Premessa
Tre giorni fa, a Roma, c’è stata l’adunanza – tra polemiche, tensioni e delusioni- per l’anniversario dalla scomparsa della cittadina vaticana, Emanuela Orlandi. Quarant’anni sono una vita intera. Gli anni quelli belli che, ad oggi, non si può con certezza sapere se sono stati almeno in parte vissuti dalla ragazza. Ipotesi e congetture si sprecano. si moltiplicano e, puntualmente, si infrangono contro il muro del nulla.
In attesa di capire le intenzioni della Procura, del Senato, dell’indagine vaticana e di chi, come e quando verrà ascoltato dagli inquirenti, ho iniziato a spulciare le cronache dei primissimi giorni dalla scomparsa di Emanuela. I giorni in cui depistaggi, intrighi e complotti non avevano ancora principiato la loro azione deleteria di cui oggi vediamo i risultati.
Negli anni, in molti, hanno espresso perplessità rispetto alla scelta del fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, nelle primissime ore dopo la sparizione, di recarsi presso la zona della pineta di Ostia a cercare la sorella. Anche su questa decisione, si moltiplicarono supposizioni e fantasiose congetture. Ho così deciso di acquisire informazioni a riguardo e, alla luce di quanto appreso, immagino che anch’io un giretto a Castel Fusano l’avrei tentato
Pineta di Castelfusano
A poche centinaia di metri dal lungo mare di Ostia, si snoda una vasta pineta dove gli alti pini si alternano a fittissime zone di macchia mediterranea. Un’importante polmone verde che si estende per circa 15.9000 ettari.
L’area custodisce un eccezionale patrimonio storico-archeologico che comprende gli Scavi di Ostia Antica, i Porti Imperiali di Claudio e Traiano, la Via Severiana, la Villa di Plinio, il Castello di Giulio II, la rinascimentale Torre San Michele, attribuita al Michelangelo, la medievale Torre Boacciana, i castelli medievali di Castel Fusano e di Ostia Antica e i siti paleontologici di Castel di Guido e Malafede. Il Parco del Litorale comprende gran parte del Delta del Tevere, la cui storia inizia circa un milione di anni fa, all’inizio del Quaternario.
La pineta di Castelfusano è anche sito archeologico, si trova infatti la Villa di Plinio. La Villa di Plinio è un’antica villa romana situata lungo la Via Laurentina, a circa 20 chilometri a sud di Roma. Questa villa faceva parte di un complesso di edifici più vasto, noto come “Complesso di Castiglione” e comprendeva anche il mausoleo di Plinio. La villa fu costruita nel I secolo d.C. dal celebre scrittore e naturalista Plinio il Vecchio, che qui trascorreva lunghi periodi di tranquillità e osservazione della natura. Oggi la villa può essere visitata solo attraverso visite guidate, o infiltrandosi in qualche cerimonia esoterica.
La zona d’ombra
Nonostante la sua bellezza naturale e il suo patrimonio storico-archeologico, nell’ultimo trentennio del Novecento la Pineta di Castelfusano si è caratterizzata per le attività criminali, soprattutto lo spaccio di droghe, gestito da bande organizzate della capitale, e da un rilevante numero di omicidi che, il larga parte, non furono mai risolti. La pineta acquisisce così la nomea di particolare pericolosità, tanto che indusse il mondo della prostituzione ad esercitare la professione in altri luoghi, seppur non lontani, ma non nella pineta di Ostia.
Sebbene questo genere di luoghi ben si presti al proliferare della criminalità, data la vastità del territorio e la sostanziale impossibilità di accedere a certe zone con i mezzi, il numero e la brutalità dei crimini perpetrati, appare fuori della norma e pone più di un interrogativo.
Osservando statistiche e materiale a disposizione si può notare che, a partire dal secondo dopoguerra, la pineta inizierà ad ospitare ripetuti episodi di illegalità. Tuttavia, tali episodi mantengono un andamento sostanzialmente equiparabile a quello di altri luoghi analoghi, fino alla metà degli anni ’70. Dal 1975 infatti, allo spaccio di droga e all’omicidio per regolamento di conti – raramente quello a sfondo passionale- si vanno a sommare un’anomala quantità di uccisioni: le vittime sono soprattutto giovani, spesso minorenni e prevalentemente di sesso femminile.
Prima di entrare nel dettaglio, è utile presentare un quadro delle attività illecite e dei reati che costituiscono la “norma” per la realtà di Roma negli anni in cui scomparvero Emanuela Orlandi e tutte le altre ragazze e ragazzi.
Criminalità organizzata
Gli anni ’70 e ’80 sono segnati da un’importante impennata del consumo di droga, divenuta sempre più accessibile. Sono anche gli anni in cui cambiano o si ridefiniscono gli assetti interni e i conseguenti rapporti con l’esterno delle principali organizzazioni per delinquere di stampo mafioso, tutte con rilevanti e ovvi interessi nella capitale.
La camorra capitolina, in stretti rapporti con alcune fazioni politiche, legate soprattutto alla Democrazia Cristiana, sotto l’egida di Raffele Cutolo diviene NCO, Nuova Camorra Organizzata, ma anche i Casalesi stanno iniziando a posizionarsi sul territorio. Cosa Nostra sta vivendo la faida che porterà al cambio dei vertici della cosca, che passa da Palermo a Corleone con l’affermazione di Salvatore Reina a cui sono legate le fazioni più violente e brutali, le stesse che ingaggeranno la guerra contro lo Stato italiano. Infine la ndrangheta che, abbandonata la dimensione meramente territoriale si sta radicando nell’intera penisola.
Alle mafie è necessario aggiungere altre due tipologie di criminalità: quella collegata all’eversione politica, storicamente inquadrata nell’alveo degli “Anni di piombo“, e quello della criminalità locale che tenta, con magri risultati, ad emulare le grandi organizzazioni. E’ il caso della “Banda della Magliana – Testaccini“. Si tratta più di formazioni che di organizzazioni: fluide e disorganizzate i membri stringono alleanze e sodalizi in maniera autonoma, l’utilizzo della violenza è spesso controproducente ed eccessivo.
Crimine e pusher
Tutte le mafie, così come anche le altre associazioni criminali, hanno nello spaccio di droga la loro prima fonte di introito: soldi immediatamente disponibili e re-investibili in altre attività criminali, in immobili e in imprese. Tutt’oggi risulta l’affare più redditizio e, proprio per questo, di contro, è da sempre uno dei principali motivi di regolamento di conti ed esecuzioni. La prospettiva di “tagliare” ulteriormente il prodotto per farci un guadagno extra risulta sempre allettante.
Come anticipato, la pineta di Castel Porziano e la adiacente pineta di Castel Fusano, sono uno dei luoghi dedicati allo spaccio di sostanze stupefacenti. Negli stessi luoghi sono coesistono diverse realtà criminali che, tendenzialmente, attraverso la divisione delle piazze, non entrano in rotta di collisione.
Tra il 1970 e il 1995, queste pinete verranno soprannominate “Mattatoio della Mala“:ogni 20 mesi viene rinvenuto un cadavere, imputabile alla criminalità, tra il 1975 e il 1980 si avrà il picco di un corpo ogni sei settimane. Le vittime della malavita si riconoscono facilmente: sono esecuzioni dove la vittima presenta un colpo di proiettile alla testa, talvolta dalla bocca; alcuni sono giustiziati attraverso l’impiccagione, lo strangolamento è invece infrequente. Molti sono i cadaveri incaprettati. E’ qui che nel maggio del 1990 è ritrovato il corpo di Giovanni Girlando.
Il profilo della vittima è molteplice: si va dal tossico dipendente insolvente, all’affiliato che si crea un sotto-commercio nascosto per finire con l'”infame” che collabora in segreto con le forze dell’ordine.
Come il gatto con il topo
Quanto raccontato fino a questo momento è indicativo di una realtà malavitosa, con un ragguardevole numero di vittime ma, in ogni caso, non troppo distante da altre realtà fortemente criminali, diffuse lungo tutto lo stivale. Di tutt’altra natura è invece quanto vado ora ad illustrare.
Negli articoli Emanuela, Mirella, ma le altre? e Enter Sandman, ho illustrato come quello di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori non furono gli unici casi di scomparsa di minori nel 1983. Quell’anno la capitale registrò anche un importante numero di omicidi, dei quali hanno parlato il giudice Otello Lupacchini e il giornalista Max Parisi nel volume Dodici donne un solo assassino.
Ciò che ignoravo è invece il numero di assassinii, non legati al mondo della malavita, che la pineta di Castel Fusano ha ospitato a partire dai primi anni ’70. Vittime sono soprattutto donne e giovani di ambo i sessi. Gli omicidi sono contraddistinti da indicibile brutalità e crudeltà. La maggior parte di questi casi è tutt’ora senza soluzione e laddove il colpevole fu trovato, la certezza della colpa non è poi tanto certa.
Le vittime
Come anticipato, Nella capitale i luoghi dedicati a queste pratiche rientrano in un “triangolo” il cui vertice è rappresentato da Castel Porziano
- 13 novembre 1970, contessa Bianca Maria Carmela Belli, anni 49, trovata morta nella propria automobile, forse strangolata, corpo seminudo,
- 4 Febbraio 1975, Francesco Papaldo, anni 24, scomparso due anni prima, è ritrovato il corpo mummificato del play boy pariolino.
- 9-10 Agosto 1975 -marchesa Gabriella Stefani Faustini, anni 65. Inizialmente scambiata per una prostituta, successivamente per una profuga di religione ebraica proveniente dall’Urss, infine per tedesca. Le sono stati sottratti biancheria e documenti. Stigmatizzata dalla stampa dell’epoca come una donna trasgressiva, definita Dark Lady spesso accompagnata da uomini più giovani. La donna è stata trovata seminuda. E’ stata picchiata,
- 7 Settembre 1978 – Antonella Bronchi, anni 20. Fotomodella e presentatrice in Tv private. Non è chiara la causa del decesso, in ultima analisi la morte è stata imputata a un’overdose non accertata. L’avanzato stato di putrefazione non ha consentito una migliore determinazione delle cause del decesso
- 4 Aprile 1978 Bruno Valente, giovane attore di fumetti, è assassinato a coltellate
- 9 Luglio
1978 Fiorella Ragno, anni 26. Prostituta, Uccisa con numerosissime coltellate sferrate su tutto il corpo
- 15 Agosto 1982 Augusta Confaloni, anni 46, prostituta. La donna è stata colpita alla testa con un corpo contundente e in seguito è stata strozzata a mani nude. Le mani e i piedi sono stati legati, in bocca le è stato infilato un pezzo di carta straccia e delle foglie secche. Nessun segno di violenza sessuale.
Sabbath, riti esoterici e magia
In alcuni degli omicidi sopra citati, così come nelle uccisioni poi connesse alla faccenda Orlandi, ovvero Skerl e Garramon, sono stati rinvenuti elementi che rimandano a pratiche esoteriche, ai tempi molto diffuse in certi ambienti della destra eversiva.
Erano e sono tutt’oggi molteplici i luoghi nella capitale e dintorni, selezionati da gruppi e sette più o meno radicali e invasate, eletti a centri di pratiche e attività occulte di diversa origine, che nascono nell’esoterismo e giungono fino al satanismo. Affrontare questioni di questo tipo provoca nell’interlocutore reazioni che vanno dallo scetticismo alla denigrazione, parlare di esoterismo e satanismo non equivale a crederci, ma accettare l’idea che queste realtà siano effettive ed attive in maniera non marginale, nei nostri territori. Numerose sono le inchieste aperte dalle procure di tutta Italia. Il nostro Paese, dove religione e superstizione convivono da tempo immemore, non è mai stato estraneo a queste deviazioni; un noto esempio di mescolanza tra religione e magia fu il caso dell’assassina seriale Leonarda Cianciulli, conosciuta come la Saponificatrice di Correggio.
Secondo gli studi del Ministero degli Interni, che ha attivato una Task Force per il monitoraggio di queste sette, la sola città di Roma conta 31 gruppi di occultismo, composti da oltre 2000 unità, in esponenziale aumento, con picchi durante il periodo pandemico di Covid19. Questi gruppi appartengono a sette di diversa tipologia: satanico-luciferine, occultisti e spiritisti, esoterismi deviati.
Più recente è invece la questione legata al non ancora accertato sacrificio rituale di Rossella Corazzin, che sembrerebbe avvenuto nella villa di Francesco Narducci, alla presenza di noti personaggi. Tra questi Angelo Izzo che, interrogato, è stato definito teste attendibile. La loggia che avrebbe perpetrato il rito sacrificale è tale “Ordine dei nove angoli” una setta nata nel Regno Unito, che mischia esoterismo, satanismo e nazismo.
Questo non significa che il caso Orlandi rientri nella sfera dell’esoterismo, tuttavia non è da escludere che persone legate alla sparizione delle ragazze, frequentino gli ambienti delle logge eversive, generalmente composte da adepti che possono vantare alto lignaggio, potere economico e influenza politica.
Non escludo che, alcuni degli omicidi del 1983, possano avere questa matrice. La città di Roma non è l’unica ad ospitare queste realtà occulte, diffuse in tutta Italia.
Santi in Paradiso e demoni all’Inferno
Il caso più noto tra le vittime della Pineta di Ostia è quello del tredicenne Josè Garramon, a cui sarà dedicato un apposito articolo. Il processo vide il noto Pifferaio, Marco Accetti, condannato per omicidio colposo. Omicidio alla cui natura colposa personalmente non credo.
A occuparsi del caso Garramon, tentando di sollevare l’Accetti da tutte le accuse fu il PM Franco Ionta, lo stesso del caso Aldo Moro, dell’Operazione Gladio, dell’omicidio di Nicola Calipari e, soprattutto, del tutt’altro che limpido processo per l’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Il PM procedette chiedendo la condanna all’ergastolo, grazie ad un teste non attendibile, del cittadino somalo Hashi Omar Hassan che, dopo aver ricevuto una pena detentiva di 26 anni in fase di appello, sarà finalmente dichiarato non colpevole grazie al lavoro della giornalista di Chi l’ha Visto? Chiara Cazzaniga che, con una semplice richiesta all’Ambasciata inglese, riuscì a rintracciare l'”introvabile” testimone, che ammise di aver accusato un innocente.
Opposta a quella di Hassan, è la storia dell‘Uomo del Piffero che, o è baciato da una invidiabile, anzi incredibile fortuna, oppure ha oggettiva consapevolezza di garantita impunità. La nostra giustizia, in casi analoghi e con prove meno eclatanti, non si è mostrata così garantista .Si sa, il caso Accetti è un caso unico.
MFA si auto-imputa la responsabilità dei sequestri Gregori-Orlandi, Ne esce diventando il più famoso mitomane d’Italia, cosa non accaduta ad esempio a Agca che, quanto a farneticazioni, potrebbe fare scuola. Se la storiella che Accetti racconta risulta poco credibile, diversa è la situazione rispetto ai dettagli addotti. Non tutti sono stati confutati. Confido che, con l’apertura dell’inchiesta, gli vengano poste le giuste domande e definito il suo ruolo o non ruolo.
Non abbiamo riscontri calligrafici, né una circostanziata perizia vocale. Non conosciamo lo sviluppo, qualora si dimostrasse fosse il telefonista, della chiacchierata con Mons. Casaroli. Ignoriamo, prendendo per buona l’ipotesi che si sia inventato tutto, il “come” possa essere a conoscenza di certi dettagli: perchè sapeva della litigata “il baruffo” tra Mirella e il fidanzatino? Come ha saputo i dettagli dell’abbigliamento della Gregori e perché viene scambiato dalla sorella di Mirella, Maria Antonietta, per l’aiutante dell’avvocato Egidio?
Lo stesso Pietro Orlandi ha in più occasioni asserito che il Pifferaio avrebbe potuto avere un ruolo nella scomparsa della cittadina Mirella Gregori e, forse parte di un “più grande ingranaggio“, deve essere interrogato rispetto alla vicenda di Katty Skerl, per la quale è aperto il procedimento. Alla luce di ciò, a dover fare chiarezza non è solo l’Accetti ma anche chi decise di archiviare senza verifiche approfondite e dettagliate.
La mia opinione
Avere un’opinione certa e immutabile sul Caso Orlandi non è possibile. Possono esserci punti fermi, ma accompagnati da altrettanti ipotetici, almeno finché tutte le carte non verranno scoperte. Ma ciò avverrà?
Sempre più di frequente mi interrogo sull’origine della vicenda. Se può essere corretto e naturale cercare l’origine di tutto nella soluzione più semplice: l’amico, il compagno di scuola, il conoscente problematico etc. Più difficile risulta comprendere l’atteggiamento successivo alle scomparse, tanto dello Stato Vaticano, tanto dello Stato Italiano. Perché il crimine commesso da un ragazzo dovrebbe causare tanto scompiglio da determinare quarant’anni di depistaggi rendendo nei fatti il caso Orlandi il caso del secolo?
Lo Stato italiano in quel periodo stava attraversando importanti frizioni, spesso celate. Sono anni in cui viene meno il controllo dei Servizi e la Polizia di Stato passa dall’essere corpo dell’esercito a ordinamento militare, quindi sottoposta alla Presidenza della Repubblica, a ordinamento civile, dipendente dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza, e quindi del Ministero degli Interni.
Se si vuole imputare responsabilità al Vaticano la medesima andrebbe imputata allo Stato Italiano. Come si può escludere che la tensione e le lotte intestine non covassero proprio fuori dalle mura Leonine? Dopotutto chi per decenni aveva accettato la totale presenza di una forza, per quanto amica, straniera nella gestione interna del Paese non era certo la Santa Sede. Santa Sede che, lungi dall’essere Santa e al cui interno accade ed accadeva di tutto: dai discutibili rapporti con la criminalità organizzata, alla devianza sessuale.
Spesso abbiamo guardato con legittimo sospetto il prematuro appello di Papa Giovanni Paolo II e le comunicazioni che pare abbia ricevuto la sera stessa della scomparsa però, de facto, per una “semplice” sparizione, a casa Orlandi, al netto della bella cugina, a presentarsi è un uomo del Sisde; così come vicino al Sisde era l‘avvocato consigliato e pagato dai servizi stessi: Egidio.
A ciò bisognerebbe aggiungere che Emanuela, la cittadinanza vaticana, l’aveva acquisita da pochissimo tempo e quindi, non sarebbe stata questa l’eventuale motivo del sequestro.
Ancora una volta penso all’eccessiva impunità di quegli anni, della mediocre azione di tutela della cittadinanza. Penso al mancato Golpe Borghese, passato come una sciocchezza, penso agli articoli riportati dove è evidente la mancata allerta della popolazione.
Conclusioni
Credo che il motivo per cui Pietro e il cugino fecero un tentativo a Ostia sia chiarito. E’ risaputo che quando vai cercando criminali, altri criminali possono rivelarsi di grande supporto, come dimostrò pubblicamente il caso di Ciro Cirillo.
La pineta di Ostia era e forse lo è ancora, un luogo pericoloso, al punto che anche le prostitute preferivano praticare altrove. Attraversata da poche strade, per lo più non praticabili con i mezzi, presenta una vegetazione fitta di pruni. Disseminate tra Castel Fusano e Castel Porziano si incontrano le rovine di un glorioso passato. In questa cornice si incrociano le vicende di individui ben lontani dall’essere altrettanto gloriosi: criminali comuni, baraccopoli di senza tetto, stupratori, pedofili (ricordo il terribile assassinio di Simeone) satanisti e necrofili.
Mi domando se e in che misura, questi individui venissero a conoscenza delle prodezze degli altri e che genere di relazioni si venissero a creare. Talvolta, forse, cooperavano tra di loro. Quello che resta da capire è se quegli omicidi non legati alla criminalità organizzata, che presentano una serie di caratteristiche comuni, furono opera di un singolo individuo o di un gruppo di deviati.
L’acquisizione di maggior consapevolezza rispetto quanto agiva in contemporanea alle vicende della ragazza con la fascetta e, ormai, anche a tutte le altre, contribuisce a redigere un quadro generale della stato delle cose, una fotografia dell’epoca. I casi irrisolti legati a questa pineta sono molteplici, e coinvolgono anche minori. Si pensi alla segnalazione fatta su Bruno Romano nonché gli interrogativi che da queste notizie mi sovvengono sul piccolo Nicitra. E’ possibile che i criminali che avevano a che fare con lo zio, abbiano consegnato il piccolo a uno degli orchi che si aggirano nella pineta? I frequenti incendi dolosi appiccati nella pineta hanno uno scopo preciso? Quante persone possono essere ancora tra quei pruni?
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