La forma è sostanza. Non sempre ma spesso. In politica quasi sempre, perché per essere credibile deve essere autorevole e quindi deve mantenere alto il suo senso della dignità, che sia celebrata all’interno delle istituzioni o meno. E la dignità della politica viene mantenuta alta anche con un sacro rispetto della forma.
Dato questo presupposto è evidente che, quantomeno nel suo ultimo tweet, Charlie Candle la forma non l’ha rispettata affatto.
A parte il fatto che non comprendiamo questa pessima abitudine dei politici di questi tempi di affidare i propri ragionamenti a un cinguettio di un uccellino. Roba da slogan vuoti e damogogici.
Siamo evidentemente abituati a ben altro. A quando gli uomini della politica affidavano il loro pensiero alla carta stampata, attraverso degli editoriali su giornali o riviste o a partecipazioni a lunghe trasmissioni televisive, illustrando in maniera compiuta dei ragionamenti che, non solo avevano un capo e una coda, ma che contenevano delle analisi della situazione del paese, o di parte di esso o della politica in generale, che erano una foto assoltamente realistica della situazione. Ma erano altri tempi e i leader sapevano quel che dicevano, e sapevano dirlo, e la gente, la pubblica opinione, leggeva e sapeva riflettere.
Detto ciò, e cercando di digerire il tweet e a quelle banali 280 battute, quando si parla di politica si deve parlare di politica e le questioni personali devono restare fuori.
Francamente non è opera nostra, e di questo giornale, sindacare se tra Renzi e Calenda abbia ragione l’uno o l’altro tantomeno non c’è voglia, tra noi, di salire su una curva o sull’altra per fare un tifo da ultras pro Azione o Italia Viva.
Però non possiamo astenerci dall’osservare che ridurre la disputa a quella autentica volata di stracci cui si è, appunto, ridotta con la comparsata cinguettistica di Calenda è qualcosa che non c’entra un fico secco con la politica.
C’è ovviamente il sospetto che tutte le cose che è sono state dette in quel tweet siano delle banali scuse che nascondono qualcosa di altro e non vorremmo che fosse proprio una lite sulle prossime elezioni europee e su chi debba fare cosa.
In entrambi i casi una serie di cose sono certe.
La prima è che si è persa di vista la mission, che un eventuale Terzo Polo doveva compiere che, come ampiamente illlustrato in una precedente nota, è rappresentata dalla totale demolizione del bipolarismo, unica e vera sciagura del paese.
La seconda è che non si è capito che il superamento del bipolarismo, attraverso la costruzione di un Terzo Polo che non sia solo un nome ma una realtà politica, è un percorso lungo e di ampio respiro e che non può essere ancorato a delle scadenze ravvicinate come le elezioni europee (o, peggio ancora, alle esigenze di qualche boiardo trombato alle elezioni politiche che aspira a ricollocarsi in Europa).
Terzo è che la querelle tra Calenda e Renzi ha dimostrato che non c’è un leader che possa prendere per mano tutte le forze moderate, liberaldemocratiche e riformiste del paese per condurle verso la costruzione di un’area politica di centro che sappia mettere all’angolo le estreme della politica italiana.
Perché i leader, quelli veri, non si pigliano a schiaffi in pubblico (gli stracci si lavano in famiglia), non fanno ricorso ad argomenti che sono più da pettegolezzo di lavanderia suburbana che ragionamenti degni di appartenere ad un dibattito politico, non abbandonano mai la analisi politica per scivolare sulle questioni personali, non perdono mai di vista il progetto politico cui si sono votati.
Tutto il contrario di quello che è successo.
Non sta a noi scegliere leader, non sta a noi indicare persone, ma sta a noi dire che in Italia c’è un disperato bisogno di un’area moderata e di qualcuno che abbia a cuore la sua creazione e la sappia guidare.
Magari qualcuno c’è, ma è presto per dirlo.
1 commento
Convengo sulla tesi che “la forma è sostanza. Non sempre ma spesso”, ma quando la prima non ci soddisfa, o in qualche modo difetta, o si è adattata al modello comunicativo mediatico, entra allora in gioco la seconda, ossia la sostanza, e qui mi permetto un inciso o digressione che sia, per darmi una qualche risposta in proposito.
Mi sembra possa dirsi che il bipolarismo, qui definito quale “unica e vera sciagura del paese”, sia sostanzialmente figlio del sistema maggioritario, uscito dal Referendum dell’aprile 1993, con oltre l’80% dei consensi, e sempre a quell’anno risale la legge che ha portato l’elezione diretta del Sindaco e Presidente della Provincia.
Maggioritario ed elezione diretta hanno condotto, a mio vedere, alla personalizzazione della vita politica, dove si confida molto sul carisma del Leader per convincere gli elettori, e il leaderismo, a sua volta, ha via via polarizzato il voto, facendo nel contempo passare in secondo piano il programma (almeno secondo il mio opinabile parere).
La polarizzazione del voto non conduce necessariamente al bipolarismo, ma in ogni caso lo prepara, o ne crea comunque le condizioni, posto che può far ulteriormente emergere quelle personalità che spiccano per la capacità di saper comunicare il rispettivo “messaggio”, anche impiegando al meglio gli strumenti oggi a disposizione.
Il programma può tornare importante quando non si abbia un leader da poter spendere nell’immediato, il che può essere il caso di chi voleva aggregarsi alla formazione del Terzo Polo, e contava su quelli di Azione ed Italia Viva, i quali a questo punto mi sembrerebbero però “tramontati” per tale ruolo (ferme restando le loro doti).
Come ho già avuto modo di dire, io penso che oggi non vi sia lo spazio per un Terzo Polo, ma potrei sbagliarmi, e da chi invece ci crede mi aspetterei, in attesa di “qualcuno che abbia a cuore la sua creazione e la sappia guidare”, che venissero avanzate proposte concrete e non ideologiche, che diano l’idea dell’attitudine a governare.
Intendo dire che di fronte alle questioni cruciali che stanno segnando il presente del Belpaese, e non solo, non ci si può limitare alla critica di quanto sta facendo l’Esecutivo in carica, imitando di fatto “una sinistra sempre più populista …”, ma andrebbero formulate soluzioni credibili e realistiche, che possano essere viste come una vera alternativa.
Per concludere, io non riesco a vedere il bipolarismo come “unica e vera sciagura del paese”, e ritengo piuttosto che lo sia casomai la tendenza ad opporsi sistematicamente, e “a prescindere”, alle decisioni di chi sta governando, senza fornire opzioni diverse ma purtuttavia concrete e praticabili (non mi pare essere questo il liberal riformismo).
Paolo Bolognesi 19.04.2023