di Alessandro Perelli.
In Slovacchia la situazione politica si fa sempre più ingarbugliata. Sabato 21 gennaio è clamorosamente fallito il referendum che doveva modificare la Costituzione e rendere effettuabili le elezioni anticipate ( non possibili nel Paese). Il referendum,che era stato chiesto dai partiti di opposizione,che avevano raccolto le firme necessarie ed era stato indetto dalla Presidente della Repubblica Zuzana Caputova ,ha registrato la bassissima affluenza del 27% ben lontana da quella del 50% più uno necessaria per renderlo valido. Poco importa che il 97 % dei votanti abbia approvato la richiesta del voto anticipato. Il dato sicuramente più rilevante è stato la massiccia disaffezione degli slovacchi ( sia nei confronti dei proponenti di centro sinistra che dei contrari della destra). Una delegittimazione che ha colpito tutti gli schieramenti. La genesi di quanto accaduto negli ultimi giorni si può riferire allo scorso 15 ottobre quando il Governo di minoranza di destra del Primo Ministro e membro del Consiglio Europeo Eduard Heger venne fatto cadere da un voto di sfiducia . Di qui la ricerca vana di una nuova maggioranza ma nello stesso tempo la presenza in Parlamento di un numero maggiore di deputati che non vogliono il voto anticipato temendo di non essere rieletti. E in effetti i sondaggi danno probabile un terremoto per il sistema partitico, attualmente molto frammentato. Ma sono le prospettive del Paese in Europa e a livello internazionale che sono fonte di preoccupazione oltreché il problema della governabilità. L’ elezione della Caputova,avvenuta nel 2019 , prima donna a rivestire la carica di Presidente della Repubblica e convinta europeista, aveva illuso su un cambiamento dell’ atteggiamento sovranista della Slovacchia dopo gli accordi di Visegrad. E il Governo occidentalista e filoatlantico di Heger aveva contribuito a rafforzare questo cambiamento. Le previsioni elettorale attuali però indicano il crollo del partito di centro destra di Heger e la vittoria dei movimenti che guardano favorevolmente a un rapporto con Putin dopo l’ aggressione all’Ucraina e sono contrari alle sanzioni imposte dall’ Unione Europea. La possibilità di un nuovo Governo che soddisfi i cittadini della capitale Bratislava e dei grossi centri progressisti e filo occidentali è bassissima mentre invece è abbastanza plausibile che il Paese si riavvicini all’ Ungheria di Orban bloccando qualsiasi sostegno all’ Ucraina. Intanto il Ministro della Difesa Jaroslav Nad ha dichiarato che l’Italia potrebbe sostituire gli Stati Uniti per garantire la protezione dello spazio aereo slovacco dal momento che gli USA hanno annunciato che ritireranno dal Paese il loro sistema di difesa aerea Patriot. Esperti dell’ esercito Italiano si sono recati in Slovacchia per esaminare i siti in cui operare. Ciò significherebbe adottare al posto dei Patriot il moderno sistema italo francese Samp/T progettato per proteggere il campo di battaglia e gli oggetti strategici da aerei, missili e droni. Con la rimozione dei Patriot se ne andranno anche un centinaio di soldati americani che gestiscono il sistema riducendo a 200 il numero dei militari statunitensi in Slovacchia. C’è infine la questione dei migranti che riavvicina la Slovacchia ai Paesi dell’ accordo di Visegrad. Nell’ ultimo Consiglio Europeo straordinario del 9 febbraio si è riproposta l’ alleanza centroeuropea , spalleggiata dall’ Austria , per la costruzione di una specie di fortino contro l’ afflusso di clandestini. Tra le proposte vi è una riscrittura del diritto di asilo con la Slovacchia in prima fila per questa richiesta. E in ogni caso Bratislava ha fatto sapere che punterà decisamente sui rimpatri evitando politiche in grado di attrarre i migranti verso l’ Europa. Su questi temi si sta creando un fronte eterogeneo di Stati con Governi anche politicamente distanti fra di loro ma che hanno come unico obiettivo il ridimensionamento della pressione portata dai flussi immigratori.