazzani e questo è un fatto! E ovviamente su quello strumento a fiato, che è come una sorta di sputacchiera, non è stata rinvenuta la minima traccia del DNA di Emanuela. Eppure il flauto di Accetti risultava così simile a quello vero, soprattutto la custodia, da ingannare anche i familiari.
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Cosa pensi delle piste legate alla famiglia o agli amici di Emanuela?
La famiglia è solo una vittima che è stata manipolata da tanti per finalità diverse. Le dichiarazioni di alcune amiche mi hanno lasciata un tantino perplessa. Come hanno fatto Laura Casagrande e la madre a stabilire che il rapitore che le chiamò aveva un forte accento mediorientale? Intanto bisognerebbe capire che cosa intendevano esattamente per “mediorientale”: turco, curdo, arabo, persiano, armeno, israeliano, azerbaijano o altro?
Quanti mediorientali avevano conosciuto prima per poter fare un’affermazione simile? Non penso che abbiano mentito volutamente, ma se non sei “del mestiere” chi ti interroga ti porta a dire quello che vuole e se protesti puoi essere accusato di reticenza! Stesso discorso per Raffaella Gugel che invece ritengo sia stata proprio imbeccata su tutta la linea. Disse di essere stata seguita su un autobus per svariati giorni da un tizio “tipo nazionaltà turca” . Era mai stata in Turchia? Quanti turchi aveva incontrato nella sua vita prima di allora? A quel tempo non c’erano nemmeno le serie turche!
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Da cosa lo deduci questo influenzamento?
A parte Ağca che è anche un po’ curdo, la maggior parte dei turchi sono identici agli italiani, la differenza proprio non si nota. In tantissimi hanno i capelli castani e alcuni anche biondi. In molti hanno la pelle e gli occhi chiari come Atatürk. Secondo me, sia la Gugel sia il padre, aiutante di camera del Papa, vennero indotti a mentire, perché nessuno, pochi giorni dopo l’attentato, aveva cercato di rapire un cittadino vaticano e nemmeno una voce in tal senso circolante in Vaticano è credibile perché per il bidone Pista bulgara era ancora troppo presto!! I Gugel vennero usati, secondo me, direttamente dal Papa per avvalorare la falsa pista del terrorismo internazionale. Quindi Emanuela non è stata nemmeno la seconda scelta come alcuni sostengono.
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Quanto pensi che molti non vogliano risolvere il caso perché ormai Emanuela è diventata un bussinnes su cui molte persone campano?
La vicenda di Emanuela è stata certamente un buisness per tanti, in particolar modo per Chi l’ha visto? ma d’altronde, più se ne parla, meglio è! Magari sarebbe meglio non sempre a vanvera! È solo l’attenzione mediatica che può aiutare Pietro e Maria Antonietta! Senza la serie Netflix pensi che il Vaticano avrebbe aperto l’inchiesta? La prima dopo 40 anni? Io dico di no! Per come la vedo io, Giovanni Paolo II fece rapire Mirella ed Emanuela perché due ragazzine fanno pena a tutti.
Tutti abbiamo una sorella, una figlia o una nipotina e sappiamo immaginare quello che proveremmo se qualcuno la portasse via. Se fossero stati rapiti due cardinali, non ne parlerebbe più nessuno da un pezzo! Quella pietà popolare che Wojtyla mirava a suscitare, gli si è rivoltata contro come un boomerang! Dunque occorre continuare a suscitarla ed evitare che la gente, in tutto il mondo, si dimentichi delle due ragazze. Se non dovessero permettere la Commissione d’inchiesta, occorre produrre velocemente un nuovo film sull’inchiesta condotta da Diddi e da Lo Voi! Devono sentirsi osservati a livello mondiale. Questa è l’unica via !
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Facendo un bilancio, secondo te tuo marito, se avesse saputo tutto ciò che ne sarebbe derivato, l’avrebbe mai fatto questo attentato?
Lui dice che era il suo destino. Il Papa stesso, durante il loro primo incontro, gli disse che l’attentato doveva succedere. Ali inoltre crede, come lo credeva il Papa, di avere portato a compimento il Terzo mistero di Fatima. Io comunque penso che se potesse tornare indietro, ci penserebbe due volte prima finire in galera per trent’anni. Se si potesse viaggiare nel tempo ci andrei io a fermarlo a Piazza San Pietro e invece di sparare a quella povera persona vestita di bianco che non gli aveva fatto niente, partiremmo per la Svizzera come aveva pensato di fare poco prima di sparare !
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Se non ci fosse stato l’attentato, tu avresti mai conosciuto Alì?
Forse no, ma chi può dirlo? Se eravamo destinati ad incontrarci, forse la Provvidenza avrebbe trovato un altro modo. Io mi diletto di tarocchi e di chiromanzia. Se si studiano bene le linee della mano raccontano tutta la vita della persona. Nella mia effettivamente c’è un amore che inizia in giovanissima età, ma si concretizza in un’unione solo in età adulta. Dunque è probabile che dovesse andare proprio così. La mia dipartita invece è prevista a 74 anni. Mi resta ancora un’altra ventina d’anni.