Premessa
Torno nuovamente sul contesto in cui si verificarono le scomparse di Emanuela Orlandi, Mirella Gregori, Rosa Silla, e tutte quelle ragazze e ragazzi di cui non ci restano che nomi e le cui storie non verranno mai raccontate. Ragazzi e ragazze di cui non troviamo notizie nemmeno nella stampa dell’epoca, Persone, esseri umani alle cui famiglie fu forse suggerito un allontanamento volontario, il giro della droga o della prostituzione, che fecero molte vittime. Tra il 1982 e il 1984 si contarono anche diversi omicidi che ad oggi, dopo quarant’anni non hanno ancora avuto giustizia: Josè Garammon, Catherine Skerl, Loredana Nimis, Francesca Rosellina Vecchi, Giuditta Pennino, Rosa Martucci, Regine Gstottenmaier e molte altre.
Alcuni di questi giovani finirono effettivamente nei giri della droga e, spesso come conseguenza, della prostituzione. Questi due elementi, per molti benpensanti, sono sufficienti a spiegare l’omicidio e quasi motivarlo. Le lingue spesso sono frenate, ma le menti si ripetono il mantra “se l’è cercata“, come se cercarsi una morte violenta e per mano altrui sia una variante plausibile e frequente. Nessuno se l’è cercata e nessuno può esserselo meritato. Accanto a questi giovani vilipesi, c’è poi l’esercito di coloro che certi ambienti non avevano nemmeno idea potessero esistere. anche loro, tuttavia, si sono scontrati con una ingiusta e feroce prematura dipartita.
Alfredo Musella
«ALLA SPETT. attezione della Questura Centrale – Via di S. vitale – Roma. Il sottoscritto, Musella Alfredo, nato a Roma il 19-02-1950 ed ivi residente in Via Rattazzi N. 2/F. Tel. 736608 presenta denuncia contro gli autori dei servizi fotografici apparsi nel numero del 21 marzo 1979 e dell’aprile 1979 rispettivamente sulle Ore ed Ore Mese e sui successivi articoli di recenti quotidiani erotici (recentissimamente ho ascoltato persone chiamarmi Superpalla o pallone) in quanto ottenuti con sequestro di persona, raggiro e droga e fotomontaggi. In breve i fatti:

Nel mese di novembre 1978 il sottoscritto, disoccupato, ed in attesa di una futura sistemazione, rispose ad alcune inserzioni ne II Messaggero. Ad una di queste inserzioni mi fu risposto pregandomi di rispondere ad un fissato appuntamento presso il bar di P.za Cavour in Roma per il giorno 13 dicembre 1978 alle ore 13 per parlare con il signor Felix, un agente pubblicitario per la consegna di materiale propagandistico di natura commerciale ed editoriale. All’appuntamento il signor Felix mi pregò con altre due ragazze già con lui (le stesse delle foto che ho visto sulle Ore) di andare con il suo autista presso la sede della società che era sita in una villa dì Sacrofano per parlare con la direttrice della società tale signora Inge di cui non afferrai oltre il cognome.
Nella confortante situazione dettata dalla presenza di quelle che sembravano due ragazze per bene straniere (seppi poi dall’autista che erano danesi;) accettai di andare a prendere questo materiale in consegna dalla direttrice. Arrivati a Sacrofano presso una villa con piscina fummo introdotti in un salottino dove attendemmo per circa un’ora la signora che non arrivava.
Ad un certo punto il padrone di casa, tale Ettore (il tel. 9035139 ma oggi dà il segnale di variazione in 9084139) ci fece servire un aperitivo che, una volta bevuto, ci dette a tutti (almeno il mio era vero non so degli altri) un senso di euforia per il quale le ragazze si spogliarono e noi uomini invitati da loro facemmo l’amore con loro. Le sequenze di quelle scene sono riprodotte nelle Ore del 21 marzo e nelle Ore Mese di aprile. Le successive sequenze omosessuali in più riprese riprodotte a detta di chi le ha viste non possono pertanto essere che dei fotomontaggi che invito la polizia a verificare almeno per una postuma riabilitazione che deve essere resa pubblica e che spero lo zio giudice voglia almeno concedere per la pace dei miei fratelli.
Purtroppo l‘impressione lasciatami alla Questura è quella di una parziale complicità con il mondo del male. Spero però vivamente di essere smentito dal trionfo della verità e della giustizia perché in coscienza non sono un omosessuale e nemmeno un depravato (non avrei fatto l’amore neppure con le donne se non fossi stato eccitato dalla droga
Il perché abbia taciuto il fatto di essere stato eccitato da droga la sera del 13 dicembre fu dettato dalla paura dell’ambiente e dal sospetto della complicità della polizia e poi perché non sospettavo la ripresa fotografica bensì tendenze guardonistiche del signor Ettore un tipo basso con i capelli lunghi e i baffi e il pizzo (comunque si può rintracciare tramite la direzione delle Ore a Milano).
Mi uccido pertanto non per l’onta dell’omosessualità che tale non sono e che comunque la mia pietà cristiana mi porta a considerare solo dei malati, bensì perché nel nostro paese per ottenere giustizia è necessario creare il caso di risonanza nazionale e smuovere la parte onesta della nazione. Con questo gesto spero inoltre che sia possibile una moralizzazione della gente, una riscoperta dei valori della fede, dell’onestà e della civiltà affinché il paese possa non essere più una giungla in cui giovani innocenti la cui unica colpa è quella di aver nonostante tutto avuto fiducia nel prossimo e di essere stato portato a rendere sporco persino il meraviglioso atto di amore tra uomo e donna riducendolo ad un bestiale incontro sotto la spinta della droga propinataci da turpi individui ai quali è inoltre impunemente permesso mediante fotomontaggi infangare sempre più una persona onesta con rapporti omosessuali. Me ne vado pertanto con il cuore colmo di dolore anche per quei miseri individui che per alcune centinaia di migliaia di lire hanno ucciso un uomo con il loro infamante raggiro. La Questura di S. Vitale non mi ha dato ascolto, spero che almeno voi abbiate pietà di me e della mia famiglia e vi adopererete per ristabilire la verità».
Sono queste le parole che il giovane di 29 anni affida a Paese Sera, prima di congedarsi definitivamente da questa terra, per lui così amara. Un atto di rabbia e protesta verso la totale indifferenza nei confronti di coloro che necessitano sostegno.
La dinamica
Le persone che hanno seguito le vicende di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, possono intravedere delle similitudini nel modus operandi. E’ ben tener sempre presente che in quegli anni in generale, e nel 1983 in particolare, ci fu un altissimo numero di scomparsi e di donne assassinate nella capitale e nelle zone limitrofe.
Ricordo inoltre che delinquenti della peggior risma usavano drogare giovinette che venivano mantenute in stato di sequestro fino al raggiungimento dell’obiettivo prefissato. Elenco velocemente le principali somiglianze:
- Il ragazzo è avvicinato tramite un’offerta di lavoro; come nel caso dell’Avon, la tipologia di impiego proposto è di volantinaggio-sponsorizzazione di prodotti, quindi ad una tipologia di colloquio che si presta all’incontro en plain air, in un luogo pubblico, senza necessità di una sede.
- L’ingaggio di ragazze come elemento rassicurante: “Nella confortante situazione dettata dalla presenza di quelle che sembravano due ragazze per bene straniere (seppi poi dall’autista che erano danesi; accettai”.
- Lo stratagemma della necessità di fornire materiale per rimediare un secondo appuntamento o, come in questo caso, condurre la persona nel luogo prefissato.
- L’impiego di droga per “stordire” la vittima. Non sappiamo se in questa casistica possano rientrare Mirella o Emanuela; in ogni caso disponiamo di un’ampia letteratura.
- Le vittime sono successivamente riprese (8mm) e/o fotografate. Il prodotto ricavato diviene materiale destinato a riviste ma, soprattutto, a un floridissimo e altamente remunerativo mercato sommerso di pornografia e di pedopornografia.
Gli indagati
La lettera che Alfredo Musella 29 anni, classe 1950,h scrive prima di togliersi la vita con un filo elettrico al cancello di Villa Melissa, la villa del misfatto, non è un commiato da amici e genitori, ma una lucida, ferma ed accorata denuncia verso chi con l’inganno, attraverso biechi espedienti, si è preso la sua libertà e la sua dignità di essere umano. L’attacco è frontale ma rassegnato: si reca personalmente dall’edicolante, poi scrive quello che più che una lettera appare un verbale; secco, chiaro, incisivo, circostanziato, come sarebbe stato quello stilato nella caserma dei carabinieri se mai, invece di allontanarlo, lo avessero redatto. Musella snocciola i nomi dei responsabili: il fotografo e titolare dell’affitto di Villa Melissa, il villino usato come location, sito in via Sacrofanense Ettore Castellano, 25 anni, il coinquilino Daniele Arbanasich, 35 anni, e Inge Van Wanbargen, 25 anni. Inizialmente sono tutti e tre indagati per sequestro di persona, a cui si aggiungerà il reato di sfruttamento della prostituzione, dato il variegato ed abbondante materiale rinvenuto dalle forze dell’ordine in quella che i giornali, a partire dal Corriere della Sera, rinomineranno la “Cinecittà del porno”. Nelle settimane si andrà ridimensionando l’implicazione del dalmata Arbanasich e dell’olandese Wangergen. Nel mirino degli inquirenti resta invece il fotografo Ettore Castellano. Castellano rigetta ogni accusa di responsabilità nella morte del ragazzo. Leggiamo dal Corriere della Sera del 30 agosto 1979:
P
«Ha cominciato col dire che non si sente per nulla responsabile del gesto del giovane Musella (si è suicidato per “attirare l’attenzione sul sordido mondo delle riviste pornografiche”). Ha poi escluso categoricamente di aver somministrato droghe a Musella. Anzi di lui non si ricorda neppure. “Sono rientrato a Roma tre giorni fa dalle vacanze», ha detto ancora il giovane fotografo e, visto che ero coinvolto dalla lettera lasciata da Musella In questa faccenda, mi sono subito messo In contatto con l’avvocato Petrelli”. Ed è stato proprio l’avvocato Petrelli ad assisterlo durante l’Interrogatorio. Castellano non ha negato di occuparsi di stampa pornografica, nega Invece di aver fatto ricorso a Inserzioni pubblicitarie per contattare i soggetti per i suoi servizi. Sostiene anzi che c’è una gran folla di giovani ragazzi e ragazze che si fanno avanti per essere ritratti nudi e In atteggiamenti amorosi. Ha detto però, quasi con rammarico, che non tutti gli aspiranti possono essere scelti, nel senso che i fotografi che si occupano di queste« faccende hanno le loro esigenze e al minimo difetto fisico scuotono inesorabilmente la testa. E ancora: le due persone Indicate sempre da Musella ossia Daniele Arbanaslch e la giovane Ingeborg Van Wondrangen, a detta di Castellano non. c’entrano niente. .Ingeborg è la mia fidanzata», afferma, che risiede In Olanda. Con Daniele siamo solo amici».
Abbiamo potuto leggere nelle parole del Castellano la totale indifferenza rispetto l’accaduto e una propria responsabilità; nega l’adescamento attraverso la truffa perpetrata attraverso una fasulla inserzione di reclutamento personale per un’attività di promozione, così come nega l’utilizzo di sostanze stupefacenti. Il ragazzo verrà smentito su entrambi i fronti: l’offerta di lavoro è rintracciata in più numeri de Il Messaggero; il suo rapporto con le sostanze stupefacenti darà ampiamente chiarito qualche anno dopo, nel 1984: leggiamo dal Corriere della Sera:
«Importavano eroina dalla Thailandia e la smerciavano sul mercato romano: quando i carabinieri hanno fatto irruzione nel loro appartamento in via Cesio Basso 15 hanno tentato inutilmente di disfarsi, gettandola nel bagno, di una sorta di «patata» fatta con eroina compressa. Sono cosi finiti In carcere Ettore Castellano, 36 anni, di professione fotografo, e la sua convivente Ria Ada Stuur, 29 anni, una fotomodella Indonesiana. L’operazione antidroga è stata condotta dagli uomini della seconda sezione del Reparto operativo del carabinieri della Legione Roma, guidati dal capitano Cataldi e dal tenente Vilardo.
Da tempo i carabinieri seguivano infatti la pista di un vasto giro internazionale di droga, e nel contesto di queste indagini hanno accertato le responsabilità del Castellano e della fotomodella. DI qui, Ieri, l’Irruzione nell’appartamento del fotografo, dove — oltre all’ eroina compressa — venivano sequestrati anche 20 grammi di cocaina, alcune dosi di eroina già pronte per la vendita al dettaglio, bilancini di precisione e sostanze atte al taglio della droga, Infine alcuni materiali che sono ora al vaglio del magistrato […]».
Felix Welner
Alfredo Musella, nella lettera -denuncia, indica la persona che ritiene principale responsabile di quel sopruso: Felix Welner. Felix è la persona che da appuntamento ad Alfredo nel bar di p.zza Cavour il 13 gennaio 1978 alle 13.00, è l’uomo che, presentatosi come agente pubblicitario, accompagnato da due ragazze e un’autista, invita il ragazzo a seguirlo a Villa Melissa per “conoscere Inge, la direttrice e acquisire il materiale necessario al lavoro”. Musella indica in Felix la persona che, offrendogli l’aperitivo, gli somministra la droga.
Felix Welner, di nazionalità polacca ma originariamente ritenuto canadese, viene identificato il giorno 31 agosto 1979, ha 40 anni e vive da tempo nella capitale. Vicino agli ambienti del cinema, è conosciuto come “talent scout” per attori e comparse. Felix Welner, nel 1988 partecipa come attore secondario al B-Movie di sex-exploitation Catabombs- La prigione del Diavolo, una produzione italo-statunitense.
In quegli anni Felix vive i suoi momenti di gloria. Nonostante venga in più occasioni segnalato, soprattutto per le attenzioni che rivolge alle minorenni e al mercato sommerso delle foto e dei film pornografici, continua a scorrazzare liberamente per Roma e, successivamente, per la città dell’Aquila, dove verrà arrestato per traffico di esseri umani e sfruttamento della prostituzione solo nel 1996.
Interessato al mondo della cinematografia, Felix acquisisce un elevato numero di contatti in tutti i settori della produzione, questo gli permette di divenire un riferimento per molti responsabili di produzione alla ricerca di comparse, d’altro canto anche lui cerca attori e tra le giovanissime e squattrinate universitarie si presenta come Produttore cinematografico; omette solo di specificare il genere: il porno.
Come dimostra il tragico caso di Alfredo Musella, Felix Welner è un cinico spregiudicato, che non esita a circuire, ingannare, derubare e compiere atti di violenza nei confronti delle donne che gestisce.
Gestisce è il termine corretto, financo eccessivamente riguardoso, dal momento che la Perestroika e la dissoluzione dell’Urss gli permettono di sovraintendere un importante traffico di donne provenienti da est, soprattutto sue connazionali polacche. Sono donne che partono colme di speranza, con il sogno dell’occidente. Spesso sono costrette a partire lasciandosi dietro mariti e figli, con la promessa di un lavoro regolare e, per le nubili, di matrimoni vantaggiosi. Ingannate e sovente anche derubate, le donne vengono dislocate in tre appartamenti, ubicati rispettivamente in Zona Ottavia, all’Eur e al Tufello.
E’ questo il business di Felix, sempre capace di rinnovarsi, adattandosi ai cambiamenti. Le “sue ragazze” ingrossano le fila della prostituzione e della pornografia. Questo fino all’aprile del 1996 quando, finalmente, scattano le manette ai polsi. I capi di imputazione sono pesanti, come leggiamo dal Corriere della Sera del 28 aprile 1996:
«Associazione a delinquere per “ingresso clandestino di stranieri e intermediazione di lavoro nero“. . Era ricercato dallo scorso 18 marzo scorso. Per gli stessi reati, aveva evitato il carcere passando da una pensione all’altra. La sua specialità era il reclutamento di mano d’opera polacca ed esclusivamente femminile. La selezionava con pazienza e con cura: si faceva mandare sempre curriculum e foto. Dopo la scelta provvedeva a far entrare clandestinamente le giovani connazionali in Italia, con destinazione Roma.
Qui le avviava al lavoro. Secondo le caratteristiche, il curriculum e, soprattutto l’aspetto fisico. Le prescelte venivano inserite in famiglie d’un certo livello come colf, occupate in locali notturni come cubiste,n introdotte nel mondo del porno. Riviste e cassette o tutte e due. La mediazione costava il primo mese di stipendio. Ordinato e pignolo come un vero uomo d’affari. Welner annotava tutto su voluminose agende, dove gli agenti che lo hanno arrestato hanno trovato centinaia e centinaia di numeri di telefono e una contabilità che ha fatto stimare le sue entrate in almeno un milione al giorno esentasse.
Un’attività così redditizia, che gli ha consentito di importare alcune cassette di film a luci rosse. In basso Felix Welner, il polacco arrestato ieri dagli agenti del commissariato San Lorenzo con l’accusa di immigrazione clandestina di stranieri Italia migliaia di giovani polacche richiedeva, naturalmente, un’organizzazione. Infatti c’erano tre appartamenti e due collaboratori: un romano di 34 anni (R.F.) e una polacca di 60 (H.K.C.). Sono stati denunciati a piede libero. Si occupavano degli affari minori e della logistica”, cioè degli appartamenti di via Rivera, via Morandi e via Greve, destinati ad ospitare le polacche appena arrivate nella capitale.
La polizia ne ha già individuate una decina sparse in vari quartieri. Il numero del cellulare era invece riservato. Veniva fornito soltanto alle ragazze più avvenenti di cui il «businessman» si occupava personalmente. L’ingresso clandestino in Italia era assicurato da una perfetta conoscenza della rete dei pullman “regionali italiani. Una serie di cambi e il gioco era fatto. Welner forniva orari e istruzioni. Poi, quando ne valeva la pena, andava personalmente a ricevere la connazionale con macchina e tanto di autista.
L’ospitalità generosamente concessa in uno dei tre appartamenti che aveva a disposizione serviva anche a convincere la bella di turno a fare il salto nel mondo del porno. Di solito si cominciava con qualche foto osé. Tanto per tastare il terreno e vedere se era il caso di andare oltre. Sei mesi d’indagini hanno consentito alla polizia di riscostruire un’impressionante rete di conoscenze nel mondo dell’hard. A Welner si aprivano senza problemi le porte di decine e decine di editori di riviste per soli uomini e di produttori di film a luci rosse.
Sexploitation
Dalla fine degli anni sessante e nel corso degli anni settanta il mondo dei film di serie B, a basso costo, risentendo delle influenze nordeuropee e d’oltreoceano, si incontra con la corrente cinematografica dell’exploitation, letteralmente “sfruttamento”. L’obiettivo di questo genere e di tutti i suoi sottogeneri è affrontare tematiche taboo. Le tematiche sono moltissime e possono andare dall’odio familiare, alla malattia mentale, al cannibalismo. In Italia prenderà piede la corrente legata al sesso.
Se escludiamo il controverso Cannibal Holocaust, considerato a livello mondiale il miglio film del genere “cannibal”, nonché l’unico film proiettato legalmente che è, sotto alcuni tratti, molto prossimo allo snuff movie, il nostro paese opera per la corrente legata al sesso in tutte le sue sottocategorie; è il sexploitation.
Tra i registi italiani che interpretano questo filone possiamo annoverare Bitto Albertini, Peter Skerl, Joe D’Amato, Bruno Mattei, Lucio Fulci, Ruggero Deodato. Tra i sottogeneri che trovano un certo riscontro nei B-Movie italiani, sono le pellicole di Nazi-exploitation, la più famosa è Salon Kitty di Tinto Bras,e il sottogenere Torture-exploitation, di cui si ricorda Le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini.
L’alta produzione cinematografica e la contemporanea nascita delle TV private, infiamma la popolazione: l’apertura di nuovi spazi crea l’illusione che tutti possano accedere a quel mondo patinato, di strass e paillettes: il mondo dello spettacolo. La fame di celebrità e la febbre del cinema spingono anche i non professionisti ad approcciarsi al mondo dell’arte cinematografica, che diviene sempre più estrema e volta a soddisfare le più conturbanti perversioni.
E’ in questo periodo che la telecamera diviene accessibile alle famiglie e nasce il mito del “filmino”. Il mondo amatoriale si fa regista e con i pro, si trascina dietro tutti i contro, mettendo le basi per quello che, fino all’avvento di internet, sarà uno dei mercati più remunerativi e riprovevoli: i filmati pedopornografici e gli snuff film. Un mercato che permette a un individuo come Felix di avere accesso illimitato a Cinecittà, belle auto, autista, ottime conoscenze e um milione di lire al giorno guadagnato ed esentasse.
Felix e Federica Orlandi
Notizia nota è quella che vide Felix Welter approcciare sull’autobus Federica Orlandi, pochi giorni prima della scomparsa della sorella. Si presenta come un produttore e le propone di partecipare al film Pompei, che sanno realizzando. Invero Federica è a disagio con quell’uomo che pur senza sfiorarla, trasmette pessime sensazioni; il fatto è raccontato dalla stessa Federica al programma tv Chi l’ha visto (qui)
Conclusioni
Felix venne ascoltato dagli inquirenti, negò ogni coinvolgimento, vennero eseguiti tutti gli accertamenti e non venne più coinvolto nelle indagini. Chi l’ha visto?, nel 2018, ha intervistato un amico di Felix, anche quest’ultimo interrogato dalla questura sul caso, ha riportato che Flix era piuttosto preoccupato e agitato all’idea di essere ascoltato. Il video con questa intervista è contenuto nella serie Netflix “Vatican Girl”, nelle puntate della trasmissione di Federica Sciarelli dell’anno 2018, e accessibili dal Blog di Emanuela.
In molti ritengono che Felix potrebbe anche essere un potenziale rapitore. Personalmente non lo credo, tuttavia bisogna prendere atto che il fotografo Felix, utilizza la medesima tecnica dell’uomo dell’Avon, la medesima tecnica raccontata da Marco Accetti, e la medesima tecnica che Max Parisi racconta nel suo libro Dodici donne un solo assassino, in relazione a quanto riferito da Giulio Gangi, ai tempi inquadrato nel Sisde.
La descrizione che fece Gangi non combacia con l’identikit e la foto di Felix che potete trovare in questo articolo. La descrizione del personaggio si sposa maggiormente con la fisicità del Pifferaio ma, quando io stessa domandai a lui se fosse stato fermato da Giulio Gangi al laghetto dell’Eur, Marco Accetti mi rispose convintamente di no e non avrebbe avuto, in questo caso specifico, alcun motivo di mentire; tutt’altro: avrebbe potuto millantare, dal momento che Gangi non può più contraddirlo, avvalorando la tesi da lui sostenuta. Ma non lo ha fatto.
Basandoci su questi dati si profilano solo due ipotesi:
- A Roma, nel medesimo periodo erano attivi più personaggi, l’uno indipendente dall’altro, che per emulazione o per mera casualità mettevano in pratica le medesime strategie di adescamento.
- A Roma, nel medesimo periodo, quando sono sparite 34 ragazze e 6 ragazzi, quando sono state uccise almeno 16 donne e un bambino, era attivo un gruppo di persone organizzate che si muovevano e agivano con obiettivi ben definiti.
Di persone che hanno utilizzando questa modalità, e da anni si affannano accusando a destra e a manca, e dando degli incapaci e degli idioti a magistrati, avvocati e giornalisti, una la conosco. Come ho già detto, le procure devono fare luce. Non basta una sentenza di archiviazione se certe questioni non vengono evase una volta per tutte, facendo luce su ogni singola zona d’ombra. credo che le stesse famiglie delle vittime hanno il diritto di ricevere certe risposte e, nel caso, mettere una pietra definitiva sulla persona che sa troppe cose per essere un semplice millantatore.
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2 commenti
Salve! Sa per caso che questo Felix avesse contatti pure con la Rai, visto che la telefonata sulla tomba di De Pedis partì all’interno della Rai e la voce del telefonista era simile a quella di un amico di Felix?
Aveva molti contatti e a molti e diversi livelli, il suo accento però ne tradiva l’origine. L’argomento “mondo dello spettacolo” lo tratteremo approfonditamente la prossima settimana.