E io l’avevo detto.
È la frase che tuonò Totò nella celebre scena dell’albergo dove tra un filare di salsicce e un paio di caciocavalli, appesi a un filo teso nella stanza, dettava al povero Peppino la esilarante lettera intimidatoria alla amante del nipote.
Avete ragione, nel linguaggio comune e nella vita normale è una frase antipatica e sgarbata ma cosa ci posso fare se è vera?
Io l’avevo detto e anche più volte.
Quella tra Renzi e Calenda era una lite che non poteva concludersi con il fallimento del IIIPolo e con l’abbandono del fine ultimo, dell’obiettivo più importante. E già perché lo smantellamento del bipolarismo non è uno sfizio dei due ragazzi terzopolisti, ma è l’approdo che salverà questo paese restituendogli una concreta agibilità democratica.
E Carletto se n’è reso conto. Infatti, in una intervista rilasciata al Riformista e pubblicata nella edizione di oggi, alle domande di Aldo Torchiaro confessa di aver esagerato e di aver alzato i toni, specie nell’attacco personale a Renzi.
“Alla fine è successo che la situazione è degenerata,” dice Calenda, “quello che voglio spiegare è che io non ho altro interesse se non di farla funzionare, c’era la mia faccia sopra, ci ho lavorato.”Ovviamente si riferisce al progetto “terzopolista“.
Insomma un piccolo mea culpa, in linea con il caratterino del ragazzo, dal quale non ci si poteva certo aspettare una venuta a Canossa, ma che rappresenta indubbiamente una mano tesa con, nel palmo, un ramoscello di ulivo.
Da Italia Viva per ora non volano colombe, ma cenni di buona accoglienza, altrettanto timidi, ma significativi, quelli sì.
“Se Calenda non ci sarà, andremo avanti comunque ma l’invito a federarsi vale anche ovviamente per gli amici di Azione” ha dichiatato la capogruppo di IV al Senato Raffaella Paita.
La replica del leader di Azione non si è fatta attendere:”Azione e Italia Viva sono due partiti separati, che condividono i contenuti, anche il posizionamento europeo, ma che non sono riusciti a costruire un partito unico. Ma questo non vuol dire che non si possa essere insieme alla stessa manifestazione, nello stesso gruppo europeo o nello stesso gruppo del Parlamento. Ma lo siamo in maniera differente.”
Insomma non ci fermiamo che le cose da fare son tante. Il bipolarismo inteso come sistema da smantellare non è una parola vuota, uno slogan buttato a caso. Per poter superare questo sciagurato sistema bisogna riformare diverse cosette: significa il ritorno al proporzionale puro e l’abbandono del sistema maggioritario, significa il ripristino delle preferenze, significa la abrogazione delle legge che ha ridotto il numero dei parlamentari e il ritorno a una agibilità piena del parlamento…e mi fermo qui per carità di patria, ma ben si intende cosa è necessario reintrodurre in questo paese per restituirgli una democrazia plurale ed equilibrata.
Perché per forza un partito unico? L’importante è andare avanti verso l’obiettivo e forse “Du gust is megl che uan” e aggiungerei, anche tre o quattro.