Premessa
Le storie di Mirella Gregori e Emanuela Orlandi si sono incontrate, per anni intrecciate e, ultimamente lentamente separate. I due casi sono indipendenti e mantenerli uniti, non può che comportare un danno. Questo è sempre stato anche il mio pensiero; soprattutto perché, a differenza di Emanuela, per il caso di Mirella Gregori, non sono ancora riuscita a costruire una teoria che, almeno sulla carta, non facesse una grinza.
Facendo tesoro del consiglio ricevuto, non vi annoierò con la contestualizzazione, che potete già trovare in questi articoli: (1–2–3–4–5-); provo a sviluppare alcuni ragionamenti analizzando telefonate che per diversi motivi, sono state commentate in maniera univoca senza dare adito a un dibattito e ad alcune, doverose, riflessioni.
La telefonata di Mario
La telefonata di Mario, avvenuta il 27 di giugno, è la prima di cui è presente la registrazione, è preceduta da alcune telefonate da parte di un certo Pierluigi di cui il ragazzo dice di essere amico. Qui sotto la registrazione.
A quanto riporta la famiglia Pierluigi, definito da Mario Meneguzzi “Il Pariolino” per la poca inflessione romanesca e per la grammatica corretta, chiama per la prima volta a tre giorni dalla scomparsa, il 25 giugno 1983. Lo stesso si fa risentire per altre tre volte. Dal 27 giugno, quando a casa Orlandi è già stato installato un registratore per le chiamate, telefona Mario. Mario ha un accento spiccatamente romanesco, è l’unico audio, tra quelli da me sentiti, in cui non ravviso il tono e la maniera di parlare tipica dell’Accetti. Accanto è Mario è chiaramente presente un’altra persona.
Al di là dell’identità di questa persona, che allo stato attuale non siamo nella condizione di stabilire, mi soffermerei sul contenuto della chiamata. Ad oggi si è molto discusso del fatto che il o i telefonisti non abbiano mai visto Emanuela, osservazione molto probabilmente vera. Ci si è tuttavia soffermati poco su alcuni passaggi che potrebbero volerci suggerire altro.: il telefonista Mario, come a sua volta aveva già fatto Pierluigi, parla di due ragazze, concentrandosi ovviamente sulla persona interessata dalla famiglia.
Risulta curiosa la decisione di affibbiare all’Orlandi una provenienza veneta, anzi veneziana. Probabile sia una mera casualità ma, sia che si tratti di MFA, sia che si tratti di un ignoto, è indubbio che il telefonista sia una persona appassionata di enigmi e pertanto non è possibile non andare con il pensiero all’altra ragazza scomparsa, Mirella Gregori.
La mamma di Mirella, Vittoria Arzenton, è originaria della provincia di Vicenza e nel presente articolo del Corriere della Sera datato 15 giugno 1983 , riproposto nel mese di giugno e recentemente commentato da Pierdomenico Corte in un interessante articolo (qui), l’insegnante della Gregori ricorda le richieste della ragazza per potersi unire ad un’altra classe, che avrebbe dovuto recarsi in gita di istruzione proprio nel capoluogo veneto. Nonostante la scuola le accordi il permesso, Mirella, per ragioni familiari, si trova costretta a rinunciare. Alla professoressa spiega che era la terra natia della madre e le sarebbe piaciuto visitarla. Sono solo suggestioni, ipotesi, però sarebbe, in ogni caso, utile verificare, magari con la sorella, se nella cerchia frequentata da Mirella Gregori, o tra le persone attenzionate durante i vari processi, qualcuno di origini venete o con legami con questa regione.
Personalmente approfondirei anche la natura di questa velleità è stata una costante in Mirella o se questo desiderio si era manifestato solo negli ultimi tempi. In tal caso, potrebbe essere stato questo adulto sconosciuto a fomentare questo desiderio? Per quale motivo?
L’articolo in questione è datato al 15 giugno 1983, una settimana prima della scomparsa di Emanuela Orlandi. Se la telefonata di Mario, del 27 giugno indicando la presenza di due ragazze e marcando la questione Venezia, volesse alludere a Mirella Gregori, con ampio anticipo rispetto al momento che noi siamo soliti indicare come quello in cui le due giovani vengono affiancate, allora dovremmo rivedere la convinzione che i due casi non siano collegati l’uno all’altro.
Le telefonate anonime a Chi l’ha visto?
Tutti siamo a conoscenza della telefonata anonima che riceve la redazione della trasmissione Chi l’ha visto? l’11 luglio del 2005 e mandata in onda nel mese di settembre. Non volendo interrompere l’armonia del discorso per quelle precisazioni che sono inevitabili per scongiurare una sequela di commenti, che poco hanno a che fare con il tema qui trattato, le precisazioni circa questa telefonata, potete trovarle in calce all’articolo di cui riporto il testo
«Riguardo al fatto di Emanuela Orlandi per trovare la soluzione del caso andate a vedere chi è sepolto nella cripta della basilica di Sant’Apollinare e per favore che Renatino fece al cardinal Poletti all’epoca e chiedete al barista di via Montebello che pure la figlia stava con lei con l’altra Emanuela»
Ma non è questa su cui vorrei soffermarmi, ma su un‘altra telefonata anonima, simile sotto un certo punto di vista ma stranamente poco diffusa e dibattuta. La chiamata in questione ha toni più pacati e un italiano corretto.
L’uomo dimostra una sessantina d’anni o più. Sulla possibile identità si sono susseguite diverse voci, tra le molte è emersa quella che lo vorrebbe un uomo del Sismi, non lo escludo dal momento che un altro agente di mia conoscenza, più o meno coetaneo, ha raccontato a chi vi scrive una storia simile, che vedrebbe coinvolto un importante monsignore ed Emanuela deceduta in poche ore. Per quanto io ritenga attendibile la fonte, non sono nella condizione di esibire alcuna prova a riguardo nè di procedere con una confutazione. Al momento mi limito ad analizzare l’intercettazione sottovalutata, di cui riporto il testo per intero:
«Non posso al momento attuale lasciare il mio recapito né il mio nome. Telefono a proposito del caso Orlandi Gregori. tutte e due le scomparse sono opera della stessa a mano, un’esca intorno al Vaticano, nel caso Gregori, e un informatore sempre interno al Vaticano nel caso Orlandi, basta che andiate un po’ po’ a rivedere la storia e soprattutto cercate di riparlare con Sonia, l’amica di Mirella Gregori, lei sa chi l’ha fatta rapire.. ok?»
Questa testimonianza, in una certa misura, sembra andare a completare quella del 2005, aggiungendo per la prima volta, un paio di “suggerimenti” i quali, forse, se ben seguiti, potrebbero tramutarsi se non in prove, quanto meno in indizi.
Per il caso di Mirella si parla di “esca“; questo ci suggerisce che la ragazza, su spinta dall’amica Sonia D.V., cade in una trappola di cui si rende conto troppo tardi. Meno chiaro è il riferimento all’informatore, di cui in più occasioni Pietro ha parlato, ricordando quanto il padre Ercole fosse certo e disarmato da questa presenza in Vaticano. Con medesima mano si riferisce al/ai mandanti o a colui che si occupa del sequestro?
L’affermazione “e un informatore sempre interno al Vaticano nel caso Orlandi” lascia ipotizzare un prelievo forzato, dove tutte le notizie successive, sono arrivate grazie all’opera di un informatore. Nessuno me ne voglia, perché lo sapevo molto amato ma, personalmente, non mi ha mai persuaso la figura si Giulio Gangi, forse per la sua tempestina presenza, alla cui motivazione lo stesso Ercole Orlandi mostrò non poco scetticismo, forse perchè “insospettabile” o perchè, porta quel registratore di telefonate che ho sempre pensato registrasse anche altro, o perchè così vicino a quel mondo torbido dello spettacolo che andrebbe ulteriormente approfondito. Ad ogni modo questa è una mia interpretazione delle telefonate, e le mie parole su Gangi sono sensazioni “a pelle”, non approfondite e prive di oggettiva argomentazione.
Posso invece, seguendo l’idea sostenuta dal telefonista, immaginarmi una Emanuela a cui viene indicato un negozietto, con uno sbocco sul retro agile per l’accesso di un furgone, come luogo in cui ritirare volantini Avon o simili. Il negozio vende un po’ di tutto, dai mobili, alle musicassette lì su Corso del Rinascimento, all’angolo con via dei Canestrari, un negozietto la cui quota di maggioranza è detenuta da Annibaldi, che oltre alla condanna per l’Ambrosiano, apre diverse attività per ripulire i soldi alcune con Malagò, De Tomasi etc. così avrebbero preso due piccioni con una fava.
Se si volessero stroncare queste due telefonate, eccezion fatta per le informazioni oggettive, come il fatto che De Pedis fosse stato sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare, di certo io mi appellerei ancora una volta al mondo dello spettacolo e cercherei di confermane l’appartenenza dei telefonisti. Per la prima telefonata, lo stesso pubblico di Chi l’ha visto? andava ad indicare Romano T. bibitaro al cinema, ma anche comparsa ed attore, amico di Felix i cui reati ci sono oggi noti.
La persona che indicano quale agente del Sismi, presenta un lieve accento, un’inflessione nel modo di terminare le singole parole che ricorda il Lombardo, salvo la corretta pronuncia degli accenti. Quella dell’uomo -che qui ho allegato- è una parlata tipica da telegiornale, da corso di dizione, potrebbe dunque non essere un agente a, ma un giornalista, uno scrittore, un attore di cinema o di teatro.
Le due telefonate di Raoul Bonarelli
Per chiudere il trittico, ho scelto Raoul Bonarelli, che con le telefonate fa la combo. Partiamo da quella che riguarda Emanuela Orlandi e che riporto fedelmente;
Cibin: Ho parlato con Sua Eccellenza Bertani... E dice… per testimone, e dici quello che sai… che sai della Orlandi? Niente! Noi non sappiamo niente!… Sappiamo dai giornali, dalle notizie che sono state portate fuori! Del fatto che è venuto fuori di competenza… è… dell’Ordine Italiano.
Bonarelli: Ah, così devo dire?
C.: Ebbè, eh… che ne sappiamo noi? Se te dici: io non ho mai indagato… l’Ufficio ha indagato all’interno… questa è una cosa che è andata poi… non dirlo che è andata alla segreteria di Stato.
B.: No… no, noi io all’interno non devo dire niente.
C.: Niente.
B.: Devo dire, io all’interno non devo dire niente, all’esterno è stata…
C.: All’esterno però, quando è stata la magistratura vaticana… se ne interessa la magistratura vaticana… tra di loro, questo qua… niente dici, quello che sai te, niente!
B.: Cioè, se mi dicono però se sono dipendente vaticano, che mansioni svolgo, non lo so, mi dovranno identificare, lo sapranno chi sono.
C.: Eh, sapranno, perché che fai, fai servizio e turni e sicurezza della Città del Vaticano, tutto qua?
B.: Eh… Va bene, allora domani mattina vado a fare questa testimonianza, poi vengo, vero?
C.: Poi vieni, sì, sì.
B.: Va bene.
Questa tra Bonarelli e Cibin, uomini ai vertici della Gendarmeria vaticana, è un’intercettazione avvenuta il giorno precedente l’interrogatorio, o meglio il confronto con la signora Vittoria Arzenton, madre di Mirella Gregori. Nella conversazione i due poliziotti si accordano nel tacere e nel negare l’esistenza di un’indagine interna al Vaticano circa la scomparsa di Emanuela Orlandi.
Che se ne voglia dire, questa conversazione rispecchia l’atteggiamento che, colpevole o meno, il governo e i cittadini vaticani hanno tenuto, e tutt’ora tengono rispetto il destino della loro concittadina. Un atteggiamento che ben si discosta dai fondamentali dettami della dottrina cristiano cattolica.
Bonarelli che, come detto, al telefono non lascia ma raddoppia, è intercettato anche quando, terminato il confronto con la Azerton, scambia due parole con la moglie:
B.“Mi ha fatto l’interrogatorio, era più che altro per la cosa, per quell’altra, non la Orlandi, come si chiama quell’altra?….”
A. “E che vuole quell’altra?”
B. “E perché è stata ricevuta quando il Papa è andato in parrocchia là e la mamma ha riconosciuto…. E’ uscito l’altra volta sul giornale….di uno della sicurezza del Papa, quello che aveva adescato la figlia al bar, pensa un po’, e questi sono risaliti a me. Non so come sono risaliti a me, si vede che sono andati in parrocchia ad interrogare il parroco, il parroco deve aver fatto il nome mio, perché non lo so io come il Giudice Istruttore è risalito a me.”
A. “Ma te l’ho detto che ti trovavi in mezzo ai guai…” B. “Io ho dato la mia versione, poi è una donna, capirai…non era convinta, lo sai che ha organizzato? Delle dichiarazioni non era convinta ha organizzato il confronto con la mamma di cosa, ha fatto venire le mamma di questa….come si chiama….poraccia, non la Orlandi, quell’altra come si chiama..?” A. “Ah…non lo so.
R. “Ah….ha fatto venire la mamma di quell’altra che stava male, con la scorta, con tutto, alle due….. all’una e tre quarti per fare il confronto, quella come mi ha visto l’ha detto “No, non è lui“, pensa un po’, che io non lo so, mi devo trovare in ste’ situazioni…”
A. “Ma allora il giudice e dopo…..?”
R. “Allora mi ha fatto “Ah! bene allora può andare” Io ho fatto “Ah bè meno male, posso andare…” Allora s’è subito cosato, pensa un po’… ma gli è andata bene tutta la dichiarazione mia che ho fatto, che mi ricordavo tutto, che in pratica io sapevo già da una settimana prima che c’era sta famiglia, quindi se ero io, non ci sarei andato li alla visita no…? Sono entrato in camera quando ha ricevuto il Papa… cioè il giudice doveva dedurre da queste dichiarazioni, se ero io… non te l’avrei saltata quella visita no..? sapevo che c’era quella che mi riconosceva “
A. “Ma a quella come gli è venuto in mente di fare il nome tuo però, scusami”
B. “No, al nome mio non lo so come sono risaliti? A. “Cioè non è mica da starci tranquilli no?”
B. “No, il nome mio non si sa chi l’ha fatto, cioè loro non so come sono risaliti a me, perché ero uno della sicurezza che abita li, e quindi gli ho detto al signor giudice “secondo lei io che abito li da 50 anni, che mi conoscono tutti, mi metto a sedere ad un bar a 50 metri da casa per anda’ a rimorchiare le ragazzette, che possono essere mia figlia, perché qualcuno mi può vedere, mi può vedere mia moglie, mi può vedere qualche negoziante che mi possono vedere i miei figli, dico io, se dovevo fare una cosa del genere andavo in un quartiere dall’altra parte di Roma….”, allora si cosava, quando gli dicevo così perché non glielo avresti detto?”
A. “Ma io non credo che di questa adesso cosi da restare immune!”
B. “No, è finito è finito”
A. “No, non è finito, no ma lei non è da restare immune.”
B. “Lei chi?”
A. “La giudice!”
B. “Ah: e vabbè….quella ha fatto le indagini, non… vabbè poi no parliamo con comodo, ora vado a mangiare qualcosa, anche perché mi sono snervato, mi sono mantenuto calmissimo, che a momenti ne la inchiappetto….quando mi ha detto “allora può andare a questo punto!”
A. “non gli hai chiesto….. è finita?”
B. “finite, si, è finita, scusa, abbiamo fatto un…” [continua]
A. “E chi è questo della sicurezza del Papa che quella ha riconosciuto?”
B. “Questa vagheggia, povera donna.”
A. “E povera donna un cacchio!”
B. “Per me è una… per me è uno di quelli che stava lì intorno quel periodo, uno di quelli che collaborava pure…ce ne ha avuti tre o quattro di questi praticoni il prete, o no?!”
A. “Mah! Io non le, so queste cose.”
B. “Vabbè, dopo parliamo con comodo.. o comunque sono entrati li da tuo figlio mi pare.. che figli di buona donna.”
A. “Mhm, senti, l’hai raccontato a Ce..” [incomprensibile]
B. “No.. non c’è, ora quando scendo… e poi una domanda marginale infine sulla Orlandi, ma quello già lo sapevo. Però era tutto puntato su quest’altra… vabbè, ci vediamo stasera, tutto bene.”
A. “Mo, non va bene per niente, dove abita questa?”
R. “Manda giù il magone, vabbè” [continua con saluti e altre affermazioni irrilevanti rispetto le indagini]
In molti hanno deciso che, avendo la signora Arzenton ritrattato la posizione in sede di riconoscimento e, basandosi su quanto afferma lo stesso gendarme al telefono con la moglie, questi a ragione non venga più messo in discussione. A fortificare questa posizione sarebbe il fatto che Bonarelli non è così stupido, come lui stesso asserisce al telefono con la moglie, da andare in un bar così vicino a casa sua, dove può essere visto e, oltretutto non ricorda nemmeno il nome della giovane ma indica due loschi figuri in ambienti vaticani.
Sarebbe interessante capire la frase d’esordio della moglie: perchè sapeva che si sarebbe messo nei guai, se l’uomo si è sempre e solo limitato a svolgere la propria funzione di guardia all’interno del Vaticano? Non può essere forse più sicuro farsi vedere scambiare quattro innocenti chiacchiere con due ragazzine al bar vicino a casa che ,qualora fosse visto avrebbe almeno la scusa della prossimità? E’ possibile che addirittura non ricordi il nome di una delle due ragazze che stanno creando tanta agitazione all’interno delle mura leonine? Per quale motivo, nonostante le importanti onorificenze di cui è stato insignito sia dalla Santa sede, sia dalla repubblica italiana, non si trovi una foto di quest’uomo che non sia da anziano e di lato o di spalle?
Io mi chiedo se siamo davvero convinti che un poliziotto ai vertici della Gendarmeria dello Stato del Vaticano, possa non sapere di essere intercettato e, di conseguenza, calibrare le telefonate come meglio crede, anche esagerando la non conoscenza di Mirella Gregori. Anche la ritrattazione della signora Vittoria lascia il tempo che trova. La figlia Maria Antonietta, in un’intervista concessa a Rai 3, ipotizzò delle possibili pressioni sulla madre affinchè ritrattasse.
L’ipotesi non è così strampalata. Se c’è una costante e un collante tra tutti i casi che vengono indicati come connessi ad Emanuela, è il terrore. Evidentemente dietro a questa scomparsa c’è qualcosa o qualcuno che incute una paura ancestrale, sconosciuta quindi più temuta Nemmeno davanti ai peggiori clan mafiosi si è visto questo silenzio e questo fuggi fuggi generale. Se passiamo in rassegna ogni singolo caso, troveremo amici omertosi e biglietti di sola andata per l’estero. Nel caso di Emanuela, il più eclatante, anche la suora non dice la verità, poi abbiamo Monzi, che ha avito grossi problemi determinati anche alle vicende dell’Orlandi, Casagrande, che vive in solitudine lontano da Roma, Pierluigi trasferito all’estero così come l’Alessandro De Luca di Mirella Gregori e Angela Liguori, la migliore amica di Katty, a mostrare reticenza e allontanarsi comunque da Roma anche Casini, DeVito, Calì, Vetere, Di Santo e, probabilmente c’è poi molto altro
Queste riflessioni, e certi suggerimenti, si possono provare ad indagare, mi lascia in ogni caso perplessa il dato oggettivo che, se escludiamo gli appelli del Papa, di Mirella non si parla mai all’interno delle mura.
La telefonata giunta dall’interno della Rai
La telefonata anonima, dopo una serie di indagini sulla stessa, è risultato fosse partita dall’interno della Rai. I fans del criminale del Testaccio, fanno appello a questa “patacca” e al fatto che fu probabilmente diffusa al fine di sponsorizzare l’uscita nelle sale italiane del film “Romanzo Criminale“.
Due osservazioni:
- Come ormai evidente, tra la seconda metà degli anni settanta e per tutti gli anni ’80, abbiamo una copiosissima serie di riscontri circa la prossimità della criminalità, con gli spazi del mondo del cinema e dello spettacolo. Non si può escludere che, nonostante la telefonata avvenga dall’interno delle sedi Rai, essa non abbia un valore, anzi forse lo acquista. E’ proprio nel mondo dello spettacolo che io andrei a cercare chi ebbe il compito di depistare, ma non perché la ragazza ha compiuto un’imprudenza, ma perché tra spaccio di droga, traffico di armi, sfruttamento della prostituzione e gioco d’azzardo, talvolta diviene difficile capire chi è l’attore, il regista, il fonico etc, e chi il criminale. intrecciati a doppio filo con eversione nera e criminalità, come molti arresti dell’epoca dimostrano.
- Qualora la telefonata a Chi l’ha visto? fosse una “patacca”, potremmo farcene una ragione. Purtroppo non è una patacca la sepoltura di un criminale macchiatosi anche dei reati di omicidio, in un luogo che viene definito sacro . Patacca è sicuramente la motivazione che hanno addotto per motivare la sepoltura di un criminale
- In questa materia di patacche se ne sono viste a palate, a partire dal fatto che il criminale sia stato ospitato in un luogo che prevede anche permessi particolari, affinché la moglie potesse andare a trovare il marito al “cimitero” con più agio. Se non fosse un fatto vergognoso ci sarebbe da scompisciarsi.
- La riabilitazione di un criminale che nel rapporto con Cosa Nostra, la stessa che pochi anni dopo la sua
morte farà saltare in aria a Capaci Falcone, in via D’Amelio Borsellino e, mentre lui era in vita, gli uomini con cui era alleato, massacrarono, anche con i suoi soldi, provenienti dallo spaccio e da altre attività criminali Peppino Impastato, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giorgio Ambrosoli, Boris Giuliano, Rocco Chinnici, Salvatore Zagara, Ninni Cassarà, Giuseppe Montana, Roberto Antiochia. Solo per citarne qualcuno. Enrico De Pedis, che insieme a Cosa Nostra stringe legami anche con la destra eversiva (stragista), è arrestato la prima volta nel 1974, poi ancora nel 1977. Queste condanne verranno condonate, unico motivo per cui non risultano sulla fedina penale. Nel 1980 viene emesso un mandato di cattura nei suoi confronti, latitante per poco più di due anni, è arrestato nel novembre del1984. I mandati di cattura a suo carico vanno dalla rapina, allo spaccio di cocaina ed eroina, dal tentato omicidio all’omicidio, passando dall’estorsione alla truffa, al gioco d’azzardo. Direi che non gli mancò nulla, se non le condanne, che non arrivarono perchè morì prima, il grande benefattore.
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