E` arrivato il momento di andare oltre il mantra della semplificazione degli adempimenti amministrativi che – con risultati piuttosto deludenti – ci ha accompagnato nell’ultimo ventennio. Ogni attività` di semplificazione richiede una qualche volonta` da parte del soggetto che dovrebbe porla in essere ed è, a tutt’oggi, piuttosto chiaro che la nostra pubblica amministrazione ha ben poche intenzioni, e forse nessun incentivo, a semplificare se stessa e il proprio operato. Un quotidiano nazionale (Il Sole 24 Ore) valutava in meno del 15 per cento la quota di amministrazioni (centrali, regionali o locali) caratterizzate da una propensione alta o medio-alta alla semplificazione.
Ciò non deve sorprendere. La nostra pubblica amministrazione sembra, spesso e volentieri, costruita intorno ad un semplice principio: « qui non si assumono responsabilità». Talche´ la interminabile sequenza di certificati che, ad esempio, caratterizza l’inizio di un’attività` imprenditoriale, commerciale o artigianale non e` altro che il risultato dello sforzo certosino di una pluralità di pubblici funzionari di assumere decisioni solo in presenza di elementi giustificativi riconducibili ad un’altra amministrazione.
Lo sforzo cessa nel momento in cui ogni snodo della sequenza decisionale e` in grado di rimandare ad un altro snodo della stessa sequenza l’origine e il fondamento della decisione. Tutto cio` si traduce in una « catena di Sant’Antonio » in cui il cittadino – trasformato spesso in un inconsapevole e impotente intermediario fra amministrazioni – si perde e l’economia muore. Ma la radice del problema non e` esclusivamente interna alla macchina amministrativa.
Questa e` anzi, spesso e volentieri, vittima di una vera e propria « incontinenza » normativa che affligge il nostro legislatore e che somma, senza sosta, richieste a richieste, procedure a procedure, adempimenti ad adempimenti, fino a caricare sulle spalle dei cittadini italiani oneri indiretti – e non visibili nei numeri sulla pressione fiscale – prossimi a un punto di prodotto interno lordo. Questa incontinenza normativa – frutto di una assenza evidente di vincoli politici stringenti – sembra non conoscere limiti di schieramento politico ed emerge quando meno la si aspetta.
Valga per tutti l’esempio del decreto-legge n. 223 del 2006, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche´ interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale che, nonostante lo spirito che in larga misura lo ispira, finisce per abolire circa cinque tipologie di adempimenti e per introdurne più o meno una quindicina.
E’ invece necessario incidere in maniera per quanto possibile puntuale sui due fenomeni citati, rivedendo e rendendo più cogente la normativa vigente per quanto riguarda il primo punto o innovando radicalmente rispetto all’esistente.
Con le modifiche che si propongono, si stabilisce, innanzitutto, che le amministrazioni comunichino al cittadino preventivamente e in via generale l’elenco di atti e di documenti che questi deve presentare ai fini dell’esame della sua richiesta (escludendo sempre quelli in possesso dell’amministrazione o che questa è tenuta ad acquisire presso altre pubbliche amministrazioni). Cio` consentira` al cittadino di conoscere preventivamente per ogni procedimento la documentazione da produrre, evitando che i tempi del procedimento si possano allungare attraverso richieste istruttorie, che a volte possono essere meramente dilatorie.
Sotto un altro profilo, il cittadino viene garantito dalla previsione che la pubblica amministrazione non potra` richiedere una documentazione diversa da quella indicata in via generale nel predetto elenco e potra` formulare richieste istruttorie solo in caso di assenza della documentazione inclusa nell’elenco, dovendo comunque concludere il procedimento entri i termini prescritti in caso di mancata richiesta istruttoria.
La ratio e` quella di mettere preventivamente il cittadino in grado di conoscere per ogni procedimento tutta la documentazione da produrre, garantendogli la conclusione del procedimento entro i termini previsti in caso di assolvimento dell’onere di produrre la documentazione indicata in via preventiva. La responsabilità delle pubbliche amministrazioni per i ritardi nell’azione amministrativa va introdotto per il semplice ritardo forme di indennizzo automatico e forfetario previste già come criterio di delega dall’articolo 17, comma 1, lettera f), della legge n. 59 del 1997.
Tale indennizzo non fa venire meno l’eventuale risarcimento del maggior danno, da provare secondo i criteri ordinari e risarcibile anche se il provvedimento richiesto non spettava al richiedente, qualora questi dimostri di aver subıto comunque un pregiudizio. Si noti che per tali fattispecie l’orientamento prevalente ammette il risarcimento del danno da ritardo riconosciuto solo se il cosiddetto « bene della vita » richiesto spettava (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria n. 7 del 2005), disconoscendo che anche il tempo e` per il privato un « bene della vita ».
Tutto ciò non comporta nuovi oneri per il bilancio introducendo un meccanismo che, disincentivando i ritardi, può comportare anche un risparmio di spesa per le pubbliche amministrazioni, infine va previsto la detraibilità dei costi sostenuti dal cittadino per adeguamenti a nuove normative, non determina di per sè alcuna minore entrata, ma si limita a « costringere » il legislatore a reperire le risorse in caso di approvazione di nuove leggi che comportano aggravamenti per il cittadino.